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Autore: RodenJaymes    19/05/2016    5 recensioni
Bankotsu e Jakotsu non sono morti sul monte Hakurei e adesso viaggiano con Inuyasha e compagni.
Quanto scompiglio porterà la loro presenza? Quanto cambierà la vita dopo l'unione al gruppo dei due mercenari?
Dal testo:
"« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.
Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.
« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.
« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri. "
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bankotsu, Inuyasha, Jakotsu, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non volevi farlo


Baby, I'm preying on you tonight
Hunt you down eat you alive
Just like animals
Animals
Like animals

Maybe you think that you can hide
I can smell your scent for miles
Just like animals
Animals
Like animals
[…]
Yeah, you can start over you can run free
You can find other fish in the sea
You can pretend it's meant to be
But you can't stay away from me.

Maroon 5, Animals

«Mmm, bene. Io sono la signorina Higurashi, benvenuti a questa prima lezione di scrittura per ignoranti...», cominciò a recitare Kagome, tutta compassata.

«Se mi dai dell'ignorante non è che mi venga tantissima voglia di frequentare, sai donna?», cominciò Jakotsu con espressione annoiata e le sopracciglia inarcate.

Kagome sospirò e si scompigliò i capelli. Bankotsu, Jakotsu ed il piccolo Shippo erano seduti davanti a lei, sul prato, sotto l'ombra di un grande albero, e la guardavano fisso, in attesa. Non sapeva perché avesse deciso di fare una cosa del genere, non lo sapeva proprio. Aveva pensato che fosse utile insegnar loro a leggere e scrivere. Bastavano le basi, i kanji essenziali, tutti quelli che sarebbero riusciti a memorizzare. Pensava di sottoporgli i primi, quelli che si studiavano al primo anno di elementari. Aveva appurato che almeno i due mercenari avevano qualche nozione blanda, quindi pensava sarebbe stato... semplice, in qualche modo. Shippo, invece, non sapeva proprio niente, ma era ancora troppo piccolo, comunque. Avrebbe soltanto assistito.

«Allora sarà “per principianti”.», tossicchiò con fare professionale e giunse le mani in grembo.

Bankotsu soffocò una risata e Jakotsu inarcò un sopracciglio, decisamente scettico. Già era stato trascinato dal fratello in quella farsa ed era a dir poco stupito ed irritato che quella femmina sapesse più cose di lui; figurarsi se poi continuava a comportarsi in quel modo strano.

«Di' un po', donna, perché ti comporti in modo così composto? Sarai forse malata?», chiese perplesso e strinse le labbra.

Kagome strinse i pugni e fece un respiro profondo. La calma dei Kami, la pace del Buddha, che ogni cosa discendesse su di lei. Voleva far finta di essere una vera professoressa e le professoresse, di solito, hanno pazienza. Non voleva diventare la copia della sua insegnante di matematica, una donna scorbutica e sempre incline all'ira. Rifletté che forse era già come lei, ma non intendeva comunque esserlo in quel fittizio contesto scolastico.

Il sole splende ed il cuculo canta, Kagome si calma e conta fino a quaranta.

Aveva elaborato quella litania per imparare a gestire la rabbia, dato che si era ripromessa di comportarsi da algida impassibile. Kagome aveva scritto una lista e riteneva che ci fossero precisi livelli di irritazione:

primo: Jakotsu e qualsivoglia battuta acida;
secondo: Bankotsu che guardava storto Inuyasha dandole di gomito;
terzo: Sango che si ostinava a farle il discorso, come se dovesse elaborare un lutto;
quarto: Inuyasha che si azzuffava con Shippo;
quinto: Inuyasha che rispondeva “tzé”, “fhé” e “fate come volete” ad ogni sorta di domanda esistente per lo scibile umano (e non);
sesto: Inuyasha che andava in giro a cercare Kikyo;
settimo: Inuyasha che si rapportava con Kikyo (baci, abbracci, contatti extra).

Sperava vivamente di non dover arrivare al settimo livello di irritazione ma, comunque sia, si era ripromessa di non esplodere almeno fino al quinto.
Okay, facciamo quarto. Terzo.
Insomma, ci stava lavorando.
Jakotsu rientrava nell'irritazione di tipo I e non si cede al primo livello.

Cedere al primo livello è da algida principiante, Kagome.

Rivolse a Jakotsu un sorriso tirato e lo guardò dritto negli occhi. Quello provò un brivido ghiacciato e si costrinse, non sapeva neanche lui perché, a star zitto. Bankotsu spalancò un po' la bocca, stranito, ed il filo d'erba che aveva fra le labbra gli cadde sulla coscia.

«Voglio solo essere professionale.», rispose in fine al mercenario e con fare aggraziato si portò una ciocca ribelle dietro l'orecchio. Poi prese a rovistare nello zaino giallo e tirò fuori dei fogli di carta e delle penne.

Prese un altro respiro profondo, guardò verso i rami dell'albero sotto il quale si trovavano e...

«Ehi, Inuyasha! Noi stiamo cominciando, non vuoi unirti?», chiese, quasi tutto d'un fiato.

Erano passati esattamente dieci giorni dalla loro litigata. Al settimo avevano ripreso a parlare. Dapprima, intervenivano entrambi in discussioni di gruppo che riguardavano il viaggio, Naraku, teorie sul possibile ricongiungimento della Sfera. Poi, erano arrivati a dialoghi singoli, in cui Inuyasha le chiedeva di passarle qualcosa e lei lo faceva, in cui lei poneva una domanda e lui rispondeva.
Un qualunque esterno avrebbe detto che la situazione era stata perfettamente ristabilita, che tutto era normale. Ma non era così. Dietro quella parvenza amicale c'era lo sforzo ed il sacrificio di entrambi, chi li conosceva bene poteva ben interpretarlo. Molte piccole cose erano cambiate, facendo intuire anche il cambio del rapporto fra i due, una fra queste era la presenza costante dell'aiutante di Miroku, Hachiemon. Togliendo il fatto che adesso fossero ben sette e coprire lunghe distanza soltanto con l'ausilio di Kirara sembrava impossibile... la ragione principale della presenza di Hachiemon era che Kagome aveva completamente smesso di viaggiare sulle spalle di Inuyasha. E non sarebbe stato per un giorno o due; non sarebbe più salita lì. Non poteva più stringerlo, non poteva più abbracciarlo in quel modo, permettere che la toccasse, annusare il suo profumo e stringerlo ancora di più, con la scusa di non voler cadere. Solo compagni di viaggio, nulla di più. Al contempo, in volo, Inuyasha si rifiutava di viaggiare con Bankotsu; o almeno, non lo esprimeva, ma la sua mimica facciale era chiarissima.
Dunque, su Kirara viaggiavano Sango, Kagome, Bankotsu e Shippo sulla spalla del mercenario e i restanti sul dorso di Hachiemon. Inuyasha mal tollerava anche quella divisione, ma non poteva opporsi, non poteva far più nulla.
Entrambi avevano preso a costringere le loro pulsioni, ad interiorizzarle, a nasconderle fino a farle quasi sparire. Nessuna gelosia, nessun commento. Qualche occhiata di tanto in tanto sfuggiva, ma si distoglieva lo sguardo, si dissimulava. Kagome, essendo abituata a smussare le proprie tristezze fino a farsi del male, riusciva a tollerare quel nuovo tipo di costrizione che aveva come unico scopo quello di salvare se stessa; andava avanti. Inuyasha, invece, non era abituato a nascondere né tanto meno a dissimulare; ogni volta che vedeva Kagome scherzare con quel Bankotsu o la osservava soltanto e la percepiva così lontana... era uno strazio, a volte gli sembrava di scoppiare, credeva di impazzire. Tuttavia, stringeva i denti e si costringeva a darsi una calmata. Perché Kagome doveva essere protetta, doveva proteggerla da se stesso.
Per quel motivo Inuyasha osservava dall'alto Kagome impartire lezioni di scrittura a quei due, senza parlare, senza intervenire. Le stava vicino se pur lontano, solo in quel modo riusciva a trovare un minimo sollievo. Anche se la presenza di Bankotsu lo torturava più di quanto non ammettesse a sé stesso.
Quando lei chiamò il suo nome, si sollevò leggermente e guardò di sotto, incontrando i suoi occhi grigi. Lei gli sorrise leggermente, lui strinse le labbra in quello che voleva essere una sorta di... sorriso dispiaciuto? Non era per niente bravo in quelle cose.

«No, Kagome. Credo proprio che rimarrò qui**.», disse con un tono meno burbero del solito. Poi si volse velocemente dall'altro lato e tornò a perdersi nei suoi pensieri e nelle sue afflizioni, osservando il cielo.

Kagome accolse il “no” di Inuyasha, aspettava quel rifiuto quasi fosse un vecchio amico. Non si augurava di certo che accettasse, ma voleva essere cordiale perché erano amici, erano compagni. Come amico ed individuo facente parte di un gruppo, come persona, Inuyasha non si sarebbe mai sentito né abbandonato, né escluso; quella era una promessa.

