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Autore: Ilarya Kiki    11/05/2016    7 recensioni
La vita dopotutto è come un puzzle, no? Fatta di tanti piccoli tasselli che si incastrano perfettamente l'uno nell'altro: capita però che a volte questi tasselli si perdano, e poi chissà dove cavolo vanno a finire, lasciando un sacco di buchi. Anche la tua vita è un puzzle, un milk puzzle: mancano fin troppi tasselli, e rappresenta solo e soltanto una cosa: il niente. Rassicurante, eh? Il nulla totale. Tanta fatica e poi nessuna immagine, così funzionano i milk puzzle.
O, almeno, così piacerebbe a te.
Dopotutto, il latte fa pure bene alle ossa.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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*quinto tassello

 

Sex.

 

La neve ondeggiava lievemente nell’aria in pigri fioccherelli di gelo, ovattando l’atmosfera boschiva profumata di resina. Nessun suono interrompeva quel silenzio irreale vicino alle porte sigillate per le Rovine – nessuno andava mai laggiù – tranne le risate sommesse di uno scheletro che chiacchierava con una voce melodiosa oltre quella soglia impenetrabile. Stava accovacciato nella neve con la schiena appoggiata alla pietra finemente intarsiata dei massicci battenti, lasciandosi ricoprire lentamente, insieme al sentiero e agli alberi, dal mantello bianco che innaturalmente volteggiava giù dalle altissime volte – quasi invisibili alla vista – della caverna, generato da tutti i mostri di ghiaccio che vi abitavano dentro.
Non aveva la minima idea di chi fosse la donna gentile con cui stava parlando, ma non era tipo da farsi problemi per una ragione così sciocca. Sapeva solo che gli aveva chiesto di chiamarla “Tori”, che sembrava essere avanti con gli anni e che aveva un senso dell’umorismo molto affine al suo, e questo bastava e avanzava.
Stavano ancora ridendo per l’ultima battutina di Tori (“Qual è il nome più comune fra le lumache? Va-lentina!”) quando all’improvviso la sua risata composta si spense un po’ troppo bruscamente, e parve esitare a farsi sentire a tutto volume come colta da un pensiero perturbate.
Sans, che aveva imparato a conoscerla solo attraverso le modulazioni della sua parlantina, ovviamente se ne accorse subito.
“Ehi è tutto a posto, quella battuta era ad alta valenza comica!”
“Ohohohoh… Ma no, ma no, che dici?”
“…e allora cosa c’è?”
“Oh, non è… non è nulla…” il tono si era abbassato progressivamente fino a diventare pressappoco inudibile, attraverso le possenti barriere di pietra. Tori sembrava parecchio a disagio, forse in imbarazzo.
“Dai sputa il rospo.”
“Nulla di importante, è che mi è venuta in mente una cosa. – ora la voce era tornata udibile, ma non sembrava sul punto di continuare la gara di battute, anche se suonava parecchio divertita – Dì un po’, Sans… se un cucciolo di otto anni ti chiedesse come nascono i bambini, tu che gli risponderesti?”
Lo scheletro restò imbambolato con la bocca aperta per un paio di secondi, colto completamente alla sprovvista, ma poi scoppiò a ridere di gran gusto.
Anche Tori si mise a ridacchiare, ma sembrava che il problema la preoccupasse sul serio.
“Beh dipende da che tipo di cucciolo stiamo parlando – rispose Sans asciugandosi una lacrima dall’orbita vuota – Sai, finché sono rettili o anfibi è facile, fanno le uova… ma la questione diventa un po’ più complicata quando si parla di fantasmi.”
“Mammifero, parliamo di un mammifero.”
“Il discorso non cambia, secondo me. Se si tratta di cose come la nascita, bisogna dire la verità ai bambini, magari mettendola giù in modo da non traumatizzarli troppo. Dopotutto, se sono loro a chiedere, evidentemente sono pronti a saperlo, e raccontare balle gli potrebbe far venire strane idee.”
“Uh.” Rispose Tori, evidentemente poco convinta.
“…a volte mi chiedo che accidenti ci combini là dietro, Tori. Ma questi sono discorsi futili, dove eravamo rimasti…?”
La questione cadde nel vuoto, e non ne parlarono più.

