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Autore: Xion92    16/05/2016    3 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 52 – Riflessioni teologiche

 

“Basta così, Mew Angel. Oggi solo quaranta minuti di pratica e venti di teoria”, ansimò pesantemente il Cavaliere Blu, passandosi la mano fra i capelli biondi impastati di sudore.
Quell’ordine fece tirare un sospiro di sollievo alla ragazza. Dato il caldo afoso del dopopranzo di quel mese di luglio nel pieno dell’estate, ogni ora di allenamento quotidiano era diventata quasi una tortura per i due guerrieri. Per ovviare parzialmente a questo, il giovane aveva preso l’abitudine di portarsi dietro una scatola di bottiglie d’acqua prima di ogni sessione e, tra lui e la sua allieva, alla fine dell’ora se le erano già fatti fuori tutte e sei. Ma evidentemente quel giorno il caldo torrido era troppo pure con la riserva di liquido. E, se Angel era sfinita dal caldo e zuppa di sudore, poteva solo immaginare con terrore quanto in confronto stesse sudando il suo insegnante, sotto quel soprabito pesante; almeno aveva anche lui il sollievo di avere le gambe scoperte. Il guerriero aveva provato tante volte a convincere Mew Angel a togliersi di dosso quella sciarpa di lana soffocante, lei che poteva farlo, ma non c’era stato modo di convincerla a separarsene. Quando le aveva chiesto il perché, lei gli aveva risposto soltanto che era l’unico regalo che sua madre aveva mai potuto farle prima di morire, e quindi in battaglia per lei era come un portafortuna. Gli era venuto un po’ da sorridere, perché in qualche modo equivaleva alla campanella che, tanto tempo prima, lui stesso aveva regalato ad Ichigo; dal momento in cui gliel’aveva legata al collo, gliel’aveva vista sempre indosso. Anzi, Masaya dubitava che se la togliesse persino quando si lavava o dormiva. Almeno però ad Angel quella sciarpa compariva solo quando si trasformava in Mew Mew.
Lo studio del mostro della giornata, come lo chiamava Angel in modo quasi affettuoso, non fu molto produttivo, però. Masaya non sapeva se ciò era dovuto al caldo che faceva ribollire il cervello o per qualcos’altro, fatto stava che la ragazza non riusciva a concentrarsi. Il giovane perse la pazienza due o tre volte, dopo che, avendo fornito tutti i suggerimenti che rendevano palese la strategia di combattimento da adottare, Angel ancora non ci arrivava. Ma lei, pur con tutto il rispetto che provava per lui, quel giorno era assente e con lo sguardo perso.

Era evidente che non lo stesse facendo apposta, però era più forte di lei. Angel che non era presa con la mente da questioni belliche? E quando mai? Il fatto era che, negli ultimi due o tre giorni, il cervello della ragazza era completamente proiettato verso qualcosa che la stava prendendo ancora di più, e le stava facendo fumare la testa ancora più del caldo. Visto che, nella parte pratica dell’allenamento, doveva muoversi di continuo, riusciva in parte a mascherare questa cosa e a cavarsela abbastanza bene. Ma, dal momento in cui scioglieva la trasformazione e si sedeva per la parte di teoria, questi pensieri per lei nuovi tornavano prepotenti alla superficie, e c’era modo che nemmeno sentisse la voce del suo maestro che la richiamava irritato.
Anzi, si sentiva così fuori dal mondo che, tornando a casa, decise tra sé e sé di chiedere al suo capo una pausa dal lavoro. Tanto, tutta per aria com’era, non avrebbe potuto combinare granchè coi clienti.
“Oggi vorresti iniziare a lavorare un’ora dopo?” chiese Ryou sospettoso alla richiesta della ragazza. “E perché mai?”
A quella domanda, Angel avrebbe potuto rispondere in qualunque maniera. Avrebbe potuto inventarsi che si sentiva poco bene, che le facevano male le gambe o la schiena, che aveva la pressione bassa, o qualunque altra cosa. Dato l’allenamento intensivo, peggiorato dalla calura, una qualsiasi scusa di questo genere sarebbe stata perfettamente credibile, e probabilmente a Ryou, che ormai voleva veramente bene alla sua coinquilina, sarebbe bastata, e magari le avrebbe pure dato l’intera giornata di riposo.
Ma, visto che voleva mantenersi come suo solito moralmente pulita, Angel gli disse la verità.
“Ho bisogno di stare in camera mia a pensare, boss. Su una cosa importante”, gli spiegò cercando di essere convincente.
