45.
Veleno
Grida disperate
stanno urlando il mio nome, mi chiamano ed io cerco di orientarmi in un’oscurità
fitta per raggiungere chi mi chiama. Conosco la voce che continua a gridare, è
Eric che soffre ed io devo andare da lui, un bagliore mi urta gli occhi e cerco
di aprirli.
La verità è che sto
riacquistando coscienza, inizio a svegliarmi e c’è davvero una luce nella
stanza che mi infastidisce, ma non è quella del sole.
E, se sto smettendo di dormire, non è perché mi sono riposata abbastanza, ma
perché qualcosa sta tentando di riscuotermi.
Strizzo gli occhi e
poi li apro lentamente, accorgendomi dalla luce giallognola dell’abatjour.
Qualcosa mi spinge la spalla, facendomi dondolare mentre sono distesa su un
fianco.
Sollevo la testa e
incrocio lo sguardo di Eric, è seduto con la schiena contro la spalliera del
letto, intento a studiarmi con un cipiglio critico, mentre smette di spintonarmi dal braccio.
-Hai finito?- Mi
rimprovera. -Non facevi che lamentarti nel sonno e agitarti!-
Batto le palpebre
per tentare di mettere meglio a fuoco il suo viso e inarco le sopracciglia.
È serio e la sua
staticità è micidiale. Fissa un punto davanti a sé con tale insistenza che
sembra quasi che non veda altro, è livido in volto e i suoi occhi sono talmente
cupi che sembrano neri. Non c’è traccia di azzurro, ha le orbite spalancate che
accentuano con una vena folle il suo sguardo. La sua mandibola, ricoperta da
uno strato di barba, è serrata e rigida ad avvalorare il rigore della sua
espressione furibonda.
-Incubo?- Azzarda,
sollevando appena un sopracciglio ma senza guardarmi.
Dal modo in cui è
seduto, per la luce accesa e dalle due pesanti occhiaie sotto i suoi occhi,
deduco che è sveglio da un po’. Sono sollevata di non essere stata io a
disturbare il suo sonno, ma questo significa solo una cosa.
-Anche tu?- Chiedo.
Eric spinge in fuori
il labbro inferiore, fa stridere le mascelle e china
il capo in un unico e breve cenno.
È così diverso il
suo viso, con qualche livido e graffio e con il mento insolitamente nascosto
dalla barba incolta. Persino il suo sguardo è cambiato, si è aggravato decisamente troppo. Gli unici segni familiari rimasti sul
suo volto sono i piercing sul sopracciglio e sui lobi dell’orecchio.
Un brivido di freddo
mi costringe a stringermi sotto le coperte, e preferisco cedere al sonno che
pensare a tutti i terribile pensieri che posso turbare
Eric. Io stessa ho subito sulla mia pelle la sua più nera sofferenza.
Gli getto le braccia
attorno al bacino e mi raggomitolo con il viso sul suo fianco, lo stringo e mi
strofino contro di lui.
-Spegni la luce…-
Brontolo.
Sono assonnata e non
voglio che Eric se ne stia sveglio a farsi assalire dai tormenti.
Lui fa uno sbuffo
gutturale, spegne la luce sul suo comodino e si divincola fra le mie braccia
per tornare disteso. Si gira dall’altra parte, ma non fa niente, gli metto un
braccio sul suo e mi riaddormento contro la sua schiena.
Sono seduta sul
letto e guardo Eric mentre si toglie la maglietta a maniche lunghe con cui ha
dormito per sostituirla con una t-shirt. Avrei mille cose da spiegargli,
domande da fargli e vorrei dirgli in tutti i modi che conosco quanto mi è
mancato. Ma la conversazione cadrebbe sul tragico,
sicuramente soccomberei alle mie stesse emozioni e finirei per disperarmi e
ammettere che ho temuto che fosse morto.
Dovrei ammettere che
sono stata ingannata e che ho perso la ragione all’idea di non poterlo più
riavere. È strano che non sia lui a chiedermi spiegazioni, ed io tremo al solo
pensiero di raccontargli come sono arrivata qui e svelargli
tutto quello che non sa.
Conosco Eric
abbastanza bene da sapere che non sarà contento di scoprire che io, Jason e
Camille, abbiamo rischiato la vita per salvarlo.
Quando saprà che è stato Finn ad aiutarci, e che senza il nostro piano sarebbe
stato davvero condannato, andrà in escandescenza.
Il suo orgoglio non
gli permetterà mai di accettare la verità. Per lui essere salvato, da me poi,
sarà peggio di una condanna.
Non so come farà ad
accettare di dover collaborare con gli stessi che stavano per ucciderlo, o come
farà a sopportare l’idea che Quattro sia stato nominato capofazione. Mi mordo
il labbro e mi torturo le dita, non riuscendo a liberarmi dall’idea che Eric
preferirebbe andarsene all’altro mondo piuttosto che sopportare un affronto
simile. Quello che deve accettare è troppo e ho paura del modo in cui potrebbe
reagire dopo tutto quello che ha passato.
Mi accorgo che mi
sta osservando e, per evitare che capisca che qualcosa non va, mi alzo
velocemente e recupero i miei jeans, indossandoli.
