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Autore: Lamy_    18/05/2016    1 recensioni
Amira e Robert si sono dichiarati ma c'è un piccolo problema: lei ha trascorso un mese davvero impegnativo ma quando ha avuto la possibilità di fermarsi si é domandata: ma Robert che fine ha fatto?
Un viaggio misterioso, un film da girare, un figlio da salvare e un amore che ha bisogno di una spinta per nascere. Ce la faranno Amira e Robert?
A new start for us, la storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUINTO: Ho bisogno di te.
 
 
"Secondo te le scarpe rosse vanno bene? Non saprei proprio. Accidenti, è importante questa intervista!" esclamò Amira mentre era in videochiamata con Lola e Jeremy, passando in rassegna tutti gli abiti appesi nel suo armadio, e poi si sedette sul letto con uno sbuffo. Erano passati due giorni dalla dichiarazione di Robert ma non aveva avuto nemmeno un attimo per parlarsi, troppo presi dalle riprese e dai servizi fotografici, si erano solo scambiati un bacio a stampo tra un cambio d'abito e una seduta dalla parrucchiera, e quella mattina lui aveva bisogno che la sua assistente lo accompagnasse ad un studio televisivo per essere intervistato da una giornalista coreana ed era una delle lingue che Amira parlava.
"Indossa quel vestito azzurro semplice che abbiamo comprato insieme per il compleanno di Vanessa e abbinaci i sandali con il tacco blu, lega i capelli in uno chignon e il tuo supereroe non avrà occh che per te!"
Lola scoppiò a ridere e la sua risata si diffuse dallo schermo del cellulare in tutta la stanza, Amira alzò gli occhi al cielo e sorrise divertita mentre Jeremy sembrava distratto.
"J, non è che hai qualcosa da dirci?" chiese Amira con un tono canzonatorio e Lola annuì per poi dare un pugno sul braccio dell'amico.
"Okay okay! Ieri al bar è venuto un tipo, alto, muscoloso, occhi chiari e capelli scuri, il mio tipo insomma, e abbiamo fatto subito comunella. Si chiama James, ha trentadue anni e fa il personal trainer...e si da il caso che mi abbia invitato a cena questa sera!" concluse il ragazzo, urlando per enfatizzare la parola 'questa sera', e anche le sue migliori amiche starnazzarono con lui, contente che finalmente Jeremy avesse trovato qualcuno. Aveva ventisette anni, pelle chiara, capelli biondi e occhi verdi, era un tipo tranquillo ma quando c'era da divertirsi non si risparmiava, al contrario Lola era più grande di loro, aveva trenta anni, capelli corti neri con ciuffi rossi e blu, occhi castani, esuberante e spericolata, con un matrimonio alle spalle e un lavoro da commessa che odiava.
"Ragazzi, devo correre a prepararmi. Vi chiamo stasera, ciao!"
Terminò il contatto e corse in bagno, ne uscì una mezz'ora dopo con indosso un abito azzurro di raso lungo fino al ginocchio, con le spalline sottili e lo scollo dritto, ai piedi un paio di sandali blu, un filo di ombretto e mascara, capelli raccolti in una treccia. Sorrise nello specchiarsi e nel notare che quel vestito le stava meglio rispetto a due anni prima e uscì dalla sua stanza con l'agenda tra le mani e la borsa in spalla. Le porte dell'ascensore si aprirono con un 'ding' e la hall si aprì dinnanzi a lei, si incamminò verso il bar dove trovò il suo capo e Harold chiacchierare allegramente. Amira fece un cenno con la mano e Robert, il quale smise di parlare e rimase meravigliato nel vederla, le si avvicinò con un sorriso a trentadue denti.
"Buongiorno, raggio di sole." le sussurrò lui all'orecchio e si allontanò quando Harold lo affiancò. La ragazza non perse la sua temperanza e sostenne il suo sguardo.
"Buongiorno, signor Downey. Harold, buongiorno anche a te!"
"Ciao, Amira. Direi che possiamo andare e dobbiamo anche darci una mossa perchè siamo in ritardo."
Robert annuì e lasciarono l'hotel accompagnati da Jeff e Harold. Il cellulare di Amira squillò e lo tirò fuori dalla borsa, la spia lampeggiava di giallo e capì che si trattava di un messaggio:
"Non mi pare di averti dato il permesso di essere così bella! Ti guarderanno tutti e non va bene. -R"
"Non essere ridicolo, Robert. -A"
"Questo vestito mette in risalto alcune parti del tuo corpo che fanno perdere la ragione. Io sto per perdere la ragione! -R"
"Smettila, non è il momento! -A"
Robert mise il telefono nella tasca interna della giacca, sospirando, e poi allungò la mano sul ginocchio di Amira che gli lanciò un'occhiata ammonitrice, ma lui non si mosse.
