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Autore: borndumb3dumber    20/05/2016    1 recensioni
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestarlo, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. [...]
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. [...]
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Ok, basta così»
Jinhwan abbassa il mio gomito per impedirmi di mandare giù un altro drink e lo allontana sul bancone. Mi guarda di nuovo con gli occhi di chi ti sta giudicando tantissimo.
«Ne voglio un altro» lamento con la voce bambinesca e mi sporgo oltre lui per afferrare il bicchiere sottrattomi, ma mi blocca nuovamente e mi rimette a sedere sullo sgabello traballante.
«Sei già abbastanza brilla» mi rimprovera e sottraggo il braccio dalla sua stretta.
«No, evidentemente no»
Ho raccontato tutto a Jinhwan, da cima a fondo, senza saltare un dettaglio in una spiegazione più che obiettiva degli avvenimenti.
I sentimenti non sono stati neanche minimamente contemplati.
«Non troverai le risposte alle tue domande sul fondo di uno di quei bicchieri, Sunhee» prova nuovamente il mio amico, esausto di dover assistere ad una scena del genere «Andiamo via, per favore»
Ed è solo per l’evidente disagio che sta provando adesso e che traspare dalla sua voce che mi convinco ad annuire di malavoglia.
«Come preferisci» borbotto, cercando di stare in piedi senza ondeggiare troppo «Ma non torniamo in hotel»
Ci muoviamo furtivi –tentiamo di farlo, per quel che vale-, con Jinhwan coperto da capo a piedi per evitare di essere riconosciuto ed io aggrappata ad un suo braccio in cerca dell’equilibrio perduto da qui a un’ora.
«Non ce la faccio più, fermiamoci» parla il castano esausto, accostandomi al muro di una strada isolata e poco illuminata. Mi stava davvero sostenendo così tanto?
«Credo che potrei vomitare» annuncio senza molta preoccupazione e con la mente annebbiata a tal punto da non capire realmente cosa stia accadendo.
«Dovresti, meglio fuori che dentro e ti sentiresti meglio»
Un burp rumoroso fuoriesce dalla mia bocca senza preavviso e sono scossa dai fremiti di una risata quando dico «Ops, falso allarme»
Jinhwan non cambia troppo espressione e, anzi, mi aiuta a sedermi forse perché barcollo. Non saprei davvero dirlo con certezza.
«Secondo me lo sapevi» dico in un mormorio e con gli occhi chiusi per far sparire l’immagine sfocata e rotante della strada in cui ci troviamo.
Quando non ricevo nessun cenno da parte del più grande, aggiungo «Sapevi benissimo perché Junhoe non ti parlasse»
Ci sono arrivata più o meno nel momento in cui non mi è sembrato per nulla stupito durante il mio racconto, nel locale, di ciò che il moro mi ha detto. Ero lucida abbastanza, in quell’istante, da capire che non fosse la reazione giusta per qualcuno che non ha idea del perché uno dei suoi migliori amici non gli parli.
«Perché non me lo hai detto? Perché hai mentito?» chiedo nel silenzio un minuto dopo e sento un leggero grugnito precedere le parole di Jinhwan.
«Non ho mentito, sei stata tu a credere che non lo sapessi. Di fatto, però, non ne ho fatto parola»
«E’ troppo complicato per me adesso capire, ok Jinjin? Spiegamelo domani» la frase sembra venir fuori regolare, a parte la risata sommessa al nomignolo ridicolo inventato da me nell’immediato.
«Non ho ancora idea del perché io abbia assecondato questa stupidaggine» dice, sedendosi affianco a me a gambe stese accavallate.
«Non so, forse sei solo scemo»
Non ribatte e restiamo semplicemente in silenzio. Gli unici rumori che riempiono l’aria provengono dalle macchine che percorrono strade lontane a questa o gli insetti che abitano gli alberi della via.
E’ tanto piacevole che mi rendo conto di essermi appisolata quando Jinhwan mi scuote con gentilezza.
«Sunhee, è meglio se rientriamo» e non posso fare altro che concordare.
Mi ritrovo poco dopo a contemplare con ammirazione i quadri che adornano l’hotel e a domandarmi come io sia arrivata qui, da quella stradina.
«Dai, saliamo» mi sprona il castano e mi aggrappo a lui di nuovo senza fare domande. Magari, se ne avrò voglia, ci penserò domani.
Mi blocco improvvisamente al ricordo di un dettaglio non insignificante «Non posso andare nella mia stanza»
«Tranquilla» anticipa ogni mia preoccupazione «Stanotte dormi nella mia stanza»
 
