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Autore: Son of Jericho    14/05/2016    1 recensioni
Una nuova e terribile minaccia demoniaca incombe su San Francisco e sulle Halliwell.
Le Streghe si troveranno ad affrontare qualcosa di mai visto prima, capace di sconvolgere le loro vite e di mandare in frantumi ogni loro certezza. Ogni aspetto personale e privato della loro magia sarà in pericolo, e questa volta neanche il Potere del Trio potrebbe essere abbastanza...
Quando Phoebe riprende conoscenza è sola, dolorante e senza memoria. Ignara di ciò che le è successo, e senza poter neanche immaginare l'inferno che attende lei e le sue sorelle.
Disclaimer: i personaggi non appartengono a me ma ai loro legittimi proprietari, e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo Wyatt, Paige Matthews, Phoebe Halliwell, Piper Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10:
Our Own Dark Angels



Era rimasto tante volte a guardarla dormire. Fin dalle prime volte, quando rappresentava una presenza impercettibile nella sua vita, fino a quando erano diventati una vera famiglia.
Ma che la osservasse in qualità di Angelo Bianco protettore, o di marito amorevole, poco cambiava.
Adorava stare lì vicino a lei, con la voglia di non abbandonarla mai. Consapevole del tortuoso percorso che avevano dovuto affrontare, dei pericoli che avevano corso, delle avversità che gli si erano parate davanti, e infine della fortuna che li aveva baciati.
Perché non era mai riuscito a definirla in altro modo, se non fortuna. Quella di aver infranto il muro di leggi che duravano da secoli, secondo cui un Angelo Bianco non avrebbe potuto avere una storia con una strega. Ma in fondo lo sapevano benissimo, lui, gli Anziani e tutte le altre creature del loro mondo, che non ci sono magia o poteri che tengano di fronte alla forza più potente di tutte: l’amore.
Un amore che non sarebbe mai venuto a mancare, tantomeno per una litigata.
Non si era trattato certamente della loro prima discussione, ma c’era stato qualcosa che Leo non aveva mai visto prima di allora.
La luce spenta negli occhi di Piper, il tono alterato, l’aria distrutta. Poteva ritrovare tutti questi dettagli nel volto della moglie adagiato sul cuscino, le cui palpebre chiuse sembravano fissarlo.
Il lineamenti erano ancora duri e contratti, come se non riuscisse a trovare pace nemmeno mentre cercava di riposarsi.
E Leo non sapeva decidersi tra quale parte di sé, se quella residua di Angelo Bianco o quella di marito, lo portasse a preoccuparsi di più.
Piper e le sue sorelle avevano dovuto combattere contro tutto il possibile immaginabile e inimmaginabile nel corso degli ultimi anni, ma mai si erano ritrovate tanto in difficoltà.
Jiroke era un demone forte, forse troppo. Una creatura che avrebbe necessitato del potere del Trio per essere annientato, su cui però non potevano contare.
E le sorelle, da sole, non erano attualmente nelle condizioni di contrastarlo.
Paige stava lottando tra la vita e la morte, Phoebe era devastata dai sensi di colpa che si stava infliggendo e dal considerare sé stessa la ragione dei fallimenti, e Piper stava lentamente crollando sotto l’imponente peso di una famiglia da proteggere.
Leo parve cercare una risposta ai suoi dubbi sul viso teso di Piper, invano.
Aveva paura. Paura che la guida si fosse smarrita, che le Prescelte non fossero in grado di compiere il loro dovere, che il dolore potesse portare a scelte sconsiderate.
Si girò nel letto puntando lo sguardo al soffitto. Sconsiderato, esattamente come voler portare via i bambini dalla scuola di magia.


