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Autore: Son of Jericho    17/07/2016    1 recensioni
Una nuova e terribile minaccia demoniaca incombe su San Francisco e sulle Halliwell.
Le Streghe si troveranno ad affrontare qualcosa di mai visto prima, capace di sconvolgere le loro vite e di mandare in frantumi ogni loro certezza. Ogni aspetto personale e privato della loro magia sarà in pericolo, e questa volta neanche il Potere del Trio potrebbe essere abbastanza...
Quando Phoebe riprende conoscenza è sola, dolorante e senza memoria. Ignara di ciò che le è successo, e senza poter neanche immaginare l'inferno che attende lei e le sue sorelle.
Disclaimer: i personaggi non appartengono a me ma ai loro legittimi proprietari, e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo Wyatt, Paige Matthews, Phoebe Halliwell, Piper Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11:
Game Over
 




C’era qualcosa di diverso, lo capirono appena varcata la soglia.
Le due pattuglie della polizia appostate nel parcheggio del San Francisco Memorial Hospital non rappresentavano un buon segno, e dentro la situazione non era migliore.
Nonostante il tramonto fosse ormai superato e i turni stessero volgendo al termine, i corridoi dell’ospedale erano tutti illuminati a giorno e in preda ad una strana atmosfera.
Il poco personale rimasto non faceva altro che vagare avanti e indietro e da una stanza all’altra.
Piper, Phoebe e Leo si guardarono intorno, ma non c’era una sola infermiera che badasse a loro.
C’era preoccupazione nei loro occhi, notò Phoebe.
Era successo qualcosa, un’emergenza, pensarono i tre. E sempre tutti insieme, pregarono che non si trattasse di Paige.
Rimasero nell’atrio per alcuni minuti, pensando al da farsi. Ma mentre Phoebe e Leo sembravano più concentrati sul capire cosa stesse accadendo, Piper era quella che chiaramente aveva meno voglia di aspettare.
Si fece largo in mezzo ai camici e partì spedita alla ricerca del dottor Sanders, incurante di ciò che la circondava.
Il medico la riconobbe da lontano e richiamò la sua attenzione. - Signora Halliwell! -
Piper si fermò giusto in tempo, prima di mordere un’infermiera, e si voltò verso di lui. - Dottore! -
Fu raggiunta dall’uomo, e subito dopo dalla sorella e dal marito.
- Signori Halliwell, grazie di essere venuti. - esordì Sanders, il quale appariva molto meno tranquillo del solito. - Come vi ho accennato al telefono… -
- Possiamo vederla? - lo interruppe bruscamente Piper.
- E che è successo, dottore? - si intromise a sua volta Phoebe.
L’uomo respirò profondamente. - Venite con me. -
Li guidò camminando lentamente, attraverso l’ala nord dell’ospedale, fino alle scale.
- Perché non prendiamo l’ascensore? – fece notare Leo.
Sanders si girò verso di lui, come se stesse temendo quella domanda. Sospirò di nuovo. - Quel reparto è stato chiuso. -
- Chiuso? - esclamò Phoebe.
Sanders parve ancora più turbato. - La polizia l’ha reso inaccessibile. Stanno ancora effettuando i rilievi e le analisi della scena. Hanno chiesto a tutti di stare lontano. -
Le due sorelle si scambiarono un’occhiata. - Vuole dirci cos’è successo? - fece infine la maggiore.
Sanders si fermò ai piedi della scalinata. - Una cosa che non credevamo possibile in un posto come questo… c’è stato un omicidio, brutale, violento, a sangue freddo. Ieri notte, un’infermiera ha trovato un uomo steso in una pozza di sangue. Nessuno sa cosa sia accaduto, ma adesso quella povera ragazza è sotto shock. E il resto dell’ospedale è terrorizzato. Vediamo persone malate che perdono la vita ogni giorno, ma non così… - il tono si era fatto più grave, quasi rotto.
- Co-come…? - balbettò Phoebe.-
- Non ne abbiamo idea. La polizia non ci ha riferito molto, ma sappiamo che è stata rilevata una profonda ferita da arma da taglio. Un coltello, probabilmente. -