L’asfalto sembra quasi luccicare sotto la luce calda del sole primaverile. Ne percorro spazi piccoli non troppo titubante, beandomi del torpore a cui la mia pelle è sottoposta per i raggi caldi e rassicuranti del sole alto in cielo. Presto i miei piedi calpestano erba alta e fiori di ogni genere appaiono nella mia visuale.
Mi rendo conto di stringere la mano a qualcuno.
«Sunhee, vuoi essere la mia ragazza?»
Jungsu è bello come il sole che ci riscalda e nel suo sguardo vedo amore, più di quanto io credo di poterne gestire. Ma la sensazione che mi provoca la sua richiesta non me ne fa curare.
Sono pronta a dare una risposta quando un vento alto mi scompiglia i capelli e porta sulle nostre teste nuvole grigie e poco promettenti.
«Sunhee» dice un’altra voce alle mie spalle.
I vestiti di Junhoe si agitano furiosi all’aumentare delle folate e pianta i piedi a terra per non traballare. Afferra la mia mano libera e mi avvicina il necessario perché io abbia l’altra in quelle di Jungsu.
«Vuoi essere la mia ragazza?» domanda ancora il ragazzo nel frattempo, uno sguardo corrucciato rispetto a quello rilassato e promettente di qualche secondo fa.
«Pensaci, Sunhee» ribatte Junhoe dal lato opposto a Jungsu «Per favore, pensa a noi due»
Il vento aumenta esponenzialmente e l’unica cosa che mi tiene ferma al suolo è la stretta decisa di entrambi i ragazzi al mio fianco. Porto lo sguardo da uno all’altro, indecisa a chi dei due dare per primo una risposta e il mio cuore sussulta nel notare come sembrino pendere dalle mie parole.
Finalmente provo a parlare, ma la tempesta è arrivata e la pioggia cade in grandi gocce nel prato grigio di questa giornata rovinata, non lasciando che il suono giunga alle orecchie di nessuno dei tre. Urlo sperando che mi sentano, abbandonando ogni sforzo quando neanche io capisco le mie parole.
«Mi dispiace» so di sussurrare prima di lasciare le mani dei due ragazzi catturata dalla forza del vento.
 