"Ti voglio baciare." le disse a bassa voce, la ragazza venne scossa dai brividi e respirò per non perdere la lucidità, ma le dita di Robert le stavano accarezzando la coscia ed era un vera tortura.
"Siamo arrivati, signore." esordì Harold e finalmente Amira poté liberarsi e tornare concentrata e professionale. Vennero accolti dalla giornalista che avrebbe fatto l'intervista e vennero condotti in una piccola stanza arredata essenzialmente, una poltrona e un divano troneggiavano al centro, agli angoli c'erano delle luci e una piccola scrivania in fondo. Robert ed Amira si accomodarono sul sofà rosso e la giornalista di fronte a loro sulla poltrona, e tutto intorno si erano disposti tecnici del suono e cameraman mentre Harold rimase a guardia della porta.
"Devo rispondere a lei o a te?" chiese Robert alla sua assistente a bassa voce per evitare di fare brutta figura.
"Lei fa la domanda, io te la traduco e tu comunque rispondi a lei nella tua lingua. Ah e ovviamente lei ha un'auricolare che le traduce le tue risposte, cosa che potevi avere anche tu invece di portare me." concluse Amira con un sorriso acido che lo fece ridere.
"E' più divertente se ci sei tu!"
La giornalista, una donna coreana di circa quaranta anni, passò un foglio ad Amira che scosse la testa quando lo lesse.
"Che succede?"
"Le domande che ti faranno sono già state predisposte da Susan."
 
 
Alle 16.00 la giornata di lavoro era finita, tutti si sarebbero rivisti a cena. Amira era in camera sua a leggere un libro quando udì qualcuno suonare il pianoforte. Stette in ascolto per un paio di minuti e poi, indossate le scarpe, uscì in corridoio e il suono diveniva sempre più chiaro: proveniva dalla suite 105, la stanza di Robert. Si avvicinò alla porta e l'aprì cautamente con il doppione della chiave elettronica, trovandolo seduto al piano con le dita che scorrevano sui tasti. In silenzio rimase lì ferma, sorrise nel vederlo e nel sentirlo suonare perché da molto tempo non si curava più della musica a causa del lavoro e dei suoi problemi personali.
"Lo so che sei qui. Sento il tuo profumo." esordì Robert, smettendo di suonare, e si voltò verso di lei per sorriderle.
"Scusa, non era mia intenzione disturbare. Ho sentito la musica e ho seguito la scia, poi ho la chiave della tua suite e non ho resistito, sono troppo curiosa e lo sai."
"Non mi hai assolutamene disturbato. Vieni qui!"
Amira prese posto accanto a lui sullo sgabello e sentiva il cuore in gola, non era abituata a quelle attenzioni, a quegli occhi che la cercavano sempre, a quella voce che la chiamava e a quelle mani che l'accarezzavano. Temeva che tutto potesse svanire come le nuvole dopo il temporale.
"Non so perché io abbia smesso di suonare. Un giorno, dal nulla, ho semplicemente dimenticato quanto mi rendesse leggero e libero la musica."
"L'ultima volta che hai suonato è stato tre anni fa, il giorno in cui mi hai assunta, eravamo ad una festa di beneficenza e la baronessa di Cornovaglia ti ha chiesto di eseguire il suo pezzo preferito al pianoforte. Mi sono commossa, ma tu questo non lo sai."
"Quante cose che non so di te, Amira."
Robert si alzò e sbirciò fuori attraverso le tendine verde acqua. A volte desiderava avere un vita normale.
"Che succede?"
"Mi sento soffocare da tutta questa vita. Devo sempre recitare una parte, non devo mai dire ciò che penso davvero, devo fare quello che gli altri ritengono giusto che io debba fare, sono solo una pedina nel grande gioco senza fine del mondo dello spettacolo. Se tornassi indietro non sceglierei mai di intraprendere la carriera da attore, a volte credo sia proprio stato un errore. Poi ho conosciuto Susan, una disgrazia proprio, e continua a tenermi in pugno. Io non ce la faccio più."
Amira si avvicinò a lui e gli afferrò la mano, costringendolo a voltarsi verso di sé, poi gli accarezzò una guancia e sorrise, era più un sorriso di incoraggiamento.
