Luglio e Agosto passarono veloci.
Oliver e
Felicity da una parte,
Julie e Joel dall'altra, avevano trascorso i due mesi estivi senza
rivedersi. Erano sempre state Felicity e Julie a mantenere i
contatti, dato che gli oltre 300 km di distanza e i diversi impegni
lavorativi non aiutavano le riunioni. Ma quei due mesi ovviamente
furono vissuti diversamente dalle due. Ci furono giusto un paio di
chiamate, e la cosa era normale, ma mentre una inconsapevole Felicity
chiamava una amica per sapere come stava, dall'altra parte della
cornetta si trovava chi quelle telefonate le avrebbe volute evitare
come la peste. E non perché Julie non le volesse bene, anzi,
ma
perché non riusciva a sentirsi pulita nei suoi confronti.
Quei pochi
minuti di comunicazione erano come una tortura; cercare di mantenere
una normale apparenza era difficilissimo, soprattutto considerato il
fuoco del peccato che la consumava dall'interno.
E questa era l'immagine riflessa
dei loro matrimoni.
Ad Orlando,
Felicity aveva
notato un po' di distrazione in Oliver. Gli impegni lavorativi di lui
erano sempre stati tanti, e spesso lo portavano fuori città,
ma una
volta tornato a casa era sempre stato molto presente. Negli ultimi
mesi invece era cambiato qualcosa, un qualcosa di quasi
impercettibile, ma che non le era sfuggito. Quando provò a
chiedergli cosa succedesse, lui si giustificò dicendo di
avere un
grosso contratto in ballo a cui teneva molto e a cui stava dedicando
tutte le sue energie. Felicity non aveva motivo di dubitare di quelle
parole. D'altro canto invece Oliver si sentiva quasi impazzire, non
le aveva mai mentito e questo lo faceva diventare matto. Ma realmente
cosa avrebbe dovuto dirle? Confessare di aver baciato la sua amica?
Confessare che non era facile fare tabula rasa dei suoi pensieri?
Pensò più volte a cosa fosse giusto fare, e
concluse decidendo che
la verità avrebbe distrutto due matrimoni e una amicizia. Ma
il
tarlo più insistente continuava a fargli chiedere
perché. Perché
aveva baciato Julie? Dov'era la sua amata in quel momento?
Perché il
suo cuore aveva avuto un cedimento?
Se dapprima aveva pensato che
quel momento sarebbe stato come mai esistito, si ritrovò a
fronteggiare quella realtà che non lo faceva dormire di
notte.
Più a sud, in Florida, le cose non erano diverse e anche Joel non poté che notare un cambiamento in Julie. Lei si era giustificata ammettendo la sua lontananza, ma attribuendola al lavoro, alla stanchezza, alla loro routine che stava cambiando; e Joel, che come Felicity non aveva motivo di dubitare, aveva preso per buone quelle parole.
La consapevolezza e l'esperienza portano a capire che il matrimonio è fatto di alti e bassi, gli umori delle persone non possono non avere cali, e avevano entrambi pensato fosse solo un momento di down. La cosa fu presa talmente alla leggera che Felicity non raccontò niente neanche alle sue confidenti, tra cui Julie, ritenendo non ci fosse nessun problema, se non il solito atteggiamento di Oliver di tenerla a volte fuori dalle sue decisioni.
24 Settembre. Miami. Compleanno di Sara
Come ogni
anno, motivo di
ritrovo di amici di vecchia data, era la festa di compleanno di Sara
Lance. Cugina di Julie, aveva avuto un breve flirt con Oliver in
quegli anni in cui Oliver non dava molto spazio alle vere emozioni
tanto quanto ne dava alle cose materiali. La storia tra i due era
durata pochissimo, Sara non si era mai illusa di poter avere da lui
qualcosa di più, e questa disillusione le permise, una volta
finita
la relazione, di poter comunque instaurare una amicizia con Oliver e
successivamente con Felicity, la quale, superata la normale prima
fase di gelosia aveva imparato a conoscerla.
Ormai il college era finito, e
cinque anni erano passati. Ognuno aveva costruito la sua vita.
