Note
della traduttrice:
Eccoci qua
con il terzo capitolo. A domenica prossima con il quarto :)
Buona
lettura!
Capitolo
3
Izaya
si schiacciò
la maglietta contro il fianco, masticando imprecazioni tra i denti
quando avvertì
una sgradevole sensazione di bagnato sulle dita. Erano passati due
giorni da
quando si era calato giù dalla stanza di Shizuo, e da allora
non era riuscito a
eguagliare i suoi soliti standard. Non era per via del bruto,
ragionò: quella
situazione era servita solo come promemoria di quanto fosse debole la
mente
umana. Non che Shizuo fosse umano, ovviamente.
Izaya
premette più forte la mano sopra l’emorragia,
sussultando. Era stato appena
accoltellato e non era certo il momento più adatto per
pensare a quel bastardo,
eppure eccolo lì, ammaccato e insanguinato di fronte
all’ospedale di Ikebukuro.
In
qualche
modo doveva mettere fine a tutta quella faccenda: ormai si annoiava al
lavoro,
non si dava pace nei momenti di relax, e si distraeva ogni volta che
aveva
qualcosa da fare. Se ciò significava che per riottenere un
po’ di tranquillità
doveva uccidere il suo arci nemico, allora era disposto a provarci.
Izaya
studiò
l’edificio, chiedendosi se sarebbe stato troppo ambizioso
pretendere di
raggiungere la stanza di Shizuo con quella ferita e avere ancora
abbastanza
energie per ammazzarlo. Comunque sia, non poteva certo entrare in un
ospedale
sanguinando e aspettarsi che gli permettessero di farsi gli affari
suoi, cosi
tolse il cappotto, strappò le maniche della maglietta e se
le annodò strette
attorno alla cintola; conosceva l’anatomia umana ed era
abbastanza sicuro che,
a parte per la perdita di sangue, la ferita non era così
profonda o ben
piazzata da causargli seri danni.
Nessun
altro
sarebbe riuscito a sopportare tanto stoicamente il dolore provocato
dall’emorragia e dalla pelle che lentamente si strappava e si
lacerava – beh,
nessuno a parte il protozoo, ma Izaya voleva evitare di pensare
qualcosa che
potesse essere interpretato come un complimento, quando si riferiva a
lui.
Si
issò
senza fiato sul davanzale della finestra di Shizuo, e sussultando per
il dolore
al fianco – che stava diventando sempre più
difficile da ignorare – alzò lo
sguardo sulla finestra inequivocabilmente chiusa.
«Fottuto bastardo»
esalò, indirizzando la
sua rabbia verso Shizuo, colpevole di aver chiuso la dannata finestra,
ma senza
pensare che forse avrebbe dovuto controllare prima di cominciare ad
arrampicarsi. Tirò fuori il coltello a serramanico dalla
manica della giacca e
lo fece scivolare sotto la guarnizione di gomma sul lato destro della
cornice,
dopodiché lo spinse in avanti, muovendolo con attenzione
verso l’alto; si
concesse un sospiro di sollievo solo quando non incontrò la
resistenza di un
lucchetto. Lasciò la prima lama sulla parte alta della
finestra, prima di infilarne
un’altra su quella più in basso, poi si
aggrappò al davanzale sopra di lui e
usò i piedi come leva per spingere in giù la
maniglia. La finestra si socchiuse
leggermente, quanto bastava perché Izaya potesse finire di
aprirla sollevandola
con le dita; quando ci fu riuscito si infilò nella stretta
apertura senza tante
cerimonie e si introdusse nella stanza buia.
«Izaya-kun?»
L’informatore
sussultò; il punto di entrare senza rompere il vetro era
stato proprio quello
di non svegliare il bruto, ma
evidentemente aveva il sonno più leggero di quanto avesse
immaginato. Almeno in
questo modo non aveva aggiunto altre ferite alla lista, comunque.
