Autrice:
ladyT
Tipologia: One-shot
Spoiler: No
Rating: G (Verde)
Nota: Oneshot vincitrice che ha partecipato al primo #NCISContest
indetto dal
gruppo facebook “NCIS:Italia” con il tema:
“Se tu fossi un writer, come avresti
scritto/immaginato il destino dell’agente speciale Tony
DiNozzo?”
Riassunto: Tony
DiNozzo che era sempre il solito Tony DiNozzo e
ora stava diventando qualcosa di diverso da quello che avrebbe voluto
diventare.
Titolo:
Ognuno
è il suo destino.
---
-“Stop! Hai sbagliato, Tony.” La madre si
avvicinò al figlio di quasi otto anni. “Hai
stonato delle note. Rifalla da
capo!” Il bambino sbruffò e incominciò
a protestare “Mamma, non diventerò mai
un pianista degno di Beethoven!” La signora DiNozzo si
sedette accanto a lui e
con tono autorevole, ma che ti ispirava fiducia, proferì
parola “Sono stufa di
questi tuoi continui piagnistei. Non ti voglio più sentire
lamentarti e dire
che non sarai mai un bravo pianista.” Asciugò la
lacrimuccia che stava solcando
le guanciotte del bambino. “Mio piccolo pianista, non
limitare le tue sfide, ma
sfida sempre i tuoi limiti. Ricordati sempre questo, okay?” E
su consiglio
della madre, il bambino riprese a suonare l’Hammerklavier di
Beethoven dall’inizio.
E questa volta gli sembrò tutto molto facile
perché anche lei stava suonando
insieme a lui. Le dita non avevano mai tremato e a fine esecuzione,
Tony
sorrise con molta soddisfazione. “Ti sei meritato un posto
d’onore al cinema.
Andiamo a vedere ‘Il Piccolo Principe’?”-
Il
primo flashback che era apparso nella mente
dell’agente molto speciale Tony DiNozzo mentre se ne stava
seduto a fissare la
tastiera del suo pianoforte. Non era più malinconico del
solito anche se gli
eventi di questi due anni gli avevano giocato degli strani scherzi che
riguardavano delle grandi e definitive decisioni. Il pianoforte gli
ricordava
il suo ingresso verso un mondo del tutto nuovo. Almeno agli occhi del
piccolo
DiNozzo. Aveva tanto sognato di essere un pianista grazie alle doti
superlative
di sua madre. Lei sapeva suonare divinamente. Ogni volta che la sentiva
comporre una sinfonia, la sua mente di bambino viaggiava
nell’universo e si
divertiva a saltellare tra una stella all’altra.
Adorava la sua compagnia, suonare e cantare con lei.
Lei che gli aveva insegnato le note, l’adagio e il notturno.
Lei che era stata
la sua insegnante di vita. Un’insegnante severa e fissata con
la moda da ‘Luigi
XVI’!
L’agente DiNozzo sospirò e posò gli
occhi verso i tasti bianchi e neri del
pianoforte. Li ammirò silenziosamente per qualche minuto
prima di iniziare a ‘suonare’.
-“Cos’è questa
storia?” Domandò il padre mostrando
la lettera al figlio ormai quasi trentenne. “Finalmente
papà si è accorto di
avere un figlio!” Esclamò Tony junior mentre stava
finendo di mettersi il gel
tra i capelli. “Ho accettato il fatto che ti sei laureato in
Scienze Motorie,
ma questa credi che l’accetterò?” Le
gote del padre stavano diventando rosse
dalla rabbia. “So che volevi un figlio
donnaiolo-festaiolo-truffatore!” Rispose
in modo canzonatorio il figlio mentre stava indossando la giacca in
pelle nera.
Poi si avvicinò al padre che era rimasto a guardarlo senza
parole. “Scusa, non
volevo dire queste cose! E’ tanto chiederti di incoraggiarmi
a prendere questa
strada?” Il padre cercò di mantenere la calma.
“Se fare il poliziotto rientra
in uno dei tuoi tanti sogni nel cassetto…
Allora considerati completamente diseredato dalla mia
famiglia!” Il
padre uscì fuori di casa sbattendo la porta in modo
violento. Non ne poteva più
dei continui cambiamenti del figlio. Dei suoi capricci e altre cose che
non gli
rendevano onore. Junior non era molto scosso dalla reazione del padre,
anzi se
lo aspettava. Ma non fino a quel punto. In fin dei conti il padre non
era stato
presente nella sua adolescenza, quindi perché continuare a
cercare la sua
approvazione? Sua madre gli aveva insegnato di sfidare sempre i limiti,
quindi
perché non cogliere l’occasione di entrare a far
parte del corpo di polizia? E
così eliminò l’immagine del padre
furioso e si concentrò ad osservare la propria
figura elegante riflessa nello specchio. Estrasse dalla tasca della
giacca un
distintivo e lo mostrò con molta fierezza allo specchio.
