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Autore: SuzuyaChan    08/05/2016    1 recensioni
Dopo aver orchestrato un incidente ferroviario ai danni di Shizuo, Izaya va a trovarlo in ospedale e scopre che il suo arci nemico non si ricorda di lui. Decide quindi di tormentarlo proprio ora che si trova all’apice della sua vulnerabilità, ma per qualche strano motivo… non ci riesce.
«Presumo» continuò Shizuo, attirando l’attenzione di Izaya con il suo tono esitante «che noi due fossimo amici.»
[Traduzione della fanfiction di SuzuyaChan]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Original work by SuzuyaChan: Aletheia
Translated by: shirangel


Aletheia



Note della traduttrice: Eccoci qua con il terzo capitolo. A domenica prossima con il quarto :)

Buona lettura!

 

Capitolo 3

Izaya si schiacciò la maglietta contro il fianco, masticando imprecazioni tra i denti quando avvertì una sgradevole sensazione di bagnato sulle dita. Erano passati due giorni da quando si era calato giù dalla stanza di Shizuo, e da allora non era riuscito a eguagliare i suoi soliti standard. Non era per via del bruto, ragionò: quella situazione era servita solo come promemoria di quanto fosse debole la mente umana. Non che Shizuo fosse umano, ovviamente.

Izaya premette più forte la mano sopra l’emorragia, sussultando. Era stato appena accoltellato e non era certo il momento più adatto per pensare a quel bastardo, eppure eccolo lì, ammaccato e insanguinato di fronte all’ospedale di Ikebukuro.

In qualche modo doveva mettere fine a tutta quella faccenda: ormai si annoiava al lavoro, non si dava pace nei momenti di relax, e si distraeva ogni volta che aveva qualcosa da fare. Se ciò significava che per riottenere un po’ di tranquillità doveva uccidere il suo arci nemico, allora era disposto a provarci.

Izaya studiò l’edificio, chiedendosi se sarebbe stato troppo ambizioso pretendere di raggiungere la stanza di Shizuo con quella ferita e avere ancora abbastanza energie per ammazzarlo. Comunque sia, non poteva certo entrare in un ospedale sanguinando e aspettarsi che gli permettessero di farsi gli affari suoi, cosi tolse il cappotto, strappò le maniche della maglietta e se le annodò strette attorno alla cintola; conosceva l’anatomia umana ed era abbastanza sicuro che, a parte per la perdita di sangue, la ferita non era così profonda o ben piazzata da causargli seri danni.

Nessun altro sarebbe riuscito a sopportare tanto stoicamente il dolore provocato dall’emorragia e dalla pelle che lentamente si strappava e si lacerava – beh, nessuno a parte il protozoo, ma Izaya voleva evitare di pensare qualcosa che potesse essere interpretato come un complimento, quando si riferiva a lui.

Si issò senza fiato sul davanzale della finestra di Shizuo, e sussultando per il dolore al fianco – che stava diventando sempre più difficile da ignorare – alzò lo sguardo sulla finestra inequivocabilmente chiusa.

«Fottuto bastardo» esalò, indirizzando la sua rabbia verso Shizuo, colpevole di aver chiuso la dannata finestra, ma senza pensare che forse avrebbe dovuto controllare prima di cominciare ad arrampicarsi. Tirò fuori il coltello a serramanico dalla manica della giacca e lo fece scivolare sotto la guarnizione di gomma sul lato destro della cornice, dopodiché lo spinse in avanti, muovendolo con attenzione verso l’alto; si concesse un sospiro di sollievo solo quando non incontrò la resistenza di un lucchetto. Lasciò la prima lama sulla parte alta della finestra, prima di infilarne un’altra su quella più in basso, poi si aggrappò al davanzale sopra di lui e usò i piedi come leva per spingere in giù la maniglia. La finestra si socchiuse leggermente, quanto bastava perché Izaya potesse finire di aprirla sollevandola con le dita; quando ci fu riuscito si infilò nella stretta apertura senza tante cerimonie e si introdusse nella stanza buia.

«Izaya-kun?»

L’informatore sussultò; il punto di entrare senza rompere il vetro era stato proprio quello di non svegliare il bruto, ma evidentemente aveva il sonno più leggero di quanto avesse immaginato. Almeno in questo modo non aveva aggiunto altre ferite alla lista, comunque.

«Sì?» rispose, immaginando che ormai non avrebbe avuto senso far finta di non essere lì.

«Perché non usi le fottute scale?»

Izaya rise a queste parole, ma smise quasi subito, sibilando per il dolore che quel piccolo movimento aveva provocato: doveva farla finita in fretta, magari prima di morire dissanguato. Notò distrattamente che il biondo si stava mettendo a sedere ed ebbe l’impressione di venire squadrato da capo a piedi.