A Ryou non piacque per niente quella risposta, naturalmente. “Te lo do io, il pensare”, la apostrofò. “Scoppi di salute e stai iniziando anche a progettare di vivere qui a scrocco. Pensi che non ti abbia capito? Oggi un’ora, la prossima settimana due, e avanti così finché non lavorerai più. Dove l’hai messo, il tuo amor proprio? Li vuoi guadagnare, il pane che mangi e i vestiti che indossi? Se vuoi pensare, lo farai stasera quando avremo chiuso.”
Angel non rispose a quel rimprovero, visto che, come al solito, Ryou, anche se in modo rude, aveva detto il vero. Lei non poteva pensare di fare la mantenuta, anche se si trattava solo di un’ora. In fondo, quel ragazzo provvedeva personalmente al suo vitto e al suo alloggio. A meno che non stesse male, non poteva pensare di non ripagarlo come poteva.

Com’era prevedibile, quel giorno Angel lavorò male. Non si accorgeva quando era ora di andare a pulire un tavolino, stava con lo sguardo perso anche quando i clienti la chiamavano, prendeva gli ordini sbagliati, portava le granite ai tavoli sbagliati…
Per fortuna gli altri membri della squadra, che al contrario di lei erano solo un po’ affaticati dal caldo nonostante l’aria condizionata, facevano del loro meglio per tamponare gli sbagli che faceva.
Ma quel giorno, come anche i pochi precedenti, i pensieri di Angel non erano per nessuno di loro. Erano tutti rivolti verso Flan e Waffle. Anzi, precisamente non a loro, ma ad alcune cose che avevano detto in passato. Flan era quello che più la ossessionava: prepotente nella testa, le era tornato il discorso che quella volta, da bambina, aveva fatto a suo figlio, quando lei, ingenuamente, aveva pensato di poterlo uccidere da sola e ancora il suo amico non aveva manifestato il suo inevitabile tradimento. Flan aveva detto chiaramente a Waffle che il considerare gli uomini una specie inferiore significava rispettare la volontà del loro dio. Che poi era la stessa identica cosa che le aveva detto Waffle la prima volta che si erano incontrati: quella voce alterata quando le aveva ripetuto le frasi che suo padre stava cercando di inculcargli… come fare a dimenticarla? Angel conosceva poco la loro religione, ma la conosceva abbastanza da permetterle di dare un giudizio. Va bene che loro erano alieni, e quindi cattivi e malvagi a prescindere, ma evidentemente questo loro dio giocava un ruolo importante nella loro personalità. Forse era quello a influire così tanto sulla loro cattiveria? Angel ragionava e ragionava, ma non riusciva a trovare una risposta. Aveva bisogno di aiuto, di spiegazioni. E solo Zakuro poteva dargliele.
Ne era sicura, perché un qualcosa che la accomunava a quei due alieni in fondo ce l’aveva. Ogni tanto, Angel lanciava un’occhiata di sottecchi alla più grande. Non che ci fosse molto da vedere, a dire il vero. Zakuro se ne stava sempre sulle sue, parlava poco, e per lo più tendeva ad ascoltare. Ma la più giovane sapeva bene quanto lei fosse la bocca della verità. Le poche volte che aveva sentito la sua voce, le sue parole erano state pregne di saggezza e buon senso. Così, verso la fine della giornata, prese finalmente la decisione di provare ad esporle i suoi dubbi. Lei glieli avrebbe dissolti con la stessa facilità con cui il vento disperde la nebbia.
Angel aspettò con grandissima impazienza che la giornata di lavoro volgesse al termine. Ogni tanto, tra un servizio e l’altro, dava delle occhiate all’orologio al muro, ma le sembrava che il tempo non passasse mai. Finalmente, quando sentì la voce di Ryou esclamare “Basta, dobbiamo chiudere!”, Angel prese finalmente un gran respirone, sia di sollievo sia per incoraggiarsi. Aspettò che tutti quanti si fossero cambiati per rincasare e, quando vide Zakuro che, dopo aver salutato tutti, usciva dalla porta sul retro, subito le corse dietro.
“Ah, Zakuro, aspetta un po’!” cercò di fermarla.
Lei si fermò in mezzo al viottolo e si voltò a guardarla, fredda, con le braccia incrociate.
“Ehm…” fece Angel, non sapendo bene cosa dirle. Avrebbe voluto chiederle tante cose, ma quella donna le metteva paura, nemmeno sapeva perché. Eppure avevano combattuto e collaborato tante volte insieme.
“Non ti ho salutata, Angel?” chiese Zakuro, sforzandosi di suonare gentile, visto che la più piccola sembrava non riuscire a spiccicare parola.
