Fanfic su attori > Cast Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Feathers    19/05/2016    4 recensioni
/Cockles Au in Russia!/
Dopo che la sua vita cambia per sempre a causa di una matrioska, Jensen Ackles è costretto a vivere nella Russia del 1955, un'epoca difficile per un americano moderno. Per fortuna, un affascinante e misterioso scrittore di nome Misha Krushnic decide di ospitarlo nel suo appartamento al centro di Mosca. Cosa succederebbe se la loro iniziale diffidenza si trasformasse in una passione incontenibile?
Questa è la storia di un amore clandestino, di quelli tanto intensi da sembrare irreali, ma continuamente messo in grave pericolo dall'omofobia della Russia Sovietica. Riusciranno i due ad uscire dalla terribile situazione in cui si trovano ed a stare insieme senza rischiare la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti, amati seguaci ;) eccomi col finale di The Damned Matrioska... alla prossima pubblicherò solo un epilogo che possa - spero - sedare la vostra voglia di uccidermi a sangue freddo per quel che state per leggere... <3 mi dispiace, ma vi conviene procurarvi dei kleenex... T-T vi amo mucho
 

See you here



'Cedemmo, stringendoci i corpi. I nostri petti si sollevavano e si abbassavano ritmicamente, e i nostri battiti lottavano fra loro...'

La mia testa era morbidamente poggiata sul suo petto, le mie dita fra i suoi capelli folti e umidicci, le gambe distese a terra. Con l'altro braccio gli cingevo la vita; lo avevo coperto pure coi miei vestiti fino al collo e lo stringevo a me, tremando, coccolandolo dolcemente.

Era come in quelle notti passate sotto le sue lenzuola, al buio, a raccontarci cose ed a fissarci affettuosamente negli occhi, le mani strette. Me ne ricordavo come se fosse stato ieri.

Era come in quelle sere in cui dormivamo avvinghiati nel suo letto dopo aver fatto l'amore, quando univamo i nostri corpi e sentivamo solo il respiro l'uno dell'altro, il fruscio delle lenzuola e qualche cane che abbaiava in lontananza.

E pure con tutta quell'ansia, quella paura di essere scoperti e la voglia di proteggerci a vicenda, ci sentivamo davvero a casa. Ci sentivamo a casa ogni volta che ci baciavamo, che ci confidavamo ogni cosa, che facevamo pace dopo una lite.

L'idea di perderlo e di non potermi più sentire a casa come quando stavo fra le sue braccia mi creava un senso d'angoscia insopportabile.

"Ti salverò... ti devo salvare assolutamente... " mormorai, il mio fiato gli accarezzava il collo. "Non morire, Misha... lotta per favore... non andartene... "


------------------


"Guarda cos'hai combinato!" esclamai scherzosamente, indicando la schiuma a terra che Misha aveva fatto cadere mentre lottavamo con l'acqua del lavello.

Ovviamente, Misha sghignazzava come un matto, piegandosi teatralmente in due, appoggiandosi al piano da lavoro. Non faceva che ridere e prendermi in giro tutto il santo giorno da sempre.

E ricordo che all'inizio non lo sopportavo per questo. Lo trovavo fin troppo sarcastico e fastidioso, e perfino superbo. Mi aveva dato l'impressione di essere un tipo superficiale che guardava tutti dall'alto in basso.

Com'è vero che le apparenze ingannano...

Misha era l'esatto contrario di quello che mi era sembrato; era incredibile, non si stancava mai di essere sé stesso, di fare il deficiente a quarantuno anni suonati pur di divertirmi, di giocarmi scherzi affettuosi e di alleggerirmi il cuore con quella risata idiota.

Lo osservai ridere, sbattendo le ciglia e fingendo di essere arrabbiato, le mani sui fianchi. Roteai gli occhi, lasciandomi sfuggire un sorrisetto. "E va bene... per questa volta pulisco io... " dissi, mettendo in atto ciò che avevo imparato sulla psicologia al contrario.