A essere onesta con
me stessa, non so quello che gli hanno fatto ma so per certo che non voglio
scoprirlo. Prima o poi vorrò la verità, per quanto
male farà, ma non adesso.
Quando bussano alla
porta, entrambi ci paralizziamo a fissarla, solo che
io sono terrorizzata mentre Eric freme d’ira.
-Sono io.- Dice una voce maschile che mi tranquillizza.
-Sono Jason.-
Mentre tiro un
sospiro di sollievo e avanzo per aprirgli, Eric mi incatena
con un’occhiata tremenda.
-Che ci fai lui
qui?- Pretende di sapere.
Tutti i suoi muscoli
sono scattati e lo fanno tremare, lo vedo scoprire i denti e assottigliare lo
sguardo. Non sono nelle condizioni di gestire ancora i suoi attacchi di rabbia,
perciò apro la porta e mi sposto per fare entrare Jason.
Quando i suoi capelli
rossicci fanno capolino, seguo la sua figura alta e slanciata e i suoi occhi
verdi sembrano così calmi che quasi posso illudermi che tutto si aggiusterà. Si
mimetizza bene con me ed Eric, dato che anche lui ha
il viso tumefatto. Avanza ed io chiudo subito la porta, rifiutandomi di
controllare se ci sono ancora guardie fuori.
-Eric!- Esclama
Jason, con un sospiro.
Solo un angolo delle
sue labbra si solleva in un sorriso, si passa una mano sulla fronte e poi
qualcosa nel suo viso cambia. Non è più sereno, piega in modo strano la bocca e
credo che cerchi qualcosa di appropriato da dire, ma abbassa lo sguardo e serra
gli occhi.
Aggiro Jason e vado
a sedermi sul bordo del letto, sperando che basti starmene buona in un angolo
per lasciare che lui ed Eric trovino il modo per ritrovarsi. Sono amici, ma
sono due uomini fortemente orgogliosi e, come so che
Eric non potrà accettare di essere stato salvato dalla sua guardia, Jason non
si perdonerà mai per aver lasciato il suo capo e amico nei guai ed essere
fuggito via il giorno dell’attacco ai Candidi.
Quando Jason cerca
di avvicinarlo, Eric si irrigidisce, lo fulmina con
un’ occhiata spaventosa e spalanca le orbite e le narici insieme. Fa un passo
indietro, proprio lui che non indietreggerebbe davanti a nulla, e Jason si
ferma.
Scuoto la testa e
serro i pugni attorno alla trapunta, questo non è affatto
un buon inizio. Eric sembra quasi terrorizzato da Jason, ma non è del suo amico
che ha paura, ma delle verità che porta con sé.
Le stesse verità che
non ha voluto sapere da me.
Mi ha impedito di
parlare, perché sa che qualsiasi cosa che uscirà dalla mia bocca o da quella di
Jason non gli piacerà.
Forse è stanco di
subire e di ricevere notizie tragiche.
-Perché ci sei anche
tu?- Sibilla Eric.
Jason prende fiato a
fa un cenno. -Siamo noi due e Camille, Nick è rimasto dagli Eruditi.-
Eric serra la
mandibola e mi guarda intensamente, qualcosa nel suo sguardo vacilla e temo che
stia finalmente iniziando a prendere coscienza della realtà e, come immaginavo,
non sarà facile per lui accettare. Sembra sul punto di esplodere, di crollare e
di lasciarsi andare, è come se mi stesse supplicando con gli occhi di dirgli
che quello che ha intuito non è vero.
Non è più lui, non è
lo stesso capofazione spietato che era capace di fare piombare il silenzio in una
sala con il suo solo ingresso. Adesso è lontano dalla corazza che ha sempre
indossato e con cui si è sempre difeso.
Non può sopportare
di mandare giù altri bocconi amari.
E, come ho scoperto
più volte su me stessa, Eric ha un solo modo per combattere sconforto e dolore,
e quel modo è la rabbia.
Una rabbia che non
perdona.
-Cosa sa di
preciso?-
Guardo Jason, che mi
ha posto la domanda a mezza voce, è in piedi poco distante da me e vedo che è
allerta.
Scuoto la testa in
silenzio e torno a guardare Eric. Jason può solo provare a immaginare che Eric
non sa assolutamente nulla perché è da ieri che mi impedisce
di parlare. Ma conosce Eric da molto più di me, e temo
che abbia molta più familiarità di me con il lato oscuro del suo amico. Spero
che sappia gestirlo bene come fa con i problemi minori.
-E quando siete
arrivati?- Indaga Eric.
È ancora in piedi al
centro della stanza, davanti a me e Jason e ci guarda con occhi spalancati e i
muscoli tesi.
Mi cedono le
palpebre e chiudo gli occhi, aprendo la bocca per respirare.
Eric sarà anche
stordito e traumatizzato, ma non è stupido, è nato fra gli Eruditi ed è sempre
stato un comandante astuto. Il pensiero che la sua vita sia dipesa da noi lo
sta divorando dall’interno.