«Uffa, ma perché Inuyasha non partecipa? Non possiamo stare mai un po' insieme! É colpa tua, Primo Fratello!», disse Jakotsu imbronciato. Poggiò i gomiti sulle ginocchia incrociate e appoggiò il mento sulle mani. Kagome provò tenerezza guardandolo, sembrava proprio un bambino. Il piccolo Shippo scosse la testa con espressione fin troppo saggia, tanto da sembrare quasi il più grande dei tre.

«Quell'idiota... », sussurrò Bankotsu rauco con una smorfia di disgusto. Da quella chiacchierata nel bosco, il mercenario e Kagome erano diventati praticamente amici; giocavano a carte, andavano a cercare la legna con Shippo quando c'era da accendere il fuoco, scherzavano e si stuzzicavano a vicenda. Quella serie di attività portò Bankotsu a maturare ed elaborare un senso di protezione ancor più forte nei confronti della ragazza, tanto che quando vedeva, di tanto in tanto, gli occhi di lei velarsi di tristezza, avendo già in mente il nome del colpevole, desiderava soltanto prenderlo a pugni. Bankotsu non sapeva esattamente cosa gli stesse succedendo, si era ritrovato a mal sopportare Inuyasha perché causava sofferenza a Kagome; e Kagome era così pura, così generosa... non meritava che qualcuno la facesse soffrire. Bankotsu strinse leggermente i pugni e si morse il labbro, seccato. Jakotsu osservò bieco il fratello ed aggrottò le sopracciglia. Bankotsu gliela contava sempre meno giusta...

Kagome si inginocchiò e si sistemò a forza, facendosi posto nel poco spazio fra i due mercenari. Diede una spallata incoraggiante a Jakotsu ed un pizzicotto ammonitore sulla guancia di Bankotsu. I due sbuffarono contemporaneamente e Kagome rise. Poi, prese a distribuire i fogli e diede loro le penne. I due ragazzi cominciarono a rigirarsi fra le mani quegli oggetti di plastica, confusi e completamente rapiti.

«Questa è una penna. Sostituisce il pennello e l'inchiostro. Togliete quel cappuccio nero che vi è sopra: si chiama tappo. Ecco, bravi. Vedete questa striscia nera all'interno di questo tubo trasparente? Questo è l'inchiostro...», cominciò a spiegare, smontando la penna davanti i loro occhi, mentre i due ragazzi assimilavano quelle informazioni. Shippo prese i suoi colori a cera e iniziò a disegnare, poco interessato. Lui sapeva già tutte quelle cose!

«L'inchiostro è tutto qua dentro? Non devo intingere...», prese a dire Bankotsu guardando la penna, confuso.

«No! Guarda.»

Kagome avvicinò la punta della penna ad un foglio bianco e cominciò a tracciare alcuni segni a caso. Bankotsu e Jakotsu la guardarono allibiti e poi estasiati. Kagome chiuse la penna con espressione tronfia e soddisfatta: si sentiva sempre un genio quando i ragazzi del Sengoku la osservavano in quel modo, come se avesse mostrato l'invenzione della vita. Kagome si alzò e corse velocemente allo zaino; infilò quasi la testa dentro, alla ricerca di qualcosa. Quando trovò ciò che cercava, dopo alcuni minuti, si voltò con un sorriso, prima di vedere ciò che l'aspettava. Bankotsu e Jakotsu avevano segni di penna sul viso e sulle braccia. Ridevano come due perfetti idioti mentre cercavano di macchiarsi ancora vicendevolmente. Kagome strinse i fogli che teneva in mano, indecisa se inserire quello spettacolo fra i livelli di irritazione, poi sospirò. Si ritrovò a soffocare una risata quando si accorse che sulla guancia di Bankotsu il fratello aveva disegnato una brutta copia di Inuyasha con Tessaiga sguainata. Si schiarì la voce e si costrinse a tornare seria.

«Non vi ho detto che dovevate macchiarvi a vicenda... lasciamo perdere, eh. Comunque, ho preparato delle cose per voi.», disse e diede loro due fogli l'uno. «Ho scritto alcuni kanji e accanto ho fatto un disegno di cosa rappresentano, così potete ricopiarli e memorizzarli e...», iniziò a spiegare indicando con un dito le varie scritte sul foglio.

«Questa è una patata?», chiese Jakotsu avvicinando il foglio al viso, l'espressione totalmente confusa. Kagome si avvicinò a lui e si chinò fino a sfiorare i capelli di Jakotsu con il mento, per guardare meglio. Lui prese ad indicarle insistentemente con un dito la figurina accanto ad un kanji. Kagome assunse un'espressione crucciata.

«É una persona, Jakotsu...», sussurrò Kagome in risposta.

«No, donna, è una patata.», insisté quello, indicando ancora il disegnino. Bankotsu si avvicinò ed osservò meglio, poi rise.

«Ehi, è vero! Sembra proprio una patata!», disse fra le risate.

I due giovani cominciarono a battersi pacche sulle spalle e a ridere come due idioti mentre Kagome li osservava stizzita. Shippo si allontanò lievemente con il suo disegno, convinto che potesse succedere qualcosa di poco piacevole.

«Oh, insomma! Non è una patata, è un uomo! Non siamo qui per discutere delle mie abilità artistiche, mettetevi a copiare quei dannati kanji!», sbottò incollerita, poi fece un sorrisone tirato e palesemente costruito. «Ora, io mi metterò qui e studierò un po'. Tra un po' vedrò cosa avete fatto. E passatevi questo in faccia. Siete tutti sporchi.», disse poi, tirandogli dei fazzoletti umidi.

Bankotsu e Jakotsu, fra mugugni e lamenti vari, si pulirono e cominciarono a lavorare. Kagome annuì soddisfatta. Si posizionò sotto il grande albero e poggiò la schiena contro il tronco robusto; prese il libro di matematica e cominciò a fare qualche esercizio. L'atmosfera era tranquilla, tutto procedeva perfettamente. I due continuavano il loro lavoro di copiatura, ogni tanto si infastidivano a vicenda, dandosi pacche o piccoli buffetti, Inuyasha era sull'albero, Shippo colorava. Miroku e Sango erano poco distanti, una a lucidare Hiraikotsu, l'altro a dormicchiare.
Kagome continuava a svolgere i suoi compiti, con impegno. Odiava la matematica, ma era sempre stata brava a scuola e non aveva mai permesso a quella perfida materia di intaccare la sua media. Da quando si ritrovava sospesa tra due epoche, costretta molto spesso ad assentarsi, aveva avuto un po' più di difficoltà. Ma con una dose di impegno, organizzazione ed appunti altrui era riuscita a barcamenarsi con buoni risultati. I voti erano leggermente più bassi, ma mai insufficienti, ed i professori ritenevano che quel piccolo calo nel rendimento fosse semplicemente dovuto ai “lunghi e spossanti periodi di malattia”. Kagome sorrise mentre finiva l'ultimo esercizio della pagina; andò a quella successiva, sistemando gli appunti di Eri. Erano utilissimi, avrebbe fotocopiato soltanto i suoi da quel momento in poi. Si sistemò meglio contro il tronco dell'albero e tenne il libro ben aperto sulle ginocchia. Stava per scrivere il primo esercizio della pagina successiva, pronta a svolgerlo, quando cominciò a sentire le palpebre farsi pesanti. Lottò per tenere gli occhi aperti ma notò che più ci provava, più non riusciva; c'era qualcosa di più forte, qualcosa che non poteva controllare che la stava costringendo ad abbassare le palpebre, lentamente. Eppure, non aveva sonno, non si sentiva stanca. Sbatté un paio di volte le palpebre finché non fu tutto inutile. Chiuse gli occhi e si addormentò. Il suo corpo si rilassò, come un sacco vuoto, e scivolò leggermente contro il tronco.