“Allora…” ritrovò la parola la ragazza mora. “Ho bisogno di parlarti di qualcosa.”
Zakuro non rispose e non mutò espressione. Rimase in silenzio ad aspettare.
“C’era una cosa che mi sta tormentando da tempo. E cioè… Zakuro, tu quella volta, ad aprile, hai detto che credi in un dio, ed effettivamente, adesso che ci faccio più caso, vedo che al lavoro di domenica mattina arrivi sempre tardi. Perché devi andare a messa, da quello che ho capito. Ma ecco… tu sei come quegli alieni, per certi versi. Ma per altri non lo sei. Loro… nel nome del loro dio hanno ucciso quasi tutte le persone del mio mondo. Sì insomma… lo so che se non fosse stato per quello l’avrebbero fatto comunque, ma forse non sarebbero stati così presi, ecco. Waffle una volta mi ha detto delle cose terribili: ossia che noi uomini siamo esseri inferiori, e che se sembriamo amichevoli verso di loro è tutta una finta per distrarli. E poi che, in quanto parassiti, siamo solo da sterminare. E che se ci stanno uccidendo, è perché il loro dio vuole così. Ma anche tu credi in un dio. Tu e penso anche altra gente qua attorno. Perché tutto questo odio e voglia di distruggere non li vedo? È veramente solo perché loro sono alieni e quindi cattivi o c’è sotto qualcosa di più? Sono convinta che sia perché loro sono alieni e noi siamo uomini. Sì, dev’essere così. Loro sono portati alla malvagità fin dalla nascita, è proprio nel loro sangue. È per questo che sono così insensibili e tu non sei come loro. Vero, Zakuro?”
Dopo tutto quel discorsone detto con la stessa intonazione di voce e in cui quasi non aveva preso fiato, Angel finalmente si zittì, con le guance un po’ rosse per la mancanza d’aria. Non aveva idea se la donna più grande ci avesse capito qualcosa in quel discorso composto da frasi così scollegate. Ed infatti, mentre Angel parlava, Zakuro non aveva mutato espressione, aveva continuato a guardarla fissa senza lasciare trapelare nulla, e così stava facendo anche adesso.
Angel era in una grande apprensione e soggezione. Ma all’improvviso, il cuore le mancò un battito: vide Zakuro togliersi le braccia dal petto e allinearle lungo i fianchi, e la vide aprire la bocca per iniziare a parlare, assumendo un’espressione come se stesse per pronunciare qualcosa di importante.
Eccola. Ecco la bocca della verità. Ora Zakuro avrebbe rotto il silenzio, avrebbe dissipato ogni suo dubbio, avrebbe risposto a tutte le sue domande e perplessità, le avrebbe spiegato ogni cosa, e la mente della più piccola si sarebbe schiarita. Angel era così in ansia che aveva spalancato gli occhi e, con le orecchie ritte, si stava quasi protendendo verso la sua interlocutrice.
Invece, con sua gran delusione, Zakuro disse due sole, singole frasi: “questa domenica fatti trovare pronta alle 8 e mezzo. Ti porto con me a messa.”
Dopodiché girò i tacchi e se ne andò con passo tranquillo, lasciando Angel impalata e sbalordita in mezzo al viottolo.

Ryou, che era in cucina, la vide rientrare con la testa bassa, strascicando i piedi e con la delusione stampata in faccia. Era evidente che le girasse male; infatti si era avvicinata al tavolo e ci stava tracciando, torva, dei segni irregolari col dito.
“Ehi Angel, il caldo ti ha dato alla testa?” cercò di tirarla su Ryou, ridacchiando.
La ragazza alzò lo sguardo senza sapere cosa dire. Ma sì, perché non raccontargli tutto, in fondo? Non aveva mica niente da tenergli nascosto. Così, in breve, gli parlò dei dubbi e delle perplessità che aveva, di come avesse riposto tutte le sue speranze in Zakuro, e di come lei le avesse dato quella risposta breve e deludente.
“Cosa devo fare adesso, boss?” chiese infine.
Ryou ci pensò un po’, poi scrollò le spalle. “Ma sì, fa’ come ti ha detto. Fatti trovare pronta per quell’ora e accompagnala. Cosa ti costa?”
“Ma mi ascolti quando parlo?” Angel stava iniziando a innervosirsi. “Io volevo avere delle risposte, e Zakuro ha praticamente ignorato le mie domande.”