Lo
splendido attico che ospitava
la festa si affacciava sulla baia e regalava una magnifica vista agli
invitati. Sara amava le cose ben preparate, era una organizzatrice
nata non le sfuggiva niente, e questo suo lato caratteriale si
manifestava in qualsiasi occasione. La sua festa come ogni anno era
perfetta, e non perché la location, il catering o gli
addobbi
fossero di prima scelta, ma perché sapeva ricreare un
ambiente
intimo e gioioso.
Quando Julie e Joel arrivarono
c'erano già una trentina di persone, tra cui Oliver e
Felicity.
Fecero ovviamente per primi gli auguri alla festeggiata e salutarono pian piano tutti. Joel sorridente e con il suo solito fare burlone aveva fatto il giro degli amici, Julie invece si sentiva morire. Strinse forte Sara e parlarono per qualche minuto, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi. Appena varcata la soglia d'ingresso si era sentita il cuore stretto in una morsa, da una parte il terribile fardello di dover salutare impassibile Felicity, dall'altra la paura di vedere nuovamente Oliver. Perché? Perché mai questa assurda paura?
Erano passati tre mesi dall'ultima volta che si erano visti e non sapeva bene cosa passasse a lui nella testa. Voleva convincersi che la paura che provava era frutto dell'odio che Oliver potesse provare per lei; ma la realtà dei fatti, quella che non voleva ammettere, era che aveva paura che Oliver non provasse i suoi stessi dubbi e le sue stesse emozioni.
Vedere Oliver la fece sobbalzare, sentiva un rumore in testa che non la faceva concentrare sul resto, era come se la stanza fosse vuota. Felicity si accorse di loro e le fece cenno di avvicinarsi, poi la salutò calorosamente. Julie era ovviamente trattenuta, ma doveva cercare di non darlo a vedere, sapeva benissimo che l'amica non era una stupida, e non sapendo come Oliver si stesse comportando a casa, non poteva permettere che collegasse le due cose. O forse mai nessuno le avrebbe potute collegare, ma la colpa le faceva immaginare di tutto. Si volse poi verso Oliver, quasi in esplorazione, cercando di capirne i pensieri, e lui le si avvicinò per salutarla mettendole una mano sulla schiena. Fu come se Julie sentisse il tocco delle mani di Oliver per la prima volta nella sua vita. Era successo centinaia di volte in passato che si abbracciassero, giocassero, che stessero vicini, eppure non c'era mai stata malizia, e adesso tutto aveva un sapore nuovo. Un sapore che dava alla testa e che non faceva ragionare.
E anche per
Oliver era inutile
negare che quel bacio fosse stato niente. Aveva scatenato in lui
qualcosa che cercava di ricacciare in fondo al suo io, ma quel
qualcosa ormai aveva visto la luce ed era troppo affamato di vita per
restare nascosto nel dimenticatoio. Vedere Julie gli aveva fatto
aumentare i battiti cardiaci, ma quella sensazione non l'aveva
associata all'eccitazione, bensì al dubbio. Lottava, Oliver,
con
tutte le sue forze, per giustificare sé stesso, ma
più provava meno
riusciva.
Il saluto durò pochi istanti,
lo scambio veloce di sguardi fu interrotto dal richiamo degli amici
che li invitavano ad unirsi loro e Oliver e Julie parteciparono col
corpo alla festa, ma con la mente tornarono alle Keys.
La serata passò piacevolmente per tutti gli invitati e al momento del taglio della torta Sara e il suo fidanzato Trevor annunciarono che a settembre dell'anno successivo si sarebbero sposati e insieme elencarono i nomi delle damigelle e dei testimoni. Felicity, Julie e le amiche intime Thea e Lyla per la sposa e Oliver, Joel, Roy e Jhon per lo sposo. Il clima non poté che surriscaldarsi, così come gli animi aiutati dall'alcool e la serata finì tra mille risate e gli umori di Oliver e Julie risorsero grazie a chi l'attenzione l'aveva spostata da un'altra parte.
La notte
della festa, Oliver e
Felicity dormirono a casa della madre di lui; il rientro sarebbe
stato troppo lungo da affrontare di notte e ogni qual volta si
trovavano a Miami ne approfittavano per trascorrere del tempo con le
loro famiglie.
Erano le tre di notte quando
rincasarono e mentre Felicity si addormentò subito, Oliver
si
sedette nello studio di suo padre in compagnia di un bicchiere di
scotch.