«Sì?»
rispose,
immaginando che ormai non avrebbe avuto senso far finta di non essere
lì.
«Perché
non
usi le fottute scale?»
Izaya
rise a
queste parole, ma smise quasi subito, sibilando per il dolore che quel
piccolo
movimento aveva provocato: doveva farla finita in fretta, magari prima
di
morire dissanguato. Notò distrattamente che il biondo si
stava mettendo a
sedere ed ebbe l’impressione di venire squadrato da capo a
piedi.
«Cazzo!
Izaya,
che diavolo ti è successo?»
L’informatore
tentò di ignorare l’apprensione nella voce del
ragazzo, e di non pensare a
quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che qualcuno si
era preoccupato
per lui, ma non poté fare a meno di notare che il suo corpo
si stava
istintivamente rilassando – come se stare nella stessa stanza
in cui si trovava
un mostro non fosse una situazione pericolosa.
«Niente
per
cui la tua bella testolina debba preoccuparsi, Shizu-chan»
disse, ma la sua
solita arroganza suonava orribilmente forzata. Shizuo non rispose alla
provocazione come l’informatore aveva sperato, anzi, non
rispose affatto. Si
alzò, uscendo dal suo campo visivo, e senza dargli neanche
il tempo di
esaminare la situazione lo tirò su di peso e lo
portò nel suo letto.
«Mettimi
giù, maledetto!» sbraitò indignato, e
Shizuo obbedì, scaricandolo ai piedi del
materasso prima di tornare a sedersi sull’altro lato.
«Stai
sanguinando.»
La
sua voce
era calma, ma denotava una certa ansia, e Izaya era sicuro di aver
sentito una
sfumatura d’urgenza appena sotto la tranquillità
di superficie.
«Diciamo
che
potrei aver fatto incazzare qualcuno» scrollò le
spalle, aggrappandosi
disperatamente alla sua facciata di indifferenza «Come al
solito» aggiunse poi,
sapendo benissimo di star dicendo una balla. Di norma non avrebbe mai
permesso
a qualche idiota in cerca di guai di avvicinarsi più di
quanto gli servisse per
farlo fuori, e ciò lo riportava direttamente al motivo per
cui si trovava lì.
Strinse la presa sulla lama del coltello nascosto nella sua manica.
Shizuo
gli
diede le spalle, allungandosi verso il comodino accanto al letto per
rovistare
nel cassetto. Ecco la sua occasione: sapeva che non avrebbe mai avuto
un’opportunità
migliore di questa, eppure non riusciva a muoversi, e il suo corpo era
come
paralizzato. Lo ascoltò canticchiare a bocca chiusa in modo
fastidiosamente
innocente, mentre era impegnato a passare in rassegna i suoi effetti
personali,
e prima che Izaya potesse tornare in sé il biondo si era
già voltato verso di
lui.
«Non
sono un
granché con queste cose» ammise Shizuo, posando
sulle lenzuola quello che aveva
preso dal cassetto «Ma immagino che sia meglio che lasciarti
morire
dissanguato.»
Izaya
ispezionò la piccola scorta di rifornimenti – una
collezione un po’ estrema per
far parte di un kit di pronto soccorso – che ora era
disseminata sul
copriletto. Dopodiché cominciò a scuotere
violentemente la testa.
«Devi
esserti bevuto il cervello» protestò, spostando lo
sguardo in modo quasi comico
dal ragazzo di fronte a lui al cumulo di oggetti incriminati
«Non pensarci
nemmeno, Shizu-chan.»
Shizuo
roteò
gli occhi, pulendosi le mani con una salviettina igienizzante
«Non fare il
bambino, Izaya», disse, lievemente esasperato.
«È un taglio o una ferita d’arma
da fuoco?» chiese poi, in tono casuale.
«Si
può
sapere perché diamine hai questa roba? Sei in un ospedale,
per l’amor di Dio!»