“Tony DiNozzo, Dipartimento
di Polizia di Peoria!”-
Da
quel giorno aveva sempre sfidato se stesso. Forse
perché non voleva prendere le orme del padre? Forse
perché voleva far vedere al
mondo e, soprattutto, a lui che Tony Junior DiNozzo sapeva cavarsela da
solo? E,
ahimé, come con il sogno da pianista, anche quello da
poliziotto era giunto
alla parola ‘Fine’. A cambiargli completamente la
vita era stato l’incontro con
Gibbs a Baltimora. Da poliziotto ad agente speciale
dell’NCIS. Un vero salto di
qualità e di regole. Più che regole generali
dell’Agenzia erano quelle di
Gibbs. Stare dietro a lui era come vivere un inferno. Conquistare la
sua
fiducia era come giocare a Crash Bandicoot: per conquistarla dovevi
raccogliere
tutti i tipi di cristalli presenti in ogni livello di gioco. Una fatica
inumana
sia fisicamente che mentalmente. Però tutto questo gli era
valsa la pena. Era
riuscito a diventare un vero agente come “La Spia Che Mi
Amava”. Quasi. Ogni
tanto le soddisfazioni si facevano sentire. Inoltre, aveva legato molto
con il
team costruito dal boss Gibbs.
-“Abby, perché con Kate hai legato subito
anziché con me?” La scienziata forense era sempre
stata una tipetta fuori
dall’ordinario. Non per il personaggio che lei aveva creato
per il lavoro, ma
per il suo essere selettiva, subito pronta a scannerizzare la
personalità di un
nuovo arrivato prima di diventare amico. “Tony,
perché sei come un piercing. Ci
vuole un bel po’ prima di abituarsi ad un corpo
estraneo..”-
Questo
ricordo gli fece sorridere. Evidentemente per
Abby lui era sempre stato un campo minato, ma era impossibile non
volerle bene
e sapeva benissimo che anche lei provava lo stesso sentimento nei suoi
confronti. Quell’abbraccio di ieri in ascensore, le sue
lacrime, la sua
ennesima caparbietà nel cercare di fargli cambiare idea, ma
invano.
-“Hey, Kate! Lo hai protetto bene!”
Esclamò
Tony dopo aver visto che la collega si era buttata addosso a Gibbs per
non
fargli prendere il proiettile destinato a lui. “Per una
volta, DiNozzo ha
ragione!” Il boss aiutò l’agente Todd ad
alzarsi da terra. “Wow. Credevo che
dovessero uccidermi per sentirti..” e puntualmente un nuovo
proiettile la colpì
in piena fronte facendola cadere a terra priva di vita.-
E
dopo questo flashback, Tony smise di ‘suonare’. Si
tirò i capelli all’indietro e chiuse gli occhi. La
perdita di Kate era ancora
una ferita aperta. Dolorosa. Tanto da far mancare il respiro. Saranno
passati
undici anni, ma non aveva mai smesso di pensarla. Era stata parte
integrante
della sua vita. Peccato che dopo il suo addio, lei non aveva potuto
assistere
alla lenta e tardiva maturità dell’agente DiNozzo.
Gli sarebbe piaciuto vedere
la sua faccia. “Tony DiNozzo e la maturità hanno
stretto amicizia! Meglio tardi
che mai, vero Kate?” E per spazzare via questa malinconica
tristezza, Tony tornò
a ‘suonare’. Dopo di lei, tante cose erano state
cambiate, peggiorate e
migliorate. Un po’ come le stagioni. Un giorno era inverno,
l’altro era
primavera. Un giorno era autunno e l’altro era estate.
-“Ti nascondi dietro alle battute di spirito.
E so anche da cosa ti nascondi!” Esclamò Ziva, la
sua compagna di lavoro dopo
aver trattenuto Tony per un braccio. “Se lo sai..
Cos’è?” rispose lui in tono
di sfida. “Quello che temono tutti quelli che hanno paura di
amare: essere
feriti.” Ci aveva azzeccato, come sempre. “Non
è solo questo. Ho anche paura di
ferire, Ziva!” e lei lo rassicurò con
“Perché sei una brava persona.”-
E
quando credeva che, dopo la famosa proposta di
matrimonio saltata in aria, non si sarebbe più innamorato
ecco che Jeanne Benoit
era entrata nella sua vita. Forse era entrata nel momento sbagliato.