È consapevole che la
mia sola presenza non può aver influito sulla decisione dei suoi carcerieri, e
che non possono averlo risparmiato solo grazie a me. Ma
con me c’era anche Jason e, se scopre che non siamo arrivati alla residenza
degli Intrepidi al momento giusto, collegherà tutti i pezzi e capirà.
Jason non usa mezzi
termini, nonostante noto dal modo in cui diventa serio che ha capito benissimo
la situazione.
-Prima, dai
Candidi.-
A quelle parole,
Eric impallidisce, tutta la sua muscolatura si sgonfia quando lascia andare un
lungo fiato che lo fa quasi rimpicciolire. Il suo sguardo ondeggia, gli occhi si ingrigiscono, arriccia il labbro inferiore come fa sempre
quando vuole mascherare con una smorfia i suoi reali pensieri.
Riflessioni che
spesso sono orribili macchinazioni di vendetta, o fantasie perverse ai danni
dei suoi nemici. Oppure debolezze che non accetta di esternare.
-Li avete fermati voi…- Deduce Eric, in un sussurro vibrante. -Ecco
perché non mi hanno sparato!-
Vorrei non aver
sentito le sue parole. Sussulto e nascondo le mani fra le ginocchia, ho addosso
la maglia pesante di Eric, ma non basta a difendermi dal freddo che mi è
improvvisamente entrato nelle ossa.
E la situazione
peggiora quando Eric volta in un gesto secco il capo verso di me e mi
tramortisce con uno sguardo allucinato.
Si sente tradito, è
come se lo avessi ingannato, e la brutalità con cui mi accusa silenziosamente
né è la prova.
-E che cosa gli avete
offerto in cambio?- S’interroga.
Sollevo lo sguardo,
la sua richiesta è un latrato profondo, un misto di rabbia e disperazione.
Fortunatamente Jason
sa tenere i nervi saldi, solleva il mento e gonfia il petto, senza timore.
-Un’alleanza!-
-E a che prezzo?- Abbaia
Eric. -Jeanine sa che siete qui? Volevate farvi ammazzare?-
Ormai sta perdendo
il controllo, alza la voce ed è tutto un fremito, scosso dai muscoli in
eccessiva tensione. Ha un’espressione orribile, al limite
della pazzia, ma non mi stupisco.
Di certo non ho mai
creduto che ci avrebbe semplicemente ringraziati o che
sarebbe corso ad abbracciarci, si tratta pur sempre di Eric. Lo stesso
capofazione tormentato e sempre abituato a dare ordini,
e mai a chiedere.
-Perché non provi a
ragionare e ti siedi, così possiamo parlarne!- Il tono di Jason è sicuro, ma
riesce solo a guadagnarsi un’occhiataccia.
-Non dirmi cosa devo
fare!- Urla Eric in risposta.
È teso ma guarda
Jason e scuote la testa, forse cerca di calmarsi, per quanto inutile sarà
provarci.
In un colpo solo ha
perso la fiducia di Jeanine e dalla sua fazione, ha rischiato di perdere la
vita, è prigioniero di un gruppo che non lo riconosce più come capo e adesso
viene a sapere che deve la sua vita a qualcun altro.
E, per una persona
che ha sempre creduto nella propria forza, tollerare di aver avuto bisogno di
aiuto per sopravvivere, e portarsi sulle spalle un debito che non può essere
ripagato, è veleno.
Per di più, anche se
questo gli fa onore, deve digerire l’ennesima sconfitta sapendo che le persone
che voleva tenere fuori dalla tempesta si ci sono
buttate dentro solo per salvarlo.
Eric impreca a mezza
voce qualcosa di incomprensibile, attraversa la stanza
con pesanti falcate e passa davanti a Jason senza guardarlo, troppo impegnato a
rimuginare su qualcosa. Si siede accanto a me e, da come si sfiorano le nostre
gambe, comprendo che ha scelto questa vicinanza con me di proposito.
Vorrei toccarlo ma
non oso farlo, per paura di ferire ancora il suo orgoglio e fargli credere che
voglio confortarlo, quando so che non ha bisogno di questo.
Jason rilassa le
spalle, ci passa davanti e raggiunge la poltroncina girevole nell’angolo
accanto alle vetrate, toglie il mio zaino che c’era sopra e
lo mette per terra per sedersi. Aspetta di avere l’attenzione di Eric e inizia
il suo racconto parlandogli dei nostri compagni che non riconoscono più Max
come capo, che ha permesso la nascita di un gruppo di oppositori interno.
Prosegue facendogli presente che molti Eruditi non erano più dalla parte della
loro rappresentante, ma che le ubbidivano solo per
paura, e molti di questi sono scappati prima di noi.
E questa era un’informazione
che non avevo nemmeno io.
-Era solo questione
di tempo, e lo sapevi anche tu. Jaenine ha perso credibilità
e ormai quelli che la vogliono morta sono di più di quelli che la sostengono.
Così abbiamo offerto ai ribelli, cioè a questa metà della nostra fazione, il
nostro aiuto per quando decideranno di attaccare per fermare Max!- Afferma
Jason.
Io mi volto
cautamente verso Eric, spiandolo di ascosto, tiene gli occhi incollati su Jason
e vedo distintamente i lineamenti del suo viso tendersi.