Allora Ryou tirò un sospiro e si avvicinò a lei. “Sai, Zakuro non ha ignorato le tue domande. Anzi, lei ha fatto così spesso, anche quando qualcuna delle altre ragazze ha avuto dei problemi. Lei non parla. Lei dimostra. Perciò, se ha deciso di portarti con lei ad una cerimonia così privata, ritieniti fortunata. Non è una cosa comune che una solitaria come lei decida di dividere la sua mattinata con qualcuno. Son sicuro che, quando sarai tornata qui dopo l’uscita con lei, i tuoi dubbi saranno chiariti.”
Dopodiché uscì dalla cucina e raggiunse Keiichiro nello studio, lasciandola sola. Angel rimase a riflettere su quelle parole.
“Dai, proviamo a fare così”, decise infine, incerta.

Così, quella domenica – era il 25 luglio – Angel si mise ben vestita ad aspettare la sua accompagnatrice. E con ben vestita si intende: con le All Star al posto delle scarpe da ginnastica. Per il resto, jeans e camicia, al solito. Quando la vide, Ryou storse il naso.
“Ma perché per una volta in vita tua non ti metti un po’ carina? Quella poveretta si vergognerà anche, a portarti in giro messa così. Va bene che coi pantaloncini non puoi entrare in chiesa, ma almeno la parte sopra potresti curarla di più. Ichigo ti ha comprato – coi miei soldi, intendiamoci – una maglietta colorata che ti starebbe benone. Vatti a mettere quella, starai anche più fresca.”
“No, boss”, gli rispose lei, testarda. “Mai sacrificare la comodità all’estetica. Quella maglietta avrà anche le maniche corte, ma il tessuto è più spesso e tiene più caldo. Anche con la mia camicia sto fresca, infatti mi sono arrotolata le maniche.”
“E allora fa’ come ti pare. Poveri i miei soldi, buttati via”, concluse il ragazzo esasperato, alzando le braccia e tornandosene nello studio.
Angel commentò il tutto con una risata e si mise fuori davanti alla porta ad aspettare Zakuro. La quale non ci mise molto ad arrivare, vestita elegante ma anche sobria. Quando ebbe raggiunto la più piccola, e quest’ultima la ebbe salutata nervosamente, Zakuro le disse una sola parola:
“andiamo.” Non fece alcun commento riguardo i vestiti di Angel.
Durante il viaggio in metropolitana verso il quartiere Bunkyou, Angel passò tutto il tempo a tormentarsi con le dita i ciuffi di capelli ai lati delle guance, e a guardarsi nervosamente i piedi. Non sapeva neanche lei perché si sentisse così agitata: Zakuro non l’aveva sgridata, o ammonita, né le aveva detto nulla. Era sempre stata zitta. Ed Angel non avrebbe dovuto in teoria averne fastidio, visto che la solitudine e il silenzio forzati non erano per nulla una novità, per lei. Eppure quella donna le metteva ansia. A un certo punto si chiese se non avesse fatto meglio a restarsene al Caffè. Ma, mentre ragionava su queste cose, Zakuro si alzò in piedi.
“Siamo arrivate. È ora di scendere.”

Una volta fuori, camminarono per pochi metri, fino a che Angel rimase bloccata e sbalordita al suo posto. Davanti a lei c’era un edificio stranissimo, come non ne aveva mai visti. Era come un’enorme struttura rivestita di acciaio inox, con la pianta a forma di croce. Poco oltre, c’era una torre altissima, sulla cui cima si distinguevano delle campane. La più piccola era rimasta con la testa all’insù e la bocca spalancata dallo stupore, e non si accorse subito che Zakuro era arrivata un bel pezzo avanti. Appena se ne accorse, la raggiunse di corsa, ed arrivarono davanti alla porta in legno. Di lato, su un pannello, c’era un cartello.
Angel guardò Zakuro un po’ vergognosa, e la più grande, che aveva capito, le lesse quello che c’era scritto.
“Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel 1964, su progetto di Kenzo Tange.”
Ad Angel quelle parole non trasmisero niente. Cosa voleva dire cattedrale? E chi era questa Maria? Zakuro spinse il battente del portone ed entrarono dentro.
All’interno c’era una cupa penombra, ed Angel rimase sbalordita dalla vastità dello spazio, del silenzio reverente nonostante il gran numero di persone presenti, dai giochi di luce che le vetrate in alto creavano, dalla quantità di panche allineate, e dalla gigantesca croce in legno all’estremità opposta dell’edificio. Vide con stupore Zakuro dirigersi verso una specie di vasca sopraelevata, intingerci la punta delle dita della mano destra, inginocchiarsi appena e toccarsi con la mano bagnata la fronte, il petto, la spalla sinistra ed infine la destra. Allora anche Angel diede una sbirciata. Dentro quel contenitore c’era acqua pulita e freschissima! Era vero che lì dentro faceva più fresco che all’esterno, ma si sentiva comunque accaldata dalla calura estiva. Perciò immerse la mano nell’acqua e fece per portarsene una sorsata alla bocca. Ma, prima che potesse riuscirci, Zakuro l’aveva afferrata per il colletto della camicia e l’aveva tirata indietro.
