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Autore: Bo_Belle    11/04/2009    4 recensioni
L'imprevisto entra nella vita della famiglia Duke. Potrà mai essere tutto come prima?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V
CAPITOLO V

    Jesse, respirando affannosamente, spalancò la porta della cucina. I suoi tre ragazzi, seduti a tavola con il capo chino, sobbalzarono.
“Zio Jesse!” esclamò Bo, gli occhi ancora rossi e un fremito nella voce.
“Scusaci se ci siamo messi a tavola senza di te, ci siamo appena seduti…” seguì Daisy con incertezza “…Luke ha detto che sarebbe stato meglio cominciare e…”
“Si stava facendo tardi, mi dispiace” concluse Luke, un tono si scusa nella voce per aver assunto un ruolo che non gli competeva ancora.
Jesse volse i suoi occhi affettuosi verso Luke: “Hai fatto bene, decisione giusta” disse sorridendo dolcemente “E non scusatevi. Mi dovrei scusare io con voi per non..”
“Oh, no zio Jesse…” lo interruppe Daisy, contravvenendo alle regole della casa. Sorrise imbarazzata: “Luke stava per pronunciare la preghiera. Adesso che sei tornato, fallo tu”
Jesse guardò Luke, che annuì. Non perse tempo, si lavò le mani, si sedette a tavola, giunse i palmi e chinò il capo: “Signore, ti rendiamo grazie per il cibo che ci doni. Ti preghiamo di rendere forte la nostra famiglia” la voce si incrinò ” e di sostenerla nelle ore difficili. Amen”
“Amen”, risposero all’unisono, in un soffio, Luke, Daisy e Bo.

    Daisy servì lo zio e i cugini. Jesse guardò nel piatto. Le uova erano più strapazzate del solito, il bacon era troppo abbrustolito e il pane era completamente bruciato.
“Mi dispiace Jesse, devo aver tenuto il bacon sul fuoco troppo a lungo” si scusò Luke.
“E io ho esagerato nel mescolare le uova” aggiunse Daisy mortificata.
Bo si morse il labbro inferiore. “Zio Jesse…io mi sono completamente dimenticato del pane…”
“Oh, ragazzi, non preoccupatevi” li rincuorò Jesse, la voce sempre incrinata “Va tutto bene,  quello che conta è che abbiamo cibo sulla tavola e lo stiamo consumando insieme.”
Quelle parole crollarono come un macigno sui quattro. Le teste si chinarono, il silenzio era interrotto solo dal rumore delle posate.
Quella mattina non si mangiò con appetito in casa Duke, persino Bo sbocconcellò di malavoglia. Tutti si sforzarono comunque di consumare quanto si trovava nel piatto, perché alla fattoria non si sprecava cibo, mai, per nessuna ragione.
 
    Quando la colazione fu terminata Jesse guardò l’orologio. Erano le otto. Guardò i suoi ragazzi con uno sguardo indefinito. Incrociò lo sguardo di Luke, c’era un’apparente fermezza nel suo volto scavato. Si voltò verso Daisy e nei suoi occhi umidi colse una tristezza infinita. E Bo…il piccolo Bo, che cercava di imitare il cugino più grande ma che nei movimenti nervosi delle palpebre e dei suoi due splendidi specchi di mare tradiva paura.
“Abbiamo un’ora” sospirò Jesse. “Daisy, cara, ti dispiace sistemare tutto mentre io vado a prepararmi?” La ragazza balzò in piedi: “Certo, zio Jesse. Ci penso io”.
Il vecchio Duke si diresse verso la sua camera.
Bo e Luke si guardarono. Il maggiore si alzò e uscì sul portico, il biondino lo seguì lentamente.
“Bo, scusami per prima” disse Luke dopo una pausa breve, ma interminabile.
“Scusarti? Luke, ma per quale motivo?!” lo incalzò subito il minore, stupito.
Luke lo fissò negli occhi: “Per essermi sottratto al tuo sguardo, cugino. E per essermi voltato come un vigliacco. Io non so…”
“Luke! Smettila! Non sei stato un vigliacco, tu non sarai mai un vigliacco!” esclamò Bo con veemenza.
“Quando qualcuno cerca un appoggio e tu ti giri dall’altra parte sei un vigliacco. E io non dovrei comportarmi così con te, Bo” un tono di scoramento a segnare le ultime parole.
“Luke…” Bo non sapeva continuare la frase. Non era abituato a vedere Luke a testa bassa e sconsolato. Se Luke avesse ceduto, cosa avrebbe fatto lui?
Luke scese i gradini del portico e si diresse verso la Plymouth gialla di Daisy. Bo, impietrito, rimase immobile vicino al dondolo.

