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Autore: ladyT    23/05/2016    0 recensioni
Tony DiNozzo che era sempre il solito Tony DiNozzo e ora stava diventando qualcosa di diverso da quello che avrebbe voluto diventare.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anthony DiNozzo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: ladyT
Tipologia: One-shot
Spoiler: No
Rating: G (Verde)
Nota: Oneshot vincitrice che ha partecipato al primo #NCISContest indetto dal gruppo facebook “NCIS:Italia” con il tema: “Se tu fossi un writer, come avresti scritto/immaginato il destino dell’agente speciale Tony DiNozzo?”
Riassunto:
Tony DiNozzo che era sempre il solito Tony DiNozzo e ora stava diventando qualcosa di diverso da quello che avrebbe voluto diventare.
Titolo:

Ognuno è il suo destino.
---

-Stop! Hai sbagliato, Tony.” La madre si avvicinò al figlio di quasi otto anni. “Hai stonato delle note. Rifalla da capo!” Il bambino sbruffò e incominciò a protestare “Mamma, non diventerò mai un pianista degno di Beethoven!” La signora DiNozzo si sedette accanto a lui e con tono autorevole, ma che ti ispirava fiducia, proferì parola “Sono stufa di questi tuoi continui piagnistei. Non ti voglio più sentire lamentarti e dire che non sarai mai un bravo pianista.” Asciugò la lacrimuccia che stava solcando le guanciotte del bambino. “Mio piccolo pianista, non limitare le tue sfide, ma sfida sempre i tuoi limiti. Ricordati sempre questo, okay?” E su consiglio della madre, il bambino riprese a suonare l’Hammerklavier di Beethoven dall’inizio. E questa volta gli sembrò tutto molto facile perché anche lei stava suonando insieme a lui. Le dita non avevano mai tremato e a fine esecuzione, Tony sorrise con molta soddisfazione. “Ti sei meritato un posto d’onore al cinema. Andiamo a vedere ‘Il Piccolo Principe’?”-

 

Il primo flashback che era apparso nella mente dell’agente molto speciale Tony DiNozzo mentre se ne stava seduto a fissare la tastiera del suo pianoforte. Non era più malinconico del solito anche se gli eventi di questi due anni gli avevano giocato degli strani scherzi che riguardavano delle grandi e definitive decisioni. Il pianoforte gli ricordava il suo ingresso verso un mondo del tutto nuovo. Almeno agli occhi del piccolo DiNozzo. Aveva tanto sognato di essere un pianista grazie alle doti superlative di sua madre. Lei sapeva suonare divinamente. Ogni volta che la sentiva comporre una sinfonia, la sua mente di bambino viaggiava nell’universo e si divertiva a saltellare tra una stella all’altra.
Adorava la sua compagnia, suonare e cantare con lei.
Lei che gli aveva insegnato le note, l’adagio e il notturno. Lei che era stata la sua insegnante di vita. Un’insegnante severa e fissata con la moda da ‘Luigi XVI’!
L’agente DiNozzo sospirò e posò gli occhi verso i tasti bianchi e neri del pianoforte. Li ammirò silenziosamente per qualche minuto prima di iniziare a ‘suonare’.

 

-Cos’è questa storia?” Domandò il padre mostrando la lettera al figlio ormai quasi trentenne. “Finalmente papà si è accorto di avere un figlio!” Esclamò Tony junior mentre stava finendo di mettersi il gel tra i capelli. “Ho accettato il fatto che ti sei laureato in Scienze Motorie, ma questa credi che l’accetterò?” Le gote del padre stavano diventando rosse dalla rabbia. “So che volevi un figlio donnaiolo-festaiolo-truffatore!” Rispose in modo canzonatorio il figlio mentre stava indossando la giacca in pelle nera. Poi si avvicinò al padre che era rimasto a guardarlo senza parole. “Scusa, non volevo dire queste cose! E’ tanto chiederti di incoraggiarmi a prendere questa strada?” Il padre cercò di mantenere la calma. “Se fare il poliziotto rientra in uno dei tuoi tanti sogni nel cassetto…  Allora considerati completamente diseredato dalla mia famiglia!” Il padre uscì fuori di casa sbattendo la porta in modo violento. Non ne poteva più dei continui cambiamenti del figlio. Dei suoi capricci e altre cose che non gli rendevano onore. Junior non era molto scosso dalla reazione del padre, anzi se lo aspettava. Ma non fino a quel punto. In fin dei conti il padre non era stato presente nella sua adolescenza, quindi perché continuare a cercare la sua approvazione? Sua madre gli aveva insegnato di sfidare sempre i limiti, quindi perché non cogliere l’occasione di entrare a far parte del corpo di polizia? E così eliminò l’immagine del padre furioso e si concentrò ad osservare la propria figura elegante riflessa nello specchio. Estrasse dalla tasca della giacca un distintivo e lo mostrò con molta fierezza allo specchio. “Tony DiNozzo, Dipartimento di Polizia di Peoria!”-

 

Da quel giorno aveva sempre sfidato se stesso. Forse perché non voleva prendere le orme del padre? Forse perché voleva far vedere al mondo e, soprattutto, a lui che Tony Junior DiNozzo sapeva cavarsela da solo? E, ahimé, come con il sogno da pianista, anche quello da poliziotto era giunto alla parola ‘Fine’. A cambiargli completamente la vita era stato l’incontro con Gibbs a Baltimora. Da poliziotto ad agente speciale dell’NCIS. Un vero salto di qualità e di regole. Più che regole generali dell’Agenzia erano quelle di Gibbs. Stare dietro a lui era come vivere un inferno. Conquistare la sua fiducia era come giocare a Crash Bandicoot: per conquistarla dovevi raccogliere tutti i tipi di cristalli presenti in ogni livello di gioco. Una fatica inumana sia fisicamente che mentalmente. Però tutto questo gli era valsa la pena. Era riuscito a diventare un vero agente come “La Spia Che Mi Amava”. Quasi. Ogni tanto le soddisfazioni si facevano sentire. Inoltre, aveva legato molto con il team costruito dal boss Gibbs.

 

-Abby, perché con Kate hai legato subito anziché con me?” La scienziata forense era sempre stata una tipetta fuori dall’ordinario. Non per il personaggio che lei aveva creato per il lavoro, ma per il suo essere selettiva, subito pronta