“Smettila subito, Angel. Questo è un peccato molto grave”, le sibilò, per non fare rumore.
Angel ci rimase molto male e rimase ferma dov’era, anche se non ci stava capendo nulla: cos’era un peccato?
“Mi dispiace, non sapevo che fosse vietato”, si permise di dire. “Ma adesso cosa facciamo?”
“Adesso”, le spiegò Zakuro “ci mettiamo a sedere. La messa inizierà fra pochi minuti. Non sei battezzata, quindi non hai alcun obbligo di ripetere i nostri movimenti. Potrai stare seduta per tutto il tempo, ma ascolta bene quello che dice il sacerdote e guarda quello che fanno i fedeli. Mi raccomando, rimani in silenzio. Se avrai delle domande, me le farai dopo quando saremo uscite.”
Allora Angel, che non ci stava capendo nulla, obbediente si sedette in una delle panche di mezzo, vicino a Zakuro.

I successivi tre quarti d’ora ebbero un andamento altalenante. La parte peggiore fu quando, a inizio funzione, l’organo iniziato a suonare all’improvviso fece fare un salto ad Angel dal sedile, e ci mancò poco dall’avere su di lei lo stesso effetto dell’aspirapolvere il giorno successivo a quello del suo arrivo. Si premette istantaneamente le mani sulla testa, vietando mentalmente alla paura di far emergere i suoi istinti, e le orecchie di gatto fortunatamente non le spuntarono.
Ma quando il sacerdote, là dietro l’altare, nella sua tunica bianca iniziò a parlare, i pensieri della più piccola iniziarono ad intrecciarsi e il suo cervello a ragionare. La prima parte della messa, a dire il vero, non ebbe un effetto particolarmente incisivo sulla sua mente, perché era evidente che era tutta composta da brani letti e formule precostituite. La ragazza non poteva ricavare da ciò quello che il sacerdote realmente pensava. La colpì solo come parlasse così tanto e insistentemente di questo dio, che apparentemente non sembrava possedere un nome specifico, al contrario di Profondo Blu, e quindi era proprio Dio, con la D maiuscola. Angel conosceva molto poco la religione degli alieni, e per niente il cattolicesimo, e quindi non potè fare un confronto tra le divinità delle due religioni. Conosceva però benissimo Flan, e quindi poteva fare un paragone tra lui e quel sacerdote che stava parlando. Anche se le frasi che pronunciava e a cui i fedeli rispondevano erano già pronte, la colpirono i termini con cui quell’uomo parlava di Dio: un dio buono, paziente, misericordioso e clemente, che amava evidentemente tutti i suoi figli, anche quelli che sbagliavano.
‘Profondo Blu non era così’, pensò la ragazza, ripensando al racconto che le aveva fatto sua nonna: si ricordava che il dio degli alieni era un dio crudele e spietato. D’accordo, lui voleva sterminare gli uomini, ed era nel suo nome che Flan aveva ucciso tutta quella gente. Però forse, per la religione degli alieni, gli uomini non erano figli di Profondo Blu. Effettivamente, per gli alieni gli uomini erano solo feccia, paragonabili agli animali, insomma. E allora bisognava guardare come Profondo Blu considerasse i membri della propria specie. Sakura le aveva accennato che lui non aveva esitato ad uccidere o ad ignorare i suoi seguaci che disobbedivano ai suoi comandi o che avessero bisogno del suo aiuto. Un dio egocentrico e narcisista. Non come questo Dio che Zakuro di fianco a lei stava pregando a mani giunte.
Dopo aver letto il brano del Vangelo, il reverendo cominciò a spiegare con parole proprie le letture che erano state fatte. Le spiegava con parole semplici, ma erano tutti concetti teologici in ogni caso troppo difficili per Angel, e quelle spiegazioni le scivolarono addosso come acqua fresca. Le cose cambiarono quando l’uomo, dopo aver finito la parte sulla Bibbia, iniziò a raccontare, con voce un po’ mesta, di alcune svolte nelle guerre che in quelle settimane si stavano svolgendo in un luogo molto lontano dal Giappone, un luogo chiamato Medio Oriente. Stava appunto ricordando ai fedeli che molti dei loro fratelli Cristiani erano stati uccisi in massa da degli integralisti islamici.