-Pensate veramente
di poter battere Jeanine?- Chiede, rifiutandosi di
credere. -Vi siete messi contro di lei?-
Jason sa benissimo
che Eric ci odierà per l’azzardo che ci siamo concessi, ma sembra non darvi
peso.
-Tecnicamente non lo
sa ancora.- Puntualizza, scrollando le spalle.
Eric lo guarda
allibito e scuote la testa. -Come li avete convinti?-
Jason solleva un
sopracciglio.
-Gli avete offerto
aiuto, d’accordo, ma perché mi hanno lasciato in vita?-
Mi paralizzo,
fissandomi le mani che tengo sulle ginocchia, coperte delle maniche troppo
lunghe. Eric è sempre più vicino alla verità e non mi sembra
affatto calmo, per cui è solo questione di tempo prima che perda la
testa.
-Perché gli abbiamo
detto che ti volevamo in cambio del nostro aiuto e che, in caso contrario, i
nostri compagni sarebbero rimasti con Max!-
Sta volta è Eric che
si paralizza, la sua mascella scricchiola e piega la testa da un lato. Ciò che
mi fa salire il cuore in gola, è il ghigno maligno che gli solleva un angolo
della bocca.
-Quindi tu mi stai
dicendo che avete rischiato di farvi scoprire da Jeanine, che siete andati dai
Candidi con il rischio di farvi ammazzare,- Inizia,
rauco. Poi il suo sorriso sparisce. -Per barattarmi in cambio del vostro aiuto
nella rivolta?-
Cade un silenzio
teso, Jason sostiene lo sguardo di Eric ma picchietta con le dita sui braccioli
della poltrona, e credo sia nervosismo. Io guardo di sfuggita Eric, la
delusione sul suo volto prende il posto della folle
rabbia.
-E loro hanno
accettato?-
Jason non ha
esitazioni. -Hanno dovuto!-
Ma Eric non è soddisfatto della risposta, abbassa il
capo e si passa la lingua sul labbro inferiore. Appoggia il braccio sulle mie
gambe e mi stringe leggermente un ginocchio, poi guarda il suo amico e la
durezza nel suo sguardo mi ricorda il capo indiscusso che è sempre stato.
-Non essere
ridicolo!- Lo accusa. -Agli Intrepidi rimasti con gli Eruditi non importa nulla
di me. Se vogliono combattere contro Jeanine, non cambieranno idea se crepo!-
Jason ed io ci
scambiamo un fugace sguardo preoccupato, ma entrambi ci affrettiamo a deviarlo,
prima che Eric noti qualcosa.
Per un attimo mi
chiedo perché l’uomo che amo non possa semplicemente essere felice di essere
ancora qui con me, invece di scoprire tutte le nostre carte, quando sappiamo
già che darà i numeri ad ogni nostra parola.
-Che cosa c’è che
non so? Come siete riusciti a organizzare tutto, chi vi ha aiutato?-
Eric si agita
accanto a me e stringe troppo la presa sul mio ginocchio, così gli prendo la
mano fra le mie. Jason lo guarda e tace per qualche secondo, poi chiude per un
attimo gli occhi e alla fine risponde.
-Finn!- Confessa in
un sospiro.
-Finn?- Urla Eric,
alzandosi in piedi di scatto. -E vi siete fidati di lui?-
Mi passo una mano su
di una guancia e cerco di controllare il respiro.
Anche in questo caso
Jason non si scompone e parla con voce ferma.
-Lui si è stancato
di Max e Jeanine, proprio come te.- Precisa. -Per
questo pensa che tu sia l’unico che può aiutarlo, perciò gli servi!-
Eric fa due passi
verso la porta, si passa una mano fra i capelli e torna indietro, scuotendo la
testa. -Finn potrà anche ribellarsi, ma non gli serve il mio aiuto. Anzi, gli
sono d’intralcio!-
-Non avevamo altra
scelta, Eric!- Insiste Jason, che inizia a scaldarsi. -Non potevi certo
pretendere che rimanessi con Jeanine dopo quello che
ti ha fatto?-
Al solo pensiero di
un futuro senza Eric, con me e Jason succubi di quella
pazza criminale, un brivido freddo mi costringe a tremare dentro la felpa
pesante. Penso che è tutta colpa di quella donna se
Eric ha rischiato di morire, e l’odio che provo verso di lei mi fa mancare l’aria.
Non so se Eric ha
notato il mio turbamento, ma torna a sedersi al mio fianco e mi riappoggia il
braccio sulle gambe.
-Finn non ci
inganna!- Chiarisce Jason, dando un pugno al bracciolo della poltrona. -È con
noi!-
Ma Eric si infuria di nuovo. -E cosa ti da
questa certezza?-
In questo momento
vorrei sparire, Jason cerca il mio sguardo ma nessuno dei due sa cosa dire.
Entrambi stiamo nascondendo un segreto che ci
condannerebbe, ma non è questo il momento.
Jason potrebbe dire
a Eric che Finn e Robert sono legati a me, e che è da loro che mi sono fatta
difendere quando ho sospettato di lui, dopo aver visto il suo tatuaggio. E,
ovviamente, se io dicessi a Eric che è stato il fratello del suo amico a
spingermi giù dalle scale e ad attaccarmi il trasmettitore per la simulazione,
non reagirebbe bene.
