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Autore: GirlFromTheNorthCountry    12/05/2016    3 recensioni
Le donne sono le migliori psicanaliste fino a quando non si innamorano.
“Io ti salveró” di Alfred Hitchcock
“Pronto, Alison Stone.”
“Sono Axl Rose, vorrei un appuntamento”. Disse una voce al telefono convinta che quella breve presentazione spiegasse tutto.
“Come prego?”
“Axl, l'amico di Izzy”
“Scusi, ma proprio non capisco cosa stia dicendo”
“Oh cristo! Ieri è venuto Izzy da lei per parlare di un suo amico, ecco quell'amico sono io”
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axl Rose, Duff McKagan, Izzy Stradlin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per i primi giorni Alison si era dimenticata di essere un'altra. 
 
Le ore trascorrevano invariate per buona parte della giornata, ma arrivava un punto in cui la sua vita stentava ad essere riconoscibile, anche ai suoi stessi occhi. 
La frenesia iniziava ad invaderle le braccia a pomeriggio inoltrato e cresceva costante fino a che rientrata a casa non sentiva bussare alla porta.
Entrava domandando come fosse andata la giornata e quando lei usciva di casa la mattina successiva le augurava di trascorrerne una piacevole. Lui rimaneva nel letto di Alison ancora per qualche ora, i suoi impegni in quei giorni iniziavano sempre dopo le dodici.

Era esausta, non superava mai le tre ore di sonno a notte, eppure non si sentiva stanca. Si ricordava Axl in una delle sue prime sedute, immerso nella sua smania di fare. Si stava dimenticando di sè stessa invischiata com'era in qualcosa di più grande. Anima e corpo: assuefatti in una relazione che non lasciava via d'uscita. 
Restavano svegli fino a notte fonda a parlare, avvolti nella penombra. Discutevano, più spesso di quello che Alison avesse immaginato. Poi uno dei due cedeva, stufo della lotta e si accarezzavano per la frase di resa detta o sentita. Iniziavano a baciarsi, finché le carezze non sentivano la necessità di andare oltre. Si auguravano buonanotte come se fosse una promessa. La mattina dopo al suono della sveglia Alison realizzava quanto sonno stesse lasciando sul cuscino, ma non riusciva a farne a meno. Ogni sera lui le promettava che si sarebbero addormentati ad un orario decente, ma non ci erano ancora riusciti.

“Vieni a dormire tu da me” le aveva proposto una delle prime sere.
“No, non mi sembra una cosa sensata. Dovrei attraversare tutta la città la mattina dopo per andare al lavoro”
“Potresti proprio evitare di andarci”. 
Non le piaceva quella parte di Axl eccessivamente legata ai ruoli e nello specifico al suo ruolo. 
Con Erin si era comportato esattamente allo stesso modo, forzandola a non lavorare, a non crearsi una propria identità, a non crearsi degli spazi propri. Eliminava i rami rischiosi, quelli che potevano distoglierlo dall'essere il centro assoluto dei pensieri della persona che aveva accanto. Il lavoro distrae, l'amicizia distrae e a lui le distrazioni lo facevano angosciare. Erin si era svuotata e si era riempita di qualcosa che assomigliava sempre e solo ad Axl. Era il suo specchio, non aveva consistenza senza di lui, gli era devota di una devozione che si prova per chi ci tiene in vita. Era il genere d'amore che faceva sentire Axl al sicuro.