«Cazzo! Izaya, che diavolo ti è successo?»

L’informatore tentò di ignorare l’apprensione nella voce del ragazzo, e di non pensare a quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che qualcuno si era preoccupato per lui, ma non poté fare a meno di notare che il suo corpo si stava istintivamente rilassando – come se stare nella stessa stanza in cui si trovava un mostro non fosse una situazione pericolosa.

«Niente per cui la tua bella testolina debba preoccuparsi, Shizu-chan» disse, ma la sua solita arroganza suonava orribilmente forzata. Shizuo non rispose alla provocazione come l’informatore aveva sperato, anzi, non rispose affatto. Si alzò, uscendo dal suo campo visivo, e senza dargli neanche il tempo di esaminare la situazione lo tirò su di peso e lo portò nel suo letto.

«Mettimi giù, maledetto!» sbraitò indignato, e Shizuo obbedì, scaricandolo ai piedi del materasso prima di tornare a sedersi sull’altro lato.

«Stai sanguinando.»

La sua voce era calma, ma denotava una certa ansia, e Izaya era sicuro di aver sentito una sfumatura d’urgenza appena sotto la tranquillità di superficie.

«Diciamo che potrei aver fatto incazzare qualcuno» scrollò le spalle, aggrappandosi disperatamente alla sua facciata di indifferenza «Come al solito» aggiunse poi, sapendo benissimo di star dicendo una balla. Di norma non avrebbe mai permesso a qualche idiota in cerca di guai di avvicinarsi più di quanto gli servisse per farlo fuori, e ciò lo riportava direttamente al motivo per cui si trovava lì. Strinse la presa sulla lama del coltello nascosto nella sua manica.

Shizuo gli diede le spalle, allungandosi verso il comodino accanto al letto per rovistare nel cassetto. Ecco la sua occasione: sapeva che non avrebbe mai avuto un’opportunità migliore di questa, eppure non riusciva a muoversi, e il suo corpo era come paralizzato. Lo ascoltò canticchiare a bocca chiusa in modo fastidiosamente innocente, mentre era impegnato a passare in rassegna i suoi effetti personali, e prima che Izaya potesse tornare in sé il biondo si era già voltato verso di lui.

«Non sono un granché con queste cose» ammise Shizuo, posando sulle lenzuola quello che aveva preso dal cassetto «Ma immagino che sia meglio che lasciarti morire dissanguato.»

Izaya ispezionò la piccola scorta di rifornimenti – una collezione un po’ estrema per far parte di un kit di pronto soccorso – che ora era disseminata sul copriletto. Dopodiché cominciò a scuotere violentemente la testa.

«Devi esserti bevuto il cervello» protestò, spostando lo sguardo in modo quasi comico dal ragazzo di fronte a lui al cumulo di oggetti incriminati «Non pensarci nemmeno, Shizu-chan.»

Shizuo roteò gli occhi, pulendosi le mani con una salviettina igienizzante «Non fare il bambino, Izaya», disse, lievemente esasperato. «È un taglio o una ferita d’arma da fuoco?» chiese poi, in tono casuale.

«Si può sapere perché diamine hai questa roba? Sei in un ospedale, per l’amor di Dio!» Shizuo lo guardò, in attesa, e lui sbuffò prima di rispondere «Mi hanno accoltellato». Aveva anche un altro paio di tagli, ma quello sul fianco era l’unico così grave.

Il ragazzo scese dal letto e si voltò verso Izaya, che si dimenò per allontanarsi da lui e finì per ritrovarsi sul posto che Shizuo aveva occupato fino a un momento prima. Si schiacciò contro il muro, realizzando l’errore che aveva commesso solo quando fu troppo tardi per porvi rimedio: il biondo ormai l’aveva messo all’angolo.

«Me l’ha dato Shinra» disse, rispondendo alla domanda di Izaya come se non si fosse appena aggiudicato la vittoria «Mi ha detto di restare a letto a riposare, e poi mi ha dato questa robaccia per quando avrei “inevitabilmente ignorato i suoi buoni consigli”» ridacchiò «Avanti, via la giacca e la maglietta.»

Izaya ignorò la richiesta, preferendo fissare Shizuo con sguardo petulante; l’altro ragazzo però continuò imperterrito a pulire gli strumenti necessari.

