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Autore: Aagainst    19/05/2016    1 recensioni
Una serie di omicidi sconvolge Washington. Le vittime sono tutti ragazzi, pestati a sangue. La squadra è chiamata a risolvere il caso, ma il rischio di rimanere intrappolati in un gioco mortale sarà altissimo
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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8

Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l’unica causa di tutti i nostri mali.
(Sofocle)

 
 
Elizabeth si risvegliò di soprassalto, urlando. 
-Shhh, calma. Calmati.- provò a tranquillizzarla qualcuno, abbracciandola. La ragazzina, però, non si abbandonò a quella stretta, schiacciandosi contro il muro. 
-Tu!- esclamò, sorpresa e spaventata al tempo stesso. Davanti a lei, infatti, vi era JJ. 
-Non ti farò del male, te lo giuro.- sussurrò la donna. Elizabeth deglutì. Solo in quel momento si accorse di essere in ospedale. Ricominciò ad agitarsi.
-Devo uscire di qui! Fatemi uscire! Fatemi uscire!- urlò. JJ provò a calmarla, con scarsi risultati. La ragazzina si liberò della flebo che aveva al braccio e scese dal letto. Jennifer la fermò, afferrandola per un braccio, ma Elizabeth, lesta, le tirò un calcio. Uscì dalla stanza, iniziando a correre per i corridoi.
-Morgan! Prendila!- esclamò JJ. L'afroamericano non se lo fece ripetere due volte e la rincorse.
-Ragazzina, fermati o sarò costretto a sparare!- intimò Derek. Elizabeth interruppe la sua corsa, voltandosi verso l'agente, con aria di sfida.
-Avanti, agente. Sparami. Voglio vedere se hai le palle di farlo.- lo provocò.
-Elizabeth, non fare sciocchezze. Vieni con noi, avanti.- disse JJ, che nel frattempo li aveva raggiunti. 
-Qualunque sia il problema noi ti aiuteremo.- promise Jennifer.
-Non potete.- mormorò Elizabeth, in lacrime.
-Sparami!- urlò, rivolta a Morgan.
-Maledizione.- imprecò Derek, lanciando un'occhiata preoccupata a JJ. 
-Una cosa devi fare! Falla! Sparami!- continuava a urlare la ragazzina, tra le lacrime. Non le importava più nulla, solo la morte avrebbe potuto salvarla dall'incubo nel quale era sprofondata. Ne era sicura. 
-Ti prego.- supplicò, cadendo in ginocchio. JJ fece per correrle incontro, quando un gruppo di agenti della polizia irruppe, prendendo la ragazzina e facendola alzare a forza.
-Ora tu vieni con noi! Sei in arresto per omicidio, associazione a delinquere, intralcio alla giustizia e oltraggio a pubblico ufficiale.- asserì un uomo sui cinquant'anni, brizzolato, tirandole dei calci al costato. 
-Ehi!- protestarono JJ e Morgan. 
-Si può sapere chi diavolo siete?- domandò Derek. 
 
-Patrick O'Neal? Stiamo scherzando? Hotch...-
-Mi dispiace ragazzi. La polizia vuole tagliarci fuori.- affermò Aaron. 
-Ma non può. Cioè... Stiamo facendo consulenza e, inoltre, questo caso è di nostra competenza.- protestò Emily. 
-Un po' di pazienza. O'Neal è l'ispettore capo e ha diritto a seguire le indagini.- provò a calmare gli animi Rossi.
-Ma non a pestare i sospettati, soprattutto se minorenni.- ribatté JJ. 
-Effettivamente, non sarebbe propriamente legale. Anzi, si cadrebbe nell'abuso di potere e...-
-Chiudi il becco Reid. Per favore-  lo zittì Morgan. 
-Fatto sta che interrogherà Elizabeth. E uno di voi sarà lì con lui. Prentiss, te la senti?- 
-Sì, Hotch.- affermò Emily. 
 
