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Autore: Feathers    12/05/2016    4 recensioni
/Cockles Au in Russia!/
Dopo che la sua vita cambia per sempre a causa di una matrioska, Jensen Ackles è costretto a vivere nella Russia del 1955, un'epoca difficile per un americano moderno. Per fortuna, un affascinante e misterioso scrittore di nome Misha Krushnic decide di ospitarlo nel suo appartamento al centro di Mosca. Cosa succederebbe se la loro iniziale diffidenza si trasformasse in una passione incontenibile?
Questa è la storia di un amore clandestino, di quelli tanto intensi da sembrare irreali, ma continuamente messo in grave pericolo dall'omofobia della Russia Sovietica. Riusciranno i due ad uscire dalla terribile situazione in cui si trovano ed a stare insieme senza rischiare la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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War





FLASHBACK  1941 

 
"Avanti, sparate! Cosa aspettate?! Tu, figlio di puttana, resta giù! Ma che diavolo fate voi due?!" 
 
Quella voce squillante ed autoritaria rimbombava nell'aria tersa, confondendosi con le urla, il fischio delle pallottole, gli spari sempre più vicini. La barca dell'Armata Rossa non faceva che agitarsi in mezzo alle onde scure, ed un tuono proprio sopra le loro teste coprì il frastuono infernale per un secondo. 
 
Misha aveva sparato due colpi poco prima, gli occhi vigili ma vitrei per la paura, e dopo si era accovacciato in un angolo della barca, la fronte sudata. Non era la prima volta che partecipava ad un attacco militare - ormai era stato arruolato da parecchio tempo - eppure era convinto che non si sarebbe mai abituato a quella sensazione di panico crescente. 
 
"Krushnic!" 
 
Qualcuno aveva urlato il suo cognome dietro di lui, fendendo quella raffica di fischi e rumori sinistri della barca. 
 
Era stato Emmanuel Frank Parker, un ventenne biondo originario del Galles con cui Misha aveva fatto conoscenza quando era entrato nell'esercito. 
 
Misha si voltò di scatto verso il soldato che lo fissava con gli occhi azzurri spalancati. "Cosa c'è?!" urlò Misha a squarciagola, un lampo gli illuminò il volto sbiancato. 
 
Scivolò da una parte battendo i gomiti quando la barca vacillò pericolosamente. Non importava se ciò fosse dipeso dai buchi alla base provocati dai nemici o dalla tempesta che stava infuriando su di loro. Stavano rischiando di morire tutti - come sempre del resto. 
 
'Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie... ' 
 
Misha aveva questo verso di Ungaretti scritto sull'interno dell'avambraccio con una penna, come per ricordare a sé stesso cosa significasse combattere in guerra. Rischiava di morire ogni secondo in più che passava sul campo, così come tutti gli altri suoi compagni. Solo lui sapeva la traduzione di quella poesia italiana, e la diceva a chiunque gliela domandasse. Non ricordava di essere mai stato così spento ed apatico in vita sua.
 
"Stai con la testa giù! Sparano verso di te!" gridò Emmanuel a Misha, per poi girarsi di scatto e puntare il fucile verso la direzione opposta. Premette il grilletto liberando ben cinque proiettili uno dopo l'altro, quasi senza che il rinculo degli spari gli facesse perdere l'equilibrio. Pareva nato per farlo, pensò Misha mentre si alzava a fatica dalla sua posizione nonostante il consiglio di Emmanuel. Quella mattina si era sentito male ed il viaggio in barca in pieno temporale era stato la ciliegina sulla torta - a stento si reggeva in piedi. Aveva pregato per ore nella sua tenda, affinché non ci fosse nessun attacco nemico almeno per quel giorno, ma non aveva funzionato. Ovviamente. 
 
Gli girava ancora il capo quando si appoggiò al parapetto della nave dopo essere stato urtato con violenza da un militare. 
 
Alzò gli occhi verso il cielo nerastro e pieno di sprazzi grigi; sembrava il colore della sua anima frustrata. Era distrutto, arrabbiato, furioso con la persona che l'aveva fatto finire in mezzo a quel casino, che l'aveva privato della persona di cui era innamorato - il povero Ivan. 
 
Un ragazzo innocente che era dovuto morire fra le sue braccia. 
 