Feci per abbassarmi in ginocchio senza perdere quello scemo di vista, sfiorando il pavimento con un dito, ma Misha si ricompose in fretta. "No no no... ci penso io." rispose con la voce attutita dagli schiamazzi, avvicinandosi e scostandomi dolcemente il braccio col suo. Notai che aveva un orologio al polso, uno di quelli moderni color argento.

"Ma davvero te ne occupi tu?"

Misha acchiappò il grembiule da un angolo del piano da lavoro, e lo straccio per pulire a terra dove la schiuma si era tramutata in una piccola pozzanghera color arcobaleno.

"Sì, anche se di solito sei tu il casalingo, qui." mi rispose con un ghigno eloquente.

"Taci."

Invece di pulire, Misha si mise a giocherellare con le bolle rimaste con fare fanciullesco, lanciandomi delle occhiate blu che mi folgoravano in mezzo a quella cucina luminosa.

Quella casa mi trasmetteva un senso di pace che non provavo nemmeno nel mio vecchio appartamento.

Senza che io me l'aspettassi, Misha si alzò di scatto, spalmandomi una ditata di schiuma sul naso.

Aprii la bocca come per dire qualcosa, ma poi tacqui, sorpreso.

Misha ridacchiò, mettendo in evidenza le fossette sulle guance lisce e bianche.

"Quanto sei adorabile così!" mi schernì.

Io scossi la testa. "Non maturerai mai... vero?"

Misha mi fece l'occhiolino, il mento alto, come se andasse fiero della cosa.

Poi, non so come, il suo sorriso scomparve, tramutandosi in qualcosa di più malinconico.

"Che... che c'è?"

Misha mosse due passi timidi nella mia direzione e mi posò le mani sulla vita, raggiungendo le reni e massaggiandomele affettuosamente. Il mio corpo sussultò sotto il suo contatto tanto familiare. Misha abbassò il capo, gli occhi fissi sul mio collo.

"T-tutto bene?" chiesi, facendo coincidere le nostre fronti.

Misha non disse nulla - entrambi conoscevamo già la risposta. Si limitò solo a stringermi a sé, premendo forte il petto contro il mio e baciandomi. Mi accarezzò le guance, i capelli, la nuca.

Ed io piegai la testa da un lato, approfondendo il bacio, avvinghiandomi a Misha come non facevo da fin troppo tempo. Avevo nostalgia di quel contatto, una nostalgia bruciante e angosciosa, e mentre lo baciavo in quel modo così tenero mi ero sentito così sollevato, come in un oasi nel deserto. Accarezzavo le sue labbra con le mie e intanto piangevo, perché sapevo che tutto questo sarebbe svanito nel nulla, che presto mi sarei ritrovato nel deserto.

Da solo.

'Saremo così, come il sole e la luna... se vedono te non vedranno me, e viceversa.' ci eravamo promessi.

Ma la luna senza il sole non avrebbe brillato più. Mi sarei spento per sempre e ne ero consapevole.

Eppure ancora mi drogavo del suo sapore, del suo profumo, di lui.

Me ne vergognavo, ma non ero capace di lasciarlo andare. Di accettare ciò che sarebbe successo di lì a poco, proprio sotto i miei occhi.

Misha smise di baciarmi, ma non cambiò posizione, continuando ad accarezzarmi la mascella con il palmo; il suo respiro malfermo mi sfiorava la pelle del collo.

'Non te ne andare... '

Misha tacque per molto tempo, ed io lo strinsi ancora più forte quando lo sentii sussultare, come se stesse singhiozzando.

Non ci saremmo mai più baciati con le finestre aperte, non avremmo mai avuto una casa nostra, non ci saremmo mai amati alla luce del sole perché lui stava morendo.

Ogni sogno che avevamo nutrito fino a quei momenti tanto disperati stava svanendo. E quelle visioni erano qualcosa che non potevo - o meglio, non volevo - cercare di capire sul serio.

Passai le dita sulla nuca di Misha scivolando sui capelli mori, ed avvertii qualcosa di umido sulla mia spalla.