I pensieri lo tormentavano, non
riusciva a concepire come il suo cuore si fosse leggermente
allontanato da Felicity, colei che poteva definire l'amore della sua
vita. Mai nessuna gli aveva fatto provare cosa significasse essere
amato. In gioventù non era mai stato troppo attento a chi si
portava
a letto perché il suo unico obbiettivo era il divertimento,
ma aveva
sempre notato che le ragazze lo avvicinavano perché attirate
dalla
ricchezza oltre che dalla sua bellezza. Felicity era diversa dalle
altre, Felicity aveva scorto il vero Oliver, aveva accettato i suoi
pregi e i suoi difetti, e insieme avevano provato cosa voleva dire
abbandonarsi totalmente a qualcun altro.
E ancora in
quel momento non
poteva identificare che in lei il suo vero amore. Allora
perché
quella tentazione che si insinuava nella sua mente? Si alzò
dalla
poltrona in pelle e si avvicinò alla finestra per osservare
il buio
della notte; l'agitazione e il nervoso cresceva a tal punto che
d'improvviso tirò un pugno al muro. Iniziava a cedere,
Oliver.
Poi cercò di respirare più
lentamente, cercò una soluzione, e scelse Felicity ancora e
comunque; e decise che avrebbe dovuto dedicarsi a lei anima e cuore,
cercando di non ascoltare quella voce che lo voleva portare lontano.
Non la
stessa cosa succedeva a
casa Edwards.
Joel aveva brindato
eccessivamente, e una volta rincasato crollò sul divano;
Julie
invece non aveva bevuto più di tanto e non aveva sonno.
Andò in
bagno a prepararsi per la notte e mentre si struccava guardava fissa
la sua immagine riflessa allo specchio. Il cotone trascinava via il
mascara sporcandole le guance e rendendo il suo sguardo ancora
più
cupo. Voleva urlare, Julie, voleva spaccare lo specchio e colpire
tutto ciò che aveva intorno, ma non poteva farlo. Allora
rimase in
silenzio, a guardare quella donna che non riconosceva; una donna che
stava rovinando tutto ciò che di meraviglioso la vita le
aveva
regalato. Il suo continuo pensare a Oliver non solo avrebbe distrutto
l'amicizia con Felicity, ma più orrendamente avrebbe ferito
la
persona più deliziosa al mondo, che era suo marito.
Joel era un
uomo stupendo,
comprensivo, appassionato, innamorato, presente e buono;
essenzialmente buono.
Sapeva che ferendolo così
profondamente avrebbe graffiato troppo a fondo la sua anima. E questo
perché negli anni erano stati tutto l'uno per l'altra,
eppure in
quel momento un tarlo si insinuava profondamente nei suoi sentimenti.
Non poteva dirsi innamorata di Oliver, non avrebbe avuto senso, ma il
continuo sussultare ricordando quel bacio la destabilizzava
incredibilmente. Allora pianse, le lacrime le sgorgarono fuori dagli
occhi prepotentemente, incredula di fronte allo scherzo che la sua
mente le stava giocando. Si sentiva su delle montagne russe che la
portavano prima in alto lassù dove la crisi si faceva
più sentire e
poi la riportavano in basso, dove la logica la aiutava a credere che
tutto si potesse superare con la sola forza di volontà.
E
così passarono i giorni, le
settimane, e infine i mesi.
Ottobre
Novembre
Julie e Oliver non si erano
comportati molto diversamente; entrambi andarono semplicemente avanti
con le loro vite, credendo che il tempo avrebbe aiutato, ma
addormentandosi ogni notte con la mente che volava via da casa.
Poi alla
J&W, a Dicembre, si presentò Mr.
Damien
Darhk ricco uomo d'affari titolare di una lussuosa fabbrica di
arredamenti, in cerca di una grossa campagna pubblicitaria che gli
permettesse di arrivare a conquistare il mercato d'élite.
Julie
avrebbe potuto trovare migliaia di possibili esperti del settore con
cui collaborare a Miami, ma sapeva benissimo che la persona di
maggior talento che conosceva non si trovava certo in città.
Fece
quindi fissare un appuntamento con la Chaos Consolidated per il 5
Dicembre.
Oliver,
direttore della nota compagnia di interior design, ricevette con
stupore l'appunto formale della riunione, e arrivata la data
dell'evento accolse il signor Darhk, accompagnato da due soci in
affari, e da Julie che si era prestata in prima persona per gestire
l'ingaggio.
