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Autore: RodenJaymes    13/05/2016    7 recensioni
Bankotsu e Jakotsu non sono morti sul monte Hakurei e adesso viaggiano con Inuyasha e compagni.
Quanto scompiglio porterà la loro presenza? Quanto cambierà la vita dopo l'unione al gruppo dei due mercenari?
Dal testo:
"« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.
Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.
« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.
« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri. "
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bankotsu, Inuyasha, Jakotsu, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tu hai mai pianto?

I got a brand new attitude
And I'm gonna wear it tonight
I wanna get in trouble
I wanna start a fight!
[…]
So so what?
I'm still a rock star
I got my rock moves
And I don't need you
And guess what
I'm having more fun
And now that we're done
I'm gonna show you tonight
I'm alright, I'm just fine
And you're a tool!

Pink, So what.


Sango avrebbe cullato Kagome in quell'abbraccio materno fintanto che l'amica glielo avesse permesso. Era la prima volta che vedeva Kagome piangere e non sapeva quanto sarebbe durata quella debolezza che la ragazza si era inspiegabilmente concessa.
Le aveva sempre detto che sarebbe stato positivo se avesse pianto, che le avrebbe fatto bene; lo pensava ancora. Pensava realmente che Kagome sarebbe stata meglio ma non poteva far a meno di intristirsi. Le si stringeva il cuore in una morsa dolorosa a vedere l'amica in quello stato, scossa dai singhiozzi, e si sentiva quasi impotente.
Abituata ad una Kagome reattiva, di ferro, praticamente una combattente sia sul campo di battaglia che nel personale, Sango non pensava che un giorno l'avrebbe vista crollare così, come la ragazzina che era, come un soffione che viene sconquassato dalla brezza.
Rifletté che doveva mancarle tanto la sua famiglia in quel momento e, completamente catturata ed angosciata da quel pensiero, la strinse ancora più forte e le lasciò un bacio tra i capelli.
Continuò ad accarezzarle il capo per un tempo che le parve infinito mentre le sussurrava dolcemente un'antica nenia del suo villaggio.
La cantava sempre anche a Kohaku, si pensava che quelle semplici parole intonate in un canto avessero un potere calmante immediato. Non poté far a meno di pensare a quanto avrebbe voluto abbracciare il fratellino in quello stesso modo e sentì gli occhi pungere. Ignorò quella sensazione e si concentrò nuovamente su Kagome, scusandosi mentalmente per quella consueta deviazione che avevano preso i suoi pensieri.
Mentre continuava a cantare debolmente, strinse i denti pensando a quanto Inuyasha fosse idiota. Lei e Miroku avevano assistito all'intera discussione, opportunamente nascosti, quindi sì, parlava a ragion veduta. Si sentiva in colpa per aver visto tutto, ma Miroku aveva insistito così tanto...

Se non vuoi venire, andrò da solo Sango, aveva dichiarato con espressione seria.

Quindi, lo aveva seguito con un sonoro sospiro, più che altro per evitare che combinasse qualche guaio dei suoi. Quell'idiota di un bonzo.
Scosse la testa per allontanare la rabbia nei confronti di Inuyasha e il disappunto nei confronti di Miroku, però non servì. 
In compenso, notò che Kagome aveva smesso di singhiozzare e stava lì, apparentemente tranquilla fra le sue braccia. Si avvicinò lentamente al suo viso e vide che si era addormentata. L'espressione crucciata che la ragazza aveva mantenuto nel sonno le faceva quasi tenerezza.

Sarà mentalmente sfinita, poverina, pensò mentre le lasciava un'ultima carezza sul viso.

«Domani ne parleremo per bene, Ka-chan.», dichiarò Sango a bassa voce, risoluta.

Inclinò il collo, prima a sinistra e poi a destra, e le ossa scricchiolarono, piano. Si sentiva così stanca, era stata una giornata particolarmente lunga, caratterizzata da un viaggio sfiancante. Ed adesso, grazie a quel tonto di Inuyasha, la tranquillità recuperata con il bagno alle sorgenti era svanita!

Sì, ti spezzerei proprio l'osso del collo, pensò Sango, adirata.

Risolse che era meglio recuperare Kagome, posizionarla in quel coso, il sacco a pelo, ed andare a dormire. Stava per sollevarla quando un rumore di foglie sospetto la fece voltare di scatto.

«Kirara.», si limitò a sibilare semplicemente, con il solito tono deciso.

La nekomata accanto a lei miagolò in segno d'assenso, prima di trasformarsi definitivamente. Sango ricordò di non avere nessuna arma con sé ed imprecò. Come poteva essere stata così sbadata? Non aveva pensato a portare neanche un coltello! Era anche vero che era andata via di corsa, non appena aveva visto Kagome dirigersi velocemente nel folto.
Strinse la sacerdotessa ancor di più a sé e rimase lì, in attesa.
Ad interrompere l'atmosfera tesa che si era lì creata fu una figura che Sango, da un po' di tempo, conosceva abbastanza bene.
Bankotsu, ormai vestito, si avvicinò lentamente, un passo dopo l'altro. Sembrava quasi impacciato, c'era qualcosa di diverso il lui. I lunghi capelli corvini erano ancora sciolti e gli ricadevano morbidamente sulle spalle.
Sango inarcò un sopracciglio, senza capire. La sterminatrice ed il monaco avevano lasciato il mercenario ed il suo esuberante fratello con Shippo, mentre loro si apprestavano a spiare la litigata fra Kagome ed Inuyasha.

«Bankotsu.», sussurrò Sango, sorpresa. Lui si arrestò per un attimo e la osservò; poi il suo sguardo cadde sul viso addormentato di Kagome. La sterminatrice lo vide aggrottare le sopracciglia.

«Sango.», rispose lui, rispettoso, composto. Non c'era ironia nella sua voce.

Bankotsu si avvicinò lentamente, come se avesse paura di fare qualcosa di sbagliato, un passo falso. Si inginocchiò di fronte Sango e Kagome con un movimento tanto aggraziato quanto rapido e fluido. Restò lì per un po', senza parlare, sotto lo sguardo perplesso di Sango. Ella lo vide sollevare e tendere una mano verso il viso di Kagome, come se volesse sfiorarla, ma ci ripensò; chiuse la mano in un pugno ed il braccio tornò al suo posto. 

«Ti manda Miroku?», chiese Sango stranita, sempre sussurrando. Non voleva rischiare che Kagome si svegliasse.

Bankotsu strinse le labbra e si sistemò a gambe incrociate sul terreno. Si lasciò sfuggire un sospiro prima di guardare Sango nuovamente negli occhi.

«No. Sono venuto di mia spontanea volontà.», disse a voce bassa ed i suoi occhi si piantarono nuovamente sul viso di Kagome.

Sango si stupì abbastanza ma cercò comunque di non darlo a vedere. Annuì soltanto e non rispose, non sapendo bene cosa dire. Ma perché Bankotsu era lì?

«Come hai fatto a sapere dove...», cominciò a chiedere poi, vinta dalla curiosità. Lei e Miroku avevano stabilito di tenere almeno i nuovi arrivati all'oscuro di quella brutta litigata. Anche se entrambi, pur essendo in squadra da poco, avevano imparato benissimo le dinamiche di quel gruppo, sia perché ne erano già a conoscenza, a causa di Naraku, sia per il tempo passato insieme.

Bankotsu fece un sorrisetto sprezzante ed ironico insieme e Sango, finalmente, lo riconobbe. Il giovane posò lo sguardo su un alto albero vicino a loro e parlò con il suo solito tono noncurante.

«Jakotsu è stato molto bravo ad estorcere l'informazione a quel monaco... è stato... semplice.», disse Bankotsu e Sango sentì chiaramente che stava soffocando a stento una risata.