"Mish... "

I miei occhi velati vagarono per la stanza fino a scorgere un elegante calendario color avorio: 15 Luglio 2016.

"Amore... c-cosa c'è che non va?"

Sentii Misha inspirare pesantemente e deglutire contro la mia clavicola. "Lo sai. Pensi... che questo posto sia... ?"

"Reale?" chiesi; gli posai le labbra sul collo per un momento, continuando a passargli le mani sulla schiena, lentamente.

"Sì," Si stava sforzando di mantenere un tono di voce fermo.

"Magari... magari lo è... che ne sai?"

"Credo che sia... la nostra vita." mi interruppe lui, staccandosi per guardarmi negli occhi.

"La... nostra vita?"

Misha annuì, ed una lacrima gli scese di colpo giù per la guancia. "È la vita che avremmo avuto se fossimo tornati nel presente... è la vita che volevamo... ce la stanno lasciando vedere anche se non so a che scopo... "

Corrugai la fronte - non capivo. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto permetterci di visualizzare un sogno irrealizzabile? Che senso aveva farcelo conoscere? Era forse per farci soffrire?

Mi morsi le labbra, capendoci sempre di meno.

"Chi ce la sta facendo vedere?"

Misha scosse la testa.

"Mi piacerebbe sapere almeno questo."


--------------


Mi svegliai di soprassalto.

Lo sbalzo di temperatura fra sogno e realtà mi sconvolgeva sempre, facendomi tremare ogni cellula del corpo.

Restai sorpreso appena vidi che Misha era in dormiveglia, e le sue dita mi stavano accarezzando il contorno dell'occhio, inumidendosi.

"Misha... stai meglio?"

"Un po'. Ti... ti ricordi quando-" Misha si interruppe, gemendo a causa della gamba. Lo guardai. "quando eravamo solo dei conoscenti... e tu... eri così timido, e diffidente... eri così... " I suoi occhi si riempirono di lacrime per il dolore ed un verso indistinto venne liberato dalla sua gola.

"No no... non ti sforzare, per favore... stai tranquillo... " gli dissi, disperato, circondandogli le spalle con un braccio affinché Misha potesse appoggiarci sopra il capo; irrigidii l'altro che mi doleva. Lo sistemai più delicatamente che potevo, i suoi capelli arruffati mi solleticavano il bicipite.

Gli coprii una guancia con un palmo, spremendomi per capire cosa potesse avere di preciso a parte la gamba fratturata.

Gli occhi vitrei di Misha si aprirono pian piano e mi fissarono, ed io pensai alla differenza che avevano con quelli così luminosi del sogno. Il suo petto si alzava e si abbassava.

"Voglio che parliamo un po'... Jensen... per l'ultima volta... " Gli tremavano le labbra screpolate per il gelo pungente.

'L'ultima volta' mi rimbombò nelle orecchie. Ciò stava ad attestare che lo sapeva. Sapeva di star morendo. Se lo sentiva dentro.

Mi sentii affluire il sangue in testa.

Misha venne in mio aiuto, lasciando scivolare una mano leggera sulla mia schiena, attraendomi ancora di più a sé sotto la mia giacca sgualcita e la pelliccia di Emmanuel. "Vieni qui vicino, per favore..."

Distesi le gambe a terra, sistemandole in modo che sfiorassero a stento quelle di Misha, e lui avvicinò la testa alla mia, faticosamente.

'Mi sentivo così al sicuro in quella posizione, come se nulla e nessuno avrebbe mai potuto dividerci. Misha aveva ancora il viso bagnato - lo sentivo inumidirmi proprio sul cuore palpitante.
"Non ti lascerò mai, lo prometto su... tutto quello che vuoi." sussurrai, la voce non proprio ferma; una paura insopportabile di perderlo mi opprimeva l'anima.
"Nemmeno io... resterò per sempre," disse Misha.'

Strinsi i denti per il freddo. Pareva che nulla sarebbe mai stato utile abbastanza da riscaldarci un minimo. "Mi... mi ricordo bene di quando ci siamo conosciuti... Mish." gli diedi un lieve bacio sulla tempia. "Era il mio compleanno... e credo sia stato il peggiore... e anche il migliore di sempre..."