“Perché le avevi detto di licenziarsi?”
“Non aveva bisogno di lavorare in quel locale squallido. Dopo Appetiete avevo soldi a sufficienza per mantenerla. In una prospettiva futura sarei stato io ad occuparmi di lei. Poi è andata diversamente”
“Beh, io non vorrei fare la fine del topo”
Lui scuoteva la testa come chi la sa lunga. Come chi si aspetta, prima o poi, di sentirsi dire: "Mi sbagliavo, avevi ragione tu, dovevo fidarmi”
“E poi amo il mio lavoro”
“Potresti fare un part time, odio doverti vedere per così poche ore al giorno”
“Ma anche tu sei impegnatissimo durante il giorno”
“Beh, lo sono nel pomeriggio. La mattina potremmo stare insieme, o per lo meno potresti riposare. Per non parlare della notte! Questo lavoro ti impedisce di uscire, non ti fa vivere”
“Credo che ogni lavoro, rock star a parte, crei vincoli del genere”
“Comunque tu pensaci”
“E tu smetti di sminuire quello che faccio. Questi ragionamenti da uomo delle caverne mi fanno uscire di testa”
“Piantala tu di fare la femminista! Ormai non va più di moda”
“Beh, l'uomo che lavoro e la donna che cucina: hai ragione Axl, tu parli di avanguardia pura”
Rideva.
“Dio, sei spettacolare” e l'abbracciava stretta, più stretta, perché non gli sembrava mai di sentirla veramente sua.

Una sera le disse di avere di aver preso una decisione. 
“Voglio andare a Lafayette, credo sia arrivato il momento”
“Sei sicuro?”
“No, ma se non lo faccio adesso non lo farò mai più. Ho bisogno di sentirmele dire in faccia certe cose. Verrai con me?”
“C'è bisogno di chiederlo?”
“Pensavo di andare questa settimana. Così approfitto della clausura di Slash e Izzy e forse, al nostro ritorno, saremo tutti un po' più stabili”
“Di Steven si è saputo niente?” 
Axl si alzò per avvicinarsi alla finestra della cucina.
“Ha scelto il fai da te, che altro c'è da sapere?”
Alison chiuse gli occhi.
“Non ce la può fare da solo”
“Lo so bene, ma ho deciso di farmi i cazzi miei”
“Mi sembra un po' tardi ormai, non credi?”
Axl la guardò torvo.
“Posso provare a parlarci...”
“No. Non pensarci proprio. Così è la volta buona che ti fa finire in overdose”
“Axl, la sera del concerto ho fatto tutto di testa mia! Piantala di cercare un colpevole”
“Ad ogni modo non voglio che ti intrometti. Non sei la psicologa ufficiale dei Guns”
“Dico solo che non è questo il momento di voltargli le spalle”
“Secondo te Izzy e Slash perché hanno deciso di provarci? Perché ci tengono al gruppo. Forse Steven non ci tiene e se non ci tiene farà meglio ad iniziare a famigliarizzare con la porta d'uscita”
“Non potete sbatterlo fuori come una scarpa vecchia”
“Alison, per favore non mi va di litigare”
“Non stiamo litigando”
“Non ancora, ma se continui a parlarne siamo sulla strada buona. Non ne ho voglia, davvero. Voglio rilassarmi, stare con te e pensare a noi, tanto non c'è niente che tu possa dire per farmi cambiare idea”
Anche lei si avvicinò alla finestra.
“Sei insopportabile, lo sai vero?” Disse abbracciandolo.
 
Era nervoso, lo era sempre stato. Eppure dalla grande rivelazione a quel nervoso si era aggiunta una tristezza costante. Osservava la vita in modo distaccato, lontano. La prima volta che si fece la doccia ebbe una forte repulsione per il suo corpo, ma nella maggior parte dei casi cercava di tenere lontani i ricordi di quel bambino. A volte però non ci riusciva  e all'improvviso si sentiva gli occhi riempirsi di lacrime. Non erano visibili, erano lacrime interne che non nascevano mai.

 
Lafayette era più grigia di quello che ricordava e novembre non aiutava di certo. Non aveva odore, non aveva forma. 
Portó Alison a vedere la sua vecchia scuola, era ora di pranzo e i ragazzi si stavano riversando per strada dopo il suono della campanella.
“Pensa se ci fossimo conosciuti tra quei corridoi”
“Non ti avrei degnata di uno sguardo, Izzy mi ha detto che da bambina eri bruttina”
“Ti avrei conquistata lo stesso. A parte questo, è davvero un peccato che io mi sia trasferita così presto a Los Angeles. Mi sarebbe piaciuto vederti a quindici anni uscire dalla lezione di biologia imprecando contro il professore”
“Invece tu saresti stata quella in prima fila che ricordava che c'erano dei compiti al professore”
“Fanculo! Non sono mai stata quel tipo di persona!”
“Comunque il destino ha voluto che ci incontrassimo da adulti e visto che questo presente mi va bene non mi va di modificare il passato”.