Quante
probabilità poteva avere un agente che, durante un lavoro in
sottocopertura,
poteva innamorarsi della figlia di un potenziale nemico? Roba da favole
e
fiabe. E, invece, a lui era capitato. Un amore intenso e burrascoso
finito con
rancore e delusione. E forse era meglio così.
D’altronde lei si era innamorata
di DiNardo e non del vero DiNozzo. Una cosa era la finzione e
un’altra era la
realtà. Le
dita di DiNozzo continuavano
a muoversi veloci sui tasti senza mai stonare una nota mentre la sua
mente
continuava a viaggiare nella macchina del tempo della sua vita. Non
solo aveva
conosciuto l’amore, ma anche la fiducia,
l’amicizia, la famiglia. In questi
anni aveva ricucito anche dei rapporti che gli erano sembrati
impossibili da
recuperare, come quello tra lui e suo padre. Si erano avvicinati tanto
grazie
anche alla testardaggine di suo padre che aveva sentito il bisogno di
condividere la sua vita con Junior. “Meglio tardi che mai,
vero?” Continuò a
ripeterlo mentalmente. Come se questa domanda fosse la password della
sua vita.
-“Ehi, ehi, ehi! Sei in un programma speciale
per la riabilitazione dei misogini?” Esclamò McGee
nel vedere delle cose nel
cassetto della scrivania di Tony. “Le ultime settimane sono
state...
Interessanti, non è vero?” Tony
indirizzò lo sguardo verso quella scrivania che
per la seconda volta era rimasta orfana. Prima Kate e ora Ziva.
“Sai, ho
cominciato a pensare alle scelte che facciamo, alle persone a cui diamo
spazio
e... A quelle a cui non lo diamo. Sto cercando di migliorare! Qualche
domanda?”
Il suo collega era rimasto confuso “Si! Cosa ne hai fatto del
vero Tony?”-
Già.
Cosa ne aveva fatto del vero Tony DiNozzo? La
verità era che dopo quegli eventi
‘spaccacuore’, lui aveva deciso di andare
agli incontri anonimi per raccontarsi e, soprattutto, confrontarsi.
Capire cosa
doveva eliminare e migliorare della sua personalità. Non
voleva trasformarsi in
qualcun altro, ma maturare e cercare di capire cosa poteva fare nella
sua vita.
Trovare lo scopo della sua esistenza. Comprendere il linguaggio del suo
subconscio. E, infine, stilare la lista di ‘I will... (Le mie
volontà)’,
un’idea nata dalla mente di Ziva quando era ragazzina. Ora
non era più vuota
quella lista. L’aveva riempita in questi due anni ed era
arrivato il momento di
esaudire ogni singolo punto.
-“È importante che tu cominci a cambiare,
a
diventare più maturo, più responsabile,
soprattutto con le donne, però devi
rimanere comunque te stesso, non devi cambiare quello che
sei!” Le parole di
Ziva gli avevano colpito il cuore. “Perché io chi
sono?” Domandò senza perdere
di vista l’interrogatorio che Gibbs stava eseguendo verso un
sospettato. “Tu
sei Tony DiNozzo, un clown di gran classe ed è per questo
che ti vogliamo tutti
bene.”-
Lei
che era arrivata nel momento peggiore della sua
vita per poi scombussolarla per otto sacri anni. E, in fin dei conti,
aveva
ragione. Non doveva cambiare se stesso, ma darsi
un’opportunità di migliorare
giorno per giorno. Doveva rendersi conto anche delle sue
capacità di affrontare
le insicurezze nei momenti più bui ripetendo a se stesso che
ce la poteva fare.
E che aveva raggiunto questa decisione mentre stava pensando alle cose
che
aveva rinunciato. La verità era che l’essere umano
era limitato a ciò che
credeva di essere. Ora era arrivato il momento di sfidare quel limite.
-“DiNozzo! Ti ricordi di quel giorno, nel
bagno, quando tu mi avevi detto di aver avuto la sensazione di aver
commesso un
errore?” Gibbs bloccò il lavoro che stava
eseguendo sulla nuova barca quasi
finita e indirizzò gli occhi verso DiNozzo. “Sono
passati due anni, ma lo
ricordo molto bene!” Tony era rimasto perplesso da quel
discorso. “Quella
sensazione era giusta. Stavi sbagliando e ora stai
rimediando!” Il boss svuotò
i vasetti pieni di chiodi e li riempì del bourbon.
