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Autore: Irina_89    10/04/2009    0 recensioni
Cosa provo?
Come mi sento?
Non sapevo rispondere a queste domande. Dovevo avere una minima idea di come stavo. Dopo tutto ciò che era successo…! Ripensarci mi provocò una serie di brividi lungo la schiena. Brividi di paura. Di dolore. Non ero così forte da rivivere il passato.
Erano trascorsi due anni, eppure tutto era ancora vivido nella mia mente, come se mai quei momenti fossero realmente passati.
Per un attimo mi fermai a pensare. Erano davvero passati due anni?
Poi tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni il cellulare e guardai il calendario. Sì, erano passati proprio due anni.
Sorrisi malinconica. Era strano come il tempo fosse passato senza però lasciare che i ricordi si affievolissero. Senza che i ricordi si disperdessero. Senza che i ricordi mi abbandonassero.
***
Ps: ho modificato lo stile con cui avevo portato avanti i capitoli precedentemente pubblicati, portandoli tutti dalla prima alla terza persona.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like The Smoke I Breath

Like The Smoke I Breath

 

"Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante"

Nietzsche

 

Era indecisa.

Cappello nero o fascia?

I suoi capelli erano troppo corti per legarli decentemente, quindi l’unica alternativa era tenerli con una di queste due cose, visto che quella sera sarebbe andata al Fight. E laggiù sapeva già cosa avrebbe fatto.

Avrebbe ballato.

E ballato ancora.

Ballare era la sua passione. Ma non balletto classico. No, assolutamente. Il balletto non faceva proprio per lei. A Mad piaceva muoversi sulle note piene di ritmo. Amava la musica che poteva trasmettere una scarica elettrica in tutto il corpo. Che emanava energia ad ogni battuta.

Amava ballare la break dance.

Non aveva mai fatto dei corsi per impararla, e questo le aveva procurato molti lividi, bruciature e quant’altro. Una volta si era pure rotta una gamba, facendo impazzire sua madre. Anche se doveva andare in giro con le stampelle, non poteva evitare di farla preoccupare inutilmente. Non poche volte, infatti, mentre camminava – sempre che arrancare con quelle stecche potesse essere definito camminare –, si sporgeva in avanti, simulando una caduta. Subito lasciava le stampelle e metteva le mani ben salde per terra, tirando su i piedi in una perfetta verticale.

Purtroppo, altrettante volte sua madre le sbraitava contro la sua incoscienza. Arrivò quasi a legarla al letto.

Decise.

Cappello nero.

Se lo mise in testa ed afferrò il portafoglio che giaceva – praticamente vuoto – sul letto. Lo infilò in tasca insieme alle chiavi ed al cellulare ed uscì dalla camera.

“Dove vai, Madison?” sentì sua madre chiedere dalla cucina. Evidentemente stava ancora pulendo la roba della cena.

“Al Fight.” Rispose, avviandosi alla porta d’ingresso.

“Madison, lo sai quanto io non sopporti l’idea che tu vada laggiù, vero?” la sua voce sembrava quasi una supplica. Uscì dalla cucina con un asciughino tra le mani mentre se le asciugava e guardò la figlia con occhi supplicanti, perfettamente coerenti al suo tono.

“Sì, mamma, ma tanto non mi succede niente.” Ogni volta era la stessa storia. Solo perché era un locale un po’ fuori mano, non voleva dire che doveva per forza essere un posto pericoloso! Andava al Fight da almeno due anni, e per altrettanto tempo sua madre le ripeteva quella solfa.

“Stai attenta lo stesso, però.” Concluse sospirando.

“Ok, ciao. Ti voglio bene.” La salutò Mad, dandole un piccolo bacio sulla guancia.

“Anch’io, tesoro.” E le diede una pacca sulla spalla. Ormai aveva capito che sua figlia non era il tipo di ragazza che amava troppo carezze, abbracci e cose varie. Un bacino se proprio l’occasione lo richiedeva, per il resto: stop!

Madison prese il casco dalla panca vicino alla porta e oltrepassò la soglia di casa, dando così inizio alla sua seconda vita. Quella notturna. La sua preferita.

 

***

 

“Ehi, Mad!” la salutò Andrea, il ragazzo che ogni sera stava dietro il bancone. Era uno dei pochi che aveva messo casa nel locale. E precisamente, due piani sopra a quello in cui erano in quel momento.

Ancora più esattamente: credo nei magazzini, o comunque non molto di più.

Quasi le faceva pena, ma non lo vedeva mai lamentarsi. Era un tipo sempre allegro, capace di far sorridere le persone anche nei momenti più difficili. A Madison una volta capitò: sbraitò contro di lui, bevendo una quantità indefinita di bicchieri di rum e pera, senza capire il motivo per cui andava a parlare dei suoi problemi con suo padre ad un barista da quattro soldi. Solo dopo quella serata lo capì. Andrea era davvero una persona speciale, con altrettante persone speciali intorno. Prima tra tutte, la sua ragazza, Francesca, la proprietaria del locale.

