Baci, Roby.
-CAPITOLO
19-
“Ho
vinto!” Davina alzò le mani in segno di vittoria e
rise dell’espressione
sbigottita della sua amica. “L’allieva ha superato
il maestro.”
“Non
è possibile” sussurrò Allison poggiando
le carte su quell’improvvisato tavolino
poggiato sul suo letto d’ospedale. “Hai imbrogliato
non è vero?”
“Cosa?
No certo che no!”
“Non
prendermi in giro, sei una strega e sei anche potente e adesso che hai
il pieno
controllo dei tuoi poteri hai certamente imbrogliato senza che me ne
accorgessi. Io non perdo mai a poker, soprattutto non con una novellina
del
gioco.”
“Tu”
Davina le poggiò la punta dell’indice su un
braccio. “Non sai perdere amica
mia, ecco qual è il problema.”
Allison
ridusse gli occhi ad una fessura per guardarla meglio, non
c’era malizia in
quegli occhi azzurri e aveva ragione, lei odiava perdere. Ma a volte
succedeva,
come quando aveva chiesto ad Elijah di farla uscire da quel dannato
ospedale e
nonostante avesse provato in tutti i modi lui non aveva ceduto.
Forse
con Davina presente ci sarebbe riuscita; era certa che la ragazza
sarebbe stata
dalla sua parte e magari se a farla fossero state in due, la richiesta
avrebbe
sortito un maggiore effetto.
“Elijah”
gli chiese guardandolo. Lui, che se ne stava seduto su una sedia
accanto alla
finestra a leggere un libro, alzò gli occhi e la
guardò.
“Cosa?
Va tutto bene?”
“Benissimo!”
esclamò Allison. “E a tal proposito stavo pensando
che forse, visto che mi
sento magnificamente, potrei tornare a casa. E prima che tu dica no
voglio
prometterti che me la prenderò con calma e non
farò sforzi e non caccerò e non
farò nulla di faticoso. Ozierò tutto il
giorno.”
“Se
la tua intenzione è questa puoi farlo benissimo qui, anzi lo
stai già facendo
da tre settimane.”
Lei
chiuse per un attimo gli occhi, scosse il capo e quando li
riaprì Elijah era
seduto sul letto, faccia a faccia con lei. Davina li osservava curiosa.
“Questo
posto non mi piace” gli disse.
“C’è odore di disinfettante e il letto
è
scomodo. Mi fanno dei test diversi ogni giorno, non sanno cosa mi
è successo e
sono decisi a scoprirlo bucandomi le braccia a loro piacimento. Sono
stanca di
questa stanza, sono stanca del rumore del carrello del pranzo, stanca
del sorriso
di cortesia delle infermiere.”
“Metti
una firma e fatti dimettere” intervenne Davina.
“Non possono trattenerti contro
la tua volontà se accetti di firmare liberandoli da ogni
responsabilità.”
Lo
sguardo severo di Elijah la zittì e con un sorriso
imbarazzato si alzò
avvisandoli che sarebbe andata a prendere un caffè.
“Ha
ragione” annuì Allison.
“Perché non ci ho pensato prima? Deve essere
questo
posto che uccide i miei neuroni. Beh mio affascinante Elijah, come la
mia amica
Davina ha appena detto, se io e solo io, scelgo di mettere una firma e
andarmene, posso farlo.”
Lui
si mise a sedere poco più vicino a lei nel letto.
“La tua amica Davina si è
dimenticata un piccolo dettaglio.”
“Quale?”
“Io,
e solo io, posso soggiogare il dottore a tenerti qui fin quando
sarà
necessario. Posso costringerlo a ignorare anche dieci delle tue
firme.”
Il
tono con cui glielo disse sapeva di potere ma anche di preoccupazione
ed
Allison sentì un brivido lungo la schiena. “Non
parlarmi così” gli disse
piegandosi per essere vicina al suo viso.
“Così
come?” la mano dell’Originale le spostò
un ciuffo di capelli dagli occhi.