Leo si passò una mano sulla fronte. - Sa per caso anche chi è la vittima? -
Sanders aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare. - Credo fosse un poliziotto… un detective, ecco. Mi sembra si chiamasse Russell… Roster… -
Leo non riusciva a crederci: Roster?! Perché proprio lui? Che fosse soltanto una coincidenza? O aveva forse a che fare con…
Si rifiutò di proseguire nel ragionamento: quello era l’ultimo pensiero, e per adesso lo avrebbe lasciato in disparte.
- E poi, ad essere sincero… - riprese il medico. - Anche in questo caso c’era qualcosa di strano nella ferita… -
Lui non andò oltre nei dettagli, gli altri non ebbero bisogno di chiederli.
Avevano già capito a cosa si stava riferendo, e quale fosse la causa. Ma non era una questione da affrontare davanti a Sanders.
- Andiamo da Paige, per favore. - lo invitò Piper.
Regnava il silenzio, mentre i quattro percorrevano le scale e raggiungevano il reparto di terapia intensiva.
Si fermarono al centro del corridoio. - Vostra sorella non è stata ancora spostata dalla sua stanza, ma ci sono buone notizie. L’intervento è andato bene. Le condizioni di Paige si sono stabilizzate durante le ultime sedici ore, i parametri sono rientrati nella norma, e adesso possiamo dire che è definitivamente fuori pericolo. -
Sui volti dei parenti si leggeva finalmente un bagliore di felicità. Il primo, dopo giorni di inferno.
- Nonostante i miglioramenti, però, abbiamo deciso di tenerla ancora qui. Preferiamo che resti sotto osservazione e sotto monitoraggio continuo, almeno per un po’, prima di spostarla di reparto. -
- Possiamo visitarla? - chiese Phoebe.
Sanders li accompagnò alla camera della sorella. - Sta dormendo, meglio così. Potete entrare, ma vi prego di non svegliarla, ha ancora bisogno di riposo. - si fermò per controllare il cercapersone, che aveva iniziato a trillare. - Scusate, devo andare da un altro paziente. Se avete bisogno di me, mi trovate di sotto. -
- D’accordo, grazie dottore. - lo congedò Leo annuendo.
Rimasti soli, i loro sguardi furono come attratti dal vetro della stanza di Paige.
Piper, dal canto suo, aveva ben poco da ringraziare Sanders. Nessuno più di lei era felice di sapere la sorella fuori pericolo, eppure era consapevole che questo non era abbastanza. Quella flebile speranza che l’aveva accompagnata fuori di casa adesso se n’era definitivamente andata.
Ci aveva creduto fino all’ultimo, forse ingannando più sé stessa che altro, ma non poteva più rifiutarsi di guardare in faccia la realtà: il Potere del Trio non avrebbe potuto ricongiungersi. Paige non avrebbe potuto aiutarle con il demone. Stavolta, non avrebbero potuto contare sulla magia della loro famiglia per sconfiggere il male.
Qualunque fosse il piano, sempre che ne avessero uno, stava andando in rovina.
Leo appoggiò la fronte al vetro e chiuse gli occhi. Era esausto. Negli anni in cui aveva vissuto sulla Terra, tra le sue diverse identità e molteplici incarichi, non si era mai trovato così in difficoltà.
Tanto da non riuscire ad avere nemmeno un briciolo di idea. Apprendere della morte del detective Roster, poi, lo aveva ulteriormente abbattuto. 
Sentiva di aver fallito. Quel male non stava risparmiando nessuno, e si stava espandendo anche al di fuori della loro guerra. Non era più questione di Streghe o Demoni. A rimetterci la vita era stato un innocente. Un uomo che aveva avuto soltanto la colpa di averli incontrati.
Gli occhi di Leo incrociarono per un secondo quelli di Phoebe, e fu come ricevere un altro pugno nel petto. Poteva leggere tutto quello che le stava passando per la testa. L’aria scura, i lineamenti contratti, il dolore che si era impadronito di lei, mentre scorrevano i ricordi dei momenti trascorsi insieme.
E ancora più chiaro, forte e prepotente, il senso di colpa.
 
