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Autore: thembra    19/05/2016    2 recensioni
Gli occhi di lui non l’avevano più guardata come in precedenza, sembravano scivolare oltre la sua persona senza vedere che anche senza mutazione era rimasta la stessa identica ragazzina di sempre, sembravano vedere un’estranea distante e fuori posto in un quadro di personalità ben definite e collocate all’interno della cornice.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Logan/Wolverine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Dopodomani parto.”
“Uh?”
 
Alzando il mento da appena sotto il seno destro di Marie dove l’aveva appoggiato, Logan puntò i suoi occhi dentro quelli tranquilli di lei.
Come partiva? Ma se si erano appena ritrovati!
Negli occhi di lei s’accese una luce di divertita adorazione; l’espressione afflitta di lui era troppo carina e strozzando una risata sfiorò con la punta del naso la tempia di lui baciandolo col sorriso.
Accorgendosi d’esser trattato da poppante si scostò poggiando il peso del torso sui gomiti guardandola male l’immancabile sopracciglio alzato oltre il suo arco naturale.
 
“Ma se sei tornata neanche due giorni fa!”
“L’hai detto, due giorni fa; mi han dato riposo fino a domattina, nel pomeriggio andrò per un briefing e partirò nella notte quindi caro mio, è meglio che sloggi!”
 
Mettendosi comoda contro il morbido cuscino incrociò le mani dietro alla testa pronta ad accogliere la reazione di lui.
 
“Slo-sloggi?”
“Ti sei piazzato qui dall’altro ieri, non hai lezioni allo Xaviers?”
“No, fortuna vuole che i corsi che seguo siano fuori sede; Ororo ha deciso di portare le due classi in Grecia non torneranno prima di sei giorni …”
“Grecia? Azz, quando c’ero io il massimo era il MOMA cos’è sto upgrade?”
“Crede faccia loro bene e ha ragione, il grado di disciplina è massimo da quando ha introdotto questi viaggi.”
“Lo credo! Ma quindi a scuola chi è rimasto? Vi arrangiate ancora in tre o …”
“Hank rimane visto che non ama dare nell’occhio, io tecnicamente sarei di turno a giorni alterni e in queste occasioni ci da una mano Moira, non mi hanno chiamato quindi presumo che si arrangino.”
“Tutto chiaro.”
 
Soddisfatta della spiegazione chiuse gli occhi riflettendo sulle parole che McLee le aveva rivolto nel pomeriggio quando a sorpresa l’aveva chiamata sul suo cellulare privato.
 
“Mi servi qui domani pomeriggio,  è giusto arrivata una richiesta dal segretario della difesa fatta su misura per te.”
“Se è urgente posso anche …”
“No, il soggetto in questione necessita di tempo per scaricare nervi e rabbia, domani alle quattro nella sala riunioni, saremo io te e Kenton; ci aggiorniamo.”
 
 
Non le era sembrato né agitato né impaziente quindi era tutto regolare, poteva godersi Logan ancora per un giorno.
Palmi roventi le si posarono sul ventre stimolandole i muscoli dell’addome che a quel contatto sussultarono ricordandole quant’era bello essere sfiorata da un uomo.
 
“Non estraniarti …”
 
D’istinto schiuse le labbra ricevendo l’umido e lento bacio di Logan mugolando contenta abbandonando ogni controllo sul proprio corpo lasciandogli fare ciò che voleva. Stava talmente bene e le attenzione che le dava le piacevano così tanto che adesso quasi si pentiva di non aver ceduto prima.
 
“Sei bella da togliere il fiato Marie …”
 
Parole sussurrate a fior di labbra che le fiorivano sul collo e lungo le spalle morendo fra i suoi seni dove incominciavano giochi di denti e lingua mentre poco più sotto entravano in gioco dita e fianchi e così anche quella poca lucidità rimastale andò volentieri a farsi benedire.
I suoi respiri cominciarono così a farsi sempre più pesanti spezzati ogni tanto da qualche gemito soddisfatto o sorpreso o liquido di piacere e allora le sue mani trovavano solido appiglio dietro le sue spalle dove chiare unghie graffiavano pelle tesa e muscoli guizzanti.
 
“Neanche tu sei niente male, Logan.”
 
Lui sbottò una risata ghermendole le gonfie labbra prima di scostarsi per mettersi su di un fianco accanto a lei.
Gli risero gli occhi nel vedere la delusa reazione di lei che con aria annoiata lo fissava aspettandosi qualcos’altro.
 
“Avrei volentieri continuato, ma mi tocca sloggiare
“Scemo!”
 
Si tirò a sedere dandogli un giocoso pugno contro al petto invertendo i ruoli di poco prima.
Sentire la solida consistenza del corpo di Logan era continua eccitazione che non si stancava mai di provare.
Non cambiava nulla se non facevano niente, solamente stare così vicini e contro era … perfetto.
Facendosi seria scese col viso sul suo petto posando la guancia sopra il tiepido sterno.
 