Lo vedeva spesso in sogno nelle notti passate in tenda, lo sentiva urlargli contro che era tutta colpa sua, che lui gli aveva rovinato la vita facendogli scoprire di essere omosessuale, che l'aveva messo nei guai, che l'aveva fatto uccidere.
 
E Misha non riusciva più a sopportare nulla di quella situazione. Aveva solo voglia di piangere, di urlare, di rompere qualcosa. Si sentiva un mostro.  
 
Era stato irrimediabilmente macchiato da quell'esperienza, e in quel momento un pensiero fulmineo gli guizzò in mente. 
 
Doveva pur sfogarsi in qualche modo. 
 
Senza ragionarci su nemmeno per un altro istante, Misha corse in avanti, sistemò il fucile fra le mani in una posizione più stabile e prese la mira verso la nave tedesca. Sparò tre proiettili, e vide qualcuno precipitare in mare, in mezzo alla nebbia densa. 
 
Aveva appena ammazzato un uomo - per la prima volta in vita sua. 
 
Non ebbe neppure il tempo di sentirsi un assassino che un altro proiettile sfrecciò nella sua direzione entrando nel suo braccio sinistro e facendolo barcollare. Misha cacciò un urlo acuto. 
 
Per fortuna, una mano salda lo prese prima che potesse cadere oltre il parapetto. 
 
"Krushnic, ma che cazzo fai?!" La voce di Emmanuel. Di nuovo. 
 
Misha era caduto a terra, ed il medico di bordo lo stava raggiungendo. Un rivolo di sangue scivolò sul legno fradicio; il dolore gli mozzò il fiato. Strinse i denti e gemette, l'odore del sangue era penetrante, forte. Sapeva di aver perso il controllo di se stesso. 
 
'Non... volevo diventare questo... non volevo... ' mormorò, non sentendo più nulla. 
 
Era svenuto. 
 
----------------
 
PRESENTE
 
'Non me ne andrò mai davvero. Non ti lascerò mai... lo prometto.' 
 
Lo prometto. 
 
Me l'aveva promesso, o almeno l'aveva detto. 
 
Le sue parole deboli avevano fatto eco nella mia testa, confondendosi con i miei pensieri. 
 
Ormai ero certo di star quasi dormendo, nonostante il vento gelido mi graffiasse violentemente la pelle, penetrando nella cella attraverso le sbarre e fischiando là fuori. Stava nevicando - lo percepivo, o forse era solo un'illusione. 
 
Mi ero addormentato fra le braccia dell'uomo che volevo salvare, l'uomo che volevo amare per il resto della mia vita. 
 
Non avevo più fiato per gemere, né per parlare. Il freddo mi aveva ghiacciato i muscoli, le ossa.  Semplicemente dormivo, la testa morbidamente poggiata sulla sua spalla sinistra un po' ossuta, il respiro pesante ed il braccio rotto che penzolava da una parte, abbandonato a sé stesso. 
 
Tenevo lievemente la mano di Misha. La sua bella mano grande e ruvida a causa dei lavori forzati. Non gli avevo ancora chiesto cosa gli avessero fatto fare, com'era precipitato, come si era sentito appena era arrivato a terra. Sentivo lo spessore delle croste di due piccole lesioni sotto i miei polpastrelli, mentre gli accarezzavo il dorso della mano col pollice. 
 
'Tienimi sempre stretto a te... non lasciarmi mai... ' 
 
Non c'era più nessun rumore. Solo i nostri respiri ritmati, il suo battito lento sotto il mio palmo - sembrava il ticchettare di un orologio sul punto di rompersi. Il freddo lo stava uccidendo e lo sapevo. Tremavo. 
 
Eppure, tutto ad un tratto, un tepore provenne dal corpo spossato di Misha e mi cullò dolcemente, dandomi sollievo, portandomi ad avvicinarmi ancora di più a lui. Era qualcosa di meraviglioso, una sensazione celestiale, ultraterrena, come se Misha fosse stato... 
 
Non riuscivo a realizzare cosa ci stesse accadendo; qualcosa stava cambiando in quel luogo orrendo come in quei sogni in cui i luoghi si alterano e si mischiano fra di loro, facendoci piombare nella confusione più totale. 
 
All'improvviso tutto era bianco, era soffice e candido, come una nuvola di quelle che disegnavo da bambino sui fogli di carta. 
 