 
*****
 
 
Da quando era entrato nel mondo della Magia, Victor poteva dire di aver visto di tutto. Demoni, Angeli Bianchi, mostri marini, creature indescrivibili, incantesimi impronunciabili. Tutte cose a cui, in un modo o nell’altro, era riuscito a farci l’abitudine.
Eppure quella sera, vedendo Piper mentre usciva di casa, aveva avuto l’impressione che per una volta la situazione fosse andata al di là del limite generale. E allora cosa poteva fare un padre, se non preoccuparsi?
Tuttavia, il silenzio di Piper e le risposte vaghe di Leo non gli avevano permesso di saperne di più. E forse era meglio così.
Gli piaceva aiutare le figlie con i bambini. Dopo aver cucinato la cena, raccontato una storia a Chris e avergli rimboccato le coperte, adesso si stava divertendo a giocare con Wyatt nella sua cameretta.
O almeno, stava provando a farlo divertire. Perché per quanto fosse ancora piccolo, Wyatt era pienamente consapevole del mondo che lo circondava. E poteva capire anche quando qualcosa non andava.
Ora, nella quiete della sera, i giocattoli e il castello che stavano tirando su con le costruzioni sembravano riuscire a tranquillizzare entrambi.
Solo finché una breve folata di vento non lambì il collo di Victor, proprio mentre stava ponendo l’ultimo mattoncino. Un lieve soffio, che però gli provocò un brivido lungo la schiena.
- Aspettami un attimo, Wyatt. – gli disse, alzandosi per andare a controllare subito la finestra.
Era chiusa, e questo bastò per fargli tirare un sospiro di sollievo.
Sollievo che durò giusto un attimo. La camera fu invasa da un sommesso cigolio che fece trasalire di nuovo Victor, e pose in allarme anche Wyatt.
La porta si schiuse e iniziò ad ondeggiare da sola per alcuni secondi, fino a fermarsi scricchiolando.
Viktor guardò il nipote. Che stava succedendo?
Prese il coraggio a due mani, come non aveva mai evitato di fare in fondo, e si diresse verso la soglia. – Resta qui, Wyatt. – Nonostante tutto, si sentiva ancora in dovere di proteggere la propria famiglia a qualunque costo.
Con fare circospetto uscì nel corridoio, e si ritrovò avvolto dal silenzio. Niente e nessuno.
Si guardò intorno un paio di volte, finché l’istinto non lo invitò a raggiungere la camera di Chris. Si mosse con prudenza, fino alla porta del più piccolo degli Halliwell.
Con un po’ di timore allungò la mano verso la maniglia, ma il desiderio di saperlo al sicuro fece il resto, e lo spinse ad afferrare con vigore il freddo ottone.
L’abbassò e spinse, mentre il cuore batteva all’impazzata.
Era chiusa, così come l’aveva lasciata un’ora prima.
Tante erano le storie che aveva appreso e a cui aveva assistito nel corso degli anni, possibile che si trattasse solo di autosuggestione? In fondo sembrava tutto a posto.
Si lasciò andare ad un altro lungo sospiro, mentre faceva un passo indietro e si appoggiava con la schiena alla parete. Si sentiva più sollevato, nonostante quel tarlo che continuava a chiedergli se avrebbe dovuto davvero preoccuparsi di qualcosa…
 