Shizuo lo guardò, in attesa, e lui sbuffò prima
di rispondere «Mi hanno
accoltellato». Aveva anche un altro paio di tagli, ma quello
sul fianco era
l’unico così grave.
Il
ragazzo
scese dal letto e si voltò verso Izaya, che si
dimenò per allontanarsi da lui e
finì per ritrovarsi sul posto che Shizuo aveva occupato fino
a un momento
prima. Si schiacciò contro il muro, realizzando
l’errore che aveva commesso
solo quando fu troppo tardi per porvi rimedio: il biondo ormai
l’aveva messo
all’angolo.
«Me
l’ha
dato Shinra» disse, rispondendo alla domanda di Izaya come se
non si fosse
appena aggiudicato la vittoria «Mi ha detto di restare a
letto a riposare, e
poi mi ha dato questa robaccia per quando avrei “inevitabilmente ignorato i suoi buoni consigli”»
ridacchiò «Avanti,
via la giacca e la maglietta.»
Izaya
ignorò
la richiesta, preferendo fissare Shizuo con sguardo petulante;
l’altro ragazzo
però continuò imperterrito a pulire gli strumenti
necessari.
«Insomma,
te
li togli tu o devo farlo io?» i suoi occhi lampeggiarono di
sfida e Izaya si spogliò,
riluttante; realizzò troppo tardi che ora si trovava mezzo
nudo di fronte al
ragazzo che aveva cercato di uccidere per buona parte degli ultimi
dieci anni. Shizuo
però non sembrava condividere tali rimostranze, dato che lo
gratificò con un
sorriso di autocompiacimento e iniziò a lavorare; a questo
punto, tutto quello
che Izaya poteva fare era cercare di non ridere per le dita calde del
biondo
che gli sfioravano lo stomaco – era molto più
gentile di quanto si sarebbe
aspettato dall’”uomo
più forte di Ikebukuro”,
a proposito. Il ragazzo pulì accuratamente la ferita, usando
una mano per
tenere fermo Izaya e l’altra per tamponare il sangue.
L’informatore tentò di
ridurre al minimo le proprie reazioni, limitandosi a sibilare di tanto
in tanto
e a serrare la mascella, perché – che Shizuo fosse
in sé o meno – quelli erano
gli unici segni di debolezza che era disposto a mostrargli.
«Non
ho
antidolorifici» disse il biondo, in tono di scusa
«Beh, li avevo»
si corresse «Ma li ho presi tutti la prima volta che mi sono
saltati i punti, quindi ho smesso di usarli – non faceva poi
così male, dopotutto.»
Izaya
lo
fissò incredulo, incapace di decidere se lo sorprendesse di
più il fatto che
Shizuo considerasse normale spararsi tutti quegli antidolorifici, o
l’apparente
mancanza di ripercussioni sulla sua salute di un overdose di farmaci. L’informatore
non era molto tranquillo
all’idea di lasciarsi mettere i punti da qualcuno che aveva
la pessima fama di
disastro ambulante, però non era sicuro di avere altre
opzioni. Cercava di fingersi
indifferente, ma era solo una facciata: le mani gli tremavano lungo i
fianchi,
e sentiva la testa leggera a causa della perdita di sangue. Perfino la
sua
vista stava cominciando a perdere colpi.
Il
primo
contatto tra l’ago e la sua pelle gli strappò un
gemito che riuscì a soffocare
a malapena. Shizuo mormorò qualcosa per scusarsi, ma non
alzò lo sguardo, e
Izaya gliene fu grato: non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere la
sua
compostezza ancora a lungo. La sua mente cominciò a vagare,
cercando qualcosa
su cui concentrarsi che non fosse la pressione dell’ago sulla
pelle, ma fallì
miseramente, almeno finché qualcosa non attirò la
sua attenzione.