Balzo fuori dal letto in uno scatto improvviso per raggiungere il bagno.
Mi piego con forza sulla tavola del gabinetto, aggrappandomi con mani salde e un po’ sudate mentre i conati si fanno più insistenti. Un paio di frasi ironiche mi attraversano la mente quando immagino che aspetto io abbia in questo istante, ma l’effettiva situazione non mi permette di gioirne a dovere.
Una mano piacevolmente fredda mi mantiene in un gesto inaspettato la fronte e tira indietro i capelli, per poi massaggiare con regolarità la mia spalla scossa dai tremiti. Solo nel momento in cui mi tiro indietro per afferrare della carta igienica noto che Donghyuk me ne porge già un po’ e lo ringrazio con lo sguardo.
«Rinfrescati il volto» mi suggerisce mentre aiuta a mettermi in piedi per raggiungere il lavello. Annuisco e faccio come dice, riprendendo un po’ di lucidità e di cognizione di tempo, ma senza riuscire a mandare via il dolore lancinante alla testa.
«Grazie» parlo alla fine, in leggero imbarazzo per quello che è appena successo. Questa è anche la sua stanza, penso, ricordandomi che lui e Jinhwan la condividono.
«Non volevo svegliarti» dico di istinto, ma noto subito che dev’essere in piedi da un bel po’ perché non appare per nulla assonnato ed è già vestito di tutto punto.
«Non preoccuparti» mi rassicura scuotendo la testa dopo aver intuito il mio ragionamento dallo sguardo eloquente ai suoi indumenti «Jinhwan ha pensato fosse meglio lasciarti dormire. E’ via da un po’ per comprare delle cose, quindi con molta probabilità è di ritorno»
Un piccolo “oh” fuoriesce dalle mie labbra e mi osservo intorno imbarazzata. Donghyuk se ne accorge e prende nuovamente la parola.
«Puoi farti una doccia se vuoi, prima di andare via ha preso dei vestiti dalla tua stanza sicuro che ne avresti avuto bisogno» parla di Jin.
Scuoto la testa sorridente alla sua affermazione «Lui sa sempre cosa fare»
Una volta di ritorno Jinhwan –e dopo aver preso uno dei farmaci che ha comprato per me- siamo andati direttamente a pranzare. Non mangio molto per via dello stomaco ancora non propenso all’assunzione di cibo ed evito accuratamente di incontrare Junhoe in giro. Tornata nella mia stanza per prendere alcune cose prima di andare con gli altri a lavoro, sobbalzo per una voce alle mie spalle.
«Dove sei stata stanotte?» chiede Chanwoo e ringrazio mentalmente che ci sia solo lui al di là del muro.
«Ho lavorato ad una cosa per Haewon» mento spudoratamente e lo vedo annuire, non del tutto convinto. Tuttavia, dopo poco scrolla le spalle accantonando la questione del tutto.
«Eravamo un po’ preoccupati, non rispondevi neanche al telefono» afferma prima di aggiungere «E il motivo principale è che lo avevi lasciato in stanza»
Il mio telefono!
«Junhoe te lo ha messo in carica qui» mi fa notare il maknae nel momento in cui inizio una furiosa ricerca tra le mie cose sparse un po’ ovunque. Alle sue parole però mi fermo e alzo lo sguardo per osservare meglio il suo volto.
«Che?» e in risposta lui annuisce e mi indica una presa sopra il comodino di Junhoe.
«Yuna aveva bisogno del suo caricatore e il telefono di Jun era carico» continuo a guardare perplessa il mio telefono e vengo interrotta da Chanwoo che mi avverte che ci stanno tutti aspettando. Mi porge il telefono una volta fuori dalla stanza e resto in silenzio fino all’arrivo nella hall.
«Belle occhiaie» nota subito Junhoe e non evito di guardarlo storto.
«Ho fatto un incubo,» ammetto «c’eri tu» e il moro incassa il colpo con una semplice smorfia.
Lo lascio indietro per seguire gli altri alle macchine e verso lo studio e il tragitto pare interminabile per via delle troppe buche, il mio stomaco una centrifuga di cibo. Metto piede a terra che per poco non rimetto nuovamente, ma Donghyuk, in macchina con me, mi raggiunge prontamente per accompagnarmi nella struttura, lontani da sguardi indiscreti.
«Non credo che lo farò mai più» commento tra un conato trattenuto e un altro, facendo ridere il ragazzo al mio fianco.
«Però devo ammettere che il “durante” è decisamente meglio del “dopo”»
«E’ un’arma a doppio taglio» scuote la testa Donghyuk, un sorrisino ancora a solcargli il volto angelico. Mi appunto di dovergli un favore enorme per tutto l’aiuto che mi sta dando nonostante non sia tenuto a farlo. Dopotutto, il successo non da alla testa a tutti.
Non appena mi sento meglio e riacquisto le facoltà primarie quali camminare e comunicare con qualcuno senza il rischio di rimettergli sulla maglietta, raggiungiamo gli altri e ognuno dei due riprende il proprio ruolo. Haewon non si risparmia, neanche questa volta, una lista lunga un chilometro, che mi ritrovo a seguire passo passo e di malavoglia nel momento in cui devo uscire dallo studio per acquisti assurdi come sempre.