La sterminatrice si portò una mano alla tempia e fu percorsa da un brivido freddo. Miroku era un tale idiota, ma chissà cosa aveva fatto Jakotsu. Il solo pensiero la inquietava e decise che non si sarebbe posta altre domande. L'espressione di Sango fece sì che Bankotsu scoppiasse definitivamente a ridere, sempre però facendo attenzione a tenere un suono basso e innaturalmente calmo. Ad un tratto, il giovane mercenario si avvicinò a Kagome e protese le braccia verso di lei. Sango lo osservò scettica e ritirò di più l'amica verso di sé. Kagome dormiva come un sasso, la solita espressione crucciata anche nel sonno. Bankotsu, alla reazione di Sango, si bloccò con le braccia ancora tese e la guardò.

«La porto io.», disse semplicemente, perentorio. Con un movimento veloce e per niente insicuro sottrasse Kagome alle braccia di Sango, per tenerla al sicuro fra le proprie. Fatto questo, il mercenario si alzò lentamente, attento a non sballottare troppo la ragazza. Ne osservò a lungo i tratti e notò il cipiglio stizzito che manteneva nel sonno; le sue guance sembravano bagnate.

Sango osservò il viso di Kagome completamente spiaccicato contro il petto di Bankotsu e sospirò di rassegnazione. Se la sacerdotessa si fosse svegliata in quel momento si sarebbe molto arrabbiata e la sua furia sarebbe stata pari a quella del demone più forte, ne era sicura.

Sango! Come hai osato permettere che mi prendesse in braccio? Come hai potuto permettere che mi vedesse in questo stato?!

Se la immaginava già la voce irata di Kagome, così orgogliosa, così decisa. Furiosa. Sango si alzò di scatto e deglutì a fatica, improvvisamente nervosa. Decise che Kagome non avrebbe mai dovuto sapere.

«Andiamo, sterminatrice? O hai deciso di dormire qui?», chiese Bankotsu con Kagome stretta al petto, il solito tono noncurante.

Sango gli rivolse un'occhiataccia e lo affiancò immediatamente, Kirara la seguì, tornando al suo aspetto di sempre. La sterminatrice si chinò e le rivolse un sorriso, prima di prenderla fra le sue braccia.

«Bada bene che Kagome non venga a...»

«Ha per caso pianto, sterminatrice?», chiese Bankotsu di punto in bianco, interrompendola. Il volto duro e impassibile del mercenario era rivolto ad osservare la strada davanti a sé.

Sango rimase spiazzata e strinse ancor di più Kirara al suo petto. Ma perché le poneva quella domanda? A lui cosa importava? Non poteva parlarne. Sapeva quanto Kagome avesse in odio il fatto che qualcuno sapesse dei suoi momenti di debolezza. Miroku ne sapeva qualcosa, dopo quella sera poteva aver intuito. Beh, Inuyasha, invece, dopo quella notte...

«Non credo possa riguardarti, mercenario.», rispose lei piccata, leggermente stizzita.

«Il suo viso, di solito pallido, è arrossato e le sue guance sono bagnate.», rispose lui, minimamente scalfito dal tono duro della ragazza. Di nuovo quel tono composto.

Sango si stupì ancora una volta; aprì la bocca per ribattere ma non seppe cosa rispondere. Decise di rimanere zitta, di ignorarlo semplicemente. Avrebbe capito.

«É stato il mezzo demone?», chiese di nuovo Bankotsu. Kagome si mosse leggermente fra le sue braccia e lo sguardo del ragazzo guizzò un attimo sul suo viso, prima di tornare ad osservare la strada.

Sango lo guardò bieco e poi sospirò.

Come pensavo, non è stupido. Ed è tenace, accidenti.

«É complicato, Bankotsu.», rispose la sterminatrice semplicemente, in un sussurro.

Bankotsu annuì e non chiese più nulla, in realtà pensava di aver già capito.
Arrivati al luogo di accampamento, il giovane mercenario aiutò Sango ad adagiare Kagome all'interno del sacco a pelo, sotto gli occhi di Jakotsu, Miroku e Shippo. Di Inuyasha, neanche l'ombra.

* * *
Mi scoppia la testa, accidentaccio.

Non appena Kagome aprì gli occhi, fu quello il primo pensiero di senso compiuto che la sua mente formulò. Si sollevò piano, poggiandosi su un gomito, mentre con l'altra mano si reggeva la testa. Che male! Le pulsavano le tempie con insistenza. Un dolore sordo sembrava averla conquistata interamente e si chiese se qualcuno non le avesse dato una sonora bastonata. Aprì un po' il sacco a pelo, si mise seduta e si guardò intorno. Si trovava in un luogo fresco, riparato dagli alberi. Il sole permeava attraverso le foglie, creando strani giochi di luce sul terreno, sulla sua pelle, in ogni luogo. Notò poco distanti da sé Shippo, Kirara e Jakotsu ancora profondamente addormentati. Gli altri non erano presenti, neanche...
Sentì una fitta al cuore e tutti i ricordi della sera precedente le tornarono alla mente. Si coprì il viso con le mani e prese a stropicciarsi gli occhi con movimenti circolari e quasi troppo enfatici. Aveva chiesto del tempo. Tempo. Alla fine, aveva ceduto, non ce l'aveva più fatta. Mettere il bene di Inuyasha davanti al proprio, ancora, avrebbe significato continuare con quella spirale di angoscia, rabbia, frustrazione, a cuccia...
A cuccia.
Avrebbe potuto dirlo, ne aveva una gran voglia, voleva gridarlo così forte da raggiungerlo, ovunque lui fosse. E si ritrovò a sperare che si trovasse direttamente sulla cima dell'albero più alto, in modo che cadesse proprio da lì.

Tanto non si farebbe male, pensò subdolamente ed arricciò il naso mentre una rabbia sorda la invadeva senza lasciarle scampo.

Si scoprì arrabbiata, arrabbiatissima, come mai lo era stata. Notò il suo zaino giallo, proprio accanto a lei, insieme all'arco e alla faretra con le frecce di hama. Rovistò per un po' in quello zainetto consumato fino a trovare la sveglietta che si portava sempre dietro. Ecco! Non erano ancora le nove ed era già furiosa.

Dannato Inuyasha, accidenti!, si ritrovò a pensare, stizzita.

Fece per alzarsi e si accorse di essere ancora in costume, con un asciugamano addosso; sia l'uno che l'altro erano ancora inspiegabilmente umidicci e Kagome provò una sensazione di disagio e sporcizia che volle subito togliersi di dosso. Sango doveva averla portata lì e messa a dormire, così come doveva aver preso le sue cose e le aveva portate lì. Le fu grata e risolse che doveva, ovviamente, ringraziarla. Lo avrebbe fatto più tardi, quando la sterminatrice fosse tornata.
Recuperò uno degli asciugamani più grandi, ormai asciutti, che erano stati “stesi” su un ramo basso. Prese dallo zaino biancheria, vestiti puliti, la sua saponetta, spazzolino, afferrò le scarpe e fece per dirigersi verso quel rumore insistente che aveva accompagnato il suo risveglio: lo scorrere di un ruscello di montagna.

«Sei sveglia...», biascicò Jakotsu con una mano sul viso a coprirgli gli occhi. Nell'altro braccio teneva la sua spada coperta da un fodero, dormiva con quella accanto come se fosse un orsacchiotto.

Kagome si volse leggermente verso di lui ed annuì poi gli andò vicino e si inginocchiò al suo fianco. Lui rimase immobile e riprese poi a respirare pesantemente. Kagome sbuffò, si era addormentato di nuovo! Staccò un filo d'erba poco distante da lei e prese a solleticargli il naso con fare quasi annoiato. Jakotsu balzò a sedere, senza abbandonare la spada, e starnutì due volte; prese a guardarsi intorno, spaesato, con la faccia da tonto. Quando il suo viso incontrò quello di Kagome, si crucciò in un'espressione irata e poco rassicurante. Per poco Kagome non scoppiò a ridergli in faccia, ma non lo fece. La rabbia superava l'ilarità che Jakotsu poteva procurarle in quel momento.

«TU! Ragazzina impertinente! Stavo dormendo! Razza di...», tuonò il mercenario.

Kagome gli tappò la bocca con una mano ed inarcò entrambe le sopracciglia.