* * *
Kagome aprì gli occhi e piombò in un nero plumbeo, non sapeva dove si trovasse. Si guardò intorno ma vedeva soltanto nero e nient'altro. Si stropicciò gli occhi e cominciò a sentire un certo senso di disagio. Avvertiva qualcosa di malsano in quel luogo, sapeva che non doveva essere lì. Una sensazione di pesantezza prese ad invaderle il petto, aveva difficoltà a respirare. Prese a camminare con le braccia incrociate e strette al ventre. Più si addentrava più nero c'era; non vedeva nulla. Poi, in tutto quel nero, finalmente una luce; proveniva dal suo costato, sul lato sinistro. Lì dov'era la Sfera dei Quattro Spiriti poco tempo prima, all'interno del suo corpo.
Una luce violetta, che conosceva fin troppo bene, prese a brillare potentemente, rischiarando ovunque intorno a lei. Ma tutto rimase nero com'era, nero spruzzato di viola. Guardando meglio, Kagome notò che un filo luminoso, del medesimo colore della luce, partiva da dove quella si irradiava; l'altra estremità del filo non poteva essere vista. La giovane miko tentò di toccare il filo violaceo ma non appena il suo dito lo sfiorò, passò attraverso, come se non lo avesse realmente toccato.
Era inconsistente.
Kagome corrugò le sopracciglia ed una curiosità stana la pervase.
Chi o cosa vi era all'altra estremità del filo? Si guardò intorno un'altra volta, la luce che brillava intensamente sul suo fianco. Non aveva le sue frecce, non aveva nessuna arma con sé.
Poi, prese a muoversi. Un passo dopo l'altro, nel nero, alla ricerca dell'altra estremità del filo. Doveva sapere. Determinata ed ansiosa al contempo, il filo che si accorciava, sparendo fra le sue costole.
L'aria era sempre più densa, rarefatta. La difficoltà ad introdurre aria all'interno dei polmoni si fece sempre più intensa. Kagome prese a correre disperatamente, doveva arrivare all'altra estremità del filo, prima che non potesse più respirare, prima che potesse succedere qualcosa.
Si bloccò di colpo, sgomenta. La difficoltà a respirare che sentiva era provocata da un miasma nero e spesso che probabilmente dava colore a quel posto. Deglutì rumorosamente ed a fatica.
Avvolta da rivoli di quel miasma infernale vi era Kikyo, nuda, i capelli corvini sciolti che sembravano tutt'uno con quella nube nera. Kagome notò con disgusto che il miasma era generato da lei, da uno squarcio profondo che si protraeva dalla clavicola destra fin quasi al seno. Kagome si volse a guardare il filo e vide che l'altra estremità si trovava proprio all'interno del fianco sinistro di Kikyo.
Kikyo la guardò con espressione impassibile ed anche lei restituì lo sguardo, mantenendo la stessa ed identica espressione.
In realtà, provava una grandissima angoscia. Un palpabile e consistente senso di angoscia. Ansimava, il respiro le si mozzava ogni volta che tentava di inspirare.

«Scegli se salvare o distruggere.», disse Kikyo freddamente ma con educazione.

Kagome non capì. Sentì le gambe cederle, sentiva i polmoni bruciare insistentemente, il miasma le stava facendo male. Tuttavia rimase dritta, il respiro affannoso. Lo sguardo grigio e fiero fisso in quello grigio e spento di Kikyo.

«Sei ancora in vita, dunque. Dove ti trovi, sacerdotessa?», chiese, composta e glaciale. Non si chiese neanche come poteva parlarle, come era giunta lì, perché. Non vi era tempo per pensare, solo per agire.

«Sono sospesa, sono vicina. Giungerai quando il sole è a metà del suo corso, scortata da Somma figura.»

Kagome voleva parlare, chiedere, ma cominciò a tossire. Le gambe cedettero e si ritrovò in ginocchio. Si strinse le braccia al petto, la tosse non voleva fermarsi. I suoi occhi iniziarono a vedere sfocato e nebbioso. Le palpebre le si fecero pesanti.

«Atte... volatili … fuoco.»

Le parole le arrivarono ovattate, provò a tenere gli occhi aperti ma non vi riuscì. E cadde come corpo morto**.

* * *
Bankotsu si stava impegnando moltissimo. Non sapeva esattamente perché, ma voleva fare una buona figura; voleva che quei kanji fossero copiati perfettamente e, mentre li scriveva, provava anche a memorizzarli. Sbirciò verso Jakotsu e lo vide inattivo; l'espressione imbronciata e la testa sorretta dal gomito poggiato sulla coscia.

«Che fai lì, inattivo? La ragazzina ci ha detto di copiare tutti i kanji.», disse Bankotsu mentre tornava a fare il suo lavoro.

Jakotsu lo guardò con la coda dell'occhio e sospirò. Che noia che era! Tutto affaccendato, per quale ragione poi? Smise di guardarlo. Se non stava attento, sarebbe scoppiato a ridere ed il Primo Fratello si sarebbe accorto cosa aveva disegnato sulla sua guancia! Il disegno era sbiadito ma il solo pensiero gli faceva venire una gran voglia di ridere. Se solo avesse saputo... meglio evitare.

«Questo gruppo ti sta rendendo noioso, Primo Fratello. Io ho già terminato il mio lavoro.», disse chiudendo un occhio, assonnato e senza nessun entusiasmo. Avrebbe schiacciato un pisolino volentieri, proprio come stava facendo quella donna!

Bankotsu strabuzzò gli occhi e afferrò i fogli che il fratello aveva fra le gambe incrociate. Eh, sì. Aveva proprio ricopiato tutto. Ed anche con una grafia più pulita ed ordinata della sua; i kanji erano così perfetti. Fece una smorfia e per un attimo lo assalì lo sconforto. Perché non era in grado di scrivere i segni in maniera così ordinata?! Sospirò rumorosamente, sentendosi senza speranza. Jakotsu si volse a guardarlo e gli dedicò un'occhiata perplessa.

«Primo Fratello...?»

«Dannazione! Guarda qui! Perché i tuoi segni sono così ordinati ed i miei sono bruttissimi?! Sono peggio di una miniatura disegnata da quella ragazzina! Accidenti!», sbottò con fervore. Jakotsu sbatté le palpebre più volte, totalmente confuso. Sembrava quasi che il Primo Fratello si stesse... lagnando? Sgranò gli occhi e poi scoppiò a ridere sguaiatamente.

«Senti, se vuoi posso ricopiare io i kanji che ti rimangono. Ad una condizione.», disse Jakotsu con voce graffiante e persuasiva, sollevando l'indice sotto il naso di Bankotsu, come a sottolineare l'esistenza di quell'unica clausola. «Mi darai la tua razione di patate secche per venti giorni.»

Bankotsu strinse le labbra e gonfiò le guance. Incrociò le braccia e si volse dall'altro lato con l'intero corpo, dando le spalle al fratello.

«Non ci penso neanche. In fondo, non mi interessa proprio per niente, questa stupida cosa della scrittura.», disse con gli occhi socchiusi ed un tono superbo. Jakotsu fece un sorriso sinistro e si sfregò le mani, con aria maligna, conscio che nessuno potesse vederlo. Beh, una razione di patate secche in più non era cosa da niente: l'avrebbe ottenuta. Si avvicinò a Bankotsu, che gli dava le spalle, lo circondò con le braccia e poggiò il mento languidamente sulla sua spalla. Bankotsu guardava da tutt'altra parte, impassibile ed indifferente.

«Bankotsu-samaaa...», cominciò Jakotsu con voce leziosa.

«Non ci provare.», disse Bankotsu grattandosi una tempia con espressione perplessa.

«...dunque preferisci che quella ragazzina sappia che non sei capace di scrivere dei segni decenti.», disse e sbatté le palpebre più volte con fare innocente, come se fosse un bambino. Bankotsu s'irrigidì e Jakotsu sorrise. Orgoglio: con Bankotsu funzionava quasi sempre. «Già che lei sappia più cose di noi... ed è una donna... non è mica Renkotsu...»

Bankotsu si voltò di scatto e si mise di fronte il fratello. I due si guardarono fisso per un attimo.

«Quindici giorni.»

«Ahh, Primo Fratello sei così prevedibile!», disse Jakotsu strappandogli i fogli incompleti e cominciando a lavorare. Bankotsu fece una smorfia e sbatté con forza le mani sulle ginocchia.

«Falla finita! Jakotsu, sei proprio un disgraziato, da quand'è che hai cominciato a ricattarmi? Razza d'ingrato!»

«Se credi che questo sia un ricatto, sei proprio un bel tipo! E meno male che sono l'unico di cui ti fidi.», disse Jakotsu con finta aria offesa ed imbronciata.

«Già... proprio quello che dico io...», disse Bankotsu con aria incollerita mentre continuava a punzecchiare la testa di Jakotsu con un dito, a ripetizione.

«Di', Bankotsu... guarda un po' come se la dorme quella donna! E noi qui, a fare queste cosette sceme...», disse Jakotsu distrattamente, osservando Kagome.

Bankotsu smise di punzecchiare il fratello e si voltò ad osservare Kagome. Prima era seduta, adesso il suo corpo si ritrovava quasi ai piedi dell'albero, scomposto, come un sacco vuoto. Era mollemente adagiata sul prato, la testa che poggiava malamente su di una radice fuoriuscita dal terreno. Era scivolata lentamente, fino a toccare terra. Eppure, non si era svegliata, sembrava preda di un sonno molto profondo. Prima ancora che la sua mente riuscisse a formulare un pensiero, si alzò e andò verso di lei. Jakotsu sollevò lo sguardo dai fogli e lo piantò sul fratello. Ma che cosa stava facendo? Perché si stava avvicinando a quella donna?
Bankotsu si inginocchiò accanto alla sacerdotessa e fece per scostarle una ciocca di capelli dal viso, per poi ritirare la mano prima ancora di averlo fatto. Si soffermò ad osservare i tratti del suo viso, rapito. Notò che respirava in maniera affannosa, il suo petto si alzava e si abbassava molto velocemente; decise che probabilmente era la brutta posizione nella quale la giovane si trovava. Aggrottò le sopracciglia, confuso da quello che stava facendo. Non sopportava di vederle quell'espressione crucciata anche nel sonno. Le infilò una mano dietro la schiena e la sollevò leggermente, per posizionarla meglio. La depose accuratamente sul prato. Il volto manteneva quella smorfia, sembrava... dolorante? Bankotsu le sollevò la schiena, quasi a metterla seduta, tenendola fra le sue braccia; le gambe erano distese sul prato.
Kagome continuava a respirare affannosamente ed aveva cominciato a stringere i pugni convulsamente. Bankotsu assunse un'espressione seria; Kagome stava male.