Che cosa se ne fa un gruppo maschile di gonne e parrucche?
La risposta arriva in fretta un paio di giorni dopo in occasione di un loro concerto. Infatti, rientrati dietro le quinte per un cambio d’abiti –e, dal canto mio, cercando di evitare di fissare troppo i torsi e le gambe nude dei ragazzi- una domanda incredula mi sporge pressoché spontanea.
«Vi state vestendo da ragazze?» Jinhwan, totalmente fradicio di sudore e intento a compiere tre azioni diverse nello stesso momento –asciugare in parte il volto, infilare una gonna e cercare di respirare in tutto questo- ride in risposta e annuisce divertito.
«Sunhee» mi richiama Hanbin già quasi vestito e avendo ascoltato la mia perplessità «Occhi aperti, ti mostrerò cosa vuol dire essere sexy»
Quasi mi strozzo con la mia saliva prima di rispondere «Ci conto!»
Ma la mia attenzione, faticosamente tenuta sul volto di un Hanbin ormai scomparso tra lo stuff, finisce, senza che io possa oppormi, negli occhi infastiditi di Junhoe, pronto se non per la parrucca ancora in mano. Tuttavia, evita il mio sguardo in fretta, forse nel tentativo di non mostrare che un po’ le parole del leader verso di me lo abbiano ingelosito.
Se prima potevo avere solo dubbi e teorie, adesso che mi ha detto senza se e senza ma che gli piaccio è più difficile ignorare certe reazioni. In particolare quando neanche a te stessa sono indifferenti.
Osservo l’esibizione da un angolo nascosto dietro le quinte e mi ritrovo a sorridere divertita da quelle apparenti sette attraenti donne prorompenti che ballano e cantano senza tregua di fronte ad una distesa di fan urlanti. Mi riservo di guardare Hanbin e mi ritrovo a concordare che sa come muoversi in tutto e per tutto, ma presto ho gli occhi puntanti sulla finta chioma mora di Junhoe.
E’ palese che non si senta esattamente a suo agio in quelle vesti, ma saltella e si applica in movenze come tutti gli altri, spronato anche dall’energia dei suoi compagni. Vengo distratta da Mike che mi chiede di dargli una mano e mi allontano di controvoglia per sistemare i prossimi cambi in modo da perdere il minor tempo possibile nel far cambiare il gruppo.
I movimenti procedono meccanicamente per un po’, con lo stilista che sceglie i vestiti giusti da un guardaroba mobile e io che, girandomi, li distendo su un tavolo in ordine. Una confusione improvvisa generale anticipa l’arrivo dei sette che, senza troppi indugi, iniziano ad infilare i pantaloni abbandonando le poco virili gonne. Evito di non guardare nulla che non sia Chanwoo di fronte a me e lo aiuto ad abbottonare in fretta la camicia che costituisce il suo cambio. Mi ringrazia prima di correre a prendere le scarpe, appannaggio di altra gente dello stuff.
Le parole dei ragazzi dal palco rimbombano poco chiaramente anche qui e riesco a capire, anche dai lamenti del pubblico, che hanno appena annunciato che il concerto è giunto al termine. Non è vero ovviamente, ma uno di quei soliti bluff dei concerti e sicuramente anche le fan ne sono al corrente, restando al gioco forse per timore che questa volta sia vero o solo per compiacere il gruppo che seguono con ardore. Gli urli delle fan sono per un momento l’unico rumore che occupa l’ambiente, presto sostituiti con cori che disegnano sulla bocca di ogni persona il nome del gruppo, “iKON”.
Nel frattempo raccolgo le varie magliette lasciate alla rinfusa su sedie e tavoli per la necessità di fare il prima possibile e mi piego sulle gambe per prenderne una finita a terra.
Un paio di scarpe mi occupano il campo visivo e mi raddrizzo nell’immediato quando riconosco Junhoe. Non dovrebbe essere sul palco?
«Devo fare in fretta, dai, stanno aspettando» mi incatena una mano con presa ferrea ma gentile e mi trascina, sotto alla mia confusione, in una postazione poco prima del palco e molto vicina a quella che occupavo durante la loro interpretazione di esibizioni di gruppi femminili.
«La prossima te la dedico» ho la possibilità di capire nel momento in cui mi parla all’orecchio sinistro, ma non ne ho invece di ribattere perché si affretta a salire sul palco assieme agli altri negli urli di gioia del pubblico.
Ancora confusa dall’accaduto totalmente improvviso ed inaspettato, mi guardo intorno per scoprire che nessuno è nei paraggi e porto tutta la mia attenzione alle parole pronunciate dai ragazzi. Ringraziano il pubblico e annunciano che canteranno un’ultima canzone ancora, intitolata “My type”. Tendo bene le orecchie, iniziando ad intuire con facilità quale mai possa essere l’argomento da esso trattata. La musica inizia a diffondersi lentamente e i primi versi cantati da Bobby, ma ciò che davvero mi interessa arriva poco dopo.
Mi scopro a trattenere il respiro quando la voce bassa di Junhoe canta la sua strofa.

