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Autore: Crilu_98    15/05/2016    2 recensioni
Quali sono le radici dell'odio smisurato che Heriman prova nei confronti di Fabio? Chi è Myrddin Emrys? Come ha fatto Massimo a sfuggire alla morte a Fiesole? Le risposte a queste e ad altre domande della long "Hereditas".
1- Io avrei ucciso quel romano, lo avrei cacciato e braccato come una preda. Li avrei vendicati, tutti quanti.
2- Mi avevano detto che sarebbe stato semplice: ma la guerra, che sia una battaglia campale o un logorante compito di vedetta, non è mai semplice.
3- Nella mia mente non posso fare a meno di pensare come sarebbe stato se avessi tenuto Artorius con me: forse è per questo che la sua voce da neonato mi fa visita in sogno.
4- . Quella era la mia mappa, la mia garanzia di poter tornare a casa. Perché sì, un giorno io sarei tornata a casa.
5- Molti hanno paura di me e allo stesso tempo mi rispettano, come rispettano gli antichi dei di questa terra: qualcosa di troppo arcano e misterioso per riuscire a comprenderlo, ma che non si può ignorare.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
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  Il carro era stretto e puzzava di bestie. Io, stretta tra uomini e donne molto più grandi di me, scrutavo in silenzio la mia terra che se ne andava e digrignavo i denti.
I Brigantes ci avevano traditi, mi avevano rapita rompendo i patti ed avevano lasciato il mio villaggio senza la sua legittima principessa... Strattonai le corde che mi legavano i polsi, invano: avevo solo dieci anni, nonostante avessi una mente acuta che mi faceva sembrare più grande, non avevo speranze di fuggire.
I mercanti ci portavano a Sud, avevano già attraversato uno dei grandi muri di cui Shannon la guaritrice raccontava la sera attorno al fuoco e vedevo persone vestite in modo strano, con stoffe sconosciute. Parlavano una lingua morbida e fluida, molto lontana dal suono secco ed affilato della nostra... Ancora non lo sapevo, ma ero entrata nel dominio di Roma.
Dopo altre settimane di viaggio estenuante, sempre stretta tra quei corpi sconosciuti e maleodoranti, giungemmo alla grande città di Londinium e fu lì, al mercato degli schiavi, che incontrai la persona che mi cambiò la vita.
Fui strattonata e lanciata sul palco:
-Ehi! Io sono una principessa!- urlai, sdegnata, ma una mano gentile mi si posò sulla spalla. Ad intimarmi di stare in silenzio era un ragazzino di poco più grande di me, dai capelli biondi e lunghi che mi ricordavano il mio fratellino, Phelan. I suoi occhi, invece, erano i più belli che avessi mai visto: azzurri come il cielo a primavera, ma solcati da piccole venature grigie.
-Stai attenta, bambina!- mormorò dolcemente -Non sei più una principessa, ma una serva, adesso. E come tale devi imparare a comportarti, se non vuoi essere punita.-
-Punita?- chiesi, con il tremito nella voce. Il volto del ragazzo si piegò in una smorfia dolente:
-Sì, e ti assicuro che non è piacevole. Anche se alcuni padroni sono più buoni di altri: dicono che il loro dio gli proibisca di alzare la mano su altri uomini...-
-Questa gente ha un solo dio? Un solo dio che fa tutto il lavoro? Ma è impossibile! E perché ci rendono schiavi, se questa divinità gli impone di non far male agli altri?-
-Vedi- rispose lui, mentre l'asta cominciava -Non sempre gli uomini si comportano come dovrebbero...-
Sì, lo sapevo, lo avevo sperimentato sulla mia pelle.

Io e il ragazzino che si chiamava Ulf fummo comprati entrambi da un altro mercante e imbarcati alla volta di Roma: sulla barca piansi tutte le lacrime che credevo mi appartenessero, mentre vedevo la mia isola sparire all'orizzonte. Ulf, che era stato reso schiavo sei anni prima per i debiti di suo padre, aveva avuto più tempo per abituarsi all'idea e mi accarezzò i capelli dolcemente per tutta la notte, fino a quando non mi addormentai stremata.
Quando arrivai a Roma, fui colpita dalla magnificenza e dalla malinconia di quella città superba, unica al mondo. C'erano così tante cose sconosciute, lingue mai sentite, e colori e suoni e profumi... Strinsi forte la mano di Ulf, mentre salivo sulla piazza del mercato degli schiavi.
Pensai al mio villaggio, forte e sicuro sull'altopiano. Pensai alla Cloigtheach e a ciò che rappresentava per la mia gente. Pensai alla dolcezza di mia madre e alla fermezza di mio padre. Pensai a Kiera, che ora mi sarebbe subentrata nei miei compiti. Pensai a Phelan, il piccolo Phelan che si era aggrappato a me, piangendo, perché non voleva che partissi, che mi separassi da lui.
"O fratello, cosa avevi intravisto nei tuoi incubi da bambino? Forse questo crudele esilio era già balenato davanti ai tuoi occhi?"
Infine sfiorai con le dita tremanti il ciondolo che portavo al collo, ben stretto, e pensai all'altare degli antenati che attendeva nel buio dei boschi di Britannia. Quella era la mia mappa, la mia garanzia di poter tornare a casa. Perché sì, un giorno io sarei tornata a casa e sarei diventata regina del popolo della Cloigtheach.