    Nella sua camera Jesse Duke si stava vestendo. Quel vestito nero inamidato, quella camicia bianca, troppo pulita, lo rattristavano profondamente. Si avvicinò alla specchiera per sistemarsi la cravatta. Lì, accanto alla vecchia bottiglia di profumo vuota di Martha, osservò le sue due fotografie preferite. A destra, da una bella cornice marrone, sorridevano un uomo e una donna innamorati, lui in piedi, lei seduta davanti, un angelo biondo sulle sue ginocchia, un bambino serio e una bimba dolcissima al suo fianco. Jesse accarezzò la foto, soffermandosi con le dita sul volto di colei che stava al centro. Poi si girò a guardare la vecchia cornice di sinistra, un pezzo dell’angolo in alto incollato in maniera imprecisa. Nove facce lo scrutavano da quella immagine sbiadita: un anziano uomo con folta barba bianca e una mansueta signora seduti al centro, sette baldi, robusti ragazzi a circondarli dietro. Sguardi fieri, scintillanti. Jesse Duke fissò a lungo quella fotografia: scrutò i volti di suo padre, di sua madre, dei suoi fratelli. Cercò nei loro occhi, negli occhi che solo i veri contrabbandieri della Georgia potevano avere, la risposta. Dopo lunghi momenti, ad un tratto, sobbalzò. Poteva essere?! Ma certo! Eccola la risposta! L’aveva trovata! Il vecchio cuore dei Duke non l’aveva tradito! Afferrò il cappello e uscì di corsa dalla stanza.

    Vicino alla macchina di Daisy, nei pressi del granaio i tre cugini attendevano con impazienza: erano le otto e mezza, si stava facendo tardi. Il vecchio Jesse si precipitò fuori, ansimando per la fretta. Dirigendosi verso il suo vecchio pick-up disse:
“Daisy, per favore, accompagna tu i ragazzi, io vi raggiungerò più tardi”.
I tre nipoti non credevano alle loro orecchie.
“Ma zio Jesse cosa stai dicendo?” chiese sbalordita Daisy.
“Cosa vuol dire che ci raggiungerai dopo?” – Bo non riuscì a trattenersi e alzò la voce più del dovuto – “Non puoi lasciarci andare soli, diglielo anche tu, Luke!”
“Jesse… –Luke cercò di mantenere la calma, facendo cenno al cugino di tenere un tono rispettoso – Jesse…stai veramente dicendo che dobbiamo andare da soli?”. La mano del ragazzo, istintivamente, aveva afferrato con forza il braccio dello zio.
Jesse aveva già aperto la portiera del furgoncino, ma quando sentì la stretta del nipote si bloccò: Luke non si sarebbe dovuto permettere. Si voltò a fissarlo, ma quando i suoi occhi infuocati si fissarono su quelli del nipote, forti e allo stesso tempo pieni di paura, il vecchio Jesse sentì un tuffo al cuore. Posò le mani sulle spalle del ragazzo, lo guardò con ferma dolcezza e gli disse: “Luke, sai che mai vi lascerei in una circostanza del genere se non fosse assolutamente indispensabile. Vi ho mai traditi?” – gli occhi a cercare conferma in quelli del ragazzo. Luke sospirò e scosse la testa. “Nipote mio, allora dovete fidarvi anche questa volta. Devo fare una cosa molto importante, ma tornerò dai voi. Te lo prometto.” Volse lo sguardo a Daisy, che osservava la scena incredula, e a Bo, che faticava a trattenere la rabbia, quasi fosse pronto ad esplodere in uno sfogo disperato.
“E ti prego, Luke, - aggiunse Jesse – spiegalo a tuoi cugini, specialmente a Bo. Posso capire dai suoi occhi che ha molta paura. Stagli vicino come farei io, so che puoi farlo, perché sei un ragazzo forte”. Le ultime parole furono accompagnate da un abbraccio tenero e vigoroso. Luke, trattenendo la forte commozione, osservò Jesse salire sul pick-up e partire.
“Come hai potuto lasciarlo andare , Luke?” urlò Bo appena le ruote sgommarono.
“Bo, dai, calmati” cercava di trattenerlo Daisy.
“Luke, come faremo senza di lui?” insisteva Bo.
Luke raggiunse il cugino. Cercava di tenere in mente che lui era un ragazzo forte.
“Daisy ha ragione, Bo” – gli disse nel tono più convincente possibile – “ti devi calmare. Oggi abbiamo bisogno di mantenere i nervi saldi. Ti prego”.
“Ma…Luke… - insistette Bo con rabbia – sai bene che sarà difficilissimo senza zio Jesse. Io non riesco a riconoscerlo. Cosa ci può essere di più importante?”
Luke sospirò: “Non lo so, Bo. Ma zio Jesse ha ragione, non ha mai deluso la nostra fiducia. Sono sicuro che non lo farà nemmeno oggi”. E rivolto a Daisy: “Coraggio, saliamo in macchina e andiamo”.
Daisy ubbidì e si mise subito al volante della sua auto. Bo montò sul sedile posteriore, non avrebbe mai pensato di poter essere così deluso e arrabbiato con lo zio. Luke prese posto davanti. Sospirava profondamente. Mentre l’automobile si allontanava dalla fattoria lui ripeteva a sé stesso che era un ragazzo forte.
  
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