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Autore: Giandra    09/05/2016    2 recensioni
⤷ Hanako & Satoshi
➥ post-Kalos
☆ Ottava classificata al contest "Tutti gli anime della nostra infanzia" indetto da 9dolina0 sul forum di EFP.
«C’è qualcosa che devi dirmi?» le domandò improvvisamente il ragazzino, notando ancora l’espressione turbata sul suo volto.
Alla fine, guardandolo dritto negli occhi, Delia rimase un attimo interdetta: raccontargli le sue elucubrazioni avrebbe solo rovinato quel giorno speciale, da passare invece tra le risate e i racconti delle sue avventure. Così sorrise, gli accarezzò la guancia e si limitò ad asserire: «Bentornato a casa, Ash.»
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Delia Ketchum
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Bentornato a casa, Ash
 
 
Delia Ketchum si asciugò la fronte imperlata dal sudore con la manica della camicetta di seta, sospirando mentre raccoglieva l’ultimo fiore dal giardino; alzò il capo verso il cielo limpido e cristallino, rivolgendogli un sorriso smagliante.
Quella si prospettava esattamente una giornata tranquilla, come tutte le altre da molto tempo a quella parte; da quando il suo piccolo Ash aveva indossato cappello e zainetto e aveva intrapreso il suo viaggio in giro per il mondo non era stato raro che si fosse sentita sola, o triste, nella loro piccola dimora, che però la solitudine le faceva avvertire gigantesca. Suo figlio era la sua più grande ragione di vita e restarne senza per così tanto tempo la deprimeva come solo la mancanza di una persona cara può fare.
Si avvicinò ai fornelli, mettendo a bollire una monoporzione di riso e apparecchiò la tavola, ponendovi un solo piatto e un solo paio di bacchette di legno.
Inspirò ed espirò sonoramente, a pieni polmoni, accendendo la tv nel vano tentativo di distrarsi; dopo aver fatto zapping per una lunga serie di minuti, senza riuscire a trovare un canale serio su cui concentrare la sua attenzione, venne destata dal telegiornale degli Allenatori di Pokémon: a Kalos, poche settimane prima, erano stati disputati in anticipo i tornei della Lega Ufficiale e la giornalista urlava euforica il nome del vincitore: Ash Ketchum, della città di Pallet. Delia subito alzò al massimo il volume della televisione, eccitata: “Il signor Ketchum vorrebbe dire due parole” lo introdusse la ragazza dai capelli rossi, mentre passava al suo bambino il microfono.
Grazie mille! — il suo sorriso non era cambiato. — Dedico questa vittoria a tutte le persone che, nel corso del tempo, mi sono state vicine: ai miei compagni di viaggio, ai miei avversari, ai Capipalestra, ai miei amici Pokémon — a cui devo tutto — e, sì, persino al Team Rocket; ma più di tutti vorrei ringraziare mia madre, che mi è sempre stata accanto, mi ha supportato e mi ha fatto sentire la sua presenza anche a distanza di chilometri. Grazie, mamma, e aspettami!”. Subito dopo il giovane era corso via frettolosamente con il suo fedele Pikachu sul capo.
Si sentiva estasiata, felice e turbata al tempo stesso: non si era neanche accorta dello svolgimento delle battaglie del suo unico figlio, quella volta — malgrado ciò che lui aveva sostenuto — non era stata al suo fianco, si era limitata a crogiolarsi nel suo dispiacere dimenticando l’intraprendenza che aveva destinato Ash a compiere grandi risultati. Aveva messo i propri sentimenti prima dei suoi, considerando la propria solitudine più importante della sua determinazione.
Fin da quando aveva realizzato di doverlo crescere da sola, Delia non era stata sicura che ci sarebbe sempre stata per il suo bambino; ma questo ad Ash non era mai importato, lui aveva sempre visto la donna sotto il grembiule, sotto le rughe e gli affanni: lui era sempre stato il sole della sua vita, che con i suoi raggi le rendeva unica ogni singola giornata. Non aveva rimpianti: avrebbe rifatto ogni singola scelta da capo, consapevole che nonostante tutti i suoi sbagli da essi sarebbe derivata la gioia più grande della sua esistenza.
Gli spettatori che l'avevano ascoltato non avevano idea di dove il ragazzo fosse diretto, ma lei lo sapeva: nello stesso posto dove, ogni volta che aveva raggiunto un traguardo, il suo coraggioso ometto era corso per condividerlo con la sua mamma. Ash stava tornando a casa.
Quella intervista si era tenuta parecchie ore prima, per cui era solo questione di tempo prima che il suo Allenatore si presentasse a Biancavilla. Doveva assolutamente darsi da fare: preparare striscioni e palloncini, i suoi piatti preferiti, chiamare il Professor Oak, Gary, Misty, Brock e tutti gli altri per festeggiare in compagnia. Doveva regalargli un tributo degno del fantastico giovanotto in cui si era trasformato, doveva...
«Mamma!»
Delia gelò; avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, nonostante il timbro fosse diventato man mano più maturo. Si voltò, guardando fuori dalla finestra, e notò subito un ragazzino dai capelli corvini che si sbracciava verso la sua amata dimora. Gli aprì la porta immantinente e, in una manciata di secondi, se lo ritrovò tra le braccia.
«Sono tornato, mamma.»
Delia non poté fare a meno di sperare che quello rappresentasse un ritorno definitivo, una possibilità per stare di nuovo insieme. Scosse il capo, levandosi quell’idea dalla testa: conosceva il suo Ash ed era impossibile tenerlo fermo in un luogo più dello stretto necessario, Maestro di Pokémon o meno.
«Sono così fiera di te.»
Il ragazzo la abbracciò forte, come fosse l’ultima volta, e lei ricambiò il gesto con le lacrime agli occhi, rubandogli un bacio sul suo inseparabile berretto. Pikachu le saltò in spalla e con la mano libera lei gli carezzò la coda.
«Ehi, mamma, tutto bene?» le domandò, vedendola pensierosa, con quell’eterno sorriso stampato sul volto ingenuo.
Delia rise, un riso impastato dal pianto. «Sì, Ash, piccolo mio» gli rispose e tornò ad abbracciarlo, come a compensare tutti quei mesi in sua mancanza.
«Non sono un bambino» protestò il giovane, con la voce ovattata dalle vesti della madre, mentre le stringeva ancora più forte il bacino.
Delia avrebbe voluto negare quell’affermazione — perché del resto era ancora un bambino e, se anche avesse avuto trent’anni, per lei lo sarebbe comunque rimasto —, ma decise di no, limitandosi a una carezza sulla spalla. Si staccarono dall’abbraccio e la donna lisciò il capo di Pikachu, che le sì accoccolò contro in estasi: erano poche le persone a cui concedeva il privilegio di sfiorarlo, ma la madre del suo Allenatore era di certo tra quelle.
«C’è qualcosa che devi dirmi?» le domandò improvvisamente il ragazzino, notando ancora l’espressione turbata sul suo volto.
Alla fine, guardandolo dritto negli occhi, Delia rimase un attimo interdetta: raccontargli le sue elucubrazioni avrebbe solo rovinato quel giorno speciale, da passare invece tra le risate e i racconti delle sue avventure. Così sorrise, gli accarezzò la guancia e si limitò ad asserire: «Bentornato a casa, Ash.»





   
 
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