«Sto andando a darmi una rinfrescata. Mi raccomando.», disse semplicemente. Poi si alzò, recuperò le cose che aveva lasciato accanto a sé e fece per andar via. Si chinò anche a raccogliere la faretra e l'arco, per ogni evenienza.

Jakotsu rimase lì, interdetto ed arrabbiato. Il suo sonno ristoratore era andato a farsi benedire! Maledetta ragazzina!

«La prossima volta che proverai a svegliarmi in questo modo, ti tirerò il collo!», disse Jakotsu incrociando le braccia.

Kagome volse il capo verso di lui e gli lanciò un'occhiata assassina. Jakotsu rimase immobile, un brivido freddo che gli attraversava lentamente la spina dorsale**. Che inquietudine che metteva quell'espressione, non trovò neanche la volontà di replicare in qualche modo e dire che da parte sua era qualcosa di raro!
Kagome si volse nuovamente e riprese a camminare, dritta alla meta. Che nessuno osasse darle fastidio!
Sentiva una rabbia pungente bruciarle ogni fibra del corpo. Quello lì l'aveva fatta piangere, lei che non piangeva mai! E aveva pianto davanti a lui, accidenti! Se n'era certamente accorto, non era così tonto. Aveva sicuramente sentito l'odore delle lacrime e poi l'aveva vista... tutto quel trucco spalmato sulle guance, ormai completamente sciolto. Probabilmente, per quante lacrime aveva versato, non c'era più traccia di quel colore sul suo viso. Meglio così. Avrebbe voluto mettersi ad urlare, di quanto era arrabbiata. Aveva chiesto una specie di pausa, poteva veramente definirla così? E come si sarebbe comportata? Lo avrebbe ignorato?

Ignorarlo? Io vorrei soltanto colpirlo con qualcosa, quel maledetto!, imprecò mentalmente e il suo viso, crucciato in un'espressione stizzita al massimo, esprimeva perfettamente quel che pensava.

Trovò finalmente il ruscello che cercava e si fermò. Fu piacevolmente sorpresa quando notò che non era un ruscello, bensì un vero e proprio fiume. Avrebbe potuto immergersi completamente! Legò i capelli, ancora puliti, tolse il costume dopo essersi ben guardata intorno, e si gettò in acqua, senza pensare più a nulla. La sensazione di freddo data dall'acqua la prese subito e cominciò a pungerle le membra con forza.
Non se ne curò.
Sapeva che a due passi da dove si erano accampati si trovava la sorgente dove aveva fatto il bagno fino al giorno prima ma... non aveva bisogno di calore. Aveva bisogno di freddo per svegliarsi, per temprare le membra e, soprattutto, lo spirito. Sperava anche che quell'acqua fredda potesse spegnere almeno un po' la sua rabbia, ma quel tentativo non andò a buon fine. Si sentiva ancora furiosa e lo sarebbe stata ancora, chissà per quanto. Sospirò, recuperò la saponetta e cominciò a lavarsi con cura. Prese a strofinare le braccia, il ventre, il viso, le gambe, ogni parte del corpo. Mentre strofinava e sciacquava in un ritmo infinito, pensava di lavar via chissà cosa, di liberarsi da chissà cosa. Tutti i tocchi di Inuyasha, le volte che le aveva sfiorato la mano, le volte che lei aveva preso le sue mani, le volte che lo aveva abbracciato, stretto... le lacrime che aveva versato. Strofinava il suo corpo, la sua pelle già pulita e sperava che tutto andasse via da lei, che corresse via.

Mia nonna diceva sempre che le lacrime sono tutto ciò che non abbiamo saputo o voluto dire... lascia che corrano via da te...

Ricordò la frase che Sango le aveva sussurrato la sera prima e decise che doveva essere così: quelle lacrime, le prime e le ultime promise a se stessa, avevano portato via tutto ciò che lei aveva detto, provato e sentito. Il dolore, la rabbia. Si arrestò e la saponetta rimase stretta in una morsa di ferro, torturata dalle sue dita. Sciocchezze. Non era così facile! La rabbia la possedeva ancora, la rabbia di aver pianto, la rabbia del secondo posto. Quella rabbia. 
Abbandonò la saponetta e recuperò lo spazzolino. Prese a strofinare i denti con energia, le sopracciglia perennemente aggrottate. I pensieri continuavano a rincorrersi nella sua mente, frenetici, quel mal di testa che non voleva abbandonarla.
Pensò alle amiche della sua epoca, loro avrebbero sicuramente reso tutto molto semplice, avrebbero detto che lei e il teppista avevano semplicemente “rotto”. Kagome rifletté che la sua non era una vera e propria rottura: lei ed Inuyasha non erano mai stati insieme. Risolse che era meglio così, le sarebbe passata prima. Ma... poteva veramente passarle? Si bloccò per un attimo prima di ricominciare a strofinare i denti.

Certo che ti passerà, Kagome, non fare la stupida.

Si liberò dell'acqua che aveva in bocca e sospirò sonoramente. Che seccatura. Che adolescenza travagliata. Se fosse stato uno qualunque, tipo... tipo Hojo, era sicura che sarebbe andata diversamente. Inuyasha complicava tutto, perché era un idiota. Uscì dall'acqua e si avvolse l'asciugamano addosso con una velocità impressionante. I tempi con Miroku le avevano insegnato ad essere rapida, attenta e a guardarsi sempre intorno. Si asciugò in fretta e cominciò realmente a sentire freddo soltanto in quel momento. Infilò rapidamente la biancheria, i jeans e la felpa**. Si sedette sulla riva del fiume ed infilo i calzini per poi indossare le sue All Star consumate. Si inginocchiò e prese a lavare sia l'asciugamano che il costume, strofinando entrambi con fin troppa energia.
Avrebbe fatto la persona matura; sarebbe stata algida, inattaccabile, contenuta e, soprattutto, avrebbe trattato Inuyasha con sufficienza. Un compagno di viaggio, nulla di più. Tanto era questo che erano no?

Inuyasha tiene a te, le disse una vocina dislocata chissà dove, nella sua testa.

«Lo so, ma non dire sciocchezze, accidenti! In tutti questi mesi... mi hai illuso abbastanza! Ora basta.», si rimproverò.

Aveva finito di prendersi in giro, concluso con quelle storie. Se voleva ancora bene ad Inuyasha? Certo che gliene voleva, quel grandissimo stupido...
Ma aveva smesso di essere “la seconda”, sarebbe stata soltanto Kagome. E, per esserlo, doveva essere libera. Si era resa libera dal sentimento che la legava ad Inuyasha, pur provandolo ancora. Lo avrebbe contenuto, come faceva prima, ma in maniera diversa. Prima lo conteneva per Inuyasha, adesso lo avrebbe contenuto per se stessa. Non si sarebbe tradita ancora, non più.

«Andrà bene.», si disse soltanto, come a darsi coraggio da sola.

Prese la faretra e l'arco e recuperò l'asciugamano ed il costume bagnati, pronta a tornare dov'erano anche gli altri.

* * *
Disagio.
Probabilmente avrebbe potuto riassumere in quel modo la miriade di emozioni che provava e che pungevano il suo animo.
Provava un grandissimo senso di disagio.
Con lo sguardo fisso sulle nuvole davanti ai suoi occhi, Inuyasha strinse i denti ed imprecò. La bocca dello stomaco gli doleva oltremodo, un fastidio al quale non era abituato e, risolse, al quale non si sarebbe abituato mai. Stava su quel ramo da … non sapeva neanche lui da quanto. Con la schiena poggiata al tronco, una gamba penzoloni nel vuoto e le braccia poste con noncuranza dietro la nuca, stava lì, apparentemente tranquillo.
In realtà non era tranquillo per niente. La litigata con Kagome continuava a ripetersi nella sua testa, ogni frase, ogni parola, sembrava essere stata scolpita permanentemente nella sua memoria. La ripeteva mentalmente, la ripassava, e non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. E non poteva fare a meno di pensare che non avrebbe potuto comportarsi in maniera diversa. Non aveva mai pianto, Kagome, non l'aveva mai vista così. Anche nelle situazioni più dure, più difficoltose. Gridava e si stizziva, quello lo faceva sempre. Ma piangere... sapere che era stato lui a provocare quelle lacrime lo faceva arrabbiare. Aveva protetto Kagome per mesi da ogni sorta di infima creatura, ma non aveva saputo salvarla da se stesso e non avrebbe potuto farlo mai. Kagome si era salvata da sola, ancora una volta lo aveva stupito. Una guerriera, sempre. Glielo doveva, doveva permetterle di prendere le distanze che voleva, doveva permetterle di salvarsi. In compenso, poteva ancora guardarla in viso, sentirne il profumo. Imprecò nuovamente e volse lo sguardo da tutt'altra parte, quasi le nuvole stessero intuendo i suoi più oscuri pensieri.
Non era comunque sicuro di riuscire a resistere, di riuscire a sopportare quella situazione. Se pensava a quel mercenario...
Cominciò a muovere le orecchie a ripetizione, stizzito. L'aveva visto. Oh, se l'aveva visto. Aveva maledetto i suoi occhi in quel momento.

