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Autore: Daleko    18/05/2016    0 recensioni
Alla fine mi sono trasferito in Francia, a Montpellier. I sensi di colpa mi attanagliano ogni volta che quei ricordi mi sovvengono alla mente e forse mi riterrete un pazzo per essere venuto qui; probabilmente la pazzia mi muove sin da quando ho cominciato a scrivere questi diari, più di due anni fa, ma non riesco a liberarmi dei miei demoni attribuendoli a qualche tipo d’insanità mentale; no, quelle sono faccende da arcaico simbolismo russo e di certo non tangono me, stupido venticinquenne di provincia troppo impegnato a crogiolarsi in realtà passate per agire nel presente. Se voglio confessare tutta la verità, mio malgrado, devo ammettere d’agire in modo insensato più che disattento: e così, nella mia giovanile noncuranza verso il rischio e la stoltezza che mi muovono, m’è d’uso ormai farmi chiamare John.
Attenzione, Questo racconto è il seguito di "Queste non sono le mie memorie". Non dovrebbe comunque essere difficile comprendere la storia in quanto ci sono dettagliate ricapitolazioni riguardo i precedenti avvenimenti, tuttavia questo racconto risulta essere, ovviamente, molto più gradevole se letto in seguito al primo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari'
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Non sono più solito riposarmi al parco da non so neanche più quanto tempo. Provo una strana soggezione verso quel posto, adesso, anche se è molto diverso da quello della mia città natia: è l'idea stessa di parco, di giardino pubblico dove poter incontrare un'altra deliziosa ninfetta a trattenermi fra le mura domestiche.
Mi sento così solo, è come una condanna. Ma che cos'è l'autunno se non l'inizio della fine? Morire lentamente, lasciarsi appassire come una foglia infiammata dai colori del sole... L'attimo che precede il sonno eterno è l'essenza stessa della poesia, della letteratura, della vita. In qualche modo questo pensiero, il pensiero che l'intensità del dolore non sia al suo culmine e che possa esplodere in tutta la sua forza l'istante prima del nulla, mi consola. Marie non è la mia fine, Marie non è stata che una lieve stretta al cuore nell'immensa sofferenza che l'approssimarsi della morte provoca nell'Uomo.

Che discorsi tristi, quest'oggi. Forse dovrei mettere da parte questi fogli, questi pensieri e il passato per ricominciare una vita diversa; forse dovrei cominciare a uscire di casa, frequentare locali giovanili e persone con cui discorrere lietamente nelle fresche sere autunnali. Sono solo pigri e vaghi progetti, più eterei di un sogno dimenticato... So bene che non riuscirò a cancellare queste memorie, ché sono ancora troppo vivide e allettanti per non essere continuamente rimembrate.

Oh, quanto desidero del tabacco! Quanto desidero le sue gambette magre stringersi contro il mio busto.
L'ho scritto davvero... L'ho scritto davvero?
Sto perdendo il senno, sto completamente perdendo il lume della ragione. Io non sono così, lo giuro davanti a Dio. Io non sono così e quella ragazzina, quella mente di donna rinchiusa in un corpo da bambina, è il mio maleficio!

È giunto il momento, è veramente l'ora di obliare tutto ciò, di gettarlo violentemente nel passato e rinchiuderlo lì nell'attesa che appassisca come me e come la Natura che mi circonda. Devo uscire, devo andar via! Il prossimo scotch mi pizzicherà la gola in un bar dove potrò guarire circondato, com'è giusto che sia, da adulti e coetanei con cui deliziarsi lontano, meravigliosamente lontano da Marie.

La dimenticherò!

 


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