“Non capisco.” Tony prese il
vasetto e bevve un sorso di liquore. “Questa decisione che
hai preso ti
aspettava già da quando sei tornato dopo quattro mesi in
Israele. Qualcosa è
cambiato in quei quattro mesi, DiNozzo! Qualcosa deve essere successo
per
averti dato la sensazione di aver preso una decisione sbagliata e che
non eri
stato tu a decidere. Perché quella non-decisione ti aveva
costretto a rimanere
con noi all’NCIS.” Forse il boss non aveva digerito
bene la decisione che aveva
appena preso? “In quei quattro mesi ho pensato molto, boss! A
dir la verità,
moltissimo! E forse solo adesso ho compreso cosa volevo più
dalla mia vita.
Cosa volevo da me stesso. Yeah, ci ho messo due anni, questo lo
so!” Blaterava
sperando di non venir silurato da Gibbs che era rimasto fermo e
immobile ad
osservarlo. Sembrava il fratello gemello di una delle bambole
assassine. E gli
incuteva timore. “Meglio tardi che mai, Tony!” Le
rare volte in cui lo chiamava
per nome. Un evento straordinario. E, infine, quell’abbraccio
inaspettato era
la sensazione migliore che Tony DiNozzo poteva mai provare nella sua
vita. La
sensazione di essere nel giusto e di essere amato.-
Improvvisamente
il portone superblindato si aprì ed
entrarono due figure, una donna e un uomo. «Abby...»
La scienziata forense, completamente vestita di nero,
strattonò la
giacca di McGee intimando di fare silenzio. Appoggiò
l’ombrello nero ad una
parete e si diresse verso quella grande boccia piena d’acqua
che ospitava i due
pesciolini rossi. «Zia
Abby
si prenderà cura di voi finché Tony non torna!»
Disse con un filo di voce quasi strozzata dal
pianto. McGee azzerò la distanza che la separava da lei e la
strinse fortemente
a sé.
-Dopo
aver salutato Gibbs, l’agente DiNozzo era andato
all’ufficio del direttore
Vance per sbrigare le ultime formalità. Dopo aver salutato
il direttore, decise
di sedersi per l’ultima volta alla sua futura ex-scrivania.
Troppa la
tristezza, malinconia e troppi i ricordi che erano piombati nella sua
mente nel
vedere le postazioni di lavoro dei suoi futuri ex-colleghi.
“Mi mancherete
tanto. Gibbs. McGee. Bishop.” E, con passi lenti, si diresse
verso l’ascensore.
Una parte di lui sapeva benissimo cosa stava lasciando, ma
l’altra parte era
contento di questa decisione presa. E quando le porte scorrevoli
dell’ascensore
si aprirono, lui entrò dentro. Gli occhi erano fermi ad
osservare - forse per
l’ultima volta - quel maestoso arredamento
dell’Agenzia NCIS fino a che le
porte non si chiusero completamente. E mentre l’ascensore
stava scendendo a
piano terra, Tony estrasse dalla tasca la collanina a forma di stella
di David.
Rimase a contemplarla fino a che non si aprirono le porte scorrevoli.
“Conta
fino a un milione...”-
«McGee,
vedo ancora il corpo di Tony in una pozzanghera di sangue in
quell’ascensore.
Odio gli ascensori, da adesso!»
La
scienziata inzuppò di lacrime la camicia bianca di McGee.
Lui continuava a
consolarla. «Abby,
troveremo
chi ha sparato a Tony. Promesso. Non la passerà liscia.
Promesso. Tony è in
ospedale e ha bisogno della nostra presenza. E noi non lo lasceremo
solo, vero?»
Poi lo squillo del cellulare di
McGee attirò la loro completa attenzione. «Rispondi,
McGee!»
Tim fece come aveva
ordinato la scienziata. «Hey,
boss...»
E il suo viso si
oscurò a quella notizia che Gibbs gli aveva appena dato.
Abby capì tutto e
sprofondò in un pianto straziante. Tony, che aveva assistito
a tutta quella
scena, terminò di suonare l’Hammerklavier di
Beethoven. Aveva capito che ormai
la sua vacanza nel limbo era finita. E, in quell’attimo di
silenzio
dolorosissimo, DiNozzo rimase a fissare quei due amici. Gli dispiaceva
non
poterli abbracciare poiché era impossibile per un fantasma.
Poi una luce
accecante attirò la sua completa attenzione. Gli occhi
riuscirono appena a scrutare
una figura femminile avvolta in quella luce che gli stava tendendo la
mano. «Hey,
Tony!»
Nell’udire
quella voce così soave che
traspariva fiducia, Tony sorrise. «Hey,
Kate.»
Era arrivata la sua
ora.
The
End