Si era ritirato su quell'albero la sera prima, dopo la discussione con Kagome; era proprio sopra il luogo in cui Miroku aveva deciso di fermarsi e dove il monaco, Jakotsu e Bankotsu avevano trasportato tutta la loro roba. Si era rifugiato sul ramo più alto, fra le fronde, in modo da essere nascosto ai loro occhi. Inuyasha, però, riusciva benissimo a vederli. Non scorgeva Kagome, era via da troppo tempo, cominciava a preoccuparsi. Sapeva che Sango era con lei ma continuava ad essere convinto che soltanto lui sapesse proteggerla bene. Sango aveva lasciato Hiraikotsu, Kagome non aveva le sue frecce...
Stava lì, combattuto, a decidere il da farsi, quando il mercenario parlò e lui si ritrovò a drizzare le orecchie, attento.

«Monaco, dov'è la ragazzina? La sterminatrice? Il mezzo demone?», chiese Bankotsu guardandosi intorno ed elencandoli uno dopo l'altro, con noncuranza.

Inuyasha vide Miroku sedersi contro il tronco di un albero, le gambe incrociate e l'espressione impassibile. Posò il bastone accanto a sé ed emise un lungo sospiro.

«Kagome è con Sango, non c'è niente di cui preoccuparsi.», disse Miroku. Inuyasha notò che l'amico aveva accuratamente omesso di dire dove lui si trovasse.

Vide Bankotsu avvicinarsi al monaco, lentamente. Inuyasha si accovacciò sul ramo; si aggrappò con un braccio ad un ramo posto sopra la sua testa e si sporse in avanti. Se quei due avessero osato anche solo sfiorare Miroku...

«Monaco, non credi che sia pericoloso lasciarle andare lì da sole? Non hanno le armi, il mezzo demone non c'è. Dimmi dove sono andate.», disse Bankotsu con un tono che non ammetteva repliche.

Quel dannato! Perché voleva sapere dove si trovassero le due ragazze? Inuyasha strinse i denti.
Vide Miroku sollevare il capo, in modo da poter guardare Bankotsu in viso. Assunse la sua solita espressione desolata di rito, quella che utilizzava per uscir fuori da qualche situazione imbarazzante o difficile.

«Non posso dirti dove si trovano, la questione è delicata, Bankotsu. Le donne a volte hanno bisogno di … di tempo...»

Tempo. Inuyasha fu colpito da quelle parole. Miroku non le aveva usate a caso. Avevano origliato, quei due dannati, lui e Sango. Ne aveva sentito gli odori portati dal vento leggero ma non se n'era curato. Stava vivendo qualcosa di più importante. Miroku sollevò per un attimo lo sguardo verso l'albero dove lui si trovava; gli sembrò quasi che potesse vederlo. Sapeva che era lì, in ascolto?
Bankotsu sollevò un dito e lo zittì. Si volse verso il fratello, seduto accanto al fuoco.

«Jakotsu?», chiamò, annoiato. Quello sollevò lo sguardo, con altrettanta noia, e fece un cenno con il capo, segno che il fratello aveva la sua attenzione. «Perché non mostri al nostro monaco come sai essere convincente?», disse e sorrise, sornione.

Inuyasha fu percorso dal solito brivido ghiacciato, lo stesso che prese Miroku, nello stesso momento. Jakotsu si alzò, il volto un po' crucciato. Si sedette accanto al monaco, che si scostò. Ma non servì, perché Jakotsu gli si avvicinò ancora.
«Oh, andiamo, bel monaco! Hai intenzione di fuggire da me ancora per molto?», disse Jakotsu con voce graffiante e seducente, affiancandolo ancora.

«Credo che queste soluzioni poco ortodosse siano oltremodo ingiuste...», provò a dire Miroku, cercando di mantenere la calma. Bankotsu non rispose, stava lì, seduto a godersi la scena.

Mentre Miroku era distratto a cercare di attirare l'attenzione di Bankotsu, per farlo ragionare, Jakostu gli afferrò il mento con la mano destra e lo fece voltare verso di sé, avvicinandolo al suo viso. Inuyasha vide Miroku completamente paralizzato, un sasso. Il mezzo demone fece un sorrisetto. Quel monaco pervertito! Così imparava ad andar d'accordo con quel Bankotsu!

«Bel monaco, non essere così freddo. Allora, mi dici dove sono quelle donne? Ti darò un bacio.», disse Jakotsu avvicinandosi di più. Miroku scattò in piedi, evidentemente neanche i Kami o la grande pace interiore del Buddha lo avevano aiutato.

«Sono nel bosco, poco lontane da quel piccolo spiazzo verde, vicino la sorgente delle ragazze. Sei contento, Bankostu? E tu! Non toccarmi mai più, ci siamo capiti?», disse rivolto poi verso Jakotsu. Inuyasha notò che Miroku cominciò a respirare profondamente, come se si fosse ripreso da un grandissimo spavento.

Bankotsu andò verso di lui e gli diede una pacca sulla spalla. «Grazie, bel monaco.», gli disse e gli fece l'occhiolino. Miroku rispose con un'occhiata seria.
«Jakotsu, fai il bravo mentre non sono qui.»

«Mercenario! Non puoi lasciarmi con lui!», sbottò Miroku rivolto a Bankotsu. Ma il ragazzo era già sparito nel folto. Si volse verso Jakotsu, che lo guardava sorridente. «Non toccarmi.»

«Uffa.», proruppe quello, sconsolato, portandosi le ginocchia al petto.

Inuyasha strinse i pugni. Così aveva poi visto i suoi compagni fare ritorno. Sango con Kirara e Kagome... fra le braccia di quel Bankotsu. Lo aveva visto guardarla in un modo che gli aveva provocato il voltastomaco ed al contempo la voglia di scendere lì e spaccargli la faccia. Fu preso dalla forte voglia di scendere da quell'albero, di strappargliela dalle braccia, di prenderlo a pugni. Ma poi...

TU NON NE HAI IL DIRITTO!

Quelle parole gli riecheggiarono in testa e si era ritrovato lì, impotente, furioso. Non era sceso, l'aveva lasciata lì, in balia di quello che aiutava Sango a metterla nel sacco a pelo.
Inuyasha si volse su un fianco, il ramo scricchiolò leggermente. Quei ricordi lo ferivano e lo facevano arrabbiare ma non poteva far nulla per cambiare le cose, non poteva far niente. La bocca dello stomaco prese a dolere ancora di più. Si sistemò meglio e la furia ebbe il sopravvento.
Voleva del tempo? Lo avrebbe avuto. Voleva essere lasciata in pace? Benissimo. Ma quello lì... a quello lì non l'avrebbe lasciata. Inuyasha non ne aveva il diritto, sì, lo sapeva, ne era consapevole, ma al contempo quel diritto, invece, lo sentiva, gli sembrava solo suo. Il diritto di stringerla, di proteggerla, di sfiorarla. Era lì, quel diritto, a premere contro la bocca dello stomaco.
Arrabbiato e di pessimo umore, diede una sbirciata di sotto e vide quel pervertito di Jakotsu seduto a rimirare la sua spada, mentre Shippo e Kirara ancora dormivano. Miroku, Sango e quel mercenario erano andati in perlustrazione, dato che avevano scelto di non mettersi in viaggio per quel giorno; ma li sentiva, erano già di ritorno.
Avevano lasciato Kagome nelle mani di Jakotsu, ma quello lì si era riaddormentato. Kagome si era diretta verso il fiume e, considerando l'intensità del suo odore, amplificato grazie all'acqua, stava tornando anche lei. Poteva quasi sentire i suoi passi. Rimase fermo e continuò a guardare, in attesa.