 
*****


Roster ripose il cellulare nella tasca, una volta terminata la chiamata con la centrale.
Un sorrisetto gli guarniva il viso. Era riuscito a battere lo scetticismo del suo superiore, e a farsi accordare altre ore di straordinario per indagare.
Il tramonto era giunto al termine, e i corridoi del San Francisco Memorial Hospital ospitavano soltanto il personale addetto al turno di notte.
Eppure, come aveva detto a Leo, restare ben oltre l’orario non gli dispiaceva affatto. Soprattutto se gli avesse dato l’opportunità di fare un po’ di chiarezza sul caso Halliwell.
Sorrise di nuovo, al pensiero che, nonostante non fossero passate più di ventiquattro ore, l’indagine avesse già un nome.
“Il caso Halliwell”, come quello di J.F. Kennedy o di Lady Diana.
Poteva essere destinato a finire sulle prime pagine di giornali e notiziari, e soprattutto, a restare irrisolto anche quello, se non avesse trovato velocemente degli elementi su cui lavorare.
C’era troppo in quel quadro che non tornava, se lo sentiva. Non si trattava di una banale rapina finita male, come qualcuno dei suoi colleghi aveva insinuato inizialmente, e aveva smesso di credere alla storia delle gang.
Il racconto incerto del dottor Sanders, gli strani esiti degli esami condotti su Paige Matthews e sulle ferite che aveva riportato, e il comportamento sospetto di Leo Wyatt, non facevano altro che fomentare i dubbi che già aveva.
C’era qualcosa di particolare in quel caso, qualcosa che forse andava addirittura al di là della sua sfera di competenza. Ma non gli interessava, di qualunque cosa si trattasse, lui l’avrebbe scoperto.
Scambiò due parole con un’infermiera al banco, dopodiché decise di tornare a cercare il dottor Sanders.
Ma tanto era concentrato sul caso, da non accorgersi dello sguardo torvo che un uomo, appostato appena fuori dal ripostiglio delle scorte, gli stava scagliando.
Indossava un camice bianco come un qualsiasi medico, ma la scintilla di fuoco che gli brillava in fondo alle iridi, indicava come quell’essere, di umano, avesse ben poco.
I passi si mossero senza che il detective li percepisse, seguendolo come un’ombra lungo il corridoio, altare perfetto nel silenzio deserto del reparto.
Giunto di fronte all’ascensore, Roster abbassò distrattamente gli occhi sul cellulare per vedere l’ora.
Un attimo dopo, senza spezzare la quiete che regnava, giaceva in una pozza di sangue con un pugnale nel cuore.


 
*****


Erano rimasti ben pochi dubbi ormai nella testa di Phoebe.
Aveva trovato una risposta al fallimento dell’incantesimo, alla rottura del potere del Trio, all’incombente conquista da parte di Jiroke del loro pianeta, alla consapevolezza di quanto poco avessero fatto per impedirglielo.
E la risposta era una sola: lei.
Si sentiva responsabile per quanto accaduto, così come si sentiva responsabile per essere lì in quel momento.
Percorrendo i lunghi corridoi della scuola di magia, ripensò per l’ennesima volta a quanto fosse una brutta idea quella avuta da Piper.
Eppure, la sera prima, non era riuscita a ribattere quando Piper aveva fatto valere la sua prepotenza.
Solamente più tardi, distesa insonne nel proprio letto, aveva capito perché: il senso di colpa, il timore di rovinare qualcosa di già compromesso, l’aveva frenata dal dare una risposta che avrebbe causato un litigio con Piper.
Dopo Paige, non avrebbe dovuto ripetersi anche con Piper.
Doveva cercare di restare più unita possibile a lei, per il bene di tutti.
Pensierosa, raggiunse la quarta stanza sulla sinistra, una sorta di stanza adibita a nursery dove Wendy si occupava dei piccoli figli di Piper.
Appena entrata, venne colta da un istintivo senso di gioia.
Alla fioca luce mattutina che filtrava dall’unica finestra, osservò Chris nella culla, intento a giocare con un peluche, e poi Wyatt che, seduto sul tappeto, stava tirando su una magione con le costruzioni.
Wendy, accovacciata di fronte a lui, si accorse dell’ingresso di Phoebe e si voltò nella sua direzione.
- Ciao, Phoebe! - la accolse con un ampio sorriso. - Sono contenta di rivederti, come stai? -
Phoebe inclinò la testa poco convinta. - Diciamo che potrebbe andare meglio… -
Wendy si alzò e le andò incontro. - Volevi vedere i bambini? -
- Ecco, a dire il vero… - si strinse nelle spalle, mentre si infilava timidamente le mani in tasca. - Sono venuta per riprenderli. -
La ragazza la guardò confusa. - Davvero? Pensavo che… -
- Lo so. - la interruppe. - Ma adesso è meglio che li riporti a casa. -
- Ne sei sicura? Da quello che mi ha raccontato Leo siete sotto attacco… -
- Sì. - rispose secca.
- Non credo sia una buona idea, Phoebe… -
Phoebe la fissò duramente negli occhi, ma non riuscì a replicare subito. Aveva ragione, nemmeno lei pensava che fosse una buona idea. Ma non poteva fare altrimenti.
- Ascolta, Wendy, sono tuoi i figli? -
Si accorse immediatamente della cattiveria contenuta in quella frase. E provò un forte senso di vergogna. Era debole, era fragile. Preferiva aggredire una ragazza che stava solo pensando al loro bene e a quello dei due piccoli, piuttosto che rischiare di discutere con Piper.
Evitò lo sguardo atterrito e stranito di Wendy, si avvicinò alla culla e prese in braccio Chris. - Vieni qua, tesoro. - prese poi la manina di Wyatt, facendogli cadere un mattoncino. - Andiamo, vi riporto dalla mamma. -