Oh oh your cute voice
Oh oh we’re getting closer
Why did you come now?
Love has finally come to me1


La canzone continua e, seppur non siano parti del moro, lui canta comunque ma senza avvicinare il microfono alla bocca. Sento le guance andarmi in fiamme nel momento in cui mi rendo conto che guarda spesso in questa direzione in un gesto apparentemente casuale. Conoscendo Junhoe, però, e sapendo che è stato proprio lui a portarmi in questo preciso punto, non metto in dubbio che stia cercando di farmi capire che l’intera canzone è dedicata a me, indipendentemente dal fatto che sia lui a cantare.

You’re my type,
You’re my type
Even if you don’t say anything, I have a feeling
From your head to your toes, everything
You’re my type
When I look at you,
I want you so bad I go crazy
I think about you even right before I go to sleep2


Penso che dovrei sentirmi estremamente contenta di tutte queste parole, del fatto che le stia cantando per me. E’ pressoché inevitabile correre con la mente alla realtà effettiva, al momento costituita non solo da Junhoe sul quel palco e di me qui dietro le quinte, ma di Jungsu, il mio ragazzo ancora in Corea e che crede che le cose non possano andare meglio di così tra noi.

We have a good connection
My heart is overwhelmed
Every time you call my name
I can’t stop smiling

Oh girl you know that I love you3

Il mio sorriso è completamente svanito adesso e trattengo a stento le lacrime, tirando su con il naso pietosamente. Perché, mi sembra adesso ovvio davanti ai sentimenti che Junhoe ha compresso con successo in pochi versi, un “noi” lo sto considerando.
L’ho sempre fatto, involontariamente, se escludiamo il nostro effettivo primo incontro e mi domando se l’audio non fosse soltanto un pretesto per potermi avere intorno di più. A rigor di logica, avrebbe potuto chiedermi di peggio, ma si è limitato a un cerotto sul dito e ad una mia partecipazione in un video musicale, forse congeniato perché facessi anche io parte del divertimento generale. Dopo la contusione al volto da parte dell’altra ballerina, inoltre, non mi ha chiesto più niente, probabilmente perché il gioco innocente gli si era rivoltato irrimediabilmente contro.
E, ancora, mi chiedo se anche lui col senno di poi iniziasse a pensare ad un “noi”. Magari sì, magari no. Fatto sta che, intrapresa la mia relazione con Jungsu, le cose devono essere necessariamente cambiate. Non era un’incognita contemplata, a maggior ragione perché era evidente che Junhoe non mi fosse del tutto indifferente. Quindi perché interessarsi a qualcun altro? Jungsu è, parlando per estremi, tutto ciò che Junhoe non è. Non sono esperta di psicologia, ma le coincidenze sono troppe per poterle ignorare.
E’ possibile che potrei aver scelto Jungsu proprio per la sua diversità dal moro –ciò non toglie che l’attrazione non sia falsa.
Resto chiusa nei miei pensieri anche a concerto finito e sono grata della presenza di tutte le altre persone che impediscono a Junhoe di tentare qualsiasi approccio nei miei confronti. Il tempo che passa diventa attesa e l’attesa ansia, noto, mentre nervosa metto le ultime cose in borsa prima di andare. Il mio posto in macchina è fortunatamente riservato di fianco a Jinhwan sotto sua richiesta con la scusa di “parlare di quanto sia stato bello il concerto”, ma so che riesce a leggere nel mio sguardo tutto ciò che mi turba. E riesce anche a leggere Junhoe, il che lo rende il personaggio onnisciente della storia che si è creata. Il più grande mi tiene semplicemente una mano e massaggia la schiena con fare apprensivo, parlando di tanto in tanto di ilarità avvenute durante il concerto per dare validità alla scusa di prima.
«Non mi piace vederti così turbata» dice a bassa voce dopo un po’ Jinhwan, riprendendo il secondo dopo e a voce più alta a raccontare del concerto. In risposta riesco solo a scuotere la testa e lui non aggiunge altro al riguardo.
Arriviamo in hotel che ormai è tardissimo e tutti procediamo in silenzio, ognuno verso le rispettive camere.
«Sunhee» attira la mia attenzione Yuna quando io e Jinhwan ci separiamo «Abbiamo una nuova camera»
«Come?» domando, non riuscendone a capire il motivo. La ragazza annuisce e dice: «Sono passate due settimane,ce ne hanno assegnate altre, le nostre cose sono già lì»
«Oh, va bene» rispondo, ma vengo distratta dalla voce di Chanwoo proveniente da qualche corridoio lontano e mi scuso con Yuna, facendomi dire la stanza e promettendo che la raggiungerò in breve.
Seguo la voce del maknae e non ci metto molto tempo prima di rintracciarlo, impegnato nell’aprire la porta della nuova stanza eccitato di scoprire se abbia o meno la stessa struttura dell’altra. Junhoe è dietro di lui e ogni tanto dice qualcosa per non lasciare al più giovane l’impressione di stare parlando da solo, ma a parte questo sembra silenzioso.
Prendo un profondo respiro per farmi coraggio e mi avvicino con un “Ehi”. Chanwoo sembra a malapena rendersene conto e risponde con un “Ciao” mugugnato.
Contrariamente Junhoe ha tutta l’attenzione su di me e non si muove di un millimetro neanche quando il più piccolo esulta di essere riuscito ad aprire la porta, fiondandosi dentro per gioire di “letti super elastici”. Penso istintivamente che sarebbe stato benissimo in camera con Yunhyeong e Hanbin.
«Vai pure tu prima in doccia» dice il moro a Chanwoo, il quale risponde affermativamente prima che il rumore della porta del bagno che si chiude arrivi fino a noi. Evidentemente ci sarebbe andato per primo in ogni caso.
Così, senza la presenza del maknae, restiamo solo io e Junhoe nel corridoio vuoto e silenzioso, complice la tarda ora. Non so esattamente cosa dire, non ci ho pensato, sono solo venuta qui sperando che avrei avuto qualche idea al momento.  Mi sbagliavo.
Quindi faccio l’unica cosa che sento adesso: mi avvicino senza esitare troppo per non cambiare idea e abbraccio Junhoe, forte. Inizialmente resta imbambolato, ma non ci mette molto a cingermi con le braccia e a stringere anche lui forte abbastanza ma senza farmi male.
Non mi importa che sia sudato o che questo potrebbe risultare altamente equivocabile, semplicemente mi beo dei sentimenti prorompenti che adesso mi pervadono, ponendo sempre un limite alle mie azioni. Un abbraccio ci rientra appieno.
Junhoe sospira con la testa tra il mio collo e la spalla e un brivido mi scuote per il soffio che mi sfiora la pelle nuda. Sento la risata del moro allargarsi sul suo volto dal contatto con il mio collo e gli tiro un pizzico leggerissimo e per nulla intento a fare male sulla schiena.
Restiamo bloccati in quell’intreccio fin quando i nostri muscoli e la stanchezza permettono.
E comunque non sembrava essere abbastanza.