* * *
Kagome fece ritorno nel piccolo luogo dove si erano momentaneamente stabiliti, con falcate grandi e decise. Trovò Jakotsu che osservava il luccichio della sua spada sotto il sole e Shippo e Kirara quasi svegli. Doveva essere festa per il piccolo Shippo, non aveva mai dormito così tanto! Kagome fece cadere malamente arco e faretra e si diresse verso il ramo dove erano adagiati gli asciugamani. Li trovò asciutti, li prese e se li pose sulla spalla. Appese l'asciugamano che aveva usato al fiume ed il costume. Si volse verso Jakotsu e lo trovò ancora lì, che la osservava di sottecchi.

«Mi aiuti a piegare gli asciugamani?», chiese a Jakotsu con tono annoiato. Non era dell'umore per fare proprio niente ma voleva tenersi impegnata. Jakotsu sollevò lo sguardo e smise di armeggiare con la sua Jakotsuto. Inarcò teatralmente un sopracciglio.

«Dovrei?», chiese, stizzito. Kagome realizzò che doveva essere ancora arrabbiato per la sveglia poco carina che gli aveva riservato. La ragazza sbuffò e fece spallucce, lasciandolo perdere. Non voleva azzuffarsi con quell'esaltato, lui non c'entrava niente.

«Lascia perdere!», disse con tono arrabbiato, più di quanto avrebbe voluto.

Jakotsu sbuffò e prese a guardare le foglie poco sopra la sua testa. Quella ragazzina era tornata ad essere l'isterica che ricordava. Benissimo! Mentre si autocommiserava per esser lì, solo con lei, con il volpino e quella gatta, un pensiero malsano gli attraversò la mente. Le era sicuramente successo qualcosa e la colpa non poteva che essere di Inuyasha, lo avrebbero capito anche i sassi. Ieri avevano sicuramente discusso e quei due soliti spioni erano andati lì a curiosare. Beh, era chiarissimo a tutti che quei due fossero in una specie di relazione contrastata e la ragazzina, la sera prima, gliene aveva anche data la conferma. Niente da fare, c'era indubbiamente bisogno di lui. Si alzò, abbandonando la sua spada in terra, sopra il fodero, e si avvicinò a Kagome che cercava di piegare un asciugamano più alto di lei. Jakotsu glielo sottrasse e lei lo fece fare, il solito cipiglio stizzito sul viso.

«Di' un po', donna. Cos'è successo ieri sera?», chiese con finto tono annoiato, mentre le consegnava un'estremità dell'asciugamano, tenendo l'altra per sé.

Kagome allargò le narici ed un sonoro sbuffo irritato le uscì dal naso. Forse, se fosse stata di umore diverso, avrebbe anche potuto parlare con Jakotsu come se fossero due comari. Ma no, non quel giorno.

«Niente.», si costrinse a dire con un tono fintamente pacato.

L'asciugamano fu presto piegato e posto nel fagotto che Sango portava sempre sulle spalle. Kagome prese l'altro e fece ciò che poco prima aveva fatto Jakotsu: un'estremità per lei ed una per lui.
Jakotsu decise di non darsi per vinto, non conscio di quanto Kagome potesse diventare irritabile.

«Guarda che il nostro patto è ancora valido, voglio solo aiutarti.», disse lui innocentemente, continuando.

Si trovarono viso a viso nell'atto di piegare l'asciugamano; quello di Jakotsu era ornato da un sorriso rassicurante e rilassato, quello di Kagome... era stizzito ed insofferente. Ma perché doveva essere così palese? Non voleva parlare.

«Non voglio parlarne, Jakotsu!», disse quasi istericamente e strinse al petto l'asciugamano, ormai piegato.

Jakotsu sbuffò e si portò le mani ai fianchi.

«Lo so che hai litigato con Inuyasha! Sei rimasta con Sango e poi mio fratello ti ha riportato qui in braccio... non mi ha neanche permesso di seguirlo, io...», borbottò ma si interruppe. Davanti a lui c'era una Kagome dall'espressione tutto tranne che rassicurante, sembrava quasi avvolta da un'aura rossa. Anni di battaglie, di sangue, di risse, di demoni uccisi... solo in quel momento Jakotsu provò qualcosa che si avvicinava alla paura. «Ragazzina...?»

«TUO FRATELLO HA FATTO COSA?», urlò, l'asciugamano che sembrava poter essere inglobata dal suo petto di quanto la stava stringendo.

Jakotsu si stizzì, cos'era quel tono? Stava per cantargliele, quando vide dietro la ragazzina, la sterminatrice che faceva strani segni, sembrava in allarme?

«Già, cosa avrei fatto?», chiese Bankotsu con un sorriso, irrompendo nella piccola radura e conficcando Banryu nel terreno.

Sango si coprì la fronte con uno schiaffo, completamente abbattuta. Accidenti e meno male che Kagome non doveva venire a sapere nulla. Non aveva fatto i conti con Jakotsu. Kagome si volse in direzione della voce che aveva appena parlato. Non appena si voltò, Sango rimase pietrificata e Bankotsu perplesso.

«Ma cosa...»

Jakotsu affiancò il fratello e si avvicinò al suo orecchio, senza guardare Kagome. «Primo Fratello, deve essere nel pieno del suo periodo lunare**. Fuggi.», sussurrò pianissimo, con tono concitato.

Poveri idioti. E povera me, pensò Sango. Era stata una giornata pesante, quella di ieri. Oggi lo sarebbe stata ancor di più. Kagome non era tipo da lacrime, era propriamente il tipo da rabbia. Sango aveva supposto che, finite le lacrime, caso eccezionale, la rabbia si sarebbe scatenata e sarebbe stata terribile. Si era raccomandata di trattare bene Kagome, di non indisporla...
Kagome fissò quei due e sentì la rabbia montare ancor di più. Quindi Bankotsu l'aveva vista in quello stato pietoso? L'aveva vista piangere? Quanto si era persa? Accidenti!

«Ahhh! Tu!», disse indicando Bankotsu. «Non credere che avrai ancora una possibilità del genere, sappilo!», tuonò, del tutto fuori controllo. «E tu, Sango, accidenti! Lo sai che non voglio che mi si veda mentre...!», tentò di spiegare senza pronunciare parole riconducibili al campo semantico del dolore come “tristezza”, “pianto”, “piangere” ed altro. Ah, che vergogna.

Sango le si avvicinò lentamente.

«Dai, Ka-chan... è successo, non puoi fare così, so che sei arrabbiata, quell'idiota...», disse in tono conciliante, le solite mani a palmo in su, tese verso di lei. Bankotsu si grattò la testa, confuso.

«Sango! Smettila di trattarmi come se fossi un demone, maledizione!», sbottò, rossa in viso come non mai.

Miroku arrivò in quel momento nella piccola radura, trafelato e con il fiatone. Sorrise rassicurante e levò le braccia al cielo.

«Buongiorno, Divina Kagome! Ben svegliata! Oggi la vostra bellezza è...»

«Buongiorno un corno. Tieni.», disse scorbutica e gli diede in mano l'asciugamano prima di dirigersi da dove il monaco era venuto.

«Ma... non dovevi...», disse Miroku ironico, con tono desolato. Lanciò un'occhiata a Sango e sospirò.

Kagome raccolse l'arco e la faretra. Svuotò dentro lo zaino un sacco di iuta nel quale teneva la biancheria sporca e lo portò con sé. Prese il lettore cd portatile**. Si allontanò a pugni stretti, il sacco in mano senza dire nulla, sotto gli occhi sbigottiti dei presenti. Che razza di giornataccia. 
Non si accorse che qualcuno, saltando di albero in albero, senza essere notato, prese a seguirla.