«Hai
bisogno
di tirare fuori la lingua per concentrarti?»
domandò, anche se il suo tono era
più scherzoso che crudele «Quanti anni hai,
cinque?»
Shizuo
spinse la lingua ancora più in fuori – sì,
decisamente cinque – prima di ritrarla, mostrandosi
imbarazzato per l’espressione
assorta sul suo viso. Izaya sbuffò una risata, mentre la
mano del ragazzo si
stringeva attorno a lui per tenerlo inchiodato al letto.
«Piantala
di
muoverti» si lamentò il biondo, con gli occhi
ambrati che lo fissavano
attraverso le ciocche di capelli. Izaya sentì qualcosa
andargli di traverso e
tossì, stupito per essersi quasi soffocato senza apparente
motivo «Dico
davvero, Izaya, se non la smetti rischio di combinare qualche
danno.»
L’informatore
trasse un sospiro esageratamente profondo – come se fosse lui quello seccato dall’intera
situazione – ma l’altro ragazzo si
limitò a ignorarlo, sfruttando quella momentanea
immobilità per rimettersi al
lavoro. Izaya cercò di non pensare troppo a quello che stava
succedendo, grato
che il suo cervello indebolito dall’emorragia non avesse
abbastanza energie per
rinfacciargli quella negligenza.
Quei
punti
di sutura non erano proprio i migliori che avesse mai visto, ma a
giudicare
dall’espressione orgogliosa del biondo sarebbe potuta
andargli molto peggio. “Almeno fanno
il loro lavoro” constatò Izaya,
notando che la perdita di sangue si era interrotta. Shizuo
applicò un batuffolo
di cotone sopra i punti e ricoprì tutto di nastro adesivo;
la lingua gli
spuntava di nuovo da un angolo della bocca, ora che aveva smesso di
pensarci.
«Fatto!»
il
ragazzo si alzò da letto e Izaya non poté fare a
meno di indispettirsi: chi
diavolo avrebbe potuto rimettersi in salute così in fretta,
dopo essere stato
investito da un treno? Alzò gli occhi verso il biondo
– che stava ancora
fissando la medicazione appena applicata
– e realizzò improvvisamente di
essere mezzo nudo in una stanza
eccessivamente climatizzata. Si mise a cercare la sua maglietta, e
sospirò dopo
averla trovata sul pavimento, strappata e insanguinata. Shizuo
notò la
direzione del suo sguardo e si diresse verso l’armadio per
tirarne fuori
qualcosa che poi gli lanciò; appena Izaya capì di
cosa si trattava, iniziò a
scuotere il capo.
«Assolutamente
no, cazzo» disse, confrontando la t-shirt del biondo con il
proprio petto, e
accigliandosi quando si accorse che era di una taglia molto
più grande della
sua.
«Quella
o
niente» gli fece notare Shizuo, senza riuscire a nascondere
un sorrisetto
compiaciuto. Si stava divertendo, il
bastardo.
«Vuoi
farmi
mettere i tuoi vestiti? È una specie di
feticismo?» lo sbeffeggiò Izaya,
nonostante sapesse di starsi scavando la tomba da solo; dopotutto, non
aveva
davvero nient’altro da indossare. Shizuo smise di trattenersi
e scoppiò a
ridere.
«Mettitela,
imbecille» ribatté, ma quell’insulto
aveva uno strano tono affettuoso che Izaya
non riuscì a trovare fastidioso come avrebbe voluto.
«Pervertito»
sbuffò, infilandosi la maglietta. Sospirò quando
vide che gli arrivava a metà
coscia, così l’abbottonò, un
po’ imbarazzato, e arrotolò le maniche fino a
scoprire almeno la punta delle dita «Beh, mi sta molto meglio
che a te»
sentenziò, fingendo di specchiarsi nel riflesso distorto di
un vaso sul
comodino. Poi realizzò che i fiori nel recipiente erano
quelli che aveva
portato lui pochi giorni prima.
Oh.