 
Suppongo che la maggior parte di voi conosca l'inglese ma per sicurezza vi riporto le traduzioni italiane della traduzione inglese dei versi della canzone che ho utilizziato lol
1 --> Oh oh la tua voce carina
Oh oh ci stiamo avvicinando 
Perché sei arrivata solo adesso?
L'amore finalmente è arrivato da me

2 -->  Sei il mio tipo,
Sei il mio tipo,
Anche se tu non dici nulla, ho questo presentimento
Dalla tua testa ai piedi, tutto
Sei il mio tipo
Quando ti guardo,
Vorrei averti così tanto da andare pazzo
Penso a te anche prima di andare a dormire


3--> C'è intesa tra noi
Il mio cure è travolto
Ogni volta che chiami il mio nome

Non riesco a smettere di sorridere
Oh ragazza tu lo sai che ti amo


Ecco finalmente questo capitolo!! Ho avuto dei problemi di tempo e quindi l'altra settimana è saltata la pubblicazione, desolata ;-; Comunque sia, spero che vi sia piaciuto leggerlo e vorrei ringraziare nuovamente tutti coloro che hanno letto/recensito, con particolar riguardo a questi ultimi perché purtroppo non trovo mai il tempo di rispondere alle recensioni, sono PESSIMAAAAA ma preferisco dedicare i ritagli a scrivere il capitolo ^^ Sappiate che comunque leggo sempre tutte le cose belle che scrivete e mi fanno un sacco piacere!
Baciucchi e alla prossima settimana 


Oh, volevo svelare, per chi ancora non lo ha notato, che le gif ad inizio capitolo non sono per nulla casuali! Ognuna rivela qualcosa del capitolo stesso, bisogna solo stare attenti ;) 

La storia è anche su
wattpad per chi fosse interessato! Sono indietro con la pubblicazione dei capitoli ma ne metto uno al giorno perciò presto sarò in pari con efp.
   
 
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