* * *
Era da poco passata l'ora di pranzo e di Kagome neanche l'ombra.

«Jakotsu, perché lo hai fatto!? Poteva procedere bene...», si lamentò Sango, seccata. Stava lucidando Hiraikotsu con fin troppa energia. La verità era che si sentiva tremendamente in colpa. Il mercenario calciò un sassolino e sbuffò. Non voleva di certo far arrabbiare quella donna!

«Sango, non ha fatto nulla di male. É stato solo un po' insistente... i nostri amici non sono ancora ben a conoscenza del carattere particolarmente esuberante della Divina Kagome.», disse Miroku, rassicurante e pacato. Le poggiò una mano sulla spalla e Sango smise di lucidare la sua arma. Sospirò.

«Kagome non è sempre così! Insomma, non spesso. Sapevo che oggi sarebbe stata particolarmente dura per lei. Quell'idiota di Inuyasha... si può sapere dov'è finito?», sbottò, arrabbiata. Miroku indicò con un cenno del capo l'albero dove Inuyasha si era rintanato. Tutti si voltarono ma nessuno riuscì a scorgerlo.

«La Divina Kagome è molto arrabbiata per via di Inuyasha, anche se è vero che tende molto ad esagerare quando c'è qualcosa che la punge particolarmente... le passerà, questa giornata sarà molto lunga per lei. Conviene lasciarle la sua pace.», disse Miroku semplicemente e si zittì.

«Ho permesso che Bankotsu la vedesse in quello stato... lei è così orgogliosa, accidenti!»

«Passerà.», disse ancora Miroku e le sorrise rassicurante.

Bankotsu era rimasto in silenzio, seduto, lo sguardo assorto. Così era come pensava, era stato quel mezzo demone a farla piangere. Che razza di torto doveva averle fatto? Naraku gli aveva accennato che Inuyasha teneva molto a quella miko defunta che si nutriva di anime, quella Kikyo. Gli aveva detto di ucciderla, se ci fossero riusciti e se li avesse intralciati. Allo stesso modo, gli aveva spiegato che era importante uccidere Kagome, poiché rappresentava una minaccia molto grande, in quanto reincarnazione di Kikyo. Naraku aveva riso subdolamente, dicendo che Inuyasha avrebbe sofferto ancora una volta. Aveva spiegato loro, infatti, che Inuyasha aveva un interesse anche nei confronti della giovane miko. Insomma, quel lurido aveva dato loro tutti i possibili spunti per torturarli, sia psicologicamente che fisicamente, per fargli del male.
Si accorse che il filo dei suoi pensieri era completamente deviato dal suo percorso originario. Bankotsu, dunque, dedusse che Inuyasha teneva a due donne ma nessuna delle due gli apparteneva sul serio. Sì, il mezzo demone e Kagome dovevano aver litigato per quell'altra. Tanto da farla ridurre in quel modo? Bankotsu ricordò l'aspetto di Kagome e sospirò; sembrava così fragile, diversa da quella giovane donna battagliera e sempre con la risposta pronta. Aveva capito bene la personalità di Kagome, Sango aveva confermato le sue supposizioni con le poche cose che aveva detto: Kagome non era il tipo che piangeva, era un'orgogliosa testarda. Ecco perché doveva bruciarle così tanto che qualcun altro sapesse che poteva anche piangere, la capiva bene lui che non aveva mai versato una lacrima, se non nell'infanzia. Oltre la discussione con il mezzo demone, si era aggiunta anche quella sorta di orgogliosa vergogna. Si ricordò tutte le emozioni negative che lo avevano accompagnato i primi tempi che si era unito al gruppo di Inuyasha, come l'orgoglio e la vergogna lo stessero consumando. Prima che lei gli parlasse.
Si alzò di scatto e tutti i presenti, intenti in altre attività, rivolsero lo sguardo verso di lui.

«Fratello...?», si lasciò sfuggire Jakotsu osservandolo, l'aria interrogativa.

«Vado a cercare la ragazzina.», disse semplicemente, il solito tono noncurante.

«Bankotsu, cosa...», proruppe Sango, il suo volto contratto in disappunto.

«Tranquilli, porto anche Banryu.», disse estraendo l'arma dal terreno e si incamminò.

«Gli estrarrà i frammenti dalla gola.», disse il piccolo Shippo succhiando il suo lecca-lecca.

* * *
«It's the eye of the tiger, it's the thrill of the fight, rising up to the challenge of our rival...»

Più che canticchiare, quello di Kagome era un pronunciare parole arrabbiate con sottofondo musicale. Ed ogni tre colpi che assestava, era una frase della canzone che andava.
Si bloccò un attimo, ansimante. Era andata in perlustrazione nel bosco alla ricerca di terra, sottili rametti e foglie. Una volta recuperato tutto ciò che le serviva, aveva versato tutto quel contenuto nel sacco di iuta che poi aveva chiuso con la cordicella apposita ed aveva appeso ad un albero.
E poi aveva cominciato a colpirlo. Colpiva ripetutamente, senza sosta, con le cuffiette ben piantate in testa e il lettore cd, appeso con un gancio al passante dei suoi jeans, che oscillava pericolosamente ad ogni colpo. Voleva colpire qualcosa, ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sfogo. Più tardi avrebbe rivisto i suoi amici, avrebbe chiesto loro scusa se necessario – sì, era necessario – ma in quel momento, non c'era niente che potesse tenerla. Voleva sfogarsi, si era creata un diversivo senza dover colpire Inuyasha. Pensava di meritare un premio soltanto per quello.
Riprese a picchiare il sacco di iuta riempito di qualsivoglia materiale naturale, mentre “Eye of the tiger” continuava a martellarle le orecchie. Non aveva mai veramente ascoltato quella canzone fino in fondo, sapeva che era legata a quel film occidentale che suo padre guardava spesso. Dava comunque una strana carica, non sapeva spiegarlo; come se la spronasse a colpire. E infatti, continuò. A tratti si bloccava, sentendosi un'idiota, poi però pensava a quello che le era successo e riprendeva a picchiare il sacco; sapeva di averne bisogno. Non pensava che le rotture – anche se nel suo caso non si poteva definire tale – potessero essere così deleterie. O, forse, era proprio lei ad essere sbagliata.
Una volta le piaceva un ragazzino, aveva dodici anni. Non era andata bene, si era arrabbiata ma... non così tanto. Rifletté, comunque, che tutti quei mesi senza esplodere per bene avevano fatto sì che reagisse in quel modo. Ma sì, doveva essere sicuramente per quello. Un altro pugno, un altro ancora.
Inuyasha osservava Kagome dall'alto, senza essere visto. La guardava basito e al contempo rapito, mentre quella percuoteva ripetutamente quel sacco con una grinta che, sì, era proprio quella di Kagome. Era molto arrabbiata, non c'era più traccia di tristezza sul suo viso, solo rabbia. Quello era il tipo di reazione che si aspettava da Kagome, anche se non gli piaceva comunque quando era lui a provocarla. In nessun modo, in nessuna maniera voleva che Kagome stesse male. Ed egli sapeva quanto anche la rabbia le costasse. Sapeva anche che la rabbia le era comunque più affine ed Inuyasha vi era anche abituato... era sicuramente meglio che vederla piangere.
Deglutì a fatica quando la vide assestare un pugno ancora più forte; non gli sarebbe proprio piaciuto essere al posto di quel sacco. Aveva costruito quel sacco ripieno da sola. L'aveva seguita per tutto il tragitto, l'aveva vista raccogliere terra e foglie... ne aveva seguito l'odore. L'aveva seguita perché... non aveva dato una giustificazione a se stesso. Lo aveva fatto e basta, l'istinto lo aveva guidato nella sua decisione. Voleva proteggerla.
Inuyasha continuava a fissare Kagome ed era rapito dal suo modo di picchiare quel sacco, dai suoi tratti così belli e così crucciati. I capelli raccolti vibravano ad ogni colpo e gli sembrava quasi una guerriera di eterea bellezza.