Elizabeth sedeva in sala interrogatori, ad un tavolo. Era nervosa, ma non lo dava a vedere. Il poliziotto che l'aveva pestata entrò, accompagnato da un'altra donna. 
-Ciao puttanella. Lei è l'agente federale Emily Prentiss, mentre io sono Patrick O'Neal, quello che ti ha preso.- 
-So bene chi è lei. Vuole saperla una cosa?- lo provocò lei.
-Cosa?- replicò O'Neal, ingenuamente.
-Quei calci che mi ha dato in ospedale glieli restituirò tutti.- gli sussurrò la ragazzina, sputandogli in faccia.
-Come osi, razza di scherzo della natura?- si infuriò il poliziotto, alzandosi di scatto dalla sedia. Per lo spavento, Elizabeth cadde all'indietro. Si accucciò al muro, pronta a ricevere una sberla o un calcio, ma Emily fermò O'Neal, prontamente. 
-Non so come lei sia abituato a fare gli interrogatori, ma cambi metodi, per favore.- si innervosì la profiler. Si avvicinò alla ragazzina e la aiutò a sedersi nuovamente. 
-Bene, ora che ci siamo presentati, che ne dite di iniziare? Allora, Elizabeth, per prima cosa, puoi dirmi perché hai provato a scappare dall'ospedale?- chiese Emily. 
-Odio gli ospedali.- rispose la ragazzina, con una punta di arroganza. 
-Va bene, soprassediamo. Allora, noi sappiamo che possiedi un puukko, un coltello finlandese. Come te lo sei procurato?- continuò la Prentiss.
-È un regalo di un mio amico.- rispose Elizabeth. 
-Chi è questo tuo amico?- 
-Non importa. Un mio amico.- affermò la diciassettenne.
-Per noi è importante. Perché ti ha regalato un puukko?- domandò la donna, dolcemente. 
-Così... Non ci faccio nulla.- dichiarò la ragazzina.
-Non ci facevi nulla? Dillo a Rodney Smith!- ribatté O'Neal, lanciandole davanti delle foto di un uomo di colore, morto. 
-Lo riconosci? Eh?- la provocò il poliziotto. Ma Elizabeth non rispose, attirata da un'altra fotografia, che spuntava da una busta gialla. Fece per allungare la mano, ma Emily la bloccò.
-Voglio vederla! La prego.- supplicò la ragazzina. Era nel panico. Le sembrava di conoscere il soggetto di quella foto, ma aveva bisogno di vedere confermato il contrario.
 
-La cosa sta prendendo una brutta piega.- asserì Morgan. JJ scosse la testa, stringendosi a Reid. 
 
-Vuoi vedere la gente che hai fatto fuori? Eccoti accontentata!- sbraitò O'Neal, mostrandole la foto. Elizabeth rimase pietrificata. Aprì la bocca per urlare, ma non uscì nessun suono.
-Lei è un idiota!- sbottò Emily, abbracciando la ragazzina, che, però, si divincolò. 
-Mio fratello! Mio fratello!- ripeteva, disperata. 
-Io... Io pensavo...- provò a giustificarsi O'Neal.
-Mi chiedo cosa avrebbe potuto combinare se non avesse pensato.- si infuriò Emily, aprendo la porta della stanza. Elizabeth schizzò fuori, rincorsa da JJ. Corse per qualche metro, per poi cadere a terra, esausta. Vomitò. Delle braccia la strinsero. Questa volta non si ribellò. Era troppo stanca per farlo.
 
-Come sta?- chiese Penelope. Avevano portato Elizabeth a casa di JJ. 
-Non bene.- rispose la bionda.
-Mi dispiace, avrei dovuto fermare O'Neal, sin dall'inizio.- 
-Non è colpa tua. Prima o poi l'avrebbe scoperto comunque, no?- la rassicurò Jennifer. Emily le sorrise di rimando.
-Facci sapere come va, d'accordo? Per ora, restare qui non potrà che farle bene.- affermò Morgan.
-Vi chiamerò per aggiornarvi. Grazie ragazzi.- disse la donna, accompagnando i suoi colleghi alla porta. Rientrò in casa e si accasciò contro il muro. 
-Tesoro.- la chiamò William. JJ alzò lo sguardo. Suo marito si sedette accanto a lei. 
-Si può sapere come diamine ha fatto Patrick O'Neal a diventare un pezzo grosso della polizia?- domandò Jennifer.
-Se lo chiedono tutti.- rispose l'uomo. JJ sospirò. 
-Will, puoi uscire un po' con Henry? Desiderei parlare con Elizabeth per un po'.- 
-Per me va bene.- acconsentì il marito. 
 