“Sono felice che tu sia qui…”
 
E lo abbracciò dando enfasi alle proprie parole. Il leggero tocco di labbra che ricevette fra i capelli fu risposta sufficiente.
 
“Lo sono anche io credimi…”
 
Il modo in cui lasciò in sospeso la frase le suggeriva che c’era dell'altro.
 
“Ma siamo rintanati qui da ieri notte ed io comincio ad avere anche la fame ‘ufficiale’, e se ce ne andassimo da Tom?”
“Non ho voglia di birra e salsicc-mpfh waahahh che boiata ho appena detto!”
 
Rimettendosi a sedere gli concesse la visuale del più bel seno scosso dalle risate che lui avesse mai visto.
 
“Intendevo, sono più in vena di cibo regolare adesso.”
“Hai già in mente un idea?”
“Mhn mhm, e non serve neanche vestire eleganti, ti piacerà vedrai.”
“Se piace a te non ho dubbi.”
“Allora siamo d’accordo …”
 
Schioccò un sonoro bacio in prossimità del suo sterno prima di sgusciare via dal letto dirigendosi in bagno.
A metà strada si fermò voltandosi timidamente.
 
“Ce l’hai un cambio?”
 
Vedendolo scuotere a ‘no’ la testa sbuffò aprendo un anta dell’armadio appena fuori la stanza riemergendo poi l’attimo necessario per lanciargli una borsa di tela.
Frugando fra gli indumenti, che stranamente rispecchiavano il suo gusto nel vestire Logan sentì montare dentro una strana forma di rabbia.
Reggendo nel pugno la manica di una camicia di flanella troppo somigliante a quella sgualcita che indossava il giorno che si erano incontrati alzò il viso infastidito, cercandola.
 
“E di chi sarebbe ‘sta roba?”
“Di mio padre, almeno le camicie dovrebbero starti mentre i pantaloni mi sa che sono troppo lunghi per t-waargh!”
 
Ridacchiando schivò la cuscinata piegandosi in avanti mentre sghignazzava malefica burlandosi di lui.
 
“È vero quel che dicono sulle ragazzine allora …”
“A cosa ti riferisci?”
“Al fatto che sposano l’uomo che meglio ricorda loro del padre…”
“Ma tu non gli somigli affatto!”
“A no?”
 
Sgranando gli occhi per l’ovvietà le spiegò davanti agli naso una seconda camicia, stavolta in tinta unita, tipica dei cow boy scolorita nei punti giusti ma di ottima fattura.
 
“Lui è più alt- gwaaaah!”
 
Fuggì terro-ridendo  salendo le scale fino ad arrivare in camera sua blindandosi dietro la spessa porta bianca e scolorita. Neanche col fiatone smetteva di ridacchiare.
 
…………………..
 
 
Appoggiato al lucido marmo italiano che ricopriva il lineare bancone, un uomo rifletteva.
Le enormi vetrate gli davano una vista a 360° sul suo mondo che frenetico e rumoroso scorreva fregandosene di lui .
Fra le dita stava in precario equilibrio un largo e basso bicchiere, alcune gocce di bourbon ancora ne sporcavano la lucentezza; gli occhi velati tradivano lo stato in cui egli versava e la bocca serrata in una smorfia atta a trattenere rabbia disgusto o pianto spiegavano il perché  della bottiglia.
 
Era dura affrontare la fine.
Qualunque fosse la forma in cui essa gli si presentava.
E la stronza maledetta sembrava averlo preso in simpatia visto che lo andava a trovare spesso sottoforma di morte, rottura, allontanamento, rappresaglia, tradimento, disillusione, spaccamento … e, cosa assurda, era soprattutto quando tutto filava liscio che la puttana faceva la sua comparsa mandando tutto a rotoli costringendolo a ricominciare da capo e lui non ne aveva più la forza ormai.
 
Erano passati alcuni giorni ma la rabbia dentro ancora ribolliva latente in attesa solamente del pretesto giusto per venir sfogata e trovar liberazione perché non ne poteva più di rimanere confinata dentro ad quel cuore ferito ancora incapace di guarire da solo.
Che robe.
Grande,  grosso invincibile miliardario eppure così tremendamente fragile e solo.
 
Il sonoro bip d’apertura porte non servì ad avvisarlo in tempo.
 
Queste aprendosi permisero ad un’ombra di entrare con passo svelto e mentre sul lussuoso pavimento echeggiavano solidi tacchi dalle sue dita sparirono bicchiere e bottiglia prossima al refill; al loro posto un paio di splendide gambe fasciate da cupi collant che salivano diventando nera gonna candida blusa e altrettanto scura giacchetta.
 
L’enorme quantità di alcool che aveva in circolazione fu l’unica cosa che lo trattenne dal commentare.
Quella o forse fu la bellissima tonalità di due occhi verdi limpidi e fieri capaci di stregare chiunque.
 