 

L’arrivo di Frisk a Snowdin, qualche giorno dopo, aveva causato un vero e proprio finimondo nel Sottosuolo, ma era riuscita a diventare amica di tutti i mostri sorprendentemente in fretta. Il Grande Papyrus soprattutto pensava che fosse una personcina davvero in gamba – considerato il suo amore per i puzzles e gli spaghetti riscaldati – anche se talvolta diceva cose parecchio bizzarre: era anche per questo che preferiva che nessuno sapesse che le aveva concesso un appuntamento romantico, chissà che sarebbe stata capace di raccontare alla gente quella trottolina imprevedibile. Il giovane scheletro stava facendo la sua solita ronda di turno (di fronte a casa sua, dalla porta alla cassetta delle lettere) quando Frisk gli piombò di fronte con la sua felpa blu penzolante troppo grande di tre taglie e il suo sguardo vispo, e confermò i pensieri che stavano correndo per la scatola cranica della guardia uscendosene con una domanda parecchio inopportuna:
“Ehy Grande Papyrus! – chiamò – Mi dici come nascono i bambini?”
“Questa è una domanda parecchio inopportuna, umana!” rispose lo scheletro, appunto.
“Dai! La mamma non ha voluto dirmelo quando glielo avevo chiesto. Al posto di rispondermi si è messa a fare un discorso sui nomi propri più comuni tre le lumache!”
“Insomma umana, mi metti in imbarazzo! Mica sono cose da chiedere a uno mentre sta lavorando, nye!”
“…ma perché? Sono anni che me lo sto chiedendo.”
“Perché… perché… perché non lo so nemmeno io, oh! – Il grande Papyrus sospirò drammaticamente, ferito nell’orgoglio per essersi fatto cogliere in fallo come un mucchio di ossicini in una classe di asilo nido – Non ho mai avuto il coraggio di chiederlo a nessuno. Sai che vergogna per un adulto come me? E poi a chi dovrei chiederlo, a Sans? Insomma, è il mio fratellone ma sai com’è fatto, mi prenderebbe in giro per settimane!”
La piccola umana si stava grattando il mento, ponderando sul problema, e subito dopo chiese:
“…quindi dici che possiamo chiederlo a qualcun altro? Tipo ad Undyne?”
“Potrebbe andare bene, Undyne di solito è sempre molto disponibile quando si tratta di insegnare qualcosa! Chiediglielo tu però, sei tu la bambina qui!”

 