Elizabeth aveva smesso di piangere. Si sentiva vuota. Improvvisamente, la porta della camera in cui l'avevano messa si aprì.
-Posso entrare?- chiese JJ. La ragazzina non diede risposta. La donna entrò, sedendosi sul letto. Le carezzò delicatamente il capo. 
-So come ti senti.- esordì. 
-Avevo una sorella. Si tolse la vita quando ero piccola. Mi sono torturata per anni, convinta che fosse colpa mia. Forse, sotto sotto, lo penso ancora.- raccontò JJ. 
-Mio fratello è morto per causa mia. Mi stava cercando, vero?- domandò Elizabeth. Jennifer annuì. 
-Ma non sei stata tu ad ucciderlo. Non è stata colpa tua. La colpa è di chi gli ha fatto questo.- la rassicurò l'agente Jareau. 
-Se non fossi scappata... Se non mi fossi unita a quei folli forse ora lui...- provò a dire Elizabeth, scoppiando nuovamente a piangere. 
-Puoi ancora fare qualcosa. Aiutaci a catturare questi pazzi e a porre fine a tutto questo.- 
-Non posso.- mormorò Elizabeth. 
-Mi dispiace.- si scusò. JJ le sorrise. 
-Ti interrogheranno ancora, questo lo sai, vero?- le spiegò. La ragazzina annuì. 
-Se ci aiuti noi potremo aiutare te. Conosco i miei colleghi. Vogliono, così come me, solo che tu stia bene.-
-Come posso stare bene dopo quello che ho fatto?- replicò la diciassettenne, urlando e alzandosi dal letto. JJ non capiva se si riferisse a suo fratello o a qualcos'altro. 
-Io sono una di loro. Io sono come loro. Io sono una dannata. Ho le mani sporche di sangue.- scoppiò a piangere la ragazzina. 
-Io... Io non volevo farlo, ma lui... Lui mi diceva di continuare a calciare e a tirare pugni.- raccontò.
-Lui chi?- chiese JJ. 
-Si fa chiamare il Pastore. Io... È tutto così confuso. Mi dispiace.-. 
Jennifer la abbracciò.
-Tu non sei come loro. Fidati di me.-.
 
L'uomo entrò in una sala, piena di persone. I suoi fedeli. Il suo gregge. Lui era il Pastore e se ne sarebbe preso cura. Loro erano le sue pecore. Guardò ognuno, scrutandoli uno ad uno. La sua pecorella preferita non c'era. Aveva deciso di andare altrove. E, per questo, andava punita. Lei doveva essere la Prescelta, ma aveva tradito. 
-Tu.- indicò un ragazzo. Il giovane si alzò, titubante. La maschera che il Pastore portava lo rendeva ancora più inquietante.
-Come ti chiami, fanciullo?- domandò l'uomo.
-Mi chiamo Blake, signore.- rispose il ragazzo. 
-Tendi le mani.- ordinò l'uomo. Blake non se lo fece ripetere due volte. Il Pastore gli porse un coltello. 
-Sai cosa devi fare. Non deludermi.-.
 
 
 
 

Angolo dell'Autrice
Capitolo forse un po' angosciante. Cosa ne pensate di O'Neal? Di JJ? E del Pastore? 
Un grazie per le due recensioni dello scorso capitolo, grazie di cuore. Vi invito a commentare sempre, per farmi capire come scrive e, eventualmente, aiutarmi a migliorare.
Al prossimo capitolo! 
   
 
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