“Credo che così possa bastare!”
“…”
“Mi segua, ha bisogno di una sistemata.”
“…”
 
Rimanendo immobile permise al collo solo il movimento necessario per inclinare un poco il viso, gli occhi da pesce lesso era certo fossero chiusi per metà ma lo stesso sperava che quella mossa indolente facesse desistere lo schianto che le avevano propinato dai piani bassi.
Illusi e coglioni, i tempi dello svago da oblio in cui gli era sufficiente trombarsi qualche sventola per dimenticare le tristezze della vita erano passati da anni.
Per superare questa porcata non sarebbero bastate tutte le donne del mondo.
Anche se la sua mente in realtà ne voleva solamente una …
 
“Mi ha sentita Signor S-”
“Lei è licenziata!”
“Ma se neanche sono alle sue dipendeze!”
“Allora vada a scocciare il fortunato che avrà la fortuna d’essere scocciato da lei…”
 
Quel paio di occhi verdi reagendo all’idiozia appena sbrodolata si allargarono per un millisecondo tornando poi seri e fissi sui propri riuscendo quasi a fargli distogliere lo sguardo.
Uno sbuffo emesso da labbra naturali dal colore più roseo che avesse mai visto portò la donna a muoversi abbandonando la rigida postura che aveva appena assunto cercando forse di apparire minacciosa, dimenticando che ad un ubriaco le cose minacciose spesso e volentieri apparivano innocue e patetiche, portando così le mani ai fianchi come facevano le maestre mentre sgridavano i ragazzini o sua madre quando …
 
Scattò all’indietro sbattendo la nuca contro il muro ricordando l’orrido flashback in cui con una crudele e ferrea presta quel maledetto bastardo poneva fine alla vita di sua madre.
L’attacco di panico che ne conseguì fu accolto con neutra indifferenza da quel paio di gemme che per un attimo solamente s’erano limitate a brillare di empatia prima di tornare ad essere selve serene ed imperturbabili.
 
“Si rilassi e cerchi di pensare a qualcosa di bello.”
 
Neanche la voce lesi era incrinata.
 
“Ddddel ti-po?”
“Qualcosa che le dia stabilità, un amico forse?”
 
Solo una volta che ebbe pronunciata la parola ella sembrò vacillare rendendosi forse conto d’aver detto la cazzata del secolo.
James era si l’unico amico che gli era rimasto ma anche ciò che meno rappresentava la parola stabilità in tutto l’universo viste le condizioni in cui versava per colpa sua.
 
“Proviamo con qualcos’altro … una ragazza?”
 
Gli occhi strabuzzanti che le rivolse sortirono l’effetto di far roteare quelli di lei.
 
“Ma insomma, ci sarà pur qualcosa che la tiene ancorato ad un briciolo di lucidità, no?”
“Vavad-vada via!”
“Se c’è una cosa che può star certo io non farò, signore, è proprio abbandonarla, ora venga, si metta a sdraiare e aspettiamo che passi …”
 
Scivolò in un sonno fatto di rumoroso silenzio e grigia luce al suono di quella voce melodica ma triste in qualche modo e fu la prima volta dopo giorni di stress e allerta in cui anche la sua mente cedette concedendosi ad un riposo ristoratore e stranamente pacifico.
 
Sbuffando fuori pena e frustrazione Marie fece scivolare via le dita dalla fronte dell’individuo appena franato sopra al divanetto, vittima del suo tocco letale.
Vederlo incominciare a sussultare con sguardo vitreo mentre soccombeva ai ricordi cui la sua mente traumatizzata lo sottoponeva reagendo a ciò che lei per prima gli aveva suggerito fu troppo e lei era impreparata a questo tipo di situazioni; sicuramente Kim sarebbe stata più adatta a gestire il caso ma sfortuna voleva che fosse dall’altra parte del mondo alle prese con la controparte di tutto quest’immenso casino nel quale McLee l’aveva ficcata.
Al diavolo! Guardandosi intorno cercò di fare mente locale ma era tutto in stand-by, tutto bianco statico e al contempo caotico, non c’era via di scampo non c’era soluzione, era sola e in subbuglio e, ma che cazzo le era preso!? Toccandolo aveva solamente spostato il problema addossandosi tutte le sue ansie ed erano così tante gravi pesanti e crudeli che non ce la faceva a sopportarle.
Incominciò ad avere flash e ricordi non suoi confusi e caotici contemporaneamente a picchi di adrenalina e frustrazione e terrore e rabbia e …
Andò in tilt.
 
Niente paura Marie
 
Si guardò intorno col sangue gelato nelle vene ed una sensazione di rovente terrore. Sparì tutto in un istante, ma quella voce era … quella voce era.
 
“Jean!!?”
 
Portandosi le mani alla bocca cadde senza nemmeno rendersene conto trovando finalmente lucidità grazie all’acuto dolore al fondoschiena.
 
….
 
“JEAN?”
Si, e ti aiuterò…
 
……
 
 
TH
 
 
 
Allora, avete capito qual è la nuova missione di Marie?
Muahh ahh ahh
 
Ci si sente gente!!!
  
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