“Con
questo tono autoritario e calmo. Lo trovo incredibilmente sexy e trovo
estremamente difficile ignorare i pensieri che mi suscita.”
Elijah
abbozzò un sorriso. “Chi ha detto che
devi?”
“E
se qualcuno entrasse e ci vedesse?”
Lui
le prese il viso tra le mani. “Farò in modo che se
ne scordino” le baciò le
labbra. “Posso soggiogare la gente, ricordi?”
Allison
rise, con quelle belle fossette sulle guance, poi si
abbandonò contro la sua
bocca.
Fu
allora che Marcel entrò nella stanza seguito da Will. Uno
stringeva in mano tre
palloncini rossi, l’altro un mazzo di fiori.
****
“Abbiamo
interrotto qualcosa?” Marcel trattenne a stento una risata
mentre Will si
guardava intorno fingendosi indifferente.
“No!”
esclamò Elijah, nello stesso momento in cui Allison
esclamò un sì deciso.
“Beh
oramai è fatta,” mormorò il pupillo di
Klaus. “E questi sono per te” le mostrò
i palloncini e li legò al letto prima di darle un bacio
sulla guancia.
Allison
fece un grosso respiro, poi puntò lo sguardo su Will che se
ne stava in un
angolo stringendo i fiori in una mano. “Finalmente il mio
studente preferito è
venuto a trovarmi. Ti ci è voluto un
po’.”
Il
vampiro le si avvicinò lentamente e le porse i fiori
tendendo il braccio. “Sono
per te” le disse. “Per scusarmi.”
Lei
li prese facendo un grosso respiro, riempiendosi i polmoni di quel
profumo primaverile.
“Non fa niente se non sei venuto prima Will. Va tutto
bene.”
“Non
è per quello” l’uomo le si
avvicinò e le prese una mano guadagnandosi lo
sguardo confuso di Elijah e Marcel. “Continuo a sentirmi in
colpa per quello
che ti è successo. Stavi battendoti con me
quando… beh lo sai.”
“Ed
esattamente come sarebbe colpa tua?”
“Forse
se non ti avessi atterrata, se non…”
“Smettila
Will” lo rimproverò Allison liberando la sua mano
dalla presa di quella del
vampiro e dandogli indietro i fiori. “Smetti di dire scemenze
e trova un vaso
per questi fiori prima che muoiano.”
Will
sorrise, si piegò per darle un bacio sulla guancia. Un bacio
che però era
parecchio vicino alla bocca. La donna sentì il corpo di
Elijah irrigidirsi, vide
Marcel scuotere il capo in segno di disappunto.
“Marcel”
iniziò Elijah alzandosi quando Will fu fuori dalla porta.
“Sono perplesso e
credo che tu possa capire perché.”
“Lo
capisco” l’altro annuì. “Ma
è giovane ed Allison è… bellissima e
forte. Puoi
biasimarlo per essersi preso una cotta?”
“Hey
ma di che cavolo state parlando voi…” la voce di
Allison si fece sempre più
flebile, poi il suo corpo iniziò a tremare, gli occhi fissi
su un punto,
completamente assente mentre quelle macchine attaccate al suo corpo
ricominciavano
con quel rumore fastidioso e spaventoso e la stanza si riempiva di
medici.
****
Quella
stanza buia le diede la certezza che era successo di nuovo. Si
ritrovava in
quel posto freddo e cupo ogni qualvolta si sentiva male e succedeva da
quando
quella strega l’aveva rapita.
Non
ci aveva mai dato peso, in fondo era stata una terribile esperienza e
aveva
lasciato dei segni probabilmente. Ora però iniziava a capire.
Portandosi
le ginocchia al petto si ripromise che quando si sarebbe ripresa, se si
sarebbe
ripresa, avrebbe parlato a Davina dei suoi sospetti, perché
se aveva ragione
lei era l’unica che poteva aiutarla. Le dispiaceva gravarla
di quel peso e di
quelle preoccupazioni ma sentiva di non avere altra scelta.
Chiuse
gli occhi e si mise a piangere aspettando pazientemente che finisse.
Sperava
che durasse meno dell’ultima volta.