Popolo
di Efp... Ben ritrovato! :)
Dopo
una luuunga, lunghissima assenza, rieccomi qua con una nuova storia.
Cosa esce fuori se si mescolano assieme una settimana di noia e
influenza, un album dei Three Days Grace, una raccolta di racconti di
Asimov e una maratona - lunga una notte intera - di Supernatural,
riguardato
per l'ennesima
volta masticando orsetti gommosi?
Be',
un bel disastro, direte voi. E forse avete ragione >.< Però
l'idea
mi frullava in testa da un po'
e, visto che da ammalata ho avuto un sacco di tempo libero, ho
provato a metterla giù
sotto forma di storia... Spero che il risultato non sia troppo
indecente, e che magari vi piaccia anche un po'
:) Ma prima di cominciare, meglio specificare un paio di avvertenze:
• Gli eventi di questa storia si
rifanno principalmente a quelli della nona stagione. Perciò, se non
l'avete ancora vista, potreste incorrere in possibili spoiler:
procedete a vostro rischio e pericolo... Io vi ho avvertito u.u
•
Mi impegnerò per aggiornare regolarmente, ma con una cadenza
settimanale o bisettimanale. Questo perché, da qualche tempo, non
dispongo più di una connessione domestica. Perciò, perdonate le
lunghe attese, o i piccoli ritardi... Cercherò di tenervi informati,
di volta in volta, sulle date degli aggiornamenti - che saranno di più capitoli alla volta, come oggi :)
Detto questo, vi lascio alla storia!
Saluti dalla vostra
A. ;)
PROLOGO
Attivazione rilevamento danni... Avviamento scansione: 10%.
C'è
tanto dolore. Tanto, tanto dolore. E fumo, calore. Caos.
L'impatto
ha sicuramente procurato dei danni. Il sistema fatica a funzionare...
Molti sensori non mandano alcun segnale: sono come morti. E quelli
che ancora regiscono, purtroppo, non trasmettono buone
notizie.
Rapporto parziale degli errori. Estensione del danno danno strutturale: 78%. Estensione del danno software: 56%. Autonomia residua: insufficiente.
I sensori visivi sono scollegati, quelli uditivi sono stati distrutti dall'esplosione. I cavi scoperti sfrigolano e schioccano, l'alta tensione si scarica liberamente sul terreno circostante, scoppiettando come una pentola d'olio bollente. Le sensazioni tattili sono compromesse; non bastano, per ricavare sufficienti informazioni sull'ambiente esterno. Non c'è alcuna possibilità di stabilire con esattezza i parametri basilari - temperatura, umidità, posizione geografica e presenza di forme di vita nei dintorni.
Arto
superiore destro: danneggiato al 37%.
Arto
superiore sinistro: danneggiato al 62%.
Attenzione:
si prega di intervenire al più presto per la riparazione degli
errori. Urgenza: codice 4773.
Il prototipo numero 100 avvia automaticamente le opzioni per tentare di ripararsi e risparmiare energia, ma l'autonomia del sistema sta calando vertiginosamente e presto non sarà più in grado di restare in funzione. E, siccome tutti i prototipi sono programmati per autopreservarsi in caso di incidente, il protocollo prevede che ora il prototipo 100 usi le energie residue per orientarsi e dirigersi verso il più vicino centro di riparazione. Sì, ma come? E dove?
Arto
inferiore destro:danneggiato all'87%.
Arto
inferiore sinistro: danneggiato al 98%.
Pericolo
di surriscaldamento del sistema.
I
danni sono considerevoli. Invalidanti.
L'androide
non può spostarsi, qualunque sia il luogo su cui è
così sgraziatamente atterrato. È
cieco, sordo e muto; paralizzato e solo in un ambiente che non
conosce. E, per quanto si sforzi di muoversi, il corpo sintetico in
cui è imprigionato non si muove di un millimetro – ma il suo
cervello funziona, la sua coscienza è attiva: e il contrasto è
straziante. La macchina sbatte le palpebre, ma il buio che ha davanti
agli occhi non si dissipa – tutto è buio e silenzioso; e, se
l'androide avesse un cuore, forse chiamerebbe paura
quell'improvviso
smarrimento che aggredisce il suo sistema, mandandolo in tilt.