Ogni elemento di quel sogno tanto realistico sembrava vero; riuscivo persino ad intravedere la luce attraverso le mie palpebre serrate. E sentivo il calore rassicurante della pelle di Misha, il profumo di bucato su... un lenzuolo. 
 
Pian piano aprii gli occhi e rimasi interdetto, il fiato interrotto per un istante. 
 
Avevo le labbra posate sulla spalla nuda di Misha; notai subito che sul suo collo non c'era alcuna ferita, neppure sul suo petto. E Misha aveva il respiro così regolare, gli occhi aperti pigramente a metà mi guardavano, con quel meraviglioso blu che mi ipnotizzava. 
 
La mia mano uscì automaticamente dal lenzuolo e gli sfiorò la pelle liscia e leggermente umida. Non era rimasto nulla, nemmeno una traccia della guerra. Ed io conoscevo a memoria le sue cicatrici, così come conoscevo i lineamenti del mio stesso viso. 
 
Intanto Misha mi fissava ancora, sorrideva; la luce del sole lo investiva da dietro. 
 
Dio, era un angelo. Era il mio angelo. 
 
'Amore mio... combatti la tua guerra interiore, per prima cosa... il resto del male sparirà.' mi aveva detto una volta. 
 
Ed il male pareva sparito. Eravamo solo io e Misha, su un letto matrimoniale, in una stanza azzurra e bianca che non distinguevo. 
 
In pace. 
 
Tutto era come ingoiato dalla luce del mattino; i suoi occhi più blu del cielo si schiudevano con calma e mi guardavano con un affetto infinito. "Buongiorno," mi sussurrò, senza quasi separare le labbra carnose. Mi accarezzò il viso e sorrise di nuovo, di uno di quei sorrisi che solo Misha sapeva tirar fuori. 
 
Sorrisi anche io spontaneamente, senza quasi accorgermene. 
 
"B-buongiorno... ma... cosa è successo?" chiesi, senza muovere la testa dal cuscino, lasciando che le sue dita mi sfiorassero la mascella, il collo, parte del petto. Brividi caldi.  
 
"Non è successo nulla, amore... siamo ancora lì... credo... questo posto... non so cos'è, te l'assicuro." rispose Misha, con una malinconica confusione dipinta in viso. 
 
Io sospirai, godendomi le sue carezze. 
 
"Che... che significherà mai tutto questo?" 
 
Mi guardai attorno. La stanza era di una semplicità disarmante; c'erano dei mobili in legno laccato in colori chiari, uno specchio, delle cornici con delle nostre foto mentre ci baciavamo, ci abbracciavamo. 
 
Erano foto a colori. Io e lui. Insieme all'aperto. 
 
"Che... che significa?" ripetei, fissando Misha negli occhi, come se rivolgendogli più volte la stessa domanda avesse potuto fargli trovare una risposta. 
 
Misha abbassò lo sguardo, tornando a massaggiarmi i pettorali. Avvicinai istintivamente il mio corpo al suo strisciando sul materasso. 
 
Il profumo di cannella mi solleticò le narici ed io emisi un risolino, affondando il naso nell'incavo del suo collo, aderendo il mio petto al suo. 
 
"Non saprei davvero dove siamo. Ma in fondo che importanza ha?" sussurrò Misha. Avvolse goffamente le braccia attorno alla mia vita. 
 
"S-sei... così calmo Mish... pare quasi che tu sappia tutto... " 
 
Misha rise. Mi baciò sul collo, con lentezza. "E invece no, non lo so. Cioè... forse ho capito dove siamo ma... preferisco che lo scopra tu." 
 
"Perché?" 
 
Misha districò di poco la stretta e mi lanciò un'occhiata furtiva e giocosa. 
 
"Perché è più divertente," rispose alla fine, le sopracciglia alzate e lo sguardo limpido da bambino. 
 
Roteai gli occhi, sentendomi leggero. 
 
"Va... va bene... come vuoi... " balbettai, socchiudendo gli occhi.
 
Li riaprii di scatto, ed il mio respiro fu mozzato da ciò che vidi - dal freddo che ci era di nuovo piombato addosso.
 
Mi ero svegliato. 
 
Ero di nuovo lì. La prigione, il tremore delle nostre membra congelate, il dolore all'osso. 
 
E Misha dormiva, il viso che di tanto in tanto si contraeva per la sofferenza. 
 