Limitati a controllare che non le succeda qualcosa, scemo, si disse e volse il viso dall'altro lato, accompagnato dal rumore dei colpi e contandoli mentalmente.

Kagome diede l'ultimo colpo, più forte degli altri. Il sacco oscillò e per poco non le venne addosso. Ella lo accolse e lo abbracciò; appoggiò il viso sulla superficie ruvida mentre aspettava che il respiro tornasse regolare. Per un attimo pensò che sarebbe stato meglio abbracciare qualcun altro al posto del sacco. Sgranò gli occhi e si riscosse. Scosse la testa violentemente e lasciò il sacco, spingendolo indietro.

Non ho bisogno di lui, non più, si convinse. Ed io sto benissimo, perfettamente. Sarò di nuovo felice e mi divertirò. Mi divertirò un sacco.

Batté il povero sacco altre tre, quattro volte. E poi... due frammenti. Sempre più vicini, sempre più vicini...
Kagome si voltò di scatto, pronta a colpire. Il pugno venne preso da Bankotsu che lo bloccò perfettamente, con la mano corrispondente. Kagome sottrasse subito il pugno dalla sua stretta, ansimante. Tolse le cuffiette con un movimento rapido, abbassandole sul collo. Incrociò le braccia al petto, sulla difensiva.

«Ti serve qualcosa?», chiese subito.

Bankotsu le dedicò uno dei suoi soliti sorrisetti e fece spallucce.

«Sei brava. Quel sacco dovrebbe rappresentare qualcuno in particolare?», chiese avvicinandosi un po'.

Kagome si voltò. Non aveva voglia di interagire con nessuno al momento, specie con Bankotsu. Provava ancora quella specie di vergogna mista ad orgoglio ferito. Riprese a colpire il sacco, noncurante.

«Dipende... potresti anche essere tu.», rispose e le scappò un mezzo sorriso che nessuno poté vedere. O almeno, così lei pensava.

Inuyasha, dall'alto del suo ramo, per poco non era saltato giù quando aveva sentito l'odore di Bankotsu solleticargli il naso. Quel mercenario era spuntato fuori dal folto e si era posizionato alle spalle di Kagome, come se niente fosse. Quel dannato bastardo, sembrava fosse sempre dove Kagome andava. E sembrava più di un semplice caso, più di un cameratismo da compagni di viaggio. Rimase accovacciato sul ramo, la mano artigliata ferma sul tronco secolare, nascosto ed in ascolto. La bocca dello stomaco che sembrava aver preso fuoco. Strinse i denti.
Bankotsu si accostò a Kagome e le bloccò il braccio, piegato ad angolo, che stava per scagliare un altro pugno. Kagome trasalì. Non era abituata ad essere toccata da qualcuno in quel modo così deciso ma delicato al contempo; soltanto una persona la sfiorava in quel modo, ed era Inuyasha. Kagome, tuttavia, rimase immobile, non reagì, non si ritrasse. Neanche lei sapeva perché. Forse perché Bankotsu l'aveva colta di sorpresa, forse perché quel tocco le ricordava qualcosa. O forse, non si mosse semplicemente perché, in realtà, non ne aveva voglia.
Bankotsu le sollevò leggermente il gomito più in alto, poi le prese il pugno chiuso e lo accompagnò fino a colpire piano il sacco.

«Se alzi il gomito, il colpo sarà ben centrato.», spiegò e poi la lasciò andare.

Inuyasha vide Bankotsu toccare Kagome e sentì il sangue salirgli al cervello. La salivazione era azzerata, si sentiva pietrificato. Voleva scendere, voleva spaccare la faccia a quel tipo, l'aveva sfiorata, le aveva preso la mano. Lo aveva fatto davvero, quel bastardo! Stava per saltare e poi...

Kagome mi fissa, nei suoi occhi scorgo il risentimento, la rabbia. Deve aver visto tutto, deve aver visto me e Kikyo. Ha ancora lo zaino fra le mani, deve essere appena tornata. La guardo, incapace di dire nulla. E cosa potrei dirle? Sta un po' lì, come pietrificata. E poi, corre, va via, lontano da me. Ed io non oso seguirla, perché non posso cambiare le cose.

Inuyasha strinse i pugni e chinò il capo. La frangia argentea gli coprì gli occhi. Si volse dalla parte opposta con l'intero corpo, dando così le spalle a Kagome e Bankotsu.

Ti sei sentita così, Kagome? Quando hai visto me e Kikyo?, pensò. Spiccò un balzo ed, albero dopo albero, si allontanò. Non voleva più vedere.

Kagome volse il viso verso l'alto, un fruscio di foglie l'aveva incuriosita ma risolse che probabilmente si trattava solo di un volatile. Si volse nuovamente verso Bankotsu, in attesa, quasi volesse che le dicesse qualcosa. Nulla. Il mercenario la fissava e nulla di più.

«Se sei qui per darmi lezioni di lotta, guarda che...»

«Forse sono qui per scusarmi. Chi lo sa?», disse con noncuranza Bankotsu. Aggirò Kagome e si sedette per terra, a gambe incrociate, proprio accanto al sacco. «E sai, sarebbe la prima volta.»

Kagome prese a fissarlo con un sopracciglio inarcato e si bloccò. Bankotsu era la penultima persona con la quale volesse avere a che fare quel giorno; all'ultimo posto, ovviamente, il simpaticissimo Inuyasha. Bankotsu le fece segno di sedersi accanto a lui; diffidente, Kagome si sedette, ma un po' discosta. Bankotsu fece un sorrisetto poi sospirò.

«Di cosa dovresti scusarti, sentiamo?», chiese ed incrociò le braccia. Lo guardò di sottecchi. Sì, cominciava a sentirsi un po' curiosa.

«Piano, ragazzina. Non ho detto che mi sarei scusato sicuramente. Comunque, se mai lo facessi, sarebbe perché credo di aver urtato l'orgoglio di qualcuno.», disse e si voltò a guardarla. Kagome trasalì; Bankotsu tornò a guardare dritto davanti a sé, consapevole di aver colto nel segno. «Mi scuserei perché so che a questo qualcuno non piace essere debole o esser visto così, perché non se lo permette quasi mai.»

Kagome strinse le ginocchia al petto e si sentì scavata dentro. D'altronde, ricordò che anche lei aveva fatto lo stesso con lui, un po' di tempo fa. Non conosceva benissimo quel tipo, lui non conosceva bene lei. Eppure, davvero era bastato così poco per leggersi a vicenda?

«Sei sicuro che questo qualcuno sia realmente così?», chiese ad un tratto. Rivolse il capo verso il mercenario e lo poggiò sulle ginocchia.

«Non lo conosco da tanto, ma penso proprio che sia così. Credo che in qualche modo mi somigli. Anche per questo credo di capire questo qualcuno, quindi per questo potrei scusarmi.», spiegò e la osservò dritto negli occhi.

Kagome pensò che in un certo senso aveva ragione. Si ricordò del senso di disagio che Bankotsu provava quando si era appena unito al gruppo. Quell'orgoglio di capo che ancora lo tormentava, quel sentirsi un fallito per aver ricevuto una mano. Kagome rifletté che lei aiutava spesso gli altri ma era restia a farsi aiutare. In fondo, la animava lo stesso orgoglio di Bankotsu, in qualche modo. Chiuse gli occhi e si sentì un po' più libera, non sapeva come.

«Sai, credo che anche quel qualcuno ti chiederebbe scusa. Insomma, è parecchio isterico.», disse sollevando il capo e sorridendo.

Banktsu rise e fece spallucce. «Oh, quel qualcuno è sicuramente molto isterico! Ma credo che abbia avuto le sue buone ragioni.»

Kagome si avvicinò e diede a Bankotsu uno schiaffo sul braccio. Quello rise e finse di massaggiare la parte lesa. I due risero insieme, poi si guardarono.