Misha mi strinse ancora di più la mano che vagava sul suo stomaco, come se temesse che mi avrebbero portato via da lui.

"... e tu, Misha... mi mettevi così tanto in soggezione, specie quando mi facevi certe battute... " dissi con un sorriso commosso, pensando che ora niente mi avrebbe rassicurato più delle sue prese in giro.

Misha emise una debole risata, e liberò le dita dalle mie, per andare ad accarezzarmi il collo. "Come fai a sentirti a disagio con uno come me? Voglio dire... s-sono... così buffo, e talvolta ridicolo. Dovresti... esserti innamorato a prima vista... per sentirti nervoso... in mia presenza... "

Per una volta, il rossore non servì ad alleviare il gelo sulle mie guance. Pensai che ormai fosse il caso di dirgli tutto quello che mi passava per la testa.

"Mi... mi hai sempre affascinato, Misha... " gli confessai, le dita si contraevano nervosamente sotto i vestiti e le stoffe, i suoi occhi plumbei indagavano sul mio sguardo e mi faceva tenerezza, "Non volevo ammetterlo neppure a me stesso prima... ma... mi sei s-sempre piaciuto. Magari ti potrà sembrare scontato, e non te l'ho mai detto ma... mi sento così diverso da quando ti conosco... così diverso... " conclusi, timido, con un respiro pesante.

Misha ridusse gli occhi lacrimosi a fessura, e poi gemette forte fra le mie braccia. Un'altra scossa di dolore gli aveva invaso il corpo. "Il primo amore omosessuale ti stravolge un po'... è... è normale... " cercò di dire. Abbassò il capo e mi baciò sul petto dove la maglia si era strappata, proprio sul cuore, e lasciò le labbra lì. Quel gesto mi sciolse del tutto.

Piegai la testa in giù, guardandolo con occhi gonfi.

Misha si stava sforzando in tutti i modi di non farmi capire quanto stesse male fisicamente. Voleva farmi star sereno fino all'ultimo istante in cui avremmo parlato, ma dimenticava di essere trasparente.

"Ti fa molto male, vero?"

Misha mi puntò addosso quello sguardo celeste. "È... è sopportabile." sussurrò, impacciato, con un'aria da bambino. "Ti amo... "

"Anche io... non voglio che tu-" Mi bloccai, inghiottendo un groppo alla gola.

"Ci sarò sempre." mi interruppe Misha, zittendomi con il pollice sulle mie labbra spaccate. Una goccia di sangue mi colò giù per la guancia, e Misha la pulì gentilmente.

"Sempre?"

Dio, era così bianco in viso. Sorrise.

"Certo. Davvero pensi di poterti liberare di me?" scherzò, ma io tremavo al solo pensiero di non vederlo più, e volevo solo piangere e disperarmi inutilmente. Deglutii di nuovo a fatica.

"Hey," Mi sfiorò il mento con due dita. "Te l'ho detto... non ti lascio da solo, eh?"

"Lo so... lo so... " dissi, contraendo la bocca. Feci un enorme sforzo su me stesso, ma non riuscii a non singhiozzare in silenzio per qualche minuto, mentre Misha continuava a lasciarmi una scia di deboli baci e carezze sul collo e sul petto.

Mi chiedevo perché. Perché dovessero capitargli sempre cose orribili, perché il destino dovesse essere tanto crudele nei confronti di una uomo come lui. Era ingiusto. Era maledettamente ingiusto.

"Jens... ascoltami... "

"Sì..."

Misha sospirò, incerto. L'aria pesante ci impediva di respirare bene, e ci faceva bruciare le narici.

"Prima... mentre dormivamo ho... visto una cosa e mi chiedevo se anche tu - no... non può essere. Forse sono pazzo, o è questo freddo che mi crea illusioni... io non so... "

Mi illuminai. "Cosa? Hai visto cosa?"