«Bei
fiori»
commentò con un risolino. Shizuo cercò di
nascondere la propria espressione, ma
non ci riuscì abbastanza in fretta, e il ghigno di Izaya si
allargò ancora di
più davanti al palese imbarazzo che cercava di seppellire
sotto una maschera di
noncuranza.
«Già,
peccato per l’idiota che me li ha regalati»
replicò il biondo, mentre il suo
falso contegno si tramutava in un guanto di sfida.
L’informatore sorrise senza
cattiveria; non lo superava nessuno, quando si arrivava ai duelli
verbali.
«”Anche i doni più ricchi si fanno povera
cosa”»
cominciò, sfruttando quell’occasione per mettere
in mostra la propria cultura
letteraria, ma venne interrotto prima di riuscire a finire la frase.
«”Se chi li dona si mostra crudele.”»
Izaya
fissò
Shizuo, mentre la sua incredulità gli si dipingeva sul viso,
e l’altro ragazzo
si mostrò vagamente offeso per quello stupore.
«Non
sono
analfabeta, sai.»
«Sì,
ma…»
protestò Izaya, che ancora non si era del tutto ripreso
«…stiamo parlando di Shakespeare.»
Shizuo
alzò
le spalle e fece una smorfia. «Spostati» disse,
però l’informatore continuò a
guardarlo confuso, ancora troppo scioccato dall’inattesa
scoperta che Shizuo
addirittura sapesse chi era
Shakespeare (senza contare che era perfino in grado di completare le
sue
citazioni).
«Non
guardarmi così, questo è il mio letto. Se ne
volevi uno saresti dovuto passare
per l’entrata principale, invece di giocare a fare
Spiederman.»
«Se
io sono
Spiderman tu chi sei, Mary Jane?»
«Diavolo,
no» si lamentò puerilmente Shizuo
«Assomiglio più a…»
«Hulk»
intervenne Izaya, e il viso del biondo si rabbuiò.
«Già»
disse
piano, evitando il suo sguardo «Immagino che sia
così.»
L’informatore
si scontrò improvvisamente con l’irrefrenabile
impulso di scusarsi. Lui non si
scusava mai; né con gli amici, né con i
familiari, né tanto meno con Heiwajima
Shizuo. Si morsicò gli angoli delle labbra, tentando di
tornare con i piedi per
terra; dopotutto, quel commento era stato tanto tagliente quanto vero.
Però le
scuse minacciavano ancora di scappargli di bocca, così si
limitò a scivolare di
lato per fare un po’ di spazio al biondo, che si
accomodò sul posto accanto a
lui.
Rimasero
in
silenzio, finché la stanza non fu riempita dal respiro
pesante di Shizuo; Izaya
avvertì il peso del suo corpo schiacciargli il fianco,
così lo spostò con
prudenza, in modo che giacesse sul cuscino invece che atrofizzargli il
braccio.
Poi raccolse le sue cose e si diresse verso la finestra, determinato a
non
guardare il ragazzo addormentato mentre usciva e cominciava la discesa.
La
sua testa
si riempì di interrogativi: chi era questo Heiwajima Shizuo,
disposto a
mostrarsi così vulnerabile di fronte a Izaya? E chi era
quell’Izaya, che non
sfruttava una simile opportunità?
Nel
prossimo capitolo:
Se non
poteva gestire la situazione con questo nuovo Shizuo, allora era stato
Shizuo a
vincere, e senza nemmeno sforzarsi. Attorno a questo erano sempre
girati i
complotti, gli inseguimenti, le zuffe; in lui Izaya aveva trovato
qualcuno che
non si sottometteva ai suoi piccoli giochi di poteri, qualcuno contro
di cui la
vittoria non era sempre garantita. Qualcuno che riusciva a scavare
sotto il suo
apparente autocontrollo, che gli faceva bruciare la pelle e battere il
cuore
all’impazzata.