“Cerca di non avere aspettative” gli disse Alison prima che Axl si dirigesse verso la porta di casa. Lei decise di non entrare, restó fuori in macchina, ad aspettare. Non era il momento adatto per conoscere i genitori di Axl, sempre che ci potesse essere un momento adatto. Si trovò a fantasticare su un futuro incerto e indefinito in cui quelle persone al di là di quella porta sarebbero state i suoi suoceri. 
“Gradisci altra torta cara?”
“No signora, la ringrazio”
“William la tua ragazza è adorabile” 

Scoppiò a ridere da sola davanti a quella pantomima e cercó di tornare alla realtà. Tirò giù il finestrino, nonostante avesse cominciato a piovere.
Quando vide Axl uscire dalla porta fece il gesto di aprire la portiera dell'auto ma lui la blocco scuotendo la testa.
“Ce ne torniamo subito a casa” disse e mise in moto.
Disse solo questo e poi non parlò per tutto il viaggio di ritorno. Le due domande che Alison fece non ebbero risposta. Raggiunsero l'aeroporto in silenzio, sempre in silenzio si imbarcarono e si sistemarono ai loro posti.
Solo quando Lafayette e tutta la tristezza che la circondava furono a molti chilometri sotto di loro Axl prese la mano di Alison tra le sue.
“Guarda com'è piccola e insignificante da quassù”
Alison si sporse verso di lui per guardare dal finestrino.
“Ma quella è Indianapolis” 
Il ragazzo si girò verso di lei sorpreso e scoppiò a ridere. La cinse con il braccio sinistro per avvicinarla a lui e subito tornó serio.
 
Zitto, zitto, ti sembrano cose di cui parlare? Non vorrai certo che queste cose si sappiano in giro” disse calcando l'accento tipico dell'Indiana.
“Non può averti detto cosí” 
Axl rimase in silenzio e fermó l'hostess che stava passando. Le fece un gesto discreto ma inconfondibile, soprattutto per chi vola in prima classe. Tornó poco dopo con una bottigliata di metallo.
“Abbiamo solo gin”
“Andrà benissimo” le disse e gli fece l'occhiolino.
La ragazza arrossì, fece un risolino stridulo e proseguì per il corridoio.
Axl tirò una lunga sorsata.
“Lo sapeva. Mi aveva rapito il figlio di puttana, per riscatto, per farla soffrire, per colpa sua insomma. Ha fatto soffrire me per far soffrire lei. Quando è tornata a riprendermi lui l'ha picchiata, forse è quello che ricordavo, non so. Fatto sta che se ne accorse, al ritorno a casa, forse mentre mi puliva. Avrà pensato -Cristo cosa gli è successo al culo?-”
Sorrise amaramente a quella battuta squallida e chiuse gli occhi abbandonando la testa sul sedile. 
I sentimenti le annebbiavano la mente, per quanto si imponesse di essere razionale almeno quando lui ne aveva bisogno, non ci riusciva.
Eppure sentendolo rilassarsi sotto il suo abbraccio realizzó che ormai, arrivati a quel punto, le parole adatte erano diventate superflue. Le loro anime dialogavano anche in silenzio.
   
Shhh, zitto, da bravo. Sono cose spiacevoli, ma magari ricordi male, meglio non parlarne”. Cotinuava a ripetere ossessivamente le parole che aveva sentito.
Era chiaro che sua madre cercasse con tutte le forze di nascondere la verità per evitare di soffrire e non capiva che Axl aveva solo bisogno di vederla uscire fuori quella verità, di farla uscire alla luce. Voleva dare dignità al suo dolore, che per troppo tempo era stato tenuto nascosto.
“Quando, e se vorrai, avrai il diritto di urlarlo al mondo quello che hai vissuto”
“Alison”
“Sì?”
“Non mi lasciare”. 

 
   
 
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