Il viso di Misha divenne sorpreso. "Anche tu?" Nei suoi occhi comparve una scintilla, un piccolo sole nella nebbia di due pupille svuotate dal dolore. Sorrise. "Quella casa, il letto bianco, la cucina... " La sua voce si incrinò, ma si fece anche carezzevole e morbida.

Io sorrisi fra le lacrime, per niente stupito, avvertendo un bruciore alle labbra. Sapevo che quelle visioni non potevano essere un semplice frutto della mia fantasia.

"Certo che l'ho visto, ho visto tutto... ed è... splendido... "


---------------


'Stelle... vedevo solo stelle lucenti nel cielo. Alcune lo solcavano, altre volavano come comete in quel tappeto blu come... quegli occhi.'

Ecco cos'era quel sogno che avevo fatto la sera in cui ero arrivato in Russia. Doveva andare tutto così, era il destino.

Era destino che ci saremmo innamorati, che ci saremmo persi di vista, che avremmo fatto quelle scelte tremende solo per tentare salvarci a vicenda.

Che saremmo finiti nei gulag.

Era destino che il nostro ultimo momento assieme sarebbe stato lì, su quel posto alto che non capivo, a fissare le stelle con gli occhi meravigliati di due bambini.

Era l'ultima visione; era la notte, la fine di quell'ultimo giorno, la fine della nostra storia.

Come nel sogno, Misha mi indicava le costellazioni, una per una, dicendone i nomi e ridendo. E come nel sogno mi aveva sorriso, additando la stella polare.

Ma non mi aveva detto quella frase. Quella frase che per troppo tempo mi ero sforzato di capire, e che forse avevo pure frainteso:

'Jensen... aiutami a tornare... '

Dopo qualche minuto era calato il silenzio - avevamo quasi esaurito le parole da dirci, ed eravamo stranamente esausti. Rimasimo sdraiati su quel prato umido di rugiada; si sentiva solo il suono delle cicale e del vento caldo e profumato di Luglio che ci smuoveva dolcemente i capelli. Perché sì - nelle visioni era Luglio.

Io e Misha avevamo chiuso gli occhi e ci eravamo rilassati; io avevo poggiato la guancia sul suo petto, come probabilmente stava accadendo anche nella realtà.

Il corpo di Misha era così caldo e morbido, e lui era vivo. E felice.

"Non... non hai paura?" gli domandai io ad un certo punto, misurando il tono. Non volevo rovinare quel momento.

Misha sospirò, giocherellando con uno stelo d'erba. La sua mano sinistra raggiunse i miei capelli, tirandoli con delicatezza, attorcigliandoli fra l'indice e il medio. Il mio viso si contorse.
'No... non piangere... sii forte.'

"Sì che ho paura... tanta, ma... non di morire... " rispose Misha, il tono neutro.

Io rimasi interdetto.

"Beh... meglio così... ovvio ma... non hai paura di morire?"

Lo sentii sbuffare e sorridere. Mi accarezzò la schiena, risalendo lungo la mia maglietta e toccandomi affettuosamente la spalla. La strinse fra le dita, spiegazzando la manica. Era così bello non dover sentire il dolore del braccio rotto.

"Perché, Jens? Credi... che io debba avere paura per avere amato te?"

Io non annuii - non ce n'era bisogno - e Misha ridacchiò piano; il suo torace tremolava sotto la mia testa.

"Jensen... guardami."

Sollevai lo sguardo verso Misha, e mi parve quasi di affondare in quegli oceani luccicanti che aveva per occhi.

"Guardami, amore." ripeté lentamente. Il suo tocco delicato sul mio viso mi fece venire i brividi. "È bello quello che provi in questo momento...?" mi chiese, malinconico.

Ebbi un tuffo al cuore a quella domanda e lo fissai con le labbra schiuse, confuso.

"Ma c-certo... è bellissimo... " dissi, spingendo la guancia verso il suo palmo e beandomi del calore della sua mano. "... Perché?"