«Insomma, te li togli tu o devo farlo io?» i suoi occhi lampeggiarono di sfida e Izaya si spogliò, riluttante; realizzò troppo tardi che ora si trovava mezzo nudo di fronte al ragazzo che aveva cercato di uccidere per buona parte degli ultimi dieci anni. Shizuo però non sembrava condividere tali rimostranze, dato che lo gratificò con un sorriso di autocompiacimento e iniziò a lavorare; a questo punto, tutto quello che Izaya poteva fare era cercare di non ridere per le dita calde del biondo che gli sfioravano lo stomaco – era molto più gentile di quanto si sarebbe aspettato dall’”uomo più forte di Ikebukuro”, a proposito. Il ragazzo pulì accuratamente la ferita, usando una mano per tenere fermo Izaya e l’altra per tamponare il sangue. L’informatore tentò di ridurre al minimo le proprie reazioni, limitandosi a sibilare di tanto in tanto e a serrare la mascella, perché – che Shizuo fosse in sé o meno – quelli erano gli unici segni di debolezza che era disposto a mostrargli.

«Non ho antidolorifici» disse il biondo, in tono di scusa «Beh, li avevo» si corresse «Ma li ho presi tutti la prima volta che mi sono saltati i punti, quindi ho smesso di usarli – non faceva poi così male, dopotutto.»

Izaya lo fissò incredulo, incapace di decidere se lo sorprendesse di più il fatto che Shizuo considerasse normale spararsi tutti quegli antidolorifici, o l’apparente mancanza di ripercussioni sulla sua salute di un overdose di farmaci.  L’informatore non era molto tranquillo all’idea di lasciarsi mettere i punti da qualcuno che aveva la pessima fama di disastro ambulante, però non era sicuro di avere altre opzioni. Cercava di fingersi indifferente, ma era solo una facciata: le mani gli tremavano lungo i fianchi, e sentiva la testa leggera a causa della perdita di sangue. Perfino la sua vista stava cominciando a perdere colpi.

Il primo contatto tra l’ago e la sua pelle gli strappò un gemito che riuscì a soffocare a malapena. Shizuo mormorò qualcosa per scusarsi, ma non alzò lo sguardo, e Izaya gliene fu grato: non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere la sua compostezza ancora a lungo. La sua mente cominciò a vagare, cercando qualcosa su cui concentrarsi che non fosse la pressione dell’ago sulla pelle, ma fallì miseramente, almeno finché qualcosa non attirò la sua attenzione.

«Hai bisogno di tirare fuori la lingua per concentrarti?» domandò, anche se il suo tono era più scherzoso che crudele «Quanti anni hai, cinque?»

Shizuo spinse la lingua ancora più in fuori – sì, decisamente cinque – prima di ritrarla, mostrandosi imbarazzato per l’espressione assorta sul suo viso. Izaya sbuffò una risata, mentre la mano del ragazzo si stringeva attorno a lui per tenerlo inchiodato al letto.

«Piantala di muoverti» si lamentò il biondo, con gli occhi ambrati che lo fissavano attraverso le ciocche di capelli. Izaya sentì qualcosa andargli di traverso e tossì, stupito per essersi quasi soffocato senza apparente motivo «Dico davvero, Izaya, se non la smetti rischio di combinare qualche danno.»

L’informatore trasse un sospiro esageratamente profondo – come se fosse lui quello seccato dall’intera situazione – ma l’altro ragazzo si limitò a ignorarlo, sfruttando quella momentanea immobilità per rimettersi al lavoro. Izaya cercò di non pensare troppo a quello che stava succedendo, grato che il suo cervello indebolito dall’emorragia non avesse abbastanza energie per rinfacciargli quella negligenza.

Quei punti di sutura non erano proprio i migliori che avesse mai visto, ma a giudicare dall’espressione orgogliosa del biondo sarebbe potuta andargli molto peggio. “Almeno fanno il loro lavoro” constatò Izaya, notando che la perdita di sangue si era interrotta. Shizuo applicò un batuffolo di cotone sopra i punti e ricoprì tutto di nastro adesivo; la lingua gli spuntava di nuovo da un angolo della bocca, ora che aveva smesso di pensarci.

«Fatto!» il ragazzo si alzò da letto e Izaya non poté fare a meno di indispettirsi: chi diavolo avrebbe potuto rimettersi in salute così in fretta, dopo essere stato investito da un treno? Alzò gli occhi verso il biondo – che stava ancora fissando la medicazione appena applicata  – e realizzò improvvisamente di essere mezzo nudo in una stanza eccessivamente climatizzata. Si mise a cercare la sua maglietta, e sospirò dopo averla trovata sul pavimento, strappata e insanguinata. Shizuo notò la direzione del suo sguardo e si diresse verso l’armadio per tirarne fuori qualcosa che poi gli lanciò; appena Izaya capì di cosa si trattava, iniziò a scuotere il capo.

«Assolutamente no, cazzo» disse, confrontando la t-shirt del biondo con il proprio petto, e accigliandosi quando si accorse che era di una taglia molto più grande della sua.