Insieme avevano gestito quel posto per un anno intero – le aveva raccontato – poi avevano iniziato ad assumere personale, fino ad arrivare ai grandi livelli a cui erano ora.

“Ciao, Andrea.” lo salutò Mad a sua volta con un cenno della testa. Oltrepassò un gruppo di persone che aveva davanti e si mise seduta su uno sgabello davanti a lui, appoggiando le braccia al bancone e guardandolo sorridendo.

Lui sapeva perfettamente cosa voleva.

“Solo se anche stasera ti scateni.” La ricattò.

“Ma dai!” si lamentò la ragazza. “Per piacere!”

“Te l’ho detto. O vai in pista, o ti scordi le bevute gratis.” Sorrise superiore. Sapeva di averla in pugno. Non aveva mai un soldo. Per questo tempo fa avevano stipulato questo patto: Io ballo, i clienti accorrono, si divertono e – cosa più importante – tornano.

“Uffa.” Protestò la mora. “Sei perfido. Mi stai sfruttando!”

“Guarda che sei maggiorenne. E poi è vantaggioso per entrambi.”

“Ok, ok.” Lo liquidò con la mano, mentre guardava il centro del locale, in cui ogni genere di persona si stava strusciando contro qualcuno. Quasi le vennero i brividi per ciò che riuscì a vedere. Certe volte capitavano là dentro individui davvero indecenti. Un motel ad ore sarebbe stato più efficace per lo scopo che volevano indubbiamente raggiungere.

“Come te la passi?”

“Bene.” Rispose Mad, distraendosi da quella visione raccapricciante di una donna più nuda che vestita che si stava praticamente mangiando il ragazzo con cui ballava. Forse la sua lingua gli aveva toccato l’intestino, chissà…

“A scuola?”

“Come sempre. Professori idioti, compagni di classe più simili ad animali che a persone, e la solita Sara, che se non fosse per lei, sarei rovinata.”

“Perché non la porti mai qui?” chiese, prendendo un bicchiere sudicio dal bancone per lavarlo.

“Perché i suoi non vogliono. Pensano che questo locale sia una schifezza, proprio come mia madre.” rispose, roteando gli occhi.

“E tuo padre? – Ah, aspetta.” E prese uno straccio per asciugare il liquido dorato che si stava espandendo sempre di più tre sgabelli più in là della ragazza. Quando tornò era esasperato. “Non hai idea di quanto odi asciugare le bevande versate. Finisce sempre che mi bagno di quella roba pure io.” E mostrò una chiazza giallognola sulla sua maglietta bianca.

Mad rise. Era sempre il solito. Da quando lo conosceva era sempre pronto a brontolare per questi incidenti e nonostante tutto, continuava nel suo lavoro. Era un uomo spettacolare. Chissà, se non ci fosse stata Francesca, l’avrebbe potuto sedurre.

Ci ripensò.

Certo, e con quale fascino? Le domandò la Mad saccente nella sua testa. Sospirò divertita. Già, con quale fascino?

“Ehi, Mad!” la chiamò stupito Andrea.

La mora alzò subito lo sguardo per sapere cosa volesse e lui le indicò la pista alle sue spalle.

Madison si voltò senza capire. Ma la risposta non tardò ad arrivare.

La grande folla che ballava là si era allontanata dal centro, costruendo una sorta di cerchio, tutti intenti a guardare all’interno.

“Che succede?” chiese interrogativa.

“Non lo so. Pensavo me lo potessi dire tu.”

La ragazza si alzò dallo sgabello e si avvicinò a suon di gomitate e spintoni al centro della pista per vedere ciò che attirava l’attenzione di tutte quelle persone.

Un urlo eccitato la investì in pieno, facendole ricevere una quantità infinita di botte addosso – vista la sua scarsa statura – da tutti i ragazzi e le ragazze che aveva intorno che si mossero eccitati quasi come un’onda umana.

Il suo cuore perse un battito.

Conosceva fin troppo bene quegli urli. Erano gli urli che da sempre aveva sentito riferiti a se stessa. Come era possibile che ora qualcuno avesse perso il suo posto? Che qualcuno l’avesse rimpiazzata?

Era stata un’idea di Andrea? No, lui non l’avrebbe mai fatto.

Chi cazzo era a fare tutto questo casino?

Quello era il suo posto. Nessuno poteva rubarlo!