"Vedi? Non posso sentirmi in colpa per questo. Per un sentimento così bello... tu mi hai fatto capire che nell'amore non c'è nulla di male... nulla di inumano... "

Misha mi attirò a sé con la mano sulla nuca, e mi baciò a piene labbra per vari secondi, le dita fra i miei capelli e l'altra mano che mi teneva attaccato al suo corpo. Si staccò di un millimetro per parlarmi ma senza smettere di sfiorarmi la bocca, come se non sapesse come passare meglio gli ultimi minuti assieme. "Non... non ho mai provato nulla di più intenso, credimi..."

"Nemmeno io... non... non so nemmeno come definirlo... "

Ansimai sulle sue labbra. Ricordo che, subito dopo gli occhi, furono la prima cosa che avevo notato di Misha quando l'avevo incontrato in Piazza Rossa. Gliele fissavo sempre con insistenza; mi permettevo di farlo anche se ancora non stavamo insieme e mi sorbivo i suoi sguardi maliziosi. "Non... so neppure come spiegarti cosa sento... Misha. È come se fossi sempre stato presente. Sei... sei sempre stato il mio eroe da quando ero bambino... l'eroe della mia... favola preferita... "

"Sei tu l'eroe di questa storia, Jensen... " mi interruppe lui, sorprendendomi.

"Ma... " Non capivo. "Io non... non ti ho aiutato a tornare... "

Misha sorrise.

"Sì che l'hai fatto. Mi hai aiutato a tornare quello di prima. Prima della guerra, di quegli orrori... mi hai risvegliato ed hai abbattuto i miei muri... ed io... te ne sarò per sempre grato, Jensen... "

Respirai irregolarmente, gli occhi serrati sotto la sua mano per non lasciar passare nessuna lacrima.

"M-ma allora... se non di morire... di cosa hai paura...?"

Misha sospirò.

"Ho paura che resterai in Russia anche dopo c-che me ne andrò... "

Trasalii, e spalancai gli occhi.

"Dio mio... no... ma perché dovrei?" mormorai, sentendomi quasi falso. Forse sarei davvero rimasto, e la cosa strana era che non sapevo nemmeno il perché esatto. Magari mi sentivo arrabbiato per non poter tornare a casa con lui - per non poter coronare il sogno più grande che avessi mai avuto.

Misha mi spinse dolcemente verso il suo petto, in modo che adagiassi la guancia sul suo cuore.

"Ascoltami... io ci sono... e ci sarò sempre... non possono separarci, capisci?"

'Non te ne andare... '

Lo ascoltavo battere sempre più lentamente.

'Ci sarò sempre', aveva detto.

"Misha... " bisbigliai con la voce inesistente. Intanto tutto intorno a noi iniziava a sbiadirsi.

Mi gelai.

No.

Alzai di nuovo il capo per guardarlo e corrugai la fronte.

"Io... cosa sta-"

Misha annuì, serio; il sorriso era già sparito da un po'. Mi baciò sull'angolo della bocca, piano. Come la prima volta. Ed io avevo solo diciassette anni.

"Va tutto bene amore - promettimi solo che... tornerai a casa anche senza di me... "

Fu una pugnalata.

"No no no... non dirmi che... "

Ormai non riuscivo quasi più a vederlo, le lacrime mi offuscavano la vista ed io le scacciavo come potevo, disperato. Volevo vedere il suo viso che mi guardava per l'ultima volta, ma piangevo a dirotto. Volevo morire anche io, andarmene via con lui.

"Mi dispiace... " mi sussurrò Misha, gli occhi lucidi, e mi toccò il viso.

Il paesaggio attorno a noi si mescolò; la luna si trasformò una candela fioca, l'erba fresca in quel pavimento ruvido, il suono delle cicale divenne il respiro dei detenuti - come nei sogni che pian piano si tramutavano nella realtà. La cruda realtà.

Io entrai nel panico, ma Misha aveva ancora gli occhi malinconici appena aperti, e mi coccolava.

"Promettimelo... "

"Lo prometto," dissi di getto, sentendomi impallidire. "... ma tu anche... promettimi che non mi lascerai mai... " dissi stupidamente, la bocca contorta, mentre Misha mi stringeva la mano.