Angel si fece più attenta. Quel discorso la stava interessando molto, ora che si andava sul pratico. Non aveva capito molto bene la questione dei Musulmani contro i Cristiani, ma in quel momento la questione non le importava.
‘Ecco’, cercò di precedere mentalmente il prete, sapendo già come sarebbe andata a finire. ‘Adesso il sacerdote invocherà la distruzione su quegli uomini, dichiarerà che bisogna rispondere al fuoco col fuoco, e che è dovere dei fedeli di Dio attaccarli per potersi difendere.’
Invece, con sua grande sorpresa, il sacerdote non disse niente di tutto questo. Disse invece: ‘mi raccomando, fratelli e sorelle, non mancate di pregare per le anime di tutti quelli che sono stati uccisi. E pregate anche per quei musulmani che hanno compiuto un crimine tanto orribile. Ricordate quello che disse Gesù, che il Signore li perdoni, perché non sanno quello che fanno.’ Angel rimase sbalordita. Ci avrebbe scommesso tutti i peli della coda, che a Flan non sarebbe passato neanche per l’anticamera del cervello di pensare una cosa del genere, figurarsi dirla. Rimase pensierosa e scossa per tutto il resto della funzione, senza nemmeno far caso che a un certo punto tutti i fedeli, Zakuro compresa, si alzarono per andare verso l’altare a mangiare una specie di pane bianco sottilissimo. In condizioni normali, Angel avrebbe innocentemente chiesto a Zakuro se poteva averne un po’ anche lei, ma in quel momento era talmente turbata che non sentiva più l’appetito. Ogni tanto volgeva lo sguardo verso Zakuro, seduta con le mani intrecciate e con la testa bassa di fianco a lei, e si sentiva morire dalla voglia di riempirla di domande. Ma la più grande, prima dell’inizio della messa, le aveva ordinato di stare zitta, e quindi non poteva parlare.
Dopo l’ultimo scambio di battute, “la messa è finita, andate in pace”, “rendiamo grazie a Dio”, e quando la gente iniziò ad alzarsi per uscire, Angel e Zakuro seguirono la folla, e la donna più grande, appena furono all’esterno e all’ombra del porticato, guardò finalmente verso la più piccola, che aveva la confusione stampata in faccia.
“Hai domande da farmi, giusto?”
Angel alzò gli occhi dai suoi meditamenti ed annuì.
“E allora tirale fuori”, la invitò Zakuro.
“Ma… veramente…” cominciò incerta Angel.
“Coraggio, adesso siamo fuori, e hai toccato con mano quello che vuol dire essere religiosi. Ora puoi farmi tutte le domande che vuoi. Cercherò di risponderti”, la incitò la più grande, sorridendo leggermente.
Angel si sentì sollevata. Allora quando voleva riusciva ad essere cordiale verso l’interlocutore! Subito la più giovane pensò subito alle domande da fare. Non poteva lasciarsi scappare quell’occasione!
“Prima di tutto vorrei chiederti qualcosa su questo Dio che preghi tu. Ho assistito a una sola celebrazione e ne so proprio poco, ma… mi è sembrato molto diverso da Profondo Blu. Tutte le volte che ho sentito Flan e suo figlio riferirsi a lui, ne parlavano quasi con terrore. Voi invece parlavate di e con Dio in modo molto sereno, quasi come… come me quando parlavo a mio nonno”, cercò di spiegarsi in modo impacciato.
Zakuro annuì con un sorriso sereno. “Ottima osservazione. Hai detto il vero. Vedi, la prima e fondamentale differenza fra queste due divinità è proprio quello che hai detto tu. Profondo Blu era un dio distruttivo, dispotico, che non amava i suoi seguaci e seguiva la strada della violenza. Posso affermarlo con sicurezza, perché l’ho anche conosciuto e combattuto personalmente. E credimi, se non fosse stato per Aoyama, sarebbe riuscito ad ucciderci tutti.”
Angel allora annuì. Lei Profondo Blu non l’aveva mai visto, ma sua nonna quella storia gliel’aveva raccontata.
“Mentre invece il nostro Dio è un dio d’amore, che ama profondamente tutti gli uomini, ci ama come un padre ama i suoi figli, o, come hai detto tu, un nonno ama sua nipote.” Vide Angel tirare leggermente su col naso, a queste ultime parole.