Quando Undyne andò ad aprire la porta di casa sua, che stava venendo letteralmente buttata giù a furia di colpi a pugno chiuso da chi stava bussando, si trovò davanti il suo migliore amico insieme alla piccola umana che era caduta dalla superficie, e che ormai la guerriera non aveva più cuore di consegnare in sacrificio a re Asgore. Avevano entrambi uno sguardo pieno di aspettativa e, prima che lei potesse invitarli dentro, Frisk aprì la bocca sdentata e chiese:
“Undyne ci dici come nascono i bambini?”
La comandante delle Guardie Reali restò impalata sulla porta a occhi spalancati e a bocca aperta, lasciando scoperte le sue zanne da piranha per qualche secondo prima di capacitarsi di quello che era appena successo. Poi si trattenne dallo scoppiare a ridere platealmente in faccia al povero Papyrus (che sembrava estremamente interessato a saperne di più sull’argomento a giudicare dalla sua espressione estasiata) e fece un gesto con la mano, invitandoli nell’interno piacevolmente riscaldato di casa sua.
“Non sono sicurissima di essere la persona migliore per risponderti, eh teppista! Ma se vuoi te lo spiego – anzi ve lo spiego.”
Al tavolo, sul quale erano posate una teiera fumante, delle tazze e una ciotola piena di una strana poltiglia rosata, stava seduta anche Alphys, la scienziata reale. Evidentemente le due stavano trascorrendo il pomeriggio in compagnia, e la piccola draghetta salutò i due nuovi arrivati passando dalla sua solita sfumatura color limone a una molto più intensa tonalità di melanzana, per essersi fatta cogliere in un luogo compromettente.
Undyne fece accomodare Frisk e Papyrus e poi prese posto anche lei, appoggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le dita unghiute di fronte alla faccia, cercando di atteggiarsi nel modo più didattico possibile:
“Dunque – iniziò, schiarendosi la voce – In realtà è piuttosto semplice: servono un maschio e una femmina. Una volta all’anno capita che la femmina produca una certa quantità di uova gelatinose – una vera seccatura Frisk, capirai quando sarai più grande, meno male che capita solo una volta all’anno… Queste uova dopo un po’ marciscono se non le butti via subito, ma se sei interessata a metter su famiglia allora le devi dare ad un maschio, che come dire… da il suo contributo. Quando le uova sono fecondate basta aspettare un paio di mesi, si schiuderanno e… puff! Avrai tutti i bambini che vuoi! Potresti farci un piccolo esercito personale se lo desideri! Ngaaaahahahahah!
Undyne sbatté forte le mani sul tavolo e fece tremare tutta la stoviglieria, mentre si gongolava nell’ebbrezza dell’insegnamento. Papyrus sembrava altrettanto entusiasta ma Frisk pareva non aver capito qualche passaggio, dato che aveva ripreso a grattarsi il mento per dirimere tutti i dubbi che ancora la assillavano.
“Ma non capisco! – asserì contrariata – Davvero è tutto qui? Perché la mamma non ha voluto dirmelo se è una cosa così semplice?”
Alphys, che era rimasta in silenzio durante tutta la spiegazione con una strana espressione stampata in volto, come di chi sa qualcosa ma ha troppo imbarazzo/dispiacere/disagio sociale per dirla, finalmente prese coraggio e stiracchiò un sorrisetto poco convinto sulle labbra squamose, e si apprestò a contraddire la sua adorata ninfa delle acque paludose.
“Undyne, – sillabò arrossendo – tu gli hai spiegato come si riproducono i pesci! Ma gli umani sono dei mammiferi… è un po’ diverso in realtà.”
“Oh. – Undyne smise subito di ridere, ma il commento non sembrò urtarla – Hai ragione Alph, io gli ho spiegato solo ciò che riguarda la mia stretta esperienza! Ma è OVVIO che sei TU la scienziata, qui! Perdonatemi ragazzi, nella mia ristrettezza mentale vi ho sviato. Alphys! Tu sai così tante cose, spiegacelo tu!”
EEEEEEEEEEERRRrrrrrrrrrrmmmmmmmmmhhhhhhhhhhhhh…”
La testa della piccola rettile parve sprofondare tra le sue spalle e tutto il suo stesso corpo parve iniziare un processo di implosione verso il pavimento, mentre tre paia di occhi curiosi le prendevano di mira la faccia con la stessa intensità di puntatori laser accecanti. Se Alphys avesse mai avuto una classifica dei suoi incubi più orribili, quella situazione avrebbe superato sicuramente il primo posto con uno stacco triplo di punteggio rispetto a tutte le altre posizioni.
“B-b-beh… iniziamo col dire che è u-u-una materia molto spe-spe-specifica… ci sono due cellule, che si chiamano gameti e… e… e… durante il processo di fe-fe-fecondazione lo spermatozoo entra dentro l’ovulo, perde la coda e…e…e… beh l’ovulo deve essere maturo e nella tuba, se no non se ne fa niente. Qui-qui-quindi…lo zigote rotola fino all’utero e inizia a dividersi, fino a crescere sempre di più e…”
ALPHYS MI SONO RESO CONTO DI ESSERE UN GRANDE IDIOTA. PERCHÉ NON RIESCO PIÚ A COMPRENDERE I MESSAGGI VERBALI? MI SI È DISATTIVATA LA FUZIONE 'TRADUTTORE-DA-SUONO-A-SENSO' DEL CERVELLO?!
“Oooow ma Paps, tu non hai un cervello. – scherzò Undyne, dando una energica pacca sulle spalle al suo amico scheletro – Però davvero Alph, non ho capito nulla nemmeno io.”
Alphys si strinse nelle spalle, imbarazzatissima, mentre Frisk sembrava bloccata in uno stato catalettico di corto circuito mentale, con la bocca aperta e le palpebre che sbattevano velocemente nel tentativo di riportarla alla realtà.
“Mi spiace ragazzi… - si scusò la scienziata – Evidentemente nemmeno io sono la persona adatta…sono un disastro in queste cose.”
Papyrus sospirò, massaggiandosi le tempie per sfiammare i pensieri e infilandosi un paio di dita anche nei cavi oculari per ottenere un effetto più rilassante:
“Sei una grandissima scienziata Alphys, troppo grande perfino per noi, sei talmente grande che nemmeno riusciamo a capire le cose che dici dalla tua vetta di scienza. Dovremo trovare qualcuno più vicino al nostro livello. Vero, Frisk? Tu a chi stai pensan…”
Frisk non fece nemmeno finire la frase al suo amico scheletro: si ridestò dal suo stato confusionale post-delirio, saltò giù dalla sedia, lo afferrò per un polso e lo tirò in direzione della porta, evidentemente già ben decisa sull’identità della persona da mettere all’angolo e interrogare. Sembrava parecchio seccata per tutta la fatica che stava facendo a farsi dare quella risposta per cui sarebbero bastati due minuti di basico dialogo, insomma, non riusciva proprio a capire tutta questa difficoltà.
Papyrus ondeggiò una mano in direzione delle sue due amiche mentre veniva trascinato fuori dalla porta della casa, con un pessimo presentimento che gli faceva scuotere le ossa: se Frisk era così decisa a chiedere ad una persona, adulta, responsabile, seria e saggia, molto probabilmente – con suo grande disappunto – questa persona era…