La musica non le permetteva di capire cosa si stessero dicendo le varie persone che assistevano a ciò che non avrebbero dovuto vedere da qualcun altro. Ma il volume era così forte che anche le loro urla erano sovrastate dal quel ritmo travolgente.

Mad riuscì a farsi spazio tra le ultime persone che ostacolavano la sua visuale e si paralizzò.

Fu l’ennesimo urlo a farla tornare in sé.

Cazzo! Quello è un Thomas!

Non poteva credere ai suoi occhi! Erano mesi che cercava di farlo pure lei, eppure non superava i due giri. E questo qui, invece, era ancora in mezzo alla pista a girare con le gambe per aria come se niente fosse! Non era possibile!

Lo guardò incredula e allo stesso tempo incazzata. Era carica, pronta per andare a rivoltarlo come un calzino per averle soffiato il suo mondo, ma si sentiva pure insicura: come poteva andare lì e farlo smettere? Si sentiva sopraffatta dalla sua superiorità nella Break, che avrebbe preferito rimanere a casa e pensare che nessuno avrebbe mai potuto sostituirla.

Il Thomas terminò con un Windmill e quella persona, che Mad scoprì essere un ragazzo per il fisico che gli si intravedeva dalla maglia svolazzante, concluse il suo numero con un perfetto Freeze.

Non appena si tirò su, rispondendo agli applausi e alle urla che aveva rubato alla ragazza, rispose con un grande sorriso.

E lei lo riconobbe. Ecco dove l’aveva già visto!

“Cosa cazzo ci fai qui?” urlò lei, senza quasi rendersene conto.

Ma lui non la sentì.

La strana sensazione che provò Mad quando capì che non l’aveva sentito – sollievo – non fece in tempo ad espandersi dentro di sé, che il suo corpo si mosse nella verso quel ladro, fino ad afferrarlo per una spalla e farlo voltare perché la potesse guardare negli occhi.

Che cazzo ci fai qui?” ripeté, riducendo gli occhi a due minuscole fessure che sperò lanciassero fuoco per poterlo incenerire.

“Ma che diavolo vuoi?” le rispose lui, liberandosi dalla sua presa senza alcuna difficoltà.

La ragazza si sentì mancare le forze. Sembrava che là dentro lei non avesse più una propria autorità da far rispettare. Sembrava che lei non fosse più nessuno.

“Questo è il mio posto. Vattene!” ringhiò lei, afferrandolo per la maglietta.

La gente intorno a loro non accennava ad andarsene, quasi come se si aspettasse una sfuriata che avrebbe potuto degenerare in una rissa. Per la sfuriata non c’era andata troppo lontana, ma per la rissa… Mad sapeva che se fosse stata causa di una rissa là dentro, poteva anche scordarsi di tornare lì nelle sue prossime due vite.

“Perché, scusa?” ghignò lui soddisfatto. “Non hai alcun diritto di dirmi cosa fare e dove. Perché non te ne vai tu? Sai, ho intenzione di rimanere qua a divertirmi ancora per un po’.” E rise.

La ragazza sentì la rabbia crescere e il suo autocontrollo diminuire. “Tu non sai chi sono.” Lo minacciò.

“Oh, invece lo so benissimo.” Sorrise ancora con quel suo sorriso troppo perfetto, facendo aumentare la voglia di Mad di prenderlo a botte. “Sei una sorta di celebrità qua dentro. Ti ho visto molte volte.” Roteò gli occhi. “Per questo ho deciso di vedere fin dove sei capace di arrivare.”

Le mancarono le parole per rispondergli. Ma era pazzo o lo faceva apposta? Cioè, questa era la vita reale! Non poteva saltare fuori, di punto in bianco, una sfida come se fosse un film! Nella vita reale tutto questo non aveva senso!

Madison rise isterica a quella richiesta. Come poteva pensare che lo prendesse sul serio?

“Perché ridi?” chiese lui serio. “E tra le altre cose, lasciami andare, mi sgualcisci la maglia.” E le afferrò il polso della mano, aprendole le dita salde con l’altra. “Accetti questa sfida, sì o no?” rincarò.

“Tu scherzi.” Rispose lei, per niente favorevole ad una cazzata del genere.

“Hai paura?”

“Paura? E di cosa? Che tu ti faccia male, certo, di questo ho paura.” E questa volta fu lei a rispondere strafottente.

“Vedremo chi si farà male.”

La folla intorno a loro sembrava non perdersi nessuna parola del discorso. La ragazza avrebbe volentieri tirato un pugno in faccia a tutti i presenti, quel cretino compreso.

Lui sembrò capire le sue intenzioni e si allontanò da lei. Le mandò un bacio con la mano, riuscendo ad irritarla ancora di più ed iniziò a fare qualche passo di Toprock, per poi avvicinarsi alla ragazza, costringendola ad allontanarsi.