"Te l'ho detto. Non ti dirò nemmeno addio. E non faccio mai promesse false... ci vediamo qui... "

"Qui?" chiesi, innocentemente.

Un'ultima carezza debole sul mio viso bagnato, un'ultima lacrima. L'ultima volta che vidi i suoi occhi guardarmi.

Poi, fui strappato con violenza da quel Paradiso, e tutto scomparve in un lampo.

-----------------

Mi svegliai di soprassalto, sentendo i suoi battiti accanto al mio orecchio.

Palpebre ancora serrate.

Avvertii un'ultima stretta impercettibile della sua mano fredda, poi un battito sotto il mio orecchio.

E poi più nulla. Gli altri rumori nel carcere erano tutti ovattati.

Alzai il collo per vedere il suo viso rilassato, calmo e pallido. Lo accarezzai, le dita mi tremavano violentemente.

Se n'era andato.

I palmi iniziarono a sudarmi, la testa a farmi male.

"Oh mio Dio... " dissi, la mia voce si era affievolita in modo spaventoso. Gli presi il viso fra le mani, e poi mi scostai da lui; poggiai una mano sul suo petto e pregai per vari secondi, gli occhi stretti. Ma non sentii più nulla.

Il silenzio non mi aveva mai fatto tanta paura prima. Ad un certo punto mi parve di essere paralizzato, poi, non so come presi conoscenza.

"No, cazzo... no... svegliati... oddio non è possibile... non- Misha... svegliati... " Le parole mi morirono in bocca. Non lo chiamavo più. Riuscivo solo a singhiozzare, le ginocchia che premevano sul pavimento e mi dolevano. Ero talmente agitato che non mi accorsi che i rumori là fuori stavano aumentando e si stavano moltiplicando.

"Ackles... "

Il mio cognome fece eco nella cella. Lo sentii così lontano, come in un'altra dimensione, e mi mozzò il fiato.

Mi voltai lentamente verso Emmanuel. Aveva gli occhi puntati su di me. Occhi vuoti e terrorizzati. L'accendino era ancora in mano.

"Sbrigati! Alzati! Stanno arrivando... " borbottò, la voce attutita dalle labbra tremanti.

"C-cosa... che vuoi dire?! Chi diavolo sta arrivando!?" domandai, il viso contratto.

"Le altre guardie... tieni... muoviti... va' via... per l'amor di Dio! Sbrigati!" disse, la voce bassa ma alterata.

Mi alzai in piedi barcollando, senza sentirmi più le ossa; mi facevano male. Mi faceva male tutto.

Afferrai l'accendino dalle sue mani; sentivo dei passi rumorosi che si avvicinavano e lanciavo occhiate verso Misha.

Andai a prendere il pezzo di stoffa dalla sua mano. Col cuore in gola appiccai il fuoco alla base di esso, pronunciando quella fottuta formula al contrario; gli occhi di Emmanuel mi guardavano, tristi.

Sperai con tutto il cuore che non funzionasse, che le guardie mi vedessero e mi fucilassero; sperai di non tornare a casa, e di avere una valida scusa per non mantenere la promessa fatta a Misha. Non avrei mai avuto il coraggio di non rispettarla di proposito.

Appena finii, avvertii quella vecchia sensazione prendere il sopravvento su di me. Il fischio alle orecchie, gli atomi del mio corpo in tensione.

Ecco. Le mie mani stavano sparendo lentamente. Il carcere si stava tramutando in un alone di nebbia bianca. Misha stava sparendo di fronte a me.

"Dimmi che ora farai qualcosa per questo!" gridai rabbioso in direzione di Emmanuel che mi fissò confuso.

Lasciai cadere a terra il suo accendino con un rumore metallico, prima di essere ingoiato dal consueto lampo bianco.

'Ci vediamo qui... '

-------------------

Angolo dell'autrice:

Spero che questa storia vi sia rimasta nel cuore, lo spero davvero tanto. Ci vediamo alla prossima per l'epilogo <3
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Feathers