 

“Sans!”
Sans lo scheletro, come suo solito, se ne stava a pisolare nella sua stazione di guardia, testa appoggiata sulle braccia stese lungo il bancone e pantofola tattica per far proseguire l’illusione di essere in camera da letto anche in mezzo ai nevai. Frisk gli si avvicinò e con dolcezza iniziò a punzecchiarlo col ditino su una guancia per farlo svegliare, avendo constatato che si trovava tra le braccia di Morfeo dopo che lui aveva ignorato la sua prima chiamata.
“Sans mi dici come nascono i bambini?”
Lo scheletro socchiuse le palpebre assonnate e ridacchiò, probabilmente divertito dal bizzarro risveglio che gli aveva riservato la sua amica umana, e prendendosi tutto il suo tempo si stiracchiò verso l’alto facendo scricchiolare le scapole. Frisk, accompagnata a due passi da Papyrus, lo fissava intensamente cercando di mantenere salda la speranza che almeno lui potesse accontentare la sua sete di conoscenza, saltellando di impazienza.
“Eh. – Disse finalmente Sans, coprendosi la bocca in uno sbadiglio – Non so perché, ma avevo l’impressione che prima o poi saresti venuta a chiedermelo, ragazzina. Stai proprio diventando grande, eh?”
Frisk aumentò l’intensità del suo saltellamento mentre Sans si alzava dal suo bancone e faceva il giro del casotto, piazzandosi davanti alla bimba e a suo fratello.
“Credo che sia ora di raccontarlo anche a te Paps. Ma non è il caso di fare qui questo genere di discorso, andiamo da Grillby’z e mettiamo i piedi sotto a un bel tavolo al caldo.”
“Sans, – intervenne Papyrus, seccato – ne stai approfittando per fare pausa, vero osso-pigro?”
“Naaaah questa mica è pausa, è una lezione di vita!” Il piccolo scheletro fece un occhiolino e prese per mano Frisk, prima che tutti e tre si dissolvessero in una velocissima frattura spazio-temporale.