«Cosa sta succedendo qui?», chiese una voce sprezzante e maschile, alle sue spalle. Inuyasha si inginocchiò di fronte a lui, il corpo di Kagome a dividerli. Rimase un attimo perplesso osservando quel Bankotsu: sembrava quasi che quello scarabocchio sbiadito sulla sua guancia gli somigliasse. Scosse la testa, come ad eliminare quel pensiero.

I due si guardarono in cagnesco per millisecondi, poi l'attenzione del mezzo demone fu completamente assorbita da Kagome. Aveva un aspetto pessimo. Inuyasha impallidì e strinse in una mano uno dei pugni che Kagome apriva e chiudeva ripetutamente, senza pace.

«Jakotsu, chiama quei due.», ordinò Bankotsu, riferendosi a Sango e Miroku. Ignorò completamente Inuyasha e continuò a guardare Kagome. Jakotsu si alzò e si mosse, obbedendo al Primo Fratello; non gli sfuggì quella sfumatura di apprensione che aveva scorto nello sguardo del suo compagno.

«Kagome? Kagome, svegliati! Accidenti!», urlò Inuyasha stringendo ancor di più il pugno chiuso della ragazza. Era tremendamente angosciato.

Bankotsu avvicinò una mano al viso di Kagome e le scostò finalmente quella ciocca dal viso. Aveva la fronte imperlata di sudore e fremiti la prendevano in continuazione. Il respiro era sempre più grosso e affaticato. Inuyasha gli lanciò un'occhiataccia e strinse i denti.

«Ragazzina, avanti. Apri gli occhi.», le sussurrò perentorio, come se le stesse dando un ordine.

«Ehi, tu. Toglile le mani di dosso. Dammela.», disse Inuyasha con rabbia mal trattenuta. Bankotsu notò che stringeva una mano di Kagome nella sua, con agitazione. Bankotsu assunse il suo miglior cipiglio di sfida e fece un sorrisetto provocatorio. Strinse Kagome leggermente più a sé ed Inuyasha scattò in avanti.

«Puoi scordartelo.», soffiò con arroganza.

«Quando si sveglierà, non le piacerà sapere che l'hai toccata ancora in quel modo.», ringhiò Inuyasha quasi faccia a faccia con Bankotsu, la mano stretta in quella di Kagome, soltanto il suo corpo fra i due.

A Bankotsu non sfuggì quell' “ancora”. Così il mezzo demone, quella notte, aveva visto. Lui era lì. Un nuovo sorriso di scherno gli macchiò il viso.

«Credo che non sarebbe molto felice di farsi toccare neanche da te, adesso. Dico bene, Inuyasha?»

Inuyasha contrasse il viso in un'espressione furiosa, i denti stretti, la mascella contratta. Il mezzo demone fece scricchiolare minacciosamente le dita artigliate della mano libera e si sporse in avanti. Il suo viso era nuovamente vicino a quello del mercenario.

«Dannato bastardo. Ringrazia soltanto che Kagome sia qui, in mezzo. Perché...»

«Fratello. Ora basta.»

Una mano sulla spalla fece sobbalzare Bankotsu. Sollevò il viso e scorse Jakotsu accanto a sé. La sua espressione seria ed ammonitrice, così diversa dal suo solito, lo stupì e lo turbò. Si zittì e non rispose. 
Il monaco, la sterminatrice e quello strambo di Hachiemon erano accorsi immediatamente, insieme al volpino che si era allontanato con loro, alcuni minuti prima. Kagome venne scossa debolmente ma non reagiva minimamente a nessun richiamo e stimolo. Tremava e respirava affannosamente, il volto contratto. Poi, tutto cessò. Il suo corpo si rilassò progressivamente. Lentamente, dopo aver sbattuto le palpebre molte volte, due occhi grigi si spalancarono di scatto.

* * *
Kagome fece fatica a riemergere dal sonno. Quando il nero iniziò a diradarsi, ricominciò a sentire nuovamente il controllo sul suo corpo. Le faceva un gran male il collo e sentiva le membra parecchio indolenzite. Non riusciva ancora ad aprire gli occhi; cominciò a sbattere le palpebre continuamente, ad un ritmo incalzante, fino a che, finalmente, non riuscì ad aprirli. Li aprì di scatto, li spalancò più che poté. Voleva godere nuovamente della visione della luce, aveva bisogno di chiarore.
Fu grande la sua delusione quando le sue pupille prostrate misero a fuoco soltanto della penombra. Con la vista offuscata, non riuscì subito a mettere a fuoco il perché della luce mitigata.
E poi, vide.
Le teste di Inuyasha e Bankotsu erano tanto vicine da toccarsi e, cosa ancor più imbarazzante, erano chine sul suo viso, quasi a volerne saggiare il respiro. Vide la fronte aggrottata di Inuyasha spianarsi, come preso da sollievo, e Bankotsu increspare le labbra in un sorrisetto. La parte destra del suo corpo aderiva totalmente a Bankotsu e la sua mano sinistra era stretta in quella di Inuyasha. Il suo cervello ci mise almeno tre minuti a realizzare bene il tutto.
Sgranò gli occhi per quanto le era possibile e le guance le si imporporarono velocemente. Al suo cambio d'espressione, anche Inuyasha e Bankotsu si incupirono.
Kagome si alzò di scatto, spingendo indietro i due ragazzi con una forza che non credeva di avere. Scattò in piedi velocemente, tanto che la testa prese a girarle e rischiò di inciampare. Vide un barlume rosso svolazzarle davanti agli occhi e si ritrovò il braccio di Inuyasha che l'aveva afferrata circondandole il busto, per evitare che cadesse lunga distesa in avanti. Rimase per un attimo così, poi si liberò subito.

«Kagome!», urlò Sango. Lasciò finalmente il braccio di Miroku che aveva artigliato finché Kagome non si era ripresa.

«Volete smetterla di toccarmi? Si vince per caso qualcosa?!», sbottò sotto gli occhi perplessi ed a tratti preoccupati di tutti. Cos'erano quelle facce? Aveva forse dato mostra del suo disagio onirico anche nel mondo reale?

OH. NO. Ovviamente, per questo mi erano tutti addosso. Ora vorranno delle spiegazioni. Che stupida che sono.

Kagome cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore e si sentì in ansia, senza capire perché. O forse, semplicemente, non voleva ammetterlo.

«Se può farti star tranquilla, io non ti toccherei mai.», la informò Jakotsu con un sorrisone compiaciuto. Bankotsu scoppiò a ridere, ma suonò alle orecchie del fratello come una risata nervosa, come se servisse a liberarsi della tensione accumulata.

«Confortante.», borbottò Kagome cominciando a muovere un piede avanti ed indietro.

Inuyasha le si avvicinò con un'espressione seria piantata sul viso. Si fermò soltanto quando le fu completamente di fronte.

«Si può sapere che cosa ti è successo?! Hai idea del colpo che mi sono preso?», le urlò.

«...che ci siamo presi.», lo corresse Miroku, muovendo leggermente il bastone sacro.

Kagome strinse i pugni e s'irritò. Sapeva che si era preoccupato per lei, che quello era il suo modo di esprimere l'apprensione, ma porca miseria! Poteva smettere di urlarle in quel modo? …quella Kikyo, accidenti!

Come se ne avessi colpa! Dillo alla tua ragazza morta!

«Non ne ho colpa, smettila di urlare in questo modo villano.», disse con un tono tanto ghiacciato quanto incollerito. Inuyasha si bloccò, poi annuì semplicemente. Prima il bastone di Miroku, poi lui stesso, si posero fra loro, dividendoli.

«Cosa mi è successo?», chiese poi e si volse verso Bankotsu, ancora inginocchiato sull'erba.

«Ti sei addormentata molto tempo fa. Poi hai preso a respirare affannosamente, a tremare e stringere i pugni. Il tuo volto era contratto ed esprimeva dolore.», spiegò in tono piatto, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Jakotsu notò che il fratello aveva appositamente omesso il fatto che inizialmente si fosse avvicinato alla ragazza solo con l'intento di spostarla.