«Quella o niente» gli fece notare Shizuo, senza riuscire a nascondere un sorrisetto compiaciuto. Si stava divertendo, il bastardo.

«Vuoi farmi mettere i tuoi vestiti? È una specie di feticismo?» lo sbeffeggiò Izaya, nonostante sapesse di starsi scavando la tomba da solo; dopotutto, non aveva davvero nient’altro da indossare. Shizuo smise di trattenersi e scoppiò a ridere.

«Mettitela, imbecille» ribatté, ma quell’insulto aveva uno strano tono affettuoso che Izaya non riuscì a trovare fastidioso come avrebbe voluto.

«Pervertito» sbuffò, infilandosi la maglietta. Sospirò quando vide che gli arrivava a metà coscia, così l’abbottonò, un po’ imbarazzato, e arrotolò le maniche fino a scoprire almeno la punta delle dita «Beh, mi sta molto meglio che a te» sentenziò, fingendo di specchiarsi nel riflesso distorto di un vaso sul comodino. Poi realizzò che i fiori nel recipiente erano quelli che aveva portato lui pochi giorni prima.

Oh.

«Bei fiori» commentò con un risolino. Shizuo cercò di nascondere la propria espressione, ma non ci riuscì abbastanza in fretta, e il ghigno di Izaya si allargò ancora di più davanti al palese imbarazzo che cercava di seppellire sotto una maschera di noncuranza.

«Già, peccato per l’idiota che me li ha regalati» replicò il biondo, mentre il suo falso contegno si tramutava in un guanto di sfida. L’informatore sorrise senza cattiveria; non lo superava nessuno, quando si arrivava ai duelli verbali.

«”Anche i doni più ricchi si fanno povera cosa”» cominciò, sfruttando quell’occasione per mettere in mostra la propria cultura letteraria, ma venne interrotto prima di riuscire a finire la frase.

«”Se chi li dona si mostra crudele.”»

Izaya fissò Shizuo, mentre la sua incredulità gli si dipingeva sul viso, e l’altro ragazzo si mostrò vagamente offeso per quello stupore.

«Non sono analfabeta, sai.»

«Sì, ma…» protestò Izaya, che ancora non si era del tutto ripreso «…stiamo parlando di Shakespeare.»

Shizuo alzò le spalle e fece una smorfia. «Spostati» disse, però l’informatore continuò a guardarlo confuso, ancora troppo scioccato dall’inattesa scoperta che Shizuo addirittura sapesse chi era Shakespeare (senza contare che era perfino in grado di completare le sue citazioni).

«Non guardarmi così, questo è il mio letto. Se ne volevi uno saresti dovuto passare per l’entrata principale, invece di giocare a fare Spiederman.»

«Se io sono Spiderman tu chi sei, Mary Jane?»

«Diavolo, no» si lamentò puerilmente Shizuo «Assomiglio più a…»

«Hulk» intervenne Izaya, e il viso del biondo si rabbuiò.

«Già» disse piano, evitando il suo sguardo «Immagino che sia così.»

L’informatore si scontrò improvvisamente con l’irrefrenabile impulso di scusarsi. Lui non si scusava mai; né con gli amici, né con i familiari, né tanto meno con Heiwajima Shizuo. Si morsicò gli angoli delle labbra, tentando di tornare con i piedi per terra; dopotutto, quel commento era stato tanto tagliente quanto vero. Però le scuse minacciavano ancora di scappargli di bocca, così si limitò a scivolare di lato per fare un po’ di spazio al biondo, che si accomodò sul posto accanto a lui.

Rimasero in silenzio, finché la stanza non fu riempita dal respiro pesante di Shizuo; Izaya avvertì il peso del suo corpo schiacciargli il fianco, così lo spostò con prudenza, in modo che giacesse sul cuscino invece che atrofizzargli il braccio. Poi raccolse le sue cose e si diresse verso la finestra, determinato a non guardare il ragazzo addormentato mentre usciva e cominciava la discesa.

La sua testa si riempì di interrogativi: chi era questo Heiwajima Shizuo, disposto a mostrarsi così vulnerabile di fronte a Izaya? E chi era quell’Izaya, che non sfruttava una simile opportunità?

 

Nel prossimo capitolo: Se non poteva gestire la situazione con questo nuovo Shizuo, allora era stato Shizuo a vincere, e senza nemmeno sforzarsi. Attorno a questo erano sempre girati i complotti, gli inseguimenti, le zuffe; in lui Izaya aveva trovato qualcuno che non si sottometteva ai suoi piccoli giochi di poteri, qualcuno contro di cui la vittoria non era sempre garantita. Qualcuno che riusciva a scavare sotto il suo apparente autocontrollo, che gli faceva bruciare la pelle e battere il cuore all’impazzata.

   
 
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