A seguito delle recensioni avute e ringraziando in particolare la critica costruttiva di Ellephedre, riscrivo completamente il secondo capitolo e pubblico anche un terzo. Chiedo scusa del ritardo!^_^
Non sono molto contenta del risultato. E' la prima volta che mi capita di avere in mente la storia e non essere in grado di esprimerla e raccontarla come vorrei. Spero sarete cliementi. Vi voglio bene. Aspetto vostro parere carissimi/e.
Bacione
Chichilina
CAPITOLO 2
Londra
è una città bellissima.
Si può girare e conoscere tutto il mondo ma... se non si
è vista Londra si sarà
sempre legittimati a pensare che c’è
davvero molto altro da conoscere.
Erano quasi due settimane che biondi capelli lunghi e flash luccicanti
facevano
capolino fra le strade della capitale d’Europa.
Occhi
curiosi studiavano ogni
angolo e, obiettivi impietosi immortalavano ciò che riusciva
a solleticarle lo
spirito.
Uno
sguardo distratto l’avrebbe
catalogata come una turista, orientale sicuramente, ma lei era molto di
più.
Come alla ricerca di un tesoro sepolto, Minako Aino, moderna Indana
Jones
metropolitana, camminava, quasi senza soste, alla ricerca di
un qualcosa
di speciale.
Più forte di una comune curiosità di
viaggiatrice, ovunque avesse
abitato, i primi giorni di un viaggio, erano dedicati sempre
a soddisfare
una necessità ormai solita: trovare il proprio
posto.
Non un posto qualsiasi, si intende. Minako Aino doveva scoprire una
coordinata,
un ipotenusa al quadrato, in cui sentirsi al proprio posto,
in pace.
Si, era
una necessità vera, un
‘esigenza che veniva prima di negozi, souvenirs, visite
guidate e quant’altro
di più…turistico.
Bisognava trovare un posto in cui non sentirsi di passaggio, in cui lo
scorrere
del tempo non la riguardasse, in cui proteggersi
dall’aggressione delle mille
parole di una giornata intensa.
Una caccia al tesoro in una città come Londra.
Non che mancassero posti meravigliosi capaci di rapire il cuore.
Il tramonto sul fianco del Ponte di Londra, per esempio,
sembrava a
Minako, e a chiunque lo avesse visto almeno una volta, quanto di
più incantato
si potesse immaginare: le acque del Tamigi che si colorano di rosa e
arancio e
il cielo che saluta la luce e si prepara ad accogliere la notte, tra i
mille
filamenti di congiunzione dell’orgoglioso ponte simbolo della
città.
Ma Londra era ed è una città così
grande e così trafficata che tutti i posti,
anche quelli più belli, sembravano essere già
stati scelti da qualcuno oppure
erano troppo esposti ad un passaggio senza fine.
Usciva
presto la mattina, era
sempre stata pigra ma ora non poteva.
Era un peccato capitale non sfruttare completamente quei pochi giorni
di
vacanza prima dell’inizio delle lezioni.
Voleva ardentemente diventare una vera londinese e trovare il
“suo posto”
in quella città così aperta, prima di non avere
più molto tempo per farlo.
In fondo era lì per studiare nella rinomata
università per stranieri di Londra.
Non doveva dimenticarlo e sapeva che duri mesi di impegno
l’attendevano. Aveva
pochi giorni per fare la turista.
Non era mai stata una studentessa modello. Eppure era riuscita a
vincere una
borsa di studio per l’Europa grazie ad un’innata e
indiscutibile propensione
per le lingue.
Divisa
tra pensieri
responsabili, voglia di avventura e necessaria ricerca, continuava a
camminare
e scrutare ogni anfratto della sua nuova, meravigliosa città.
I
lunghissimi capelli si
lasciavano carezzare da un leggero vento di fine estate. Una sensazione
di
benessere la attraversava. Dopo molti chilometri si ritrovava
all’ingresso del
Regent’s Park, a sud di Londa. In quel momento sentiva che
presto avrebbe
trovato quello che cercava.
<<
Mmm…quella panchina non va
bene. Nemmeno quel muretto, passa troppa gente. Quel ponte? No sembra
un po’
traballante…Ecco! …Ci siamo!!>>
Foglie
intrecciate creavano una
piccola capanna naturale e un ruvido schienale di quercia poteva essere
il
giusto sostegno per i suoi pensieri. Un meraviglioso e maestoso albero,
poco
distante da un cheto laghetto, aveva catturato in pieno tutti i suoi
desideri
di ristoro.
Piedi
veloci arrivavano prima
della consapevolezza. Nessuno doveva arrivare per prima.
Nemmeno
quella figura che di spalle sembrava avvicinarsi proprio
all’oggetto dei suoi
desideri.
E
poi…
Quando
mancavano solo una
manciata di stupide falcate…
…la
testa cominciò a girarle
dispettosa, in preda ad una improvvisa visione.
In un instante lo seppe. Quello non era un sorriso, quella era una
finestra sul
paradiso.