Tutto era tornato come prima, come prima di quel sogno. Eppure era fin troppo reale per essere un sogno. Lo sapevo, me lo sentivo dentro che non lo era. 
 
Quella sensazione non era normale, era qualcosa di inimmaginabile, di indescrivibile. 
 
Era semplicemente divina. 
 
Notai che avevamo addosso una pelliccia che non mi era nuova. La guardia. 
 
Sbirciai di fronte a noi con la coda dell'occhio, ma non c'era nessuno. 
 
Misha era ancora disteso sul pavimento polveroso, le braccia tese lungo i fianchi, i vestiti sporchi del suo stesso sangue. 
 
Mi girai su un fianco, dolorosamente, e portai la mano violacea sulla guancia livida di Misha. Era fredda, ma convinsi me stesso che doveva trattarsi della temperatura troppo bassa. Alzai il collo, e gli posai un bacio leggero sulle labbra. "Non devi morire... non così... non ci provare a lasciarmi... " Non sopportavo più di dover parlare con la voce rotta. 
 
Non volevo nemmeno controllare il suo respiro per timore di non sentirlo più. 
 
Misha mosse il capo, seppur non aprendo gli occhi. Grazie al cielo. 
 
"Jensen... " 
 
"S-sì?" 
 
Mi protesi. 
 
Le sue labbra erano diventate di un colore che mi faceva paura. Sbatteva le palpebre di tanto in tanto, come se non riuscisse a tenerle aperte. 
 
"Ascoltami... devo dirti una cosa importante... " mi disse Misha, lentamente, lo sguardo triste sotto la luce fioca. 
 
Sollevai il mento e tesi l'orecchio; parlava a bassissima voce. Gli accarezzai la spalla. 
 
"Dimmi," 
 
"Sono così stupido, ed egoista... avrei dovuto dirtelo prima. T-tu... puoi tornare a casa... a casa tua intendo... ho il... " La sua voce moriva di tanto in tanto. 
 
"Cos'è che hai, Misha?" gli chiesi, corrugando la fronte. Mi batteva forte il cuore in petto. 
 
"Ho un... pezzo del maglioncino che ti avevo regalato... l'ho... l'ho conservato per sicurezza... " 
 
Fissai Misha ad occhi spalancati. Un tremito dovuto non solo al freddo mi percorse la colonna vertebrale. 
 
"Come... come sarebbe a dire che... ?" 
 
Misha si dimenò dolcemente per liberarsi appena del mio peso. La sua mano percorse il trench strappato ed andò ad infilarsi nella tasca anteriore, una delle più rovinate. Misha frugò, intento a trovare quel che desiderava, e poi estrasse qualcosa che a prima vista sarebbe sembrata una pezza di lana. 
 
Fissai il suo viso enigmatico senza comprendere. 
 
"Eccolo. Salvati, Jens... giurami che tornerai a casa... " 
 
Io lo fissai come si fissa un matto da legare, le labbra schiuse. 
 
"Dov'è il tuo regalo?" 
 
"Mi è stato perquisito... e tanto non mi sarebbe servito a nulla... basta guardarmi... " 
 
"Non dirlo, per l'amor di Dio... " lo interruppi. "Ed io non me ne vado senza di te. Neanche morto." risposi piano, ma con forza. 
 
Misha strinse il pezzetto di maglione fra il mio palmo ed il suo, ed assunse un'espressione implorante. "Devi farlo... fallo per me... " Abbassò il capo, le sue lacrime amare mi scaldavano le mani. "Ti prego... " 
 
Lo fissai a lungo e deglutii. Tentai di giocare la mia ultima carta. "Non saprei proprio come bruciarlo." 
 
"Lo sai," 
 
Lo sguardo di Misha guizzò sulla guardia ciondolante appoggiata alla sbarra, sull'accendino che reggeva fra l'indice ed il pollice della mano destra. Non mi ero nemmeno accorto che ci stava osservando. 
 
"A-avete bisogno di qualcosa...?" ci domandò, cambiando bruscamente posizione e asciugandosi la coda dell'occhio. Era commosso. 
 
"Da," rispose Misha, protendendosi in avanti. Fece una smorfia di dolore ed impallidì, gemendo. Aveva delle gocce di sudore freddo sulla tempia, ed i capelli appiccicati alla fronte. "Lui... lui ha bisogno del suo accendino per un momento... non... non ci metterà molto... " biascicò. 
 