Io e Ulf non ci separammo neanche stavolta ed io iniziai ad intravedere un disegno di ciò che i romani chiamavano Fato nella nostra vicinanza. Il ragazzo mi proteggeva ed istruiva su tutto ciò che un servo doveva saper fare: i nostri padroni non erano cattivi - erano molto devoti alla Chiesa cristiana - ma esigevano comunque completa obbedienza e il collare* che portavo al collo era un macigno insopportabile per il mio orgoglio.
Poi, quando avevo non più di diciannove anni, una sera Ulf si avvicinò a me e mi disse con tranquillità:
-Ho chiesto al dominus il permesso di sposarti.-
-E cosa ha risposto?-
-Ha detto di sì, se la cerimonia è cristiana.-
Sorrisi, semplicemente, e presi la sua mano tra le mie, senza dire nulla.
Io e Ulf non ci dichiarammo mai il nostro amore: eravamo strappati alle nostre famiglie quando eravamo piccoli e non credevamo più di poter trovare una pace eterna da nessuna parte. Tranne in Britannia forse, ma erano già passati tanti anni e chissà cosa era cambiato nel frattempo...
Non glielo dissi mai, quindi, ma io l'ho amato tanto: ho amato la sua aria mite, la sua voce calda e la sua forza d'animo, ineguagliabile. Non c'era un lavoratore più alacre di lui o più fiero nel sopportare le punizioni... E fui contenta, nel mio intimo, che il mio destino avverso mi avesse portato una cosa così bella. Anzi, me ne portò due.
Isibéal nacque dopo appena dieci mesi dal nostro matrimonio e sebbene fosse schiava, appena aprì gli occhi io vidi in lei la stessa luce ardimentosa che animava me e suo padre. Lei non si sarebbe mai piegata né spezzata e un giorno avrebbe reclamato ciò che le spettava di diritto.

La nostra bambina è cresciuta, Ulf, è diventata forte, vero? E' questo che volevi dirmi, con il tuo ultimo sguardo? O forse volevi dirmi che mi amavi, finalmente? Dopo tutti questi anni, ancora una volta le parole mi sono rimaste bloccate in gola.
Ho visto la tua testa recisa rotolare sui gradini della domus e solo il pensiero di Isibéal mi ha impedito di gridare, di venire a raccogliere il tuo corpo dilaniato e di morire accanto a te.
Ci hai dato la possibilità estrema, amore mio: ci hai salvate, mi hai salvato, ancora una volta, come quando ci siamo conosciuti... E ora tu non ci sei più e io sto correndo in una città distrutta. Potrebbe essere l'unica nostra possibilità di salvezza, ma non riesco a concentrarmi, il mio istinto di guerriera è annullato. Non noto perciò la freccia che sibila nel buio e mi colpisce...
Alla fine, non sento neanche più i singhiozzi di Isibéal né gli strepiti della città assediata. Chiudo gli occhi e vedo il tuo volto: i capelli biondo cenere che ti ricadono perennemente davanti agli occhi, il sorriso ammiccante e sincero, le guance coperte da una leggera barba rossiccia e il tuo corpo che mi stringe e mi circonda, protettivo e caldo.
-Ti amo, Ulf- bisbigliò, ma Isi non mi sente e neanche tu.

*era usanza a Roma imporre un collare agli schiavi, con scritto il nome del padrone, in modo da identificarli facilmente se avessero tentato di fuggire. Non sono riuscita a capire, però, se questa pratica fosse ancora in uso dopo l'avvento del Cristianesimo.


Angolo Autrice:
E' deprimente, lo so. Triste come solo la storia di una persona già morta può essere :( però mi andava di spiegare come Eileen ed Ulf fossero arrivati a Roma e come fosse nata Isibéal... Soprattutto adesso che sappiamo chi è Eileen in realtà, cioè una principessa mai diventata regina.
A presto

Crilu



   
 
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