Il primo incontro durò un'ora, tempo in cui il cliente espresse la sua idea decisa di come dovesse essere impostata la campagna pubblicitaria. Lo studio di Oliver si sarebbe occupato di realizzare in lussuosissime ville esempi di arredamento da proporre al pubblico. C'erano in ballo due milioni di dollari e sia per Julie che per Oliver sarebbe stato un grosso colpo. Durante quell'ora i due avevano interloquito come perfetti estranei e poi terminato il meeting avevano salutato il Sig, Darhk, dandogli appuntamento al mese successivo; nel frattempo pubblicitari e interior designs si sarebbero rapportati con il team del tycoon.
Lasciati
i clienti, Julie e Oliver tirarono un respiro di sollievo, nonostante
il loro savoir faire la tensione per la prestazione era stata tanta.
Julie
sorrise e gli disse:
“Avevo
una paura terrificante, invece siamo stati bravi! L'ho visto andare
via soddisfatto.”
“Avevi
qualche dubbio?” rispose lui gongolando e poi le chiese:
“È
un caso che tu sia qua?”
“Sono
sicura che a Miami avrei trovato migliaia di alternative, ma mi
è
sembrata una buona scusa per venire a trovarti” rispose lei
con la
voce quasi tremante.
Oliver
chinò un po' la testa sorpreso per la sua risposta, ma
stranamente
concordante con lei e le disse con voce bassa:
“Sono
contento che tu sia qui, avevo voglia di vederti, tanta...”
Julie
deglutì frastornata, avrebbe voluto rispondergli la stessa
cosa, ma
era giusto alimentare la cosa? Poi capì di averlo fatto nel
momento
stesso in cui si era presentata a Orlando.
Oliver
allora la invitò a vedere il suo ufficio, che si trovava al
termine
di una scala di cristallo. La fece entrare per prima e poi si chiuse
la porta alle spalle. Rimasero immobili uno di fronte all'altra e da
quel momento non si dissero una singola parola. Si guardarono per
qualche secondo che sembrò interminabile; Julie non riusciva
a
sostenere il suo sguardo, era troppo difficile. Oliver la fissava e
il respiro si fece affannoso. Voleva baciarlo, solo baciarlo. Ma si
trattenne; fino a quando non lo fece lui. La mise spalle al muro e la
baciò, e poi ancora. Era ciò che Julie
desiderava, e nessuna colpa
in quel momento riusciva a distrarla dalle mani di lui che con fare
così maschio tenevano il suo viso.
Poi
Oliver le sussurrò:
“Non
riesco a resisterti più.”
E
in quel momento Julie si abbandonò completamente. Non
importava dove
si trovassero, l'eccitazione non li faceva ragionare.
Ogni
movimento di lui era così forte e possente, il suo respiro
era ciò
che Julie voleva sentire sfiorarle la pelle.
Nessun
risentimento in quel momento bussava le loro coscienze, avevano solo
bisogno di sentirsi avvolgere completamente.
Oliver
la girò di scatto e la mise faccia al muro, le
spostò i capelli
sulla spalla e baciandole il collo le abbassò lentamente la
lampo
del tubino nero, che cadde sul pavimento.
Julie
riprese il controllo e gli tolse la giacca, poi sbottonò la
camicia
e piano lo spinse verso la scrivania.
I
baci di Oliver erano ciò di più vicino all'estasi
che Julie avesse
mai provato.
Lui
poì la sollevò di peso per farla sedere sul
tavolo, le allargò le
gambe e si avvicinò al suo corpo e fecero l'amore.
Appassionato,
duro, sfacciato. Libero sfogo del desiderio ardente che da troppi
mesi avevano imprigionato e zittito.
Quando
poi si separarono, si salutarono con un abbraccio, che nascondeva
discordanti emozioni: la pace data alle voglie trattenute degli
ultimi mesi, e la tristezza data dalla consapevolezza di aver
oltrepassato un limite.
Julie
fece per andare via e mentre aprì la porta Oliver la
bloccò:
“Passeranno
mesi prima che ci vedremo di nuovo?”
“Perché,
dovremmo?” rispose lei.
“No,
se volessimo fare la cosa giusta” assentì lui.
E
Julie andando via aggiunse a bassa voce:
“E
questa è l'unica risposta possibile.”