Ma Jason potrebbe svelare l’esistenza della chiavetta
che ho consegnato a Tori.
Direi che non ci
vuole un genio per capire che possiamo fare a meno di altri problemi, e che
Eric ha già il suo carico di brutte notizie.
Ma purtroppo Eric si
accorge del modo in cui io e Jason cerchiamo di
sfuggire allo sguardo dell’altro e, per mia sfortuna, la sua gelosia emerge e
lo porta con la mente in un’unica direzione.
-Robert!- Sbraita,
ma fa anche di peggio.
Scatta con il busto
nella mia direzione e, fulmineo, mi stringe con cattiveria un polso nel suo
pugno e mi gira anche leggermente il braccio per intensificare il dolore.
Sussulto e i miei
occhi vibrano nei suoi in cerca di spiegazioni, apro anche la bocca per
lamentarmi, ma mi sta facendo troppo male al polso e mi manca il fiato.
-Che cosa gli hai
dato per convincerlo? Che cosa hai fatto?-
Ringhia, con una furia che, sebbene in questi attimi abbia dato il peggio di
sé, non gli avevo ancora visto.
Ed è mentre la sua
smorfia diventa più tetra e la sua stretta ai miei danni più solita che
comprendo il malinteso creatosi.
Eric crede che io
sia riuscita ad ottenere i favori di Robert in maniera poco lecita e che, dopo
aver ottenuto i miei di favori, Robert abbia chiesto al padre Finn di aiutarmi
nel mio piano di salvataggio.
Eric ha frainteso
ma, nonostante conosca la sua gelosia e le sue paranoie, mi fa comunque male
pensare che proprio lui abbia una così scarsa stima di me.
Eric pensa che io mi
sia concessa a Robert per ingraziarmelo, che sia andata a letto con lui per
comprarmi il suo aiuto e, di conseguenza, quello del padre.
Non posso accettare
che lo pensi, eppure, mentre riprendo fiato, mi chiedo a che punto sarei
davvero arrivata pur di riavere Eric.
-Che cosa hai fatto?- Mi urla contro
Eric, strattonando il mio povero polso che ancora stringe.
-Eric!- Lo richiama
Jason, ma non ottiene nessuna considerazione.
Scuoto la testa.
-No, io non…- boccheggio, cercando di liberarmi dalla presa bruciante di Eric.
–Robert e io no… lui e…-
Eric intensifica lo
sguardo, credo cerchi di dare un senso al mio
farfugliamento, così finalmente allenta di un soffio la presa.
-Lui e mia sorella!-
sbotto.
All’instante gli
occhi di Eric si spalancano insieme al suo pugno, e finalmente il mio polso è
libero.
Vorrei poter trarre
un sospiro di sollievo, ma lo sguardo cupo di Eric non preannuncia
nulla di buono.
-Quindi è vero che gli
piacevi e, non potendo avere te, si è accontentato della tua gemella!-
Sbarro gli occhi
alla sua affermazione e rimango talmente tanto sconvolta che mi dimentico di
massaggiarmi il polso indolenzito.
Non pensavo che
fosse tanto geloso da arrivare ad insinuare che Robert
si sia preso una cotta per mia sorella solo perché mi somiglia. Robert non è
mai stato interessato a me e ha scelto mia sorella per affinità, non per il suo
aspetto fisico.
-Ma che stai…-
Provo, ma comprendo subito che spiegare ad Eric
l’innocenza del sentimento tra Robert e Amber sarebbe tempo perso, ancora di
più dato il momento. -Lascia perdere!-
Come inutile sarebbe
spiegargli che Finn si è affezionato a me perché gli
ricordo sua moglie.
-Non parlare!- Mi
abbai contro, ma l’occhiata avvelenata che mi rivolge,
e con cui sembra accusarmi in silenzio di qualcosa che però non ho commesso, è
anche peggio.
-Non capisci?- Jason
alza la voce ed è decisamente arrabbiato. -Finn
gestisce i ribelli, li controlla e farà in modo che combattano per noi! Ed è
Robert ad avere il controllo sulle armi, mentre la sorella e il padre di Aria
manometteranno i sistemi e potremo entrare!-
Le sopracciglia di
Eric hanno un guizzo e penso di sapere a cosa sia dovuto.
Se già non accetta il nostro aiuto, di certo sentir nominare mio padre non gli
ha fatto piacere per nulla.
-Non ha senso!
Ammesso che il vostro piano funzionasse, cosa impedisce agli Intrepidi qui
fuori, con cui credete di esservi alleati, di farmi fuori?- Dice Eric, poi
assottiglia lo sguardo. -Cosa mi state nascondendo?
Qualcosa li ha fermati, avrebbero potuto spararmi e allearsi direttamente con
Finn, senza voi a fargli da tramite!-
Mi si gela il sangue,
stringo la mano di Eric, abbandonata sulle mie gambe, e mi rifiuto di guardare
Jason, anche se so perfettamente che mi sta fissando e aspetta una mia
spiegazione. Lui stesso è rimasto interdetto quando ho tirato fuori quella
chiavetta digitale e ho chiesto a Tori di visionare i file al suo interno.