 
*****


Probabilmente Piper era l’unica in casa a non voler credere che il Libro delle Ombre fosse diventato un oggetto in pratica inutile.
L’unica soluzione che aveva offerto loro per contrastare Jiroke si era rivelata efficace come una filastrocca, eppure lei non voleva arrendersi. Nemmeno all’evidenza.
Sporta sul treppiede, continuava a sfogliare pagine su pagine, avanti e indietro, forse senza neanche sapere cosa stesse cercando.
Una tempesta di emozioni era in corso dentro di lei, e anche se non voleva ammetterlo, stava facendo sempre più fatica a tenerla sotto controllo.
Sentiva di avere qualcosa di più importante a cui pensare, prima che a sé stessa.
Phoebe, appoggiata con le braccia conserte ad una libreria poco distante, la fissava assorta.
L’immagine di quel simbolo una volta appartenuto al trio, adesso spezzato, era un’immagine indelebile.
E tra tutte le formule e gli incantesimi che Piper stava scorrendo, sperò che ne potesse trovare uno che sistemasse almeno quel problema.
Ma esisteva davvero un qualsiasi rituale che fosse sufficiente a riunire il trio delle Prescelte?
Esisteva davvero un modo per farle tornare insieme?
- Phoebe, vieni qui. - la ridestò d’un tratto Piper.
La sorella le andò velocemente incontro. - Hai trovato qualcosa? - le domandò speranzosa.
- Neanche una virgola. - spense subito quel briciolo di entusiasmo. - Ma questa è la pagina su Jiroke. -
- E allora? -
- Non sei riuscita ancora ad avere una premonizione su di lui, vero? -
- No, non sono più riuscita ad avere una premonizione su nulla, se è per questo. -
- Prova adesso. -
Phoebe provò a farla ragionare. - Piper, ci abbiamo già provato… -
- Fai un altro tentativo! - eruppe improvvisamente, afferrandole la mano e posandola con veemenza sul libro. Ma come era facile immaginare, il risultato fu nullo.
- Niente? - le chiese conferma.
Phoebe scosse la testa, mentre l’occhio si faceva velatamente lucido. - Te l’ho detto, il mio potere non sta più funzionando… -
A togliere ad entrambe il tempo di riflettere, fu il lampo oscuro che si manifestò improvvisamente al centro della soffitta.
Un Angelo Nero dal ghigno famelico si stagliò in mezzo ad una nuvola di fumo, brandendo la sua balestra.
Phoebe risultò la più sorpresa dall'apparizione, e fu proprio contro di lei che finì puntata l'arma.
Nessuna frase ad effetto, nessuna rivendicazione, soltanto una freccia avvelenata che mirava al cuore.
Ma ciò che nessun demone aveva mai imparato affrontando le sorelle Halliwell nel corso degli anni, forse impossibilitati dal loro odio verso i sentimenti umani, era che il desiderio di salvare la propria famiglia era più potente di qualsiasi strale o sfera di fuoco.
Ancora una volta l'intervento di Piper fu provvidenziale. Ci fu tanta rabbia, tanta frustrazione, tanto odio verso i demoni, in quel preciso e rapido attacco con cui disintegrò l'Angelo Nero in mille pezzi, prima ancora che questo potesse accorgersene.