"Lo so che per te è difficile, ma possiamo trovare una soluzione. Purtroppo non so come aiutarti per quanto riguarda il recitare costantemente una parte perchè anche io sono dovuta a fare lo stesso, ma posso fare qualcosa per Indio. Ho trovato una struttura che lo può ospitare per rimetterlo in sesto, si trova a Baltimora, ed è una delle migliori. Attiri tuo figlio qui con una scusa e poi cerchiamo di convincerlo a farsi aiutare, dopodiché non resta che trovare un modo per insabbiare la storia ed evitare che Susan ti minacci ancora."
"Tu hai fatto cosa?"
Amira arrossì e tenne gli occhi bassi, non aveva la forza di sostenere il suo sguardo.
"Io cercavo solo un modo per aiutarti."
"Amira, tesoro, non ti sto rimproverando. Anzi, sono sinceramente e piacevolmente stupito dal tuo gesto. Sei speciale, davvero."
Robert allungò una mano verso di lei e l'attirò a sé per stringerla forte, facendole capire quanto le fosse grato, sorridendo perché quella ragazza era la sua salvezza. Le mani di Amira erano premute contro il suo petto, sentiva un calore gradevole diffondersi nelle vene, e la baciò con estrema foga, stringendole forte i fianchi, tanto che i loro corpi aderivano perfettamente, le accarezzò una spalla con irruenza e la spallina sottile del vestito cadde, lasciando la pelle chiara a disposizione. Robert vi posò un bacio e arrivò al collo, torturandolo con una scia di altri baci caldi, vogliosi, inarrestabili. Il desiderio stava avendo la meglio su di lui, lo percepiva anche Amira attraverso i vestiti e, per quanto amasse quelle carezze, si ritrasse.
"Scusami, s-sono andato o-oltre. Non era mia intenzione, anzi era proprio la mia intenzione ma é giusto che io rispetti le tue decisioni."
Nel frattempo aveva cominciato a piovere, la città era avviluppata nel grigiore tipico degli acquazzoni, le gocce battevano sui vetri e scivolavano silenziose e sinuose sulla superficie trasparente, gli automobilisti suonavano i clacson con insistenza poiché a causa del brutto tempo si era formato un ingorgo. Amira si sdraiò sul letto e picchiettò con la mano sul materasso per invitare Robert a raggiungerla, lui non se lo fece ripetere due volte e si sedette accanto a lei.
"Ho una richiesta."
"Tutto quello che desideri, signorina."
"Mi coccoli?"
Robert annuì e le sorrise, lei si accucciò sul suo petto e sentì delle mani calde accarezzarle la pelle prima di addormentarsi.
 
 
Quando Amira aprì gli occhi un calore gradevole l'avvolse, una coperta rossa era stata poggiata sul suo corpo e sicuramente era stato Robert non appena si era accorto che lei si era addormentata. Anche se aveva riposato era terribilmente stanca. Si alzò e diede un'occhiata fuori dalla finestra, aveva smesso di piovere ma l'aria si era rinfrescata. Raccattò i sandali e abbandonò la stanza, immaginando che tutti fossero scesi per la cena dato che erano le 20.00, entrando in camera sua per cambiarsi e raggiunge lo staff. Indossò un jeans, una maglia rossa a tre quarti e un paio di All Star bianche, si aggiustò i capelli alla meglio in una coda alta e corse in ascensore. Sorrise inconsapevolmente al pensiero di essersi addormentata tra le braccia di Robert e solo il suono metallico delle porte che si aprivano la distrassero. Raggiunse la sala del ristorante, guardandosi attorno per vedere se lui fosse sceso, ma non vide nulla, e così si sedette velocemente al tavolo riservato allo staff. Jeff le fece un cenno con la testa e poi tornò a concentrarsi sul suo filetto di salmone.
"Amira!"
La ragazza rivolse lo sguardo al tavolo degli attori e ricambiò con un gesto della mano e un sorriso il saluto di Duvall, il quale si avvicinò a lei e la prese a braccetto.
"Vorrei che tu cenassi al nostro tavolo."
"Oh no, signore, non posso. Non mi é permesso."
"Sciocchezze! Sei mia ospite."
Amira non ebbe il tempo di replicare poiché Duvall l'aveva già trascinata verso il gruppo degli attori, presentandola a tutti e facendola accomodare accanto a sé. Si accorse solo allora che la sieda di fianco alla sua era vuota. Qualche minuto dopo, mentre era impegnata a conversare con Leighton Meester, un profumo di colonia e una risata che avrebbe riconosciuto in qualsiasi momento, anche in mezzo ad una gran confusione, la fecero sorridere impercettibilmente. Il sorriso morì sulle sue labbra per dare spazio ad un'espressione infastidita quando vide Robert camminare mano nella mano con Susan.