Forse si aspetta che
sia io stessa a dare una spiegazione a Eric, visto che
è stato grazie a me e al mio segreto se abbiamo guadagnato tempo. Vorrei fosse semplice, ma mio padre ha rischiato grosso per farmi avere
quelle informazione e so che Eric non avrebbe voluto che le consegnassi così ai
nemici. Non mi perdonerà se verrà a sapere che gli è stata risparmiata la vita
perché mio padre ci ha fatto avere i segreti di Jeanine, dove viene svelato che i capifazione Intrepidi hanno accettato la
simulazione per proteggere la città, dopo che i messaggi degli antenati ci invitavano
a tenere sotto controllo i Divergenti.
Sapere che deve la
sua vita a me, e a mio padre, sarebbe come dargli il colpo
di grazia con una dose troppo alta di veleno per il suo orgoglio.
-È stata un’idea di
Finn!- Esordisco, controllando la voce. -Lui ha detto a tutti i suoi uomini di
come ti sei sempre opposto a Jeanine, e che eri stato catturato perché lei
aveva tentato di liberarsi di te. Sei un vero capo per loro, uno dei pochi che
ha avuto il coraggio di contrastare Max, e non accetteranno che i trasgressori
ti facciano del male!-
Jason ed Eric mi
studiano attentamente.
-Gli abbiamo detto
che se non ti lasciavano andare, non ci sarebbe stato nessun accordo.- dico con
un’alzata di spalle, come se avessi detto la cosa più ovvia del mondo. -Non
conta cosa vogliamo io e Jason, ormai, per gli Intrepidi
rimasta degli Eruditi, sei una guida!-
Ma Eric non è
d’accordo e, come ogni qualvolta che da il peggio di
sé, si finge controllato e sereno e si concede perfino una risata. Peccato che
il modo in cui ride mi faccia agghiacciare.
-E mi state dicendo
che credere a questa follia?- Enfatizza.
Jason rimane a
guardarlo e non esprime alcuna emozione, credo stia iniziando a stancarsi.
Quando Eric guarda per un attimo me, si accorge che sono rimasta delusa dalla sua
reazione e torna serio.
-Non funzionerà.-
Decreta. -Max farà fuori tutti e, appena possibile, qualcuno farà fuori anche
me!-
Sulla poltrona
girevole, Jason scuote la testa e guarda l’amico con rancore.
Per quanto riguarda
me, non so se è semplicemente il mio sistema emotivo ad
essere andato in tilt ma, con un tuffo al cuore, mi sento invadere da un
profondo malessere. Purtroppo sono abbastanza intelligente da capire
perfettamente perché me la prendo tanto.
Non posso sopportare
che Eric parli della sua morte, dando per scontato che falliremo comunque. Non
dopo tutto quello che abbiamo fatto.
-Qual è esattamente
il tuo problema?- Dico fra i denti.
Eric volta paino la testa e mi ricambia con un’occhiata infuriata e
credo che, se potesse, mi chiuderebbe la bocca per sempre.
-Il problema è che vi siete messi contro Jeanine, quando
avreste dovuto rimanere dalla parte dei vincitori. Invece siete passati dalla
parte di un gruppo di disperati e volete prendere parte ad
una guerra in cui finirete col farvi ammazzare!- Mi guarda come se stesse
spiegando qualcosa di complicato ad un bambino. -Con lei sareste stati al
sicuro!-
Sono stanca di farmi
prendere in giro da lui, che evidentemente si rifiuta di capire. Scatto in
piedi e lo fronteggio senza paura.
-Al sicuro da cosa?-
Esplodo. -Dovevamo restare con quella pazza di Jeanine e scegliere se
nasconderci o obbedirle?-
Eric mi offre una
smorfia in risposta. -Avete sprecato energie utili per
me, quando è chiaro che stanno solo cercando il modo per farmi fuori. E magari i
prossimi sarete voi!-
Stringo i pugni e
batto un piede per terra, per la frustrazione. -Pensi che potevo
starmene buona senza provare almeno a fare qualcosa? Secondo te avrei
dovuto rassegnarmi?-
Dal modo in cui mi
guarda, faticando quasi a respirare, capisco che sto iniziando a smuovere
qualcosa.
-Rischierei la mia
vita altre cento volte piuttosto che accettare in silenzio!- Mi faccio forza e
continuo. -Non solo non avrei mai accettato di abbandonarti al tuo destino, ma
per niente al mondo sarei rimasta con quella squilibrata!-
Eric serra le labbra
e fa un lungo respiro, fissandomi in cagnesco, come se fosse stato sul punto di
rimproverarmi ma si fosse trattenuto.
-Sarà stato anche folle, ma c’è l’abbiamo messa tutta e ha
funzionato!- Taglio corto. -Adesso siamo qui, tu sei con noi e possiamo
vendicarci di Jaenine. La voglio morta!-
Il modo in cui Eric
continua a sostenermi lo sguardo mi fa sentire inutile, sembra che non sappia
in che modo iniziare ad insultarmi, però ha la
gentilezza di non farlo.