La soffitta ripiombò in un attimo nuovamente nel silenzio.
Phoebe stava cercando lo sguardo della sorella, ma quello di una stravolta Piper sembrava in tutt'altra dimensione.
Ancora una volta quegli occhi persi nel vuoto di fronte a sé, a cercare un orizzonte che non avrebbe mai raggiunto.
- Piper... - si azzardò a richiamarla, e la reazione che ricevette in cambio la lasciò spiazzata.
Un grido colmo di disperazione, dolore e paura rimbombò tra le pareti della soffitta, una richiesta di aiuto destinata a restare abbandonata. - Basta! -
La voce della moglie aveva allarmato Leo, il quale si presentò trafelato sulla soglia. - Piper, che succede? - domandò, guardando a turno le due sorelle. - Ti ho sentito dal soggiorno, che... -
Appena vide la polvere danzare nell'aria fu capace di rispondersi da solo. - Un altro demone? -
- Stavolta un Angelo Nero. - puntualizzò stancamente Phoebe.
- State bene? -
- Io ne ho abbastanza! - esplose Piper. - Io non ce la faccio più! -
Leo le si avvicinò e le cinse le spalle. - Calmati, vedrai che alla fine andrà tutto bene... -
- Non c'è un accidenti che sia andato bene fino ad ora, Leo! Abbiamo un demone che incombe sul nostro pianeta, migliaia di innocenti rischia di finire soggiogato, la nostra famiglia è in pericolo, Paige è in ospedale... - la voce si era incrinata, ma lei continuava a combattere la sua stessa voglia di scoppiare a piangere. - E io non so più che fare! -
Leo provò a stringere l'abbraccio. - Esiste una soluzione a tutto, fidati. Tutto accade per un motivo, ricordatelo. Supereremo anche questo. -
E mentre pronunciava quelle parole, sapeva che non avrebbe mai smesso di proteggerla, non importava se con o senza poteri.
- Ma adesso capisci cosa intendevo ieri sera, quando parlavamo di tenere Wyatt e Chris qui? Lo hai appena detto anche tu, siamo sotto attacco. E questo non è né il momento né il luogo più adatto per loro... -
- Smettila, Leo! - il tono si era ulteriormente irato. - Ho preso una decisione, e rimarrà quella. So cos'è meglio per i miei figli! -
- D'accordo, d'accordo... - il sospiro di Leo servì nient’altro che a evitare di contraddirla, leggendo il momento di difficoltà.
- Piper, - si intromise Phoebe con fare insicuro. - Perchè non vai giù a riposarti un po'? -
- Non abbiamo tempo, Phoebe. -
- Continuo io, non ti preoccupare. Se trovo qualcosa, - le sorrise. - sarai la prima che verrò a chiamare. -
Piper squadrò prima la sorella e poi il marito, e si accorse di essere praticamente circondata. - Come volete. -
L'aria era comunque irritata, come si evinse dall'occhiata che lanciò a Leo prima di andarsene. - Sei d'accordo almeno che vada a farmi un sonnellino? -
C'era un mare di preoccupazione nel modo in cui Leo la fissava, e arrivò a mordersi un labbro, mentre la osservava sparire giù per le scale.