"Buonasera a tutti e...buonasera a te, Amira." gracchiò la voce di Susan che era visibilmente stupita dalla sua presenza.
"Salve, signora Downey."
Susan sorrise compiaciuta a quelle parole mentre Robert gelò nel vederla lì, non sembrava fosse molto contento. Presero posto attorno al tavolo e lui ed Amira capitarono vicini, ovviamente era un'idea strategica di Duvall. Amira cominciava a sentirsi a disagio.
"Allora, ci stavi dicendo che hai una laurea in lingue." riprese a parlare Leighton con curiosità.
"Ehm...sì, sono laureata in lingue e ne parlo otto oltre alla mia: francese, spagnolo, tedesco, greco moderno, coreano, cinese, arabo e russo. E sto studiando per prendere una laurea in storia dell'arte."
I presenti rimasero meravigliati e lei sorrise nel tentativo di mascherare la tensione. Robert tossì e mandò giù un sorso di acqua, la situazione stava diventando davvero imbarazzante ma, a parte loro, nessuno sapeva il perché.
"Beh, Downey, hai davvero un'assistente fenomenale! Oltre ad essere bellissima é anche molto intelligente." intervenne Vera Farmiga, Samantha Powell nel film.
"Sì, é stata un ottimo acquisto."
La cena venne servita e il clima si stava rilassando pian piano, se solo Susan fosse stata al suo posto.
"Io e Robert abbiamo un annuncio da darvi: abbiamo deciso di organizzare una festa per il nostro decimo anniversario di matrimonio e voi siete invitati!"
Tutti i presenti, attori e staff, rimasero sbalorditi, chi sinceramente divertito, chi del tutto colpito, e chi del tutto indifferente. Amira si irrigidì e deglutì forte per evitare di urlare, sentiva le lacrime offuscarle la vista e sbatté più volte le palpebre per rimandarle giù. Robert abbassò gli occhi, aveva interpretato le facce dei suoi colleghi e aveva notato la reazione di Amira. A rompere quel silenzio pesante come tonnellate di macigni fu Harold, il quale si era alzato e stava tenendo un calice di vino in mano.
"Brindiamo ai signori Downey!"
Tutti lo imitarono. Amira rimase immobile, immobile di agire, e Duvall le strinse la mano e poi le mimò uno 'scusami' con le labbra. Lei scosse la testa e sorrise, doveva recitare la sua parte. Afferrò il suo bicchiere e bevve un sorso, sentendo il liquido bruciarle la gola come fosse fuoco. Robert le rivolse uno sguardo dispiaciuto e le strinse la mano sotto al tavolo, evitando che qualcuno li vedesse. Amira si calmò un pochino e lasciò che le dita scivolassero tra quelle di lui, mentre tutti erano tornati a mangiare e a parlare come se nulla fosse.
 
 
"Ragazzi, scusatemi ma stasera sono davvero stanca e proprio non riesco a chiamarvi. Mi addormenterei durante la conversione e voi sicuramente scattereste foto imbarazzanti di me che poi mandereste a mezzo mondo. Mi mancate, non è lo stesso senza di voi. -A."
Amira mise a caricare il cellulare e poi si infilò sotto le coperte ma durò poco la sua pace perchè qualcuno bussò ripetutamente alla sua porta. Sbuffò e, accendendo il lume sul comodino, andò ad aprire. Corrugò le sopracciglia.
"Che succede?"
"Ti disturbo?"
"No, entra."
Robert entrò e si accomodò sul letto mentre lei chiudeva la porta per poi raggiungerlo, però rimase in piedi.
"Va tutto bene?"
"Robert...?"
Lui finalmente la guardò negli occhi e il cuore di Amira perse i battiti quando si accorse che aveva gli occhi lucidi.
Non ti ho mai visto piangere.
"Che ti succede? Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?"
Robert non rispose, spostò lo sguardo oltre le sue spalle e fissò il vuoto. Sembrava un'altra persona, perso nei suoi pensieri, quasi congelato, quasi inesistente. Amira gli si sedette accanto e gli prese le mani, stringendole forte e costringendolo a voltarsi verso di lei.
"Robert, guardami. Sta tranquillo, ci sono io. Sei al sicuro."