Jason, che non si è
intromesso fino adesso, si passa le dita sul proprio labbro gonfio e riflette.
Quasi dimenticavo che ha fatto a pugni con un altro Intrepido e che, a
differenza di me e Camille, lui ha ricevuto il trattamento pesante dalle varie
guardie che ci hanno scortato dal nostro arrivo dai Candidi.
-Per quanto assurdo
sia, arrivati a questo punto, abbiamo davvero una possibilità di farcela.-
Spiega. -Non eravamo disposti a rimanere al servizio di Max e Jeanine, e non
potevi certo chiederci di rinunciare a te senza nemmeno provarci!-
Il suo discorso è
più che corretto e condivido in pieno, ma Eric lo fissa
come se avesse appena detto qualcosa di così assurdo da essere comico. Piega la
testa in avanti, la scuote e ridacchia freddamente.
-Vattene via!-
Jason non replica,
fa un cenno tra sé e sé e si alza, ma vedo l’occhiata comprensiva che riserva
al suo amico. Non è per niente offeso, rispetta la richiesta che gli è stata
fatta.
-Io e Camille ci siamo sistemati nella stanza qui accanto, dato che era
rimasta vuota.- Lo informa, ma Eric finge di non prestargli più attenzione.
Sono rimasta senza
parole, ancora stravolta per la nostra discussione, mi risiedo accanto ad Eric
ma per fortuna non mi sono illusa di poter stare tranquilla.
-Vai anche tu con
lui!-
Le parole improvvise
di Eric mi gelano, lo guardo e non riesco e frenare la mia delusione.
-Cosa?- Sono
indignata.
-Non serve a niente
che anche tu stia rinchiusa in questa stanza, non sei una prigioniera! Ma rimani con Jason, non voglio che te ne vada in giro da
sola in questo posto.-
Trattengo un fremito
e serro le dita per non fare vedere che mi tremano le mani, guardo in basso e
mi mordo forte il labbro.
Per quanto finga di
ignorarmi, Eric deve avere notato il mio turbamento e non credo volesse
intenzionalmente farmi del male. Mi afferra una mano e si volta finalmente per
guardarmi in viso.
-Vai, Aria!-
Sta volta le sue
parole sono meno amare, è una supplica mascherata dalla forza. Mi stringe la
mano e i suoi occhi sono nei miei, decisi ma più caldi.
Comprendo che ha
bisogno di stare da solo con sé stesso per un po’,
vorrei anche essere in grado di accettarlo e di ritirarmi in buon ordine come
ha fatto Jason, ma è come se mi avessero dato un pugno alla stomaco.
Faccio un cenno e mi
alzo, passandogli davanti senza guardarlo più, poi Jason mi apre la porta.
Cerco di non pensare più a nulla e di provare a calmarmi, ma mi basta vedere il
modo in cui le due guardie fuori ci squadrano per sentirmi ancora in ansia.
Quando Jason si
chiude la porta alle spalle, uno dei due soldati prende parola.
-Tori vuole parlare con la ragazza!-
La cosa curiosa è
che il soldato si è rivolto solo a Jason, limitandosi a indicarmi con il mento,
come se io non fossi presente.
Lo guardo storto.
-So
dove trovarla!- Taglia corto Jason.
Mi mette una mano
dietro la schiena e mi conduce lungo il corridoio, lasciandoci alle spalle le
guardie.
La stanza di Eric è
proprio l’ultima in fondo al corridoio dove sono
situate le camere preferenziali ai piani superiori. Arriviamo in fondo,
superando tutte le camere e ci fermiamo davanti ad una porta chiaramente più
corazzata delle altre, con appesa sopra una targhetta con scritto il nome Max,
e mi si storce il naso.
Tre uomini armati
sono di guardia e, quando avanziamo per entrare, un soldato dagli occhi color
ghiaccio mette una mano sulla spalla di Jason.
-Tu no!- Gli abbaia
contro. -Solo lei.-
Mi volto a guardare
Jason, allarmata. Lui si irrigidisce
e contrae i muscoli del viso, ma si ricompone rapidamente e mi fa un cenno, che
ricambio prima di dargli le spalle per entrare.
Dentro di me so che
pretenderà dei chiarimenti, e che li aspetta da quando ho tirato fuori quella
chiavetta di memoria di cui ignorava l’esistenza. Per di più Tori ha scelto di
parlare solo con me, e credo proprio che Jason non sorvolerà su questo
dettaglio scomodo.
Appena entro,
qualcuno chiude la porta dietro di me, ed io mi ritrovo in uno studio, difronte
ad una scrivania dietro cui siede Tori, intenta a
scrivere qualcosa su dei fogli. Passa un documento ad
uno dei due soltati al suo fianco e questo mi supera per uscire.
-E quindi,- Esordisce Tori, ancora a testa china sul suo lavoro.