Kagome annuì, seria. Prese un respiro profondo e poi puntò i suoi occhi grigi in quelli di Inuyasha. Il mezzo demone si sentì inchiodato da quello sguardo così intenso. Cosa stava per dirgli? Aveva avuto così paura che le fosse successo qualcosa che si beò più del consentito di quel contatto visivo. Si rese conto di come aveva sentito la mancanza di quelle iridi grigie, delle sue. Non lo guardava in quel modo da quelli che gli sembravano secoli. Avrebbe potuto coprire facilmente quel mezzo passo che li separava, scartare Miroku, ed abbracciarla; non lo fece. Si era permesso di stringerle la mano, di sentire quel calore mentre pensava che stesse sfuggendo via. Adesso poteva tornare a fingere di far finta di nulla.
Kagome fissava Inuyasha negli occhi e quelle pozze dorate le tolsero la forza di far uscire le parole che stava per pronunciare. Come avrebbe potuto? Sarebbe scappato via da lei un'altra volta, lo avrebbe visto sgusciare via ancora. Ma doveva. Ormai, non c'era più niente che potesse evitarlo e lei si era ripromessa di non farsi intaccare, di essere distaccata... e poi Inuyasha doveva sapere, doveva poterla salvare. Non poteva nasconderglielo, non sarebbe stato giusto. Inoltre, vi era di mezzo la vita della sacerdotessa, ne era sicura. Quella visione del miasma non le faceva presagire, ovviamente, nulla di positivo.

«Ho fatto un sogno. Mi trovavo in un posto buio e... poi è apparsa lei. Eravamo collegate da una sorta di filo.», parlò lentamente e con cautela. Lasciò che Inuyasha assimilasse quel “lei”, che la sua mente lo scandisse; lasciò che tutti annuissero, poiché era impossibile non capire a chi si stesse riferendo. Poi, continuò. «Aveva uno squarcio nel petto, da lì usciva del miasma, non riuscivo... non riuscivo a respirare. Parlava in modo enigmatico. So solo che è vicina e sospesa probabilmente fra vita e morte. Ha detto che giungerò scortata da Somma figura quando il sole sarà a metà del suo corso. Non so dove, non so quando.»

Inuyasha annuì, pietrificato. Non erano solo vane speranze, illusioni. Kikyo era viva, lo era sul serio. Kikyo era vicina. Doveva salvarle la vita, chissà in che condizioni pietose verteva. Kagome l'aveva vista circondata dal miasma, quella cosa lo preoccupava oltremodo. Quel bastardo di Naraku. Non aveva smesso di tormentarla neanche un minuto, nemmeno un attimo.

«Miroku, tu che ne pensi?», chiese Sango guardandolo con ansia.

«Credo che la Somma Kikyo abbia usato una parte del potere spirituale che ancora possiede per instaurare un contatto con la Divina Kagome. Kagome è la sua reincarnazione ed inoltre Kikyo ha in corpo una piccola parte della sua anima; non dev'essere stato difficile per lei. Quello che mi chiedo è cosa intendesse con l'ultima frase.», disse Miroku con aria assorta, carezzandosi il mento.

Kagome incrociò le braccia al petto e lo guardò, distogliendo lo sguardo da Inuyasha. Vederlo così assorto, così interessato, faceva male. Ma era così che sarebbe andata ed era giusto, in qualche modo. Lo sapeva.

«Non capisco chi dovrebbe essere la Somma figura e non capisco perché non le è stato possibile essere più chiara. Mi ha detto qualcos'altro, ma non riuscivo più a sentirla. Ho sentito soltanto “fuoco” ed una parola che forse si avvicinava a “volatili”.», disse e poi tacque.

«Ecco, io...»

Inuyasha parlò e tutti si voltarono verso di lui. Si sentì in colpa anche solo per aver detto qualcosa, per aver innescato quello che sarebbe stato, probabilmente, l'ennesimo dolore di Kagome. Ma non poteva far nulla, non poteva impedirsi di cercare Kikyo, di bramare la sua salvezza, il suo volerla al sicuro. Non avrebbe fallito un'altra volta, non ancora...
Tutti avevano intuito ciò che Inuyasha stava per dire, nessuno escluso. L'intenzione era dipinta sul suo volto tormentato, ancor prima che si esprimesse a parole, ancor prima che desse colore alle sue emozioni. Kagome lo osservò a lungo.

«Sei ancora qui? Va', Inuyasha. Vedi se riesci a trovarla prima tu.», disse tranquillamente, nessuna emozione nella voce. E forse, quel tono atono, fece male ad Inuyasha più di qualsiasi altra lacrima. Ma non poteva far altro e preferiva soffrire lui al posto suo.

Jakotsu fulminò Kagome con lo sguardo. Che ne era stato del patto? Cosa stava facendo? Si affossava da sola? Corrugò la fronte alta e si fece avanti. Dopo quella litigata, quella donna doveva provare a recuperare. Non poteva precludersi tutte quelle possibilità che aveva. Che razza di stupida!

«No! Sarebbe opportuno andare tutti insieme. Non trovate? La sacerdotessa ha detto che deve essere la donna a trovarla... ci sarà un motivo, no?», disse tutto d'un fiato Jakotsu, sperando d'essere convincente. Quella donna avrebbe mandato tutto il suo piano a farsi benedire.

Kagome si volse leggermente verso di lui e sorrise con un sopracciglio inarcato. Apprezzava il fatto che Jakotsu pensasse ancora al suo strambo piano; ma non era più il tempo di giocare a fare i maghi del complotto.

«Ma no, va bene. Vai Inuyasha. Sta benissimo a tutti noi.», calcò su quel benissimo e poi si volse come se niente fosse. Prese a raccattare i suoi libri per rimetterli nello zaino. «Dovremmo recuperare qualche pesce per cena. Ci pensate voi?», aggiunse, indaffarata.

Inuyasha socchiuse gli occhi poi, impaziente, con un balzo, sparì fra la vegetazione, seguendo chissà quale pista.
Miroku e Sango annuirono, consapevoli che quella fosse una richiesta di solitudine; Shippo ed Hachiemon li seguirono ed anche Jakotsu si allontanò con una smorfia.
Bankotsu era ancora seduto sul prato ed osservava Kagome riporre le sue cose. Quando la ragazza arrivò a raccogliere i loro fogli scritti, alzò lo sguardo su di lui. Gli sorrise e gli diede un buffetto sulla guancia macchiata.

«Ehi, avete fatto un buon lavoro. Mi complimenterò anche con Jakotsu più tardi.», disse. Si alzò e si stiracchiò, volgendo lo sguardo verso il cielo che, pian piano, si tingeva di rosso.

«Non soffrire.», disse Bankotsu, senza pensarci.

Kagome si volse di scatto verso di lui, presa alla sprovvista; il suo volto si crucciò improvvisamente, come se stesse per scoppiare. Prese a stropicciarsi gli occhi.

Livello irritazione tipo VI, accidenti. Resisti Kagome!, pensò soltanto.

Si stava impedendo di piangere, si capiva. Poteva capirlo. Bankotsu distolse lo sguardo, in una sorta di rispetto misto a comprensione.

Non le piace che io la veda, non le piace.

E poi la vide accovacciarsi di fronte a lui. Gli sorrise triste e gli lasciò una carezza sulla guancia, prima di alzarsi. Bankotsu fu tentato di toccare quella mano che si era soffermata forse più del dovuto sul suo volto; ma aveva pensato troppo. Quando stava per farlo, quel calore momentaneo era già svanito.

«Passerà.», rispose lei. Gli sorrise ancora, come riconoscente, e poi si alzò.

Kagome si sentiva forte e rifletté che lo era sempre stata; però, adesso lo era ancora di più perché sarebbe stato facile voltarsi indietro, ma lei voleva continuare a camminare per la sua strada. Non sarebbe più stata la seconda, non si voleva tradire ancora. Prese a camminare velocemente per raggiungere gli altri e chiedere se volessero una mano. Stava bene, poteva farcela.

«Non merita che tu soffra, ragazzina.», disse Bankotsu, lo sguardo puntato sulla schiena di lei, sui suoi capelli corvini che ondeggiavano al passo ad un ritmo incantatore. Kagome si volse ed il mercenario vide sul suo viso un'espressione arrogante che lo spiazzò. Come poteva riprendersi così repentinamente?

«Lo so.»

Bankotsu sospirò e strinse i pugni. Si lasciò cadere sull'erba, deciso a non pensare, mentre Kagome si allontanava, via da lui. Ma un'idea, senza il suo consenso, stava già prendendo forma nella sua mente.

* * *

Era appena tornato ed era furioso. La ricerca non aveva portato a nulla e non faceva altro che tormentarsi. Si era allontanato da tutti; aveva dato soltanto notizia del suo ritorno, non voleva che Kagome si preoccupasse. Rise sprezzante, si schernì. Come se quella piccola premura potesse alleviare il dolore di Kagome in qualche modo. Era così ipocrita da parte sua anche soltanto pensarle, certe cose. Conficcò gli artigli nel ramo sul quale era seduto. Il suo sguardo si perse nella miriade di stelle sopra la sua testa, fra le fronde dell'albero dove si trovava.