"Io..."
"Tu cosa?"
Robert le mise una mano sulla guancia e tenne gli occhi sulle sue labbra, poi la baciò. Quel bacio sapeva d'amaro, di tristezza, di amore, di aiuto, di una strana forma di dolore. Amira approfondì quel bacio, lo strinse a sé e gli passò le mani tra i capelli. Finirono sul letto, lui sopra di lei, le mani che si toccavano, labbra che si cercavano, occhi che si guardavano e che tacitamente si paravano nella poca luce della stanza. Lui non stava correndo, non voleva consumare quel momento, non le stava chiedendo più, ma solo di restare con lui. Amira lo baciò con tenerezza e con tutto l'amore genuino che provava per lui, trasmettendogli tranquillità.
"Ho bisogno di te, Amira. Solo di te." le sussurrò Robert per poi riprendere a baciarla. Lei sorrise e gli lasciò un bacio sul naso.
"E io ho bisogno di qualcosa di caldo con questo freddo! Che ne dici di farci un giro?"
Lui annuì e, dopo che Amira si fu vestita, scesero in strada diretti alla gelateria in centro mano nella mano.
 
 
"La cannella si sente proprio!" esordì Amira per cercare di spezzare quel silenzio soffocante. Erano seduti in una tavola calda e stavano bevendo un cappuccino, anche se Robert era da tutta altra parte. La ragazza sospirò e scivolo sulla sedia, quasi volesse scomparire.
Devo fare qualcosa per te, non posso vederti così. Mi si spezza il cuore.
"Sai cosa fa un infermiere in banca? Un prelievo!" disse lei con un tono di voce divertito, per quanto lo fosse in quella situazione, ma lui rimase a fissare il liquido scuro nella tazza.
"Hai ragione, fa proprio schifo come battuta."
Robert alzò gli occhi su di lei e scoppiò a ridere di gusto. Amira inarcò il sopracciglio e lo fissò, pensando che magari lo avesse fatto ridere con quella battuta ma poi lui le indicò col dito le labbra. La ragazza si passò le dita sulla bocca e si sporcarono di panna. Aveva i baffi bianchi.
"Non é da gentiluomini ridere di una signora!" disse Amira ma poi si abbandonò ad una risata sincera e divertita, pulendosi con un tovagliolo.
"Perdonami, ma eri davvero uno spettacolo!"
Lei gli fece la linguaccia e bevve un altro sorso del suo cappuccino, stando attenta a non imbrattarsi come prima.
"Domani Susan parte e starà via per il fine settimana, e non è l'unica. Il regista ha dei problemi a casa e deve lasciare il set per qualche giorno e, poiché non vuole che le riprese vadano avanti senza di lui, ci ha dato una specie di ferie."
Amira stava per strozzarsi e tossì, dandosi dei colpetti al petto, poi guardò incredula Robert. Magari potevano passare del tempo insieme. Ma non glielo chiese perché non voleva spezzare quello stato di quiete.
"Perdona la domanda, ma cosa pensa Susan del fatto che sparisci di sera?"
"Crede che io esca e vada a bere in qualche squallido bar."
"Ottimo."
Robert allungò una mano sul tavolo e le strinse la mano. Lei teneva gli occhi sulla tazza.
"Dai, andiamo."
Prima di uscire, lui lasciò una banconota sul tavolo e si incamminarono verso l'albergo; era davvero tardi.
"Domani mattina potremmo fare colazione insieme, se ti va. La pazza ha il volo alle 6.00!"
Amira annuì e gli sorrise, stringendosi di più a lui, spalla contro spalla, mano nella mano.
"Grazie. Adesso sto meglio rispetto a qualche ora fa, sei stata fantastica."
"Oh non ho fatto nulla, a parte sporcarmi col cappuccino!"
Robert rise di nuovo e lei con lui, entrambi volevano che momenti come quelli fossero per sempre. La facciata dell'hotel si stagliava contro il cielo scuro e le sue luci riflettevano spettrali nell'oscurità.
"Io entro dalla porta della servizio e tu prendi quella centrale." disse Amira e si allontanò verso una porticina laterale all'edificio. Lui non ebbe il tempo di richiamarla che il buio inghiottì la figura minuta della ragazza.
Devo fare qualcosa per lei, se lo merita
 
 
Salve a tutti :)
Scusate il ritardo.
Spero che la storia vi stia piacendo.
Siete #TeamAmira o #TeamSusan? Ahahaha
Alla prossima,
Baci <3.

 
  
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