 

“Dunque ragazzi, dovete sapere che, a una certa età, ad una persona può venire il desiderio di diventare genitore. Non importa se è maschio o femmina, da solo o in compagnia: a volte succede e basta, è il desiderio di avere qualcuno da lasciarsi dietro che continui la nostra famiglia, e di crescerlo con le nostre forze.”
Frisk pensò di aver finalmente azzeccato la persona giusta: Sans sembrava essere entrato in uno dei rarissimi momenti in cui era serio per davvero – evidentemente gli piaceva raccontare le storie come si deve, anche se continuava ad avere quel sorriso compiaciuto stampato in faccia. Anche Papyrus sembrava stupito di questo fatto, dato che evidentemente si era aspettato di essere bersagliato di battute irritanti per tutto il tempo.
“…di solito capita quando si è già vissuti un bel po’, ma talvolta qualcuno lo fa anche da giovane. È una faccenda molto delicata. C’è un unico modo per creare una nuova vita, e questo modo comporta grandi sacrifici e una forte volontà.”
Sans distolse lo sguardo e puntò gli occhi luminosi da qualche parte verso la sua destra, probabilmente perdendosi in un ricordo lontano, e il suo sorriso perenne sembrò farsi malinconico.
“I figli sono una parte di noi, sapete? Letteralmente. Se vogliamo avere un figlio, dobbiamo rinunciare ad una parte delle nostre ossa e ad una fetta della nostra anima, per darla a lui. Più bambini vogliamo avere, più dobbiamo rinunciare a noi stessi. È un atto che solo una persona molto coraggiosa e con un immenso amore da dare può pensare di compiere.”
Sans fece spallucce, allargando il suo sorriso.
“Essere nati è un regalo immenso, dovremmo ricordarci sempre che siamo molto fortunati e che qualcuno ci ha amato moltissimo. Si possono avere un paio di figli… o tre. In ogni caso, quello che succede è che, indipendentemente da quanti fratelli si hanno, maturando prendiamo sempre più energia dal nostro genitore fino a che questo, quando siamo diventati abbastanza grandi o lui non ha più ossa e anima per sé, muore.”
Ci fu un momento di silenzio intensissimo, che nessuno dei tre ebbe il coraggio di interrompere. Sans sospirò sonoramente, evidentemente soffrendo anche lui della gravità che aveva dovuto assumere per fare quel discorso.
“…quindi, i bambini noi li facciamo così, staccandoci le ossa, in solitaria. Questo, ovviamente, non toglie che anche a noi ogni tanto piaccia fare un po’ di s…”
MA È TERRIBILEEEEEEEEEEEE!!!
Papyrus era in lacrime, si teneva la testa tra le mani e sembrava aver appena incassato il trauma più doloroso della sua vita.
“È PER QUESTO CHE NON ABBIAMO LA MAMMA SANS!? È MORTA COSÌ!?”
“È successo quando sei nato tu Papy, vent’anni fa. Ma è tutto a posto, è così che funzioniamo noi scheletri, io ero piccolissimo e non ricordo bene, ma era sicuramente felicissima.”
Sans si alzò in piedi sulla panca del tavolo della taverna e si protrasse sul tavolo per dare una pacca sulla spalla del suo fratellino disperato, consolandolo come meglio poteva e trattenendosi dal fare giochi di parole – dato che sicuramente gliene stavano passando per la testa di grandiosi, anzi, di grandiossi.
Frisk sembrava parecchio pallida anche lei, e Sans si voltò con espressione sorniona e le chiese, ammiccante:
“…e questo per quanto riguarda noialtri scheletri, ragazzina. Voi mammiferi, invece, se volete figliare dovete per forza fare s…”
“No!”
Frisk impose drammaticamente la sua manina in avanti, facendo un segno di “alt”. La sua espressione plumbea tradiva una certa malcelata ansia.

 

“…se è così per voi, non voglio sapere com’è per noi umani. È spaventoso. Credo che aspetterò di crescere ancora un po’.”
Sans strizzò gli occhi, ridacchiando soddisfatto.

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 *Solo dopo aver steso la trama di questa storia, mi sono effettivamente resa conto che gli scheletri si riproducono esattamente come gli dei della Morte in Soul Eater.
*Bene. Benissimo.
*Eh... a volte si affrontano anche certi argomenti con la bimba, c'è poco da fare.
*Ma è sempre uno spasso.
*Ciao a tutti e al prossimo tassello!

 

 

 

 

  
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