 
*****


Tre candelabri, posizionati equidistanti sulla tavola , illuminavano quasi a giorno l'oscura sala regale.
A capotavola, con le mani posate sull'arazzo che copriva buona parte del legno, era seduto Jiroke.
Da solo, in preda al suo senso di onnipotenza, con i pensieri già rivolti al futuro, a quando il suo nome sarebbe stato inserito nei libri di storia da far studiare a nuovi giovani demoni.
Il comando, questo rende un leader davvero grande. Sono il modo in cui vengono guidati i soldati in battaglia, le persone fidate di cui viene circondato, gli obiettivi che riesce a raggiungere, che rendono un sovrano degno di avere un regno ai propri piedi.
E lui sarebbe arrivato ad essere il più grande Imperatore di tutti i tempi.
La porta alle sue spalle cigolò, anticipando l'entrata di Hewon.
Il passo era un po' incerto e chiuso nel silenzio. In fondo erano state davvero poche le volte in cui, nonostante lui fosse il braccio destro di Hewon, aveva avuto il permesso di accedere a quella sala.
Si fermò a circa metà del lato sinistro del tavolo, e giunse le mani dietro la schiena, nella classica posizione di chi è atteso da un'udienza.
- Mi ha fatto chiamare, Sire? -
Jiroke distolse lo sguardo dai quadri che stava osservando. - Sì, Hewon. Devo parlarti di una cosa molto importante. -
Hewon annuì seriamente. - A sua disposizione. -
Per la prima volta, il fuoco negli occhi di Jiroke stava raggiungendo un altro livello, che persino lo stesso Hewon aveva visto raramente prima di allora. - Siamo arrivati al momento della verità, mio fedele servitore. La Terra sta per cadere sotto le nostre mani, e quando salirò al trono supremo, tu sarai al mio fianco. -
- La ringrazio, signore. E le Prescelte? -
- E' proprio per questo che ti ho fatto venire qui. - Un ghigno diabolico e inquietante si allargò sul volto di Jiroke. - Riesci a cogliere l'ironia? Stiamo per riuscire dove per un'eternità intere legioni di demoni hanno fallito. La sorte a volte sa essere davvero bastarda. Migliaia di tuoi simili hanno combattuto contro gli umani e sono stati annientati mentre cercavano di soddisfare la loro sete di potere, mentre adesso saranno costretti a sottostare al mio volere. Fortuna che non toccherà alle Halliwell. -
- Cosa intende? -
- Le sorelle non sono più in grado di contrastarci. Il Potere del Trio è stato distrutto, e adesso possiamo approfittare dei loro errori. -
- Cosa dobbiamo fare, allora? -
Jiroke lo fissò negli occhi, quasi a volergli trasmettere la sua decisione. - Tu. Convoca Kronos e portalo qui. -
A sentir pronunciato quel nome, l'espressione di Hewon tradì un particolare senso di timore. - Kronos? Ma... ne è veramente convinto? -
- Stai mettendo in dubbio un mio ordine? -
- No, è solo che... insomma, Kronos è rimasto rinchiuso nelle segrete del vostro castello per quasi un secolo. Chiunque abbia incrociato la sua strada, e abbia avuto la fortuna di sopravvivere, ha raccontato di un essere incontrollabile, devastante, inarrestabile di fronte a qualunque tipo di forza. - fece un profondo respiro. - Potrebbe essere un problema anche per noi. -
Jiroke non abbandonò il suo sorriso. - E' esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, invece. L’arma perfetta. Preparati, Hewon, e chiama gli altri. Voglio che lo sappiano tutti: la fine del mondo, così come lo conoscono gli umani, sta arrivando. -


 
*****


Un sinistro scricchiolio incrinò il rigido silenzio della notte. La porta si schiuse lentamente, lasciando entrare nella camera un sottile fascio di luce soffusa.
Il pavimento accolse impotente i passi dell’intruso, mentre questo si avvicinava alla culla.
Gli abiti neri e il mantello lo confondevano nelle tenebre, rendendolo un’impercettibile ombra.
Lo sguardo perfido dell’oscura presenza si soffermò sul pargolo che riposava beato, stretto nella sua copertina azzurra. Il viso candido e sorridente perso nel regno dei sogni, i capelli castani che accarezzano il cuscino.
Destinato a fare grandi cose, e assieme a suo fratello maggiore, a diventare l’erede di una rinomata stirpe.
Sarebbe stato lui la sua prima vittima.
Un pugnale dal manico intarsiato e la lama ricurva comparve nel palmo del demone, i cui occhi si iniettarono istantaneamente di sangue.
- Avete avuto la sfortuna di appartenere alla famiglia sbagliata, miei piccoli Halliwell… - digrignò i denti, mentre stringeva la presa sull’impugnatura.
Il coltello si mosse velocemente, ma appena fu vicino al corpicino dell’inconsapevole Chris, un lampo di luce si scatenò prepotente, illuminando le pareti a giorno.
L’arma volò distante e il demone fu sbalzato dalla parte opposta della stanza, mentre attorno al bambino si sviluppava una cupola protettiva di un azzurro brillante.
Quando il demone rialzò la testa frastornato, poté vedere cosa lo aveva colpito: Wyatt, in piedi accanto alla culla del fratellino, con le mani tese verso di lui.
Giovanissima età, ma già con tutta la forza che discendeva dalle Prescelte, e il desiderio di proteggere la sua famiglia a tutti i costi.
Il nemico ebbe appena il tempo di realizzare l’immane potenza che aveva di fronte, prima di optare per l’unica soluzione che gli avrebbe permesso di tornare alla base, un vortice di particelle nere all’interno del quale sparire.
Rimasto solo a fronteggiare il buio della notte, Wyatt dovette cedere al peso che si portava dietro. Perché non importava che fosse uno dei più forti esseri sulla Terra, in fondo era ancora soltanto un bambino che aveva bisogno dei genitori. Gli occhi gli si inumidirono, e i singhiozzi gli sfuggirono dalla bocca.
I rumori arrivarono a svegliare bruscamente anche Chris, il quale si unì al pianto straziante del fratello, echeggiando tra le mura di casa Halliwell…