-Eric e gli altri capifazione ci hanno messi tutti
sotto simulazione e mandati contro gli Abneganti, per rispettare il presunto volere degli antenati e per
scongiurare un’ ipotetica catastrofe
che veniva da fuori?-
Serro le labbra,
controllo il respiro ed apro e chiudo le mani, ancora
nascoste dalla maglia troppo grande di Eric che mi sono dimenticata di
togliermi. Lo scetticismo di Tori è evidente, misto ad
una dose elevata di sarcasmo, ed è chiaro che la nostra alleanza non è ancora
consolidata.
-Purtroppo, in quanto capofazione che ha agito per il bene della sua
fazione e di tutta la città, può essere processato e destituito dal suo
incarico ma non condannato a morte.- Spiega, sollevando finalmente la testa per
ricambiare il mio sguardo. -Sono le assurdi leggi che
abbiamo!-
Dovrei tirare un
sospiro di sollievo, ma il sorrisino amaro di Tori non preannuncia
nulla di buono. Eric ha ragione, non si accontenteranno mai di vincere la
guerra, vorranno vendetta.
- Per ora!- Precisa
la nuova capofazione, impassibile. -Per me gli assassini devono pagare e non mi
fiderò mai di Eric!-
Non abbasso la
testa, mi sento rimpicciolire ma so che poteva andare molto peggio.
-Mi chiedo però se quei file siano veri…- Indaga.
-Lo sono!- Mi
affretto a precisare.
Tori mi studia a lungo, assottigliando lo sguardo, poi fa un gesto
rapido con la mano e torna a scrivere sui suoi fogli.
-Tu, Jason e Camille
siete sotto stretta sorveglianza ma siete liberi. Eric è nostro prigioniero e
non abbiamo ancora deciso cosa farcene di lui.-
Mi mordo il labbro e
mi impongo di rimanere calma, nonostante il misto di
rabbia e timore che mi scuote.
-Gli abbiamo
solamente concesso un periodo di prova.-
Serro i pugni fino a
conficcarmi le unghie nei palmi. -Cosa vuoi davvero?-
Tori torna a guardarmi, fa una smorfia e allarga le braccia. -Che
collabori!-
-Lo farà!-
chiarisco.
Jeanine ha tradito
anche lui, e spero che il suo desiderio di vendicarsi basti a convincerlo a non
opporre resistenza.
-Ho sempre creduto
che Eric fosse uno stronzo e basta. Un pallone gonfiato a cui
non importava nulla di nessuno, all’infuori di sé stesso.- Mi comunica,
scrivendo.
Rimango in silenzio.
Tori si picchietta con la penna sul mento e fa spallucce. -Poi ho
visto come si comporta con te, ed è evidente che per lui sei importante.-
Ricordo benissimo,
ora più che mai, il modo in cui Tori fissava Eric, quel giorno dagli Eruditi
quando c’era stata la sommossa contro gli Esclusi. Eric credeva che avessi
preso parte alla missione e, quando mi ha ritrovata,
la sua reazione è stata esplicita e intesa.
E Tori era presente.
-E quindi?- La
incalzo.
-Adesso penso che
sia uno stronzo egoista con una ragazza!-
Nascondo una smorfia
mordicchiandomi il labbro. La sua risposta non fa una piega.
Ma Tori non ha ancora finito, spinge via i fogli e
capisco che sta cercando di dirmi qualcos’altro.
-Non mi importa di Eric e delle sue relazioni, ma su quella
chiavetta di memoria che mi hai dato c’erano degli estratti da alcuni appunti
di Jaenine, in cui diceva che avrebbe usato te per ricattare lui.- Mi osserva.
-È vero?-
Sento un formicolio
sul polso sinistro, sui punti di sutura, e anche alla schiena
dove rimane il segno del trasmettitore che mi è stato inserito.
-Sì.-
Lei fa un cenno.
-Non siamo delle bestie come quella squinternata di Jeanine, e non ce la
prenderemo con una ragazzina per far parlare Eric. Ma…-
Ricambio il suo
sguardo e cerco di non farle capire quello che provo.
-Se lui non
collabora, glielo faremo credere!- Conclude. -È
tutto!-
Fa un segnale ad una sua guardia e questa mi avvicina per scortarmi fuori
dalla porta. Mi muovo come un automa, la mia mente è piena di pensieri e quasi
tutti pessimi.
Sapere che non è
solo un bastardo assassino, ha aiutato Tori a dare ad
Eric una seconda possibilità. Ma loro vogliono risposte da lui, lo
interrogheranno e si aspetteranno la sua
collaborazione. Per quanto bello sarebbe illudersi, Eric non accetterà mai di
sua spontanea volontà, perciò gli faranno pressioni minacciando me.
Fantastico, come se
non avessimo già abbastanza problemi a fargli accettare la situazione, per di
più sarò sempre io il problema.
Questa è la volta
buona che inizierà ad odiarmi, me lo sento.
Continua…
Dite che sono “un
tantino” in ritardo? Scusatemi, ma sto davvero cercando di migliorare. Per
esempio, mi pare che questo capitolo sia un po’ più lungo degli altri, così da
farmi perdonare per l’attesa.
Come sempre vi chiedo
cosa ne pensate, visto che da questo momento in poi
può davvero succedere di tutto!
Alla prossima, spero
presto!
Bacioni e grazie a
tutti voi che seguite questa mia storiella!