«Tu hai mai pianto?», chiese Kagome improvvisamente. Bankotsu strinse le labbra e prese a guardare nuovamente dritto davanti a sé. La memoria riportò alla mente qualcosa, i ricordi cominciarono a succedersi. Vide il padre e la madre trucidati dai briganti, vide i suoi compagni giustiziati sotto i suoi occhi, vide Jakotsu che gli lanciava un bacio prima di essere decapitato, vide gli occhi vitrei e ormai spenti del fratello che aveva più amato osservarlo, mentre ormai stava per perdere la testa anche lui. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.

«No, non l'ho mai fatto. E forse, in alcune occasioni, avrei dovuto.», disse soltanto, con voce vuota. Se ne stava realmente rendendo conto soltanto adesso? Il pianto era da sempre una perdita di tempo per lui; o forse, lo giudicava così perché avrebbe dovuto passare a piangere la maggior parte della vita.

Kagome gli posò una mano sulla spalla e rimasero così, per un po'.

«Sappi che io ti sono debitore. Tutto quello che hai fatto tu per noi... per te è come se fossimo stati fin da subito membri della squadra...», cominciò, con un po' di fatica.

«Lo siete...», disse Kagome non capendo, corrugando le sopracciglia.

Bankotsu scosse la testa e alzò una mano, bloccandola.

«Taci, ragazzina. Quello che sto cercando di dire è che per me saresti stata un membro della Squadra. Se io e Jakotsu avessimo ancora quella Squadra, io...»

«Bankotsu, cosa...?»

«Dopo tutto quello che hai fatto per me e mio fratello, sei come una sorella per me.»

Kagome rimase un attimo a bocca aperta, poi aggrottò le sopracciglia. Le stava dicendo che, se i tempi fossero stati diversi, l'avrebbe presa in Squadra. Risolse che poteva considerarlo un gesto amichevole, sorvolando un attimo sul fatto che la Squadra dei Sette fosse stata un'oganizzazione di mercenari sanguinari, pluriomicidi, che aveva più volte tentato di ucciderla. Prese a grattarsi la testa con un dito e sorrise, desolata, mood Miroku. 

«Per te il termine “sorella” equivale ad “amica”, no?», chiese Kagome, un tantino confusa. Bankotsu fece spallucce ed annuì con un sorrisetto. Beh, sì, amica. Compagna di Squadra. Vicina nelle avversità. Persona su cui contare, persona da proteggere. Qualcosa di simile.

Kagome ricambiò il sorriso e si alzò. Si stiracchiò e respirò quanta più aria poteva. Si sentiva meglio, la rabbia c'era ancora ma poteva tenerla a bada, era ora di tornare indietro e comportarsi normalmente. O almeno, ci avrebbe provato. Avrebbe visto ancora Inuyasha, ma poteva farcela.
Anche Bankotsu si alzò e recuperò Banryu.
Kagome sciolse il sacco e lo mise nelle mani di Bankotsu, che si era offerto di portarlo. Prese arco e faretra e i due cominciarono a dirigersi verso la piccola radura verde dove si trovavano tutti gli altri. Ormai era pomeriggio inoltrato.

«Ipoteticamente, quel qualcuno accetta le tue scuse, comunque.», disse Kagome con noncuranza, mentre camminavano.

«Scuse?», chiese Bankotsu con espressione stupita, voltandosi verso di lei. «Non so di cosa tu stia parlando, ragazzina.»

 

Note:
Benvenuti ad un'altra puntata delle mie note testuali inutili, perché sì.
**Finalmente, anche Jakotsu prova il famigerato “brivido freddo” che più o meno tutti provano pensando soltanto alle sue profferte amorose. E naturalmente, chi poteva farglielo provare? Solo una Kagome totalmente impazzita.
**Obiettivamente, ditemi se la pensate come me. La divisa scolastica di Kagome mi è sempre stata sullo stomaco. Dico, avrai sicuramente altri capi di vestiario che saranno più comodi e se si sporcano... amen. Perché non li usi? Zia Rumiko, perché non la fai partire con un paio di pantaloni?! Quella povera divisa! Ha visto l'apocalisse! In una puntata ha perfino perso il fiocco. :c Io supporto il #salvaladivisadiKagome, la mia versione va in jeans, Converse e felpa. Almeno, si spera che nessuno le guardi le mutande quando cade da grandi altezze o saltella. Miroku è sempre in agguato. SEMPRE.
**Jakotsu, con periodo lunare, intende il nostro magico e fantastico periodo del mese, dove siamo tutte un po' più irritabili. ^^'
**Allora. Scrivendo questa fanfiction sto facendo un salto nel passato... Kagome ha 15 anni nel 1996, io nel 1996 ci sono nata. Quindi, sto andando avanti con ricerche in internet e consigli paterni. Dalle mie ricerche, in Giappone in quell'anno era già in commercio il lettore cd portatile, anche se altri comuni mortali avevano ancora il walkman. Mi spiace se alcuni riferimenti saranno un tantino fuori tempo o non molto azzeccati... faccio del mio meglio! Comunque, fino ad ora le canzoni citate proprio all'interno dei capitoli sono di anni precedenti al 1996, eh. Almeno quelle! ^^

 

Angolino autrice.
Sono riuscita a pubblicare ad una settimana esatta di distanza, le bozze aiutano sempre. Vorrei riuscire sempre ad aggiornare fra venerdì e lunedì, togliendo impegni vari. Speriamo di essere sempre così puntuali, va.
Comunque... si vede? Si vede, vero?! Non è fantastico?! E no, non mi sto riferendo al capitolo (non lo farei mai)! Sto parlando di quell'immagine bruttina lì su, con il nome della storia ed il mio nome. Ecco. Ci ho messo una serata per riuscire ad adattare quel collage. Una serata a rimpicciolirlo... per poi scoprire che potevo svolgere questa mansione su efp stesso. Beh, io e la tecnologia siamo due mondi a parte, quindi ringrazio di esserci riuscita. ^^'
Ho scelto appositamente immagini del manga perché è l'origine! E perché volevo fare in modo che tutti i personaggi potessero stare insieme, sembrando parte della stessa foto (è molto poetica così, un'altra verità è che mi piacciono le cose semplici e non so usare photoshop).
So che tante persone lo hanno già fatto e non è una grandissima novità... ma sono contenta e mi andava di condividerlo! xD
Ma bando ai miei discorsi inutili, andiamo al capitolo.
Ovviamente, non ne sono convinta. Più vado avanti e più mi areno. Questione di indecisione.
Kagome arrabbiata è terribile, me ne rendo conto.Beh, chi dopo una rottura è sereno? Dopo il pianto, viene la rabbia (ho conosciuto persone comportarsi peggio di Kagome e posso assicurare che picchiare un sacco aiuta). Inoltre, spero si sia capito ogni suo meccanismo mentale, la causa di ogni punta di rabbia...
Si nota che ho particolare attenzione nel far notare che i personaggi si lavano e sono puliti? Scherzo, il bagno ha il suo significato. La saponetta no, ma non penso che il fiume sarà inquinato da così poco... o sì?
Bene, Kagome non rispetta l'ambiente.
Inuyasha forse comincia a svegliarsi e pare avere un futuro come “Barone Rampante”. State forse pensando che io lo stia torturando? Vi giuro che mi piace Inuyasha, il nostro rapporto di odi et amo è bellissimo, chi mi conosce lo sa. Quindi, se lo faccio “soffrire” è a fin di bene....? Ma certo che sì, eh. (Perdonami Inuyasha, non uccidermi nel sonno. Ti ho sempre amato.)
Vabbé, in compenso abbiamo scoperto qualcosa sul passato di Bankotsu... pian piano, andiamo. Essendoci poche notizie sia su di lui che su Jakotsu, sto facendo di testa mia, chissà cosa accadrà.
Bene, mi eclisso. Togliendo il tono ironico che ho usato per tutto questo spazio, vi ringrazio seriamente di cuore, veramente tanto.
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia a seguite, ricordate, preferite, chi legge in silenzio e chi commenta. Siete carinissimi e mi fa piacere suscitarvi emozioni, non mi stancherò mai di ripeterlo. Vi leggo sempre con affetto. :)
A presto!

RodenJaymes.

 

  
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