 
*****
 
 
Una lingua di fuoco portò Hewon di fronte a Jiroke, al centro della sala regale. Un malefico sorrisetto guarniva i volti di entrambi.
- Signore… - esordì Hewon, per poi fermarsi subito dopo. – Mi aveva chiesto di tornare qua non appena… -
- Sei solo? –
- Sì. –
- Bene. Kronos come si è comportato? Ha fatto come gli è stato ordinato? –
Hewon annuì con convinzione. – Avevo i miei dubbi all’inizio, devo ammetterlo. Ma ha svolto un lavoro eccellente, perciò non posso fare altro che darle ragione per l’ennesima volta. L’ho visto in azione, è una creatura incredibile. -
– Te l’avevo detto, che Kronos sarebbe stata una risorsa importantissima per noi. L’arma definitiva. Un po’ come in ogni battaglia ricordata dalla storia: il piccolo esercito che resiste strenuamente e valorosamente agli attacchi, per poi cadere sotto un unico, perfetto, colpo fatale. E questo mondo, ad oggi, ha resistito fin troppo. –
- Ebbene, Signore… -
- Parla, Hewon. –
- Siamo pronti. –
Jiroke si alzò dal trono e con un gesto illuminò le torce agli angoli della sala. – Allora procedete. -
 
 
*****
 
 
Sembrava che nessuno avesse il coraggio di allontanarsi troppo dalla stanza di Paige, quasi la sua presenza, seppur in un letto d’ospedale, stesse dando loro forza.
Nessuno sapeva tuttavia se quella sensazione si chiamasse fiducia, speranza, o semplicemente rassegnazione e voglia di stare il più possibile vicino alle persone care.
Piper continuava a fissare la sorella, ancora immersa nel sonno, attraverso il vetro. Lo sguardo era spento, lontano, perso in chissà quali pensieri e ricordi.
Phoebe e Leo erano uno accanto all’altro, accostati alla parete, anche loro in silenzio.
Fu proprio la sorella minore a cercare le parole, per quanto fosse difficile farlo. – Che facciamo adesso? Cosa possiamo fare? – ripeté.
Leo aggrottò la fronte. – Non lo so. –
- Hai provato a parlare con gli Anziani? –
- Sì, ma neanche loro possono esserci d’aiuto. E’ un pericolo che per tanti, troppi anni è stato ignorato, e ora neanche loro hanno idea di come comportarsi. Non è mai stata creata una strategia per Jiroke e i suoi, fino ad ora. Credevano che non fosse possibile per un solo demone ingrandire il suo potere e le sue conquiste così a dismisura. Evidentemente, anche gli Anziani possono sbagliare. –
- Quindi è colpa degli Anziani se adesso Paige è in ospedale e noi non sappiamo che fare? – ebbe un sussulto di orgoglio.
- E’ colpa di tante cose, Phoebe! – rispose Leo con impeto. Ma quando vide lo sguardo abbattuto della cognata, si pentì immediatamente del tono usato. – Scusa, non volevo intendere… -
Phoebe scosse il capo. – Non importa, ciò che conta è che Paige si stia riprendendo. -
- Rimane il fatto che non sappiamo dove sbattere la testa. Piper? – cercò di interpellare anche la moglie.
Ma Piper non staccava lo sguardo dalla sorella.
- Piper? – la richiamò Leo.
Phoebe le posò delicatamente una mano sulla spalla. – Piper? –
Con la stessa violenza di un fiume che rompe la diga e inonda la valle, tutto il dolore che la donna stava provando sgorgò in un amaro sfogo. – Non lo so! Non lo so! Perché continuate a chiederlo a me? Solo perché sono la sorella maggiore, credete che abbia sempre una soluzione per tutto? –
E senza dar loro nemmeno il tempo di replicare, Piper si allontanò prendendo la via delle scale, mentre combatteva contro la mancanza d’aria.
Phoebe e Leo la lasciarono andare, sperando che da sola potesse ritrovare un po’ di pace.
Era stanca, impaurita, preoccupata, e non aveva più idea di cosa fare.
Esattamente come loro.
Per la prima volta, il Trio era rimasto senza un piano per sconfiggere i demoni.
E non c’era più niente e nessuno che potesse aiutarle.
 
 
 
   
 
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