Alla più piccola però qualcosa non tornava in quel discorso. “Ma Zakuro… tu dici che Dio ama tutti gli uomini. Ma, ecco… amare tutti gli uomini vuol dire amare tutte le persone sulla Terra. Perché dovrebbe amare qualcuno che fa qualcosa di male, come quei tipacci che mi rubavano il cibo quando ero piccola? O perché dovrebbe amare me? Io non gli ho mai dimostrato fedeltà, non l’ho mai pregato. Quindi perché dovrebbe sentirsi tenuto ad amarmi?”
Zakuro annuì a quella domanda, perfettamente lecita. “Perché, vedi, Dio non si limita ad amare quelli che lo conoscono e lo rispettano o solo quelli che sono buoni. Lui ama anche quelli che sbagliano, anzi, soprattutto quelli che sbagliano.”
A quelle parole, Angel ebbe quasi un sobbalzo. “Cosa?! Ma è un ragionamento che non ha senso. Perché amare quelli che sbagliano più di quelli che fanno giusto?”
Era un insegnamento che entrava in totale contraddizione con quello che aveva sempre vissuto. Quando da piccola faceva qualcosa di giusto, suo nonno la lodava, ma, quando sbagliava, o la sgridava o gliele dava, in proporzione all’errore fatto. Come era giusto che fosse, e lo disse anche alla sua compagna.
Zakuro scosse la testa. “Può sembrare un comportamento senza senso, ma è un comportamento giusto. Dio, per noi, è un padre. E un padre ama tutti i suoi figli, senza distinzione. Tuo nonno forse ti puniva dandoti uno schiaffone quando sbagliavi, ma ti amava di meno perché sbagliavi?”
Angel non ebbe nessun dubbio. “Certo che no! Mio nonno ha amato più me che qualunque altra persona.”
Zakuro socchiuse gli occhi. “Vedi? Il ragionamento è sempre quello. È in questo che Dio è diverso da Profondo Blu. Anzi…” disse ancora. “Anche se non hai mai conosciuto Dio, tu stessa puoi parlargli, se vuoi.”
La più piccola non voleva credere alle proprie orecchie. “Parlargli? No… non ne sarei capace. Cosa potrei dirgli?”
“Quello che vuoi. Ad esempio, potresti pregarlo di vegliare e proteggere una persona che ami.”
“Una persona che amo…” ripetè mormorando Angel. Non aveva nessun dubbio di chi poteva trattarsi. “Zakuro, io non sarei capace di pregare questo Dio. Non potresti farlo tu per me?” le chiese quasi implorante.
“Certo. Di chi si tratta?” chiese la più grande.
“Di mia nonna. Mi sta aspettando sola a casa da tanto tempo, senza un’idea di dove io sia. Credeva che sarei tornata dopo un paio di giorni, ma le cose non sono andate così. Chissà quanto avrà pianto, non vedendomi tornare. Magari starà pensando che io sia morta. Dì a Dio di dirle che sto bene e che presto tornerò a casa.”
Zakuro fece un sorriso, intenerita dalla bontà e anche dall’ingenuità di quella ragazza. “Va bene, Angel. La ricorderò nella preghiera di stasera. Vuoi chiedermi qualcos’altro?”
La più piccola ci pensò. “Veramente sì. Prima mi chiedevo perché quel sacerdote non ha parlato di vendetta, quando vi ha accennato di quei Cristiani uccisi, ma penso di averlo capito, ora. Ma perché quelle persone chiamate Musulmani li hanno ammazzati?”
Zakuro allora mise a terra la borsa, e ne tirò fuori alcune fotografie ritagliate da una rivista.
“Guarda”, disse porgendole ad Angel.
La più piccola le osservò attentamente. Raffiguravano persone abbastanza scure di pelle che si trovavano in una città devastata, con fiamme e vapori sullo sfondo. Queste persone erano ferite, ustionate, con arti rotti e fasciati, e avevano tutte una gran paura negli occhi.
“È quello che è successo in questi giorni in quei paesi lontani”, spiegò Zakuro.
“Ma è orribile!” commentò Angel, disgustata. Quelle immagini le ricordavano certe situazioni terrificanti che, durante la sua crescita, aveva visto a casa sua. Ma nessuna delle scene che aveva visto coi suoi occhi era stata provocata da altri uomini come lei. “Chi mai potrebbe fare una cosa così inumana?”
“Queste cose inumane vengono fatte quando entra in gioco il cosiddetto integralismo religioso”, spiegò la donna più grande, riprendendo le fotografie.
“E che cos’è l’integralismo religioso?” chiese Angel, che era la prima volta che sentiva quel termine.