Dove sei, Kikyo?

Un solo pensiero, disperato, prese possesso della sua mente. Cinquant'anni prima, seduto su un ramo come quello, in una notte piovosa, l'aveva vista per la prima volta. Era un umano, non voleva farsi vedere, le aveva parlato riparato dal grosso tronco scuro. Kikyo era provata, i suoi indumenti erano sporchi ed era ferita; aveva appena ucciso un demone di grande stazza che voleva appropriarsi della Sfera. Quella notte aveva appreso dell'esistenza di quel gioiello malefico, quella notte l'aveva conosciuta. Quella notte era cambiato tutto.
La sua vita, quella di Kikyo. La vita di Kagome...
Inuyasha ricordò che quando, quella notte, vide Kikyo accasciarsi sul suolo bagnato, qualcosa lo spinse a balzare giù dal ramo. Non sapeva cosa fare, si chinò a guardarla. Pensò che fosse di una bellezza disarmante, una donna di simile beltà non l'aveva mai vista. Meditò per pochi secondi, era spinto dall'inspiegabile desiderio di sfiorarle il viso... poi, le voci degli abitanti del villaggio. Uomini allarmati con torce chiamavano a gran voce il nome di Kikyo. Inuyasha era fuggito velocemente, quel nome che premeva ancora sulle labbra mentre correva via, per non essere incolpato delle ferite della sacerdotessa.
Era cominciata così. E poi il non potersi uccidere a vicendevolmente... nessuno dei due era in grado di distruggere l'altro, di infliggere il colpo di grazia, quello decisivo.
La discussione su quel prato...

«Inuyasha, dimmi, come ti sembro? Io ti sembro un essere umano?**»

Quanto sembrava indifesa in quel momento, quanto erano limpidi i suoi occhi. Poi le aveva fatto quel regalo, quella polvere da trucco appartenente alla madre; Kikyo si mostrava gentile e lui voleva che avesse qualcosa che potesse ricordarglielo. Sarebbe stata ancora più bella con quel colore sul viso.
Ricordava ancora la felicità di lei e poi il suo sguardo triste, stava per piangere quando le aveva detto che la veste del Cane del Fuoco era un ricordo della madre... si era rammaricata di averla colpita con le frecce così tante volte. Le labbra di Inuyasha si curvarono in un piccolo sorriso triste. Quei ricordi erano così vividi che gli sembrava quasi di poter scorgere la figura di Kikyo, il suo arco, la sua espressione fiera. Ma non vi era il suo odore, non vi era traccia di lei.
Inuyasha si strinse nelle spalle e sospirò.
E quel pomeriggio, al tramonto. Era triste per aver compromesso la vista della sorella e poi, quella proposta...

«Che ne dici di smettere di combattere, Inuyasha? Smettere di combattere e diventare un essere umano.»

Quelle parole avevano dato libero sfogo ad emozioni che fino ad allora non aveva mai provato. Si sentì pervaso da un piacevole calore, si sentiva accettato, per la prima volta dalla morte di sua madre. Un altro essere umano stava mostrando amore per lui. E si scoprì bisognoso di quel calore, ne voleva ancora, voleva provarne ancora. Così, al fiume, quando Kikyo rischiò di cadere, la afferrò e la strinse a sé. L'abbracciò forte, desideroso di sentirsi amato, capito, accettato. Per lei lo avrebbe fatto, un milione di volte. Sarebbe diventato l'uomo di cui aveva bisogno, sarebbe diventato l'uomo che avrebbe amato e non avrebbe più conosciuto il disprezzo del prossimo. Non era più importante il potere... il potere non compra l'amore, non compra l'accettazione...

«Kikyo... io voglio diventare un essere umano. Non lo dico tanto per dire, diventerò un essere umano. E tu, diventa una donna. La mia donna.»

Lo aveva sussurrato contro i suoi capelli come se fosse un segreto, beandosi del suo profumo; qualcosa che solo loro due avrebbero condiviso e nessun altro. La gioia negli occhi di Kikyo in quel momento...
E poi lo aveva baciato. Fu una stilettata al cuore ricordare, una lunga ma dolce stilettata al cuore. E più cercava di estrarre il pugnale, più quello entrava nella carne. É il succulento sapore di quella sofferenza racchiusa nei ricordi più dolci che ormai non sono più nostri.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quella sofferenza, da quel dolce rimpianto che non lo abbandonava. Pensare com'era andata a finire, come tutto quel calore si fosse dissolto, lasciando solo odio, amarezza, tristezza, negazione. E poi, Kagome. Riaprì gli occhi. Gli era lecito pensarla? Lei che per lui aveva fatto così tanto.

«Kagome, prima di incontrare te, io non avevo fiducia in nessuno al mondo. Ma tu ti sei saputa preoccupare per me e mi sei stata vicina. Insieme a te io mi sento sereno ed il mio spirito si placa... tuttavia... io non posso permettermi di essere felice e sorridente...**»

No. Come avrebbe potuto? Come? Kikyo era morta per lui, aveva donato la sua stessa vita. E lui avrebbe ripagato quel gesto con la sua, di vita. Un'esistenza per un'altra. Quel senso di colpa l'avrebbe abbandonato, l'avrebbe protetta. Ma Kagome... Kagome... erano veramente soltanto quelle le uniche parole ch'era in grado di spendere per lei?
Ad un tratto, un rumore attirò la sua attenzione. Drizzò le orecchie e si alzò in piedi sul ramo. Quell'odore...

Bankotsu uscì dal folto, Banryu stretta nel pugno destro. Era rigido, quasi impettito, aveva un'espressione crucciata, sembrava incollerita. Inuyasha sgranò gli occhi, poi si abbandonò al solito grugno. Che fosse successo qualcosa a Kagome? Spiccò un semplice salto ed atterrò tranquillamente sul manto erboso sottostante. Bankotsu era a pochi passi da lui.

«Cosa vuoi, mercenario? É successo qualcosa a Kagome?», chiese quasi urlando, strinse i pugni.

Bankotsu, sentendo il nome di Kagome, sollevò il labbro superiore scoprendo i denti, in una sorta di smorfia che non riuscì a trattenere. Cos'è? Faceva finta di preoccuparsi?

«Perché non me lo dici tu, eh?», chiese provocatorio mentre faceva volteggiare Banryu senza nessun problema.

Inuyasha strinse i pugni fino a conficcare gli artigli nella carne. I palmi cominciarono e sanguinare ed il liquido rossastro prese a gocciolare. Non se ne curò minimamente e, furioso, scattò in avanti, fino ad essere viso a viso con Bankotsu. Quello mantenne perfettamente la calma e l'arroganza nel volto.

«Cos'è? Hai deciso di corteggiare anche me?», chiese Bankotsu arrogantemente. Poi con un gesto repentino, sollevò Banryu e saltò all'indietro, ponendo l'arma come scudo, fra sé e l'avversario.

Inuyasha ringhiò e sfoderò Tessaiga, furioso fino alle punte dei capelli.

«Dannato bastardo. Ti tolgo dal collo la vita che ti resta.», disse Inuyasha digrignando i denti in un suono sinistro.

Inuyasha non era più in grado di ragionare adeguatamente. Impulsivo com'era, in quel momento desiderava soltanto scagliarsi su Bankotsu e fu quello che fece. Bankotsu, dal canto suo, non era di certo venuto lì aspettandosi di star fermo. Ma aveva qualcosa che Inuyasha non possedeva se stuzzicato: la lucidità.
Quando il mezzo demone si scagliò su Bankotsu con Tessaiga, il mercenario scartò indietro, per poi attaccare a sua volta. Le due armi grandiose cozzarono, creando un rumore sordo. Le due spade continuavano a scontrarsi tra loro creando stridii metallici e incessanti, mentre i due giovani cercavano di prevalere l'uno sull'altro; quasi fronte contro fronte, separati solo dalle due enormi armi.

«Bravo ragazzino, proprio come ai vecchi tempi.», disse Bankotsu astioso, mentre spingeva indietro Inuyasha.

Inuyasha riprese terreno e balzò in aria, pronto a scagliarsi nuovamente contro il mercenario. Quello alzò Banryu e parò il colpo. Inuyasha si passò una mano sulle labbra, un gesto che era più abitudine che altro. Strinse l'elsa di Tessaiga fino a che le nocche non diventarono bianche.

«Cosa vuoi, dannato? Vuoi morire? Hai deciso di porre fine a quest'esistenza inutile? Posso accontentarti.», sputò con astio mentre lo guardava fisso.

Bankotsu fece il suo solito sorrisetto provocatorio ed arrogante e conficcò la sua Banryu nel terreno. Ondeggiò il capo e la treccia corvina si mosse insieme a lui.