Non
voglio stare qui. Io non appartengo a questo luogo.
Tutto
ciò che il prototipo 100 ricorda è un lungo sonno, sereno e
tranquillo, interrotto da uno scoppio improvviso e dal devastante,
bruciante impatto con un'atmosfera sconosciuta. E ora, ora...
Ora
c'è soltanto dolore. Sofferenza negli arti, sofferenza nel tronco di
un esoscheletro mangiato dal fuoco e ormai inservibile; ma,
soprattutto, sofferenza in una parte profonda che non può essere
chiamata né sistema,
né
codice,
né
software.
Prototipo 100 è a pezzi, ma è speciale. Non solo perché fa parte
di una serie di robot sperimentali prodotti con fattezze
incredibilmente umane; ma anche, e soprattutto, perché gli è stata
innestata una piccola variabile, una scintilla di volontà che lo
rende una creatura esattamente a metà tra un uomo e una macchina –
o forse no, non è esatto: in realtà, non esiste davvero una scala su cui
collocarlo. Perché ciò che rende speciale Prototipo 100, ciò che
lo fa soffrire... È la coscienza di sé stesso.
Non
lasciatemi qui... Voglio andare a casa...
Le
palpebre del prototipo sbattono ancora: poche lacrime scivolano dalle
ciglia dei suoi occhi ciechi e si dissipano, rotolando sul suo viso
annerito dalla fuliggine. Lui stesso non sa perché si verifichi,
questo strano fenomeno; ma il suo creatore lo ha voluto così. Un ronzio
sottile annuncia che il sistema sta per spegnersi definitivamente, e
Prototipo 100 serra i pugni – o ciò che ne resta, - amareggiato e
sconfitto. Se è vero che un robot è soltanto una scatola di latta e
matematica, allora lui è qualcosa d'altro. Perché è disarmante e
umano, il vuoto terribile che gli rimbomba nel petto: la paura
dell'ignoto, della solitudine, del nulla.
O,
come diremmo noi, della
morte.
Prototipo 100 si chiede che cosa ne sarà di lui, quando tutto sarà
finito. Cosa accadrà tra pochi minuti, quando non avrà più energia
per sostentarsi? Non esisterà più. Forse, sarà smontato e usato
per produrre pezzi di ricambio per altri androidi. Forse invece il
pianeta è disabitato e lui resterà semplicemente lì, gettato in un
angolo come un giocattolo rotto. E col tempo, magari, la vegetazione
salirà sui suoi resti e lo avvolgerà, almeno lei, tenera e
compassionevole; rivestirà di vita quella sua carcassa inerme e
terribilmente danneggiata fino a farla scomparire, dandogli così
l'onore di una degna sepoltura.
Protocollo
100 stringe forte le labbra e i suoi tristi occhi grigioverdi, mentre
la strana sostanza salina continua a scivolargli sulle guance. Non
immaginava che fosse così, il risveglio. Gli avevano detto che prima
o poi sarebbe stato liberato, ma non credeva che avrebbe fatto tanto... Male...
Attenzione:
spegnimento!
Atten---
Buio.
C'è
tanto, tanto dolore.
Fa sempre male, quando
si viene al mondo.
***
Dedica
•
Vorrei dedicare questa storia alla mia amica – e bravissima
autrice, - Mia Novak, conosciuta proprio grazie ad un fortunato
incrocio di storie qui su Efp. Sono in ritardissimo con la lettura e
la recensione degli ultimi capitoli della sua storia e... Be',
dovrò pur farmi perdonare in qualche modo, no?
;) Mia, se stai leggendo... So che la fantascienza non è
il tuo genere – nemmeno il mio, a dire il vero, - ma stiamo a
vedere :)