"No... " mormorai, toccandogli il bicipite. "Ho detto... no, e basta." 
 
"Può funzionare lo stesso, anche se non è intero... " rispose Misha debolmente, guardandomi senza vedermi. 
 
I miei occhi si riempirono di lacrime. "No... io non me ne andrò mai e poi mai... non ti lascerò qui a marcire da solo... come diavolo fai a chiedermelo? Tu non lo faresti mai al posto mio... " 
 
Misha si accasciò, sfinito. Non tremava nemmeno più. "Devi sbrigarti a bruciarlo... potrebbero arrivare da un momento all'altro... " La sua voce spariva man mano. 
 
Io scossi la testa, determinato. "Non me ne fotte un cazzo. Io resto con te, hai capito?" ringhiai, piangendo. Gli presi il viso fra le mani, i pollici percorrevano le sue guance congelate. 
 
Misha ridusse gli occhi a fessura, e mi fece tenerezza. Fece per sporgersi faticosamente in avanti. Voleva che io lo baciassi. 
 
Lo feci, ammorbidendo il contatto sull'angolo della sua bocca, avvicinandomi ancora di più a lui. Avvolsi le braccia attorno al suo corpo e lo tenni stretto a me. Dovevo riscaldarlo, dovevo impedirgli di morire a tutti i costi.  
 
"È... è il mio ultimo desiderio, Jens. Vattene via di qui... " mugolò Misha sulle mie labbra, gli occhi chiusi. "Torna alla tua vita originale: nessun problema, nessuna preoccupazione... " 
 
"... e nessuno che abbia mai amato più di te." conclusi io, la voce vibrante. Indurii il viso e corrugai la fronte per impedirmi di singhiozzare. 
 
Lo sguardo di Misha vagò sul mio petto, sulle ferite, sull'ematoma del braccio. "Guardati. Ti ho solo causato guai, come faccio sempre con chiunque io tocchi. Io... "  mormorò, inespressivo. 
 
"No." 
 
"Sì. Se solo non ti avessi avvicinato così tanto... da farti innamorare di me... ora non staresti così male, non staresti qui nei gulag a soffrire... ed ogni volta che ti ho baciato, che ti ho fatto una coccola... non ho fatto altro che metterti in pericolo, e basta..." sussurrò, piangendo in silenzio. "Mi dispiace... " 
 
Io deglutii, scioccato dalle sue parole. Scossi la testa. "No. Non azzardarti nemmeno a dirlo. Non è stata colpa tua. Io mi sono innamorato di te, e non posso farci nulla... non ci ho mai potuto far nulla... " 
 
Misha mi sfiorò il fianco con il palmo umido, e poi chiuse gli occhi, rilassando il corpo troppo bruscamente sotto il mio tocco. 
 
Smisi di parlare per un momento, interdetto. 
 
"Misha... che c'è?" chiesi. 
 
Attesi un secondo, due. Non mi arrivò nessuna risposta. 
 
No. 
 
Alzai il capo, gli occhi sbarrati. Lo scossi un poco, le mani sulle sue spalle. "Misha... Misha che ti prende? Misha... " 
 
Gli posai una mano sul petto. Aveva solo perso i sensi. Sospirai di sollievo. 
 
"... oddio maledizione... " 
 
"Mi ricordo di lui." 
 
Mi girai di scatto verso la guardia che aveva parlato. Aveva gli occhi gonfi e rossi e stringeva il pacco di sigarette con troppa forza fra le dita. Notai che non aveva più nulla di pesante addosso. Tutte le sue pellicce e le sue sciarpe erano sui nostri corpi. 
 
"Krushnic era nell'esercito con me. Gli avevo salvato la vita una volta, in barca... ed ora... " mormorò, tremando per il freddo, "ora gliela sto togliendo... "
 
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Note dell'autrice:
 
Salve lettori U.U 
Mi dispiace di starvi distruggendo il cuoricino... ma questo è uno degli ultimi capitoli T-T non posso credere di star QUASI finendo The Damned Matrioska... spero vi sia piaciuto perché è uno dei miei preferiti... 
 
A presto e... recensite U.U  I need some opinions :P
Con tanto amore <3
   
 
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