«Ascolta bene, Inuyasha, perché la prossima volta non sarò così gentile. Smettila di far soffrire in quel modo la ragazzina.», disse e per la prima volta la sua calma vacillò.

Inuyasha trasalì e rimase un attimo lì, perplesso. Poi il suo voltò si crucciò nuovamente e la rabbia prese a montare. Maledizione, chi si credeva di essere quello lì?

«Non devi impicciarti in cose che non ti riguardano, maledetto. Non sono affari tuoi!», disse brandendo l'arma.

Quella di Bankotsu rimase conficcata nel terreno ma la mano del mercenario era ancora ben ferma e salda sull'impugnatura.

«Finché piange davanti ai miei occhi, è un mio affare. Più di quanto immagini.», urlò, perdendo per la prima volta la calma.

Sentendo la sua stessa voce e non riconoscendola, Bankotsu si bloccò e rimase fermo. Era andato a cercare quel tonto senza pensarci; poteva essere lucido in battaglia quanto voleva ma, adesso, qualcosa lo accomunava ad Inuyasha: non rispondeva di sé se si trattava di Kagome. Aveva agito di impulso, dopo che l'aveva vista così provata e così distrutta. Non era sopportabile, non lo era. Era una sorella, una della Squadra. I membri della Squadra si difendono, sempre.
Inuyasha strinse i denti ancora di più ed un ringhio gutturale fuoriuscì dal suo petto. Quel maledetto, come poteva rinfacciargli qualcosa del genere? Non sapeva quanto male facesse? Divorato dal senso di colpa e dalla rabbia, stava lì, con la sola voglia di polverizzare quello che era un suo compagno di squadra.

«Lascia quella spada, fammi vedere quello che sai fare.», disse Bankotsu.

Inuyasha conficcò la spada nel terreno. I due si scontrarono, assestandosi un pugno a vicenda. Barcollarono all'indietro, ansanti, per poi scontrarsi ancora, come due ragazzini intenti in una rissa.

«Non ti permetterò di avere Kagome.», ringhiò Inuyasha ansante, le spalle che si sollevavano e si abbassavano ritmicamente. Si asciugò un rivolo di sangue uscente dal labbro inferiore.

«Lei non ti appartiene e se continui così, non ti apparterrà mai.», disse Bankotsu andandogli nuovamente addosso. Un pugno, un altro ancora. Inuyasha scartava, parava. «Io non la voglio. Ma smettila di trattarla in quel modo, smettila! Non ti consentirò mai più di toccarla, se solo starà ancora così male.» gli urlò di rimando il mercenario, non riconoscendosi ancora una volta. Sentiva ci fosse qualcosa di sbagliato nelle sue parole, ma non avrebbe saputo dire cosa. Gli ronzavano le orecchie ed i muscoli erano tesi ed allerta.

Inuyasha ringhiò e cominciò a sentirsi strano. Sentiva il suo corpo pulsare, i muscoli ingrossarsi; qualcosa stava cambiando, qualcosa lo stava dominando. Con un urlo, si scagliò nuovamente contro Bankotsu, colpendolo all'altezza del petto.

«Non sai quel che dici. Kagome non ha bisogno che tu le faccia da protettore. Sei inutile.», ringhiò.

Togli un frammento, sottraiglielo. Uccidilo.

Inuyasha si tastò la testa, sentiva un calore malsano diffondersi, c'era qualcosa, c'era qualcosa...

Bankotsu lo colpì forte al viso, con un solo scatto.

«Tu sei inutile. Riesci solo a farle del male, maledetto!», urlò, fuori di sé dalla rabbia. Come poteva, quell'essere? Bankotsu si osservò per un attimo le mani, le vide leggermente macchiate del sangue di Inuyasha.

Cosa sto facendo?, pensò il mercenario, ma durò soltanto per poco.

Inuyasha arretrò, senza cadere. Strinse i pugni ed iniziò a prendere aria convulsamente, in un modo che aveva qualcosa di nocivo. Sentiva un rimescolio nelle viscere che gli dava la nausea, quella voglia, quella voglia di affondare gli artigli nella carne di Bankotsu, di bagnarsi del suo sangue...

Sangue, vuoi il sangue... prendilo... uccidilo. Uccidilo.

«.», sussurrò.

Bankotsu si bloccò e fece un passo indietro. Gli occhi di Inuyasha erano completamente rossi, come iniettati di sangue, e due strisce violacee gli segnavano le guance. Inuyasha si era trasformato in un demone. Bankotsu corse a prendere Banryu, mentre Inuyasha si scagliava su di lui con un verso agghiacciante. Riuscì a ripararsi dietro la grossa alabarda appena in tempo, prima che quegli artigli orrendi potessero raggiungere la sua gola. Inuyasha scagliò altri fendenti, Bankotsu indietreggiava riparandosi dietro Banryu.

«Guarda la bestia che sei diventato! Non ti accetterebbe mai in questo modo. Non la toccherai mai più.», disse Bankotsu pieno d'astio, disgustato al solo pensiero che Kagome potesse essere ferita da quella bestia. Cercò di attaccare ma Inuyasha prese ad assestare una serie di colpi serrati ed il mercenario poté pensare solo a difendersi.

Sangue, il sangue, Inuyasha. No, non voglio. Non voglio il sangue, lasciami andare. Sì, Inuyasha, vogliamo il sangue. Avremo il sangue, Inuyasha. Il suo sangue sulle nostre mani. Sulle nostre mani.

E poi, il demone si bloccò di scatto, come rapito da qualcosa.
Dei passi, un odore. La preda.
Inuyasha si leccò le labbra quando vide Kagome uscire dal folto, trafelata, arco e faretra con lei.
Bankotsu sgranò gli occhi e per la prima volta nella sua vita sentì il panico assalirlo sul serio.

«Kagome, dannazione!», urlò Bankotsu.

Inuyasha scattò in avanti, pronto ad avventarsi sulla sua preda.

Mia. É mia. Sangue. Corpo. Odore. Mia. Nostra.

Bankotsu assestò un fendente di Banryu ma colpì l'aria. Inuyasha era già avanti, un balzo ed era già lontano. Kagome ebbe poco tempo per rendersi conto della situazione che si era venuta a creare.

«Bankotsu, devi allontanarti! A cuc-», urlò.

Inuyasha la inchiodò contro il troncò di un albero, la schiacciò con il suo corpo e le mise una mano artigliata sulla bocca. Kagome rimase ferma, immobile, come se fosse preda di una bestia feroce, ed effettivamente lo era.

«Dannata bestia!», disse Bankotsu scagliandosi contro Inuyasha.

La giovane si lasciò sfuggire un urlò che non poté uscire, quando vide gli artigli di Inuyasha perforare il braccio del giovane, mentre la teneva tranquillamente ferma.
La parte superiore della veste di Bankotsu cominciò a diventare cremisi, un secondo dopo l'altro, sempre di più. Il ragazzo cadde a terra, reggendosi il braccio. Stava perdendo molto sangue.
Kagome fece per muoversi, ma la mano di Inuyasha premeva sulla sua bocca, tenendole la testa dolorosamente premuta contro il tronco dell'albero. L'altra mano salì su per il collo, sentì gli artigli freddi graffiarla leggermente, senza però farle troppo male. Inuyasha avvicinò il viso al suo collo ed inspirò a fondo. Accostò la bocca al suo orecchio.

«Scappa pure quanto vuoi, fai di quel ragazzino il tuo nuovo protettore, se preferisci. Ma non puoi starmi lontana, mi appartieni. Mi appartieni.», disse con una voce roca e animale che non era mai stata sua.

Kagome era disgustata ed al contempo affascinata da quella figura che la stava sovrastando, un Inuyasha così diverso, un demone spietato che non aspettava altro che ucciderla, farla a pezzi.

Kagome, cosa ti sto facendo? Fammi smettere, lasciami andare, fammi smettere. É nostra, nostra.

Un ghigno apparve sul viso macchiato di Inuyasha mentre con un artiglio, lentamente, scorreva sulla maglietta della sacerdotessa, squarciando la stoffa rossa, fino al seno. Kagome sentiva la gola secca, il cuore le batteva ad un ritmo troppo veloce, lo sentiva pulsare nelle orecchie pesantemente. Schiacciata com'era, le mancava il respiro. Sembrava un incubo, non poteva muoversi, non poteva parlare.
Fu un attimo.
Bankotsu riuscì ad alzarsi e lanciò Banryu, scagliandola proprio su Inuyasha. Quello si spostò, schivandola, ma fu distratto da qualcos'altro.

«Hiraikotsu!»

La grossa Banryu si conficcò nel terreno, accanto il piede di Inuyasha. Il demone saltò all'indietro per evitare l'arma della sterminatrice, lasciando Kagome. La giovane, si gettò di lato appena in tempo, evitando anche lei Hiraikotsu. Il boomerang tagliò l'albero a metà, per poi tornare dalla sua padrona.