“Paura?” sibilò al suo orecchio, tirandole sugli occhi la visiera del cappello.

Mad rabbrividì e sentì le forze abbandonarla ancora una volta. Lui ghignò soddisfatto e si allontanò di nuovo.

“Guarda ed impara, celebrità!” E subito un Airtrack, seguito da un perfetto Windmill.

La folla era in delirio. Evidentemente non aveva mai assistito ad una sfida tra breakers.

Tornò in piedi e toccò perfettamente la fine della battuta, alzando il braccio ed indicandomi.

Bene. Vuole la guerra? E che guerra sia!

Madison imitò il suo misero tentativo di impressionarla con i suoi Toprock e si avvicinai a lui.

“No, ti sbagli. Non ho paura. E tu?” e si tolse il cappello per calarglielo sugli occhi senza alcuna grazia.

Passò da un Six Step ripetuto due volte ad un Helicopter, per poi mostrargli degli Swipes degni di essere ricordati. Allungò una gamba e continuò con gli Swipes. Aggiunse, infine, un Turtle Swipe e concluse il suo primo pezzo, alzandosi proprio davanti a lui. Riprese il cappello e se lo infilò, per poi voltarsi e dargli le spalle soddisfatta.

Le urla delle persone che la fissavano, facevano crescere la sua adrenalina.

Lui passò al contrattacco. Passò subito in verticale, camminando sulle mani per qualche battuta, per poi scendere a quella su un gomito. Poggiò la testa a terra e allargò le braccia restando in equilibrio per pochi secondi. Rimise le mani a terra e tornò alla verticale sui gomiti, per poi passare di nuovo alla posizione iniziale.

Lentamente tirò giù le gambe, lavorando di addominali e si mise parallelo alla pista.

Un ululato si espanse per tutto il locale. Purtroppo, l’incredulità aveva posseduto pure Mad. E questo la fece irritare ancora di più.

Con un salto tornò in piedi e si portò una mano all’orecchio per sentire ancora più urla di entusiasmo. Come se già quelle persone non si stessero sgolando…

Infine, si inchinò e sorrise alla ragazza, superiore.

“Vuoi subire ancora?”

“Dovresti chiederlo a te stesso.” Rispose lei, lasciandosi guidare dalle note pulsanti della musica che sentiva in tutto il corpo.

Iniziò a fare dei passi laterali e a battere le mani a tempo, spronando la folla a seguire il ritmo. Di colpo si fermò e cominciò a fare Popping. Onda in giù, seguita subito da un’onda complementare, che lasciò finire lungo le braccia che sollevò lateralmente. Continuò con dei bloccaggi, emulando un robot. Concluse, poi, con un Moonwalk da fare invidia a Michael Jackson, per poi girare su se stessa e tornare a strusciare i piedi per terra con dei Glides, giungendo fino a lui.

Lo guardò negli occhi e gli sorrise soddisfatta.

“A te, campione.”

Lui si avvicinò, camminando normalmente. La prese per le spalle e sussurrò al suo orecchio: “No, mi basta così.” Lasciò, poi, che le proprie labbra toccassero la sua guancia e si allontanò con il suo sorriso perfetto sulle labbra, concedendo a Mad un ultimo saluto con un cenno della mano mentre spariva ingoiato dalla folla intorno a lui.

La ragazza si sentì avvampare. Di rabbia!

Come cazzo si era permesso di prendersi gioco di lei?

Con un gesto brusco si pulì il bacio che le aveva dato e grugnì una serie indistinta di imprecazioni, che tanto nessuno avrebbe sentito per il volume della musica che tamburellava nelle orecchie.

Si allontanò dal centro della pista da ballo a sua volta, per dirigersi di nuovo al bancone.

Non era serata.

“Mad!” la chiamò eccitato Andrea.

“Che vuoi?” gli rispose atona e scontrosa, sedendosi su uno sgabello.

“Wow, sei stata fantastica in pista!” e afferrò una lattina da sotto il bancone. “Ecco, questa te la devo.” E gliela mise davanti.

“Sì, beviamo per dimenticare.” Mormorò lei in un ruggito.

___________________________________________________________

Ecco il nuovo capitolo.

So che per molti tutti quei nomi strani di Break e Hip Hop non dicono nulla, e per questo scusate. Purtroppo io sono un'amante di queste danze, e non mi sono potuta trattenere dallo scendere in particolari.

Comunque, i movimenti qui citati sono praticamente i più comuni, quindi, se qualcuno fosse curioso, basta che cerchi un video di una sfida tra breakers e può avere un'idea di come si è svolta la parte centrale di questo capitolo!^^

Ora vi saluto, sperando che vi sia piaciuto. Al prossimo aggiornamento!

Irina

  
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