Piper si ridestò si soprassalto e si ritrovò con gli occhi sbarrati. La fronte imperlata di sudore e il cuore che palpitava ad un ritmo decisamente elevato.
Era il peggior incubo che avrebbe mai potuto avere, vedere i suoi figli in pericolo.
Ma quel sogno stava a significare qualcosa?
Nello stesso istante, la porta della camera si spalancò rivelando Phoebe, dall’aria trafelata ed apprensiva, sulla soglia. - Piper, meno male che sei già sveglia… - si accorse poi della strana espressione della sorella. - Ti senti bene? -
- Certo. - annuì l’altra, fingendosi convinta.
- Bene, perché devi venire subito giù. -
Piper rimase dei secondi a fissare il muro. Per quanto potesse essere importante l’avvenimento di Phoebe, c’era una cosa che non riusciva a staccarsi dalla testa.
Lo hanno sempre chiamato istinto materno. Una sorta di sesto senso che connette la madre ai propri figli, e che permette loro di captare i segnali prima di chiunque altro.
Tutto ciò che avrebbe voluto fare adesso era precipitarsi nella camera dei bambini, baciarli e assicurarsi che stessero bene.
E se l’incubo avesse voluto dirle qualcosa? E se Leo e Phoebe avessero avuto ragione? Aveva veramente sbagliato a portare Wyatt e Chris via dalla scuola di magia? Doveva temere che fossero davvero in pericolo?
Eppure, subito dopo si vide costretta ad ascoltare una seconda vocina dentro di lei. Quella della sua parte orgogliosa, testarda, che teme di essere giudicata, che si rifiuta di cedere di fronte ad un errore. Quella di una fiera Halliwell, che la spinse a lasciare tutte quelle domande senza risposta.
Phoebe, però, nel frattempo continuava ad aspettarne una. - Piper, cos’hai? -
Per quanto ritenesse sbagliato mentire ad una sorella, la maggiore reputò che non ci fosse bisogno di farle sapere cosa stava pensando.
In fondo, poteva anche trattarsi soltanto di un brutto sogno, causato dallo stress e dalle troppe emozioni.
- Niente, arrivo. Che è successo? -
Un sorriso sognante si allargò sul volto di Phoebe. - Hanno chiamato dal Memorial Hospital. Paige sta meglio! Dicono che possiamo visitarla. -
Anche Piper si lasciò rapire da quella meravigliosa notizia. Si alzò dal letto, raggiunse la sorella sulla soglia e la strinse in un caloroso abbraccio. - E’ fantastico. -
Dopotutto, qualcosa doveva pur andare per il verso giusto.
Leo le stava aspettando nel corridoio. E quando lo sguardo di Piper incontrò quello del marito, lei sentì un briciolo di gioia volare via.
Di nuovo il pensiero dei bambini. E di nuovo, decise di dare retta alla vocina interiore.
Non avrebbe fatto passi indietro, e non avrebbe scatenato discussioni. Fu sufficiente la fiducia nei poteri dei due discendenti, per farla andare avanti.
Paige rappresentava la speranza di cui tutti avevano bisogno.
La possibilità di eliminare Jiroke, e di far tornare le cose al loro posto.
- Chiama mio padre, Leo. - lo invitò risoluta. - Fallo venire qui per badare ai bambini. Noi andiamo subito all’ospedale. -



 
   
 
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