«A CUCCIA, INUYASHA!», urlò Kagome con quanto fiato aveva in corpo.

Kagome, perdonami.

Mentre l'albero cadeva, Kagome ed Inuyasha riuscirono a guardarsi negli occhi, fu un secondo, prima che il mezzo demone fosse schiantato a terra con un rumore sordo e la metà dell'albero cadesse, dividendoli.

«Fratello, accidenti! Stupido di un fratello!», disse Jakotsu precipitandosi su Bankotsu. Quello era in piedi e si reggeva il braccio, probabilmente il processo di guarigione dato dalla Sfera era già iniziato, ma aveva bisogno di essere medicato.

Kagome guardava dall'altra parte dell'albero aspettando di veder spuntare qualcuno che conosceva, ma non succedeva niente. Era tutto così ovattato, era confusa, la testa... le faceva male la testa...

«Kagome!», urlò Sango venendole addosso.

«No, sto bene...»

Kagome era frastornata. Si volse indietro e vide Bankotsu, scortato dal fratello, che estraeva Banryu dal terreno. Le mise il braccio ferito sulla spalla e lei toccò la sua mano. Niente, non capiva niente. Solo...

«Ragazzina, sto bene. Non è così grave. Non guardarmi in quel modo. Va'...», le disse. Erano rammarico e rassegnazione, quelle che scorgeva sul suo viso?

«Divina Ka-»

«Bankotsu, ti devo la vita.. io... grazie. Miroku, ti prego, occupati delle sue ferite.», disse debolmente.

Prese a muoversi come un automa, meccanicamente, un passo dopo l'altro. Sapeva che il senso di colpa l'avrebbe assalita, doveva ringraziare meglio Bankotsu, l'avrebbe aiutato personalmente, lo avrebbe medicato ogni giorno, ogni singolo giorno. Ma lui non doveva essere lì, non doveva andare... che ci faceva lì? Che avevano fatto?
Si fece strada fra le fronde ancora attaccate, si issò con le mani su quel tronco scuro, sbucciandosi la pelle, passando dalla parte opposta, la parte della bestia.
Inuyasha era disteso su un fianco, gli occhi dorati erano aperti, il suo aspetto era quello di sempre.
Kagome si inginocchiò e chinò il capo, la frangia scura le andò sugli occhi. Allungò una mano, Inuyasha si ritrasse prontamente, di scatto. La sua espressione era collerica e piena di dolore.

«Non toccarmi.»

Kagome recuperò la mano di Inuyasha e la strinse fortissimo, con quanta forza era capace. Inuyasha vide lo squarcio sulla maglietta della giovane e rabbrividì. Strinse gli occhi, non voleva vedere, sentire, capire.
Kagome si distese su un fianco, accanto ad Inuyasha, proprio di fronte a lui. Strinse ancor di più la mano del mezzo demone mentre con l'altro braccio lo circondava. Inuyasha si irrigidì, restio, poi si bloccò.

Piacevole calore...

Inuyasha si abbandonò, smise di opporre resistenza. Kagome avvicinò e strinse la testa di Inuyasha al suo petto; non sapeva ciò che stava facendo, nessuno dei due lo sapeva. Nessuno dei due era se stesso. O forse, erano più loro stessi in quel momento di quanto non lo fossero stati per tutta la vita. Kagome prese ad accarezzare i capelli di Inuyasha fra le orecchie, come Sango, una vita fa, aveva fatto con lei. Ma lui era immobile, non si muoveva; respirava appena.

«Io lo so. Non volevi farlo. Non importa. Va bene.», sussurrò con un tono così dolce e conciliante che non l'era mai appartenuto, non pensava di possederlo. «Non sei un mostro Inuyasha, non lo sarai mai.»

Inuyasha chiuse gli occhi nuovamente, mentre quella sensazione di calore si faceva più intensa.

Calore. Accettazione. Amore.

 

Note:
**Sorpresa. Inuyasha non sa dire solo “fhé” e “dannato”. Diamogli un po' di autonomia linguistica. Si tratta di una fanfiction, posso farlo, no? Che comunque, questa cosa è stata troppo enfatizzata. Quel poveraccio sa parlare, accidenti. Non è così lontano dalla realtà.
**Se questa frase vi sembra familiare, è perché appartiene ad un certo signore di nome Dante Alighieri, V canto dell'Inferno, alla fine. “E caddi come corpo morto cade”. Mi sembrava appropriata... la dimensione onirica di Kagome, il buio opprimente quasi infernale, mi ha dato l'impressione che stesse bene. Il mio caro Dante mi perdoni.
**Tutti i ricordi qui citati ed raffiguranti Kikyo sono tratti dagli episodi dell'anime “La canzone del destino” 147-148.
**La frase viene realmente pronunciata da Inuyasha in un episodio della seconda stagione, famoso, del quale però non riesco a ricordare il numero. E' quello dove c'è la bellissima scena del pozzo e poi Kagome prende Inuyasha per mano, accollandosi, con una grande dose di pazienza e gran cuore, il posto di seconda forever.


Angolo autrice.
Mi sono messa a revisionare per scoprire poi che oggi è soltanto giovedì. Ed io pubblico lo stesso, per principio, il lavoro non sarà sprecato, non lo è mai. ^^
Scherzi a parte, ho degli appunti da fare.
Per quanto riguarda Kagome... c'è una bellissima frase del Gattopardo che dice “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ecco, secondo me, riassume perfettamente il suo comportamento nei confronti di Inuyasha, almeno nell'ultima parte, perché poi è stata fedele a sé stessa. Chissà che farà poi, chissà... di certo, non farà la mollacciona. Ricordiamoci che la nostra miko punta a diventare la nuova Elsa di Frozen, dunque da parte di questa Kagome, ce lo possiamo tutti dimenticare. Mollacciona mai.
Il discorso del sogno... nell'anime, l'idea che Kikyo sia viva, viene espressa apertamente da un vecchio che in realtà si scopre poi essere governato da Kagura. Comunque sia, Inuyasha si scapicolla a cercarla, manco a dirlo, esortato da Kagome.
Qui mi sono permessa di cambiare le cose e di inserire il discorso del sogno; per me è possibile che le due entrino in contatto, come dice Miroku, Kagome è la reincarnazione di Kikyo e quest'ultima possiede parte della sua anima. Non mi sembra una cosa tanto impossibile... (magari è anche successo, quando c'è stato il discorso di Tsubaki, Kikyo non si è intrufolata in quella specie di visione di Kagome? Beh, comunque...).
Inuyasha demone: personale interpretazione. Quando è demone non parla, agisce per istinto, il lui di sempre non esiste, non ricorda niente. A me piace pensare che invece, la parte buona dentro di lui, sia pienamente cosciente, o quasi. Preso da qualcosa che non può controllare, che lo trascina via, alla deriva. E quando torna in sé, il tormento è maggiore. Quanto mi piace Inuyasha! Proprio poliedrico! * mood Jakotsu *
Volevo farvi notare, inoltre, che Bankotsu ha preso a fare, letteralmente, il gran cavolo che gli pare. Si alza, va, viene, si sposta. Attacca persone, crea disastri nucleari. Mi sa che non ha capito bene che è un sottoposto e deve fare quello che gli dico io.
A questo proposito vi dico che lo scontro non era previsto per niente. Era previsto un confronto, gentile e grazioso, non una rissa stile pub irlandese che finisce “nel sangue”.
Certo, sperare in un confronto grazioso da parte di quei due era pura utopia... ma comunque... tutto questo per dire che mi sono sfuggiti di mano, ma è di nuovo tutto sotto controllo. A volte li vedo letteralmente prendere vita propria e non ce la faccio a dire di no.
Sproloqui a parte, spero che il capitolo sia di vostro gradimento comunque.
Lasciando il mio scritto ai vostri commenti, vorrei parlare di voi.
Leggendo le vostre recensioni, man mano che questa storia ha preso forma, mi sono veramente accorta di quanto queste siano importanti per chi scrive.
Le recensioni – quelle giuste, coerenti ed educate – possono far capire all'autore cosa c'è che non va, correggerlo, aiutarlo a comprendere senza scoraggiarlo. Possono anche spronarlo, portarlo a credere in se stesso ed a pensare di avere delle capacità che prima stentava ad ammettere e sfruttare. Allora, vi dico che chi recensisce ha un grande potere, come io e come voi. E quindi vi ringrazio di utilizzare il potere della critica costruttiva in maniera così adeguata.
Grazie per avermi spronato, è sempre apprezzato e sempre lo sarà.
Dal canto mio, vedrò di recensire più spesso, se qualcosa mi colpisce particolarmente, perché è sempre una buona cosa.
Detto questo, ringrazio coloro che hanno aggiunto la storia a preferite, ricordate, seguite ed anche chi legge silenziosamente. Anche voi, per chi scrive (o ci prova), siete fonte di grande soddisfazione.
A presto!

RodenJaymes

  
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