“Per farla breve, è quando una persona che segue un certo credo viene a poco a poco assorbita sempre di più dai dogmi, dalle regole e dai precetti della sua religione. La sua mente comincia ad annebbiarsi e più il tempo passa più perde la facoltà di ragionare e di mettersi nei panni altrui. Fino ad arrivare al punto di decidere che la sua religione non deve più restare nel suo privato, ma va imposta a tutti quelli intorno a lei. E può arrivare anche ad uccidere nel nome del proprio dio.”
Angel la guardava sbalordita. Era un discorso agghiacciante.
“I musulmani di cui parlava il prete sono un gruppo religioso differente da quello dei cristiani. In Medio Oriente esistono gruppi di musulmani integralisti che hanno esteso le regole dell’Islam a tutto il territorio. E se c’è chi si ostina ad avere credi diversi, come i Cristiani, li uccidono.”
Angel non riusciva quasi a credere a tutti quei discorsi. Davvero altri uomini come lei erano capaci di compiere azioni tanto malvagie e insensate?
“Anche il modo di pensare di Flan è quello”, continuò Zakuro. “Profondo Blu, il suo dio, gli aveva insegnato che gli umani sono solo parassiti da sterminare, ma lui, usando il suo cervello, avrebbe anche potuto decidere che questi insegnamenti non gli andavano bene, avrebbe potuto dire di no, avrebbe potuto mettere dei paletti, tenere quello che di buono c’era nella sua religione ed escludere le cose malvagie. Invece ha scelto di comportarsi come questi islamici di cui ti ho parlato. Puoi odiare Flan come vuoi, è sacrosanto, ma cerca anche di compatirlo: perché lui non è più in grado di ragionare con la sua testa.”
La mente della più piccola lavorava senza posa, tanto da stare arrivando a farle male. Allora non era vero, forse, quello che aveva pensato fino a quel momento. Forse, dopotutto, c’era qualcosa che accomunava gli uomini e gli alieni, e veniva tutto dal tipo di pensiero, non dalla specie in sé. Finalmente, dopo più di sette anni, la mente di Angel stava incominciando ad aprirsi verso altre possibilità. Ma le frasi con cui Zakuro finì la spiegazione gliela fecero richiudere immediatamente.
“Anche Waffle si comporta in questo modo per questo motivo. Sono sicura che, se non fosse stato cresciuto da Flan e suo padre non gli avesse fatto il lavaggio del cervello, ora sarebbe un ragazzo molto diverso da quello che è diventato.”
A quelle parole, subito il cuore di Angel si indurì di nuovo, e le rispose, quasi urlando, tanto che alcune persone che stavano passando di lì si girarono a guardarla:
“no! Waffle non è così per questo motivo! Il tuo discorso di prima non ha fatto una piega, Zakuro… ma quello che hai detto vale solo per gli uomini. Gli alieni sono malvagi dentro, c’è poco da discutere. È così e basta. Se Waffle fosse cresciuto senza Flan, sarebbe diventato cattivo comunque. È così, ecco!”
Il viso, per l’agitazione, le era diventato rosso, il respiro affannoso e gli occhi stralunati, e sembrava quasi che volesse convincere se stessa, più che Zakuro.
La quale, senza fare una piega, le disse soltanto:
“se ti vuoi intestardire sulle tue convinzioni, non posso farci niente. Però in futuro rifletti su quello che hai imparato oggi, meditaci attentamente e trai le giuste conclusioni. Ora ti riaccompagno a casa, che fra poco è ora di mangiare.”
Ed iniziarono a camminare, ma non più insieme come erano arrivate all’andata. Angel stava alcuni metri indietro, abbattuta, a testa bassa e continuando a rimuginare quelle realtà scomode nella testa. Ma i metri percorsi dalle due donne furono molto pochi: dopo alcuni passi, Zakuro si bloccò, rigida, vigile, seria. Angel, che persa nei suoi pensieri non si era accorta che si era fermata, le andò a sbattere contro.
“Che fai?” le chiese Angel un po’ irritata.
“Zitta. Sta arrivando”, rispose la più grande, misteriosamente.
“Sta arrivando?” ripeté Angel, stupita. Si mise anche lei attenta, in silenzio, per un po’. “Chi o cosa sta arrivando? Io non sento niente”, disse infine.
Ma Zakuro non rispose, né mutò la sua espressione rigida. Rimasero lì, immobili, coi nervi tesi e l’attenzione alta, mentre la folla di persone passava loro accanto impassibile.

 

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Per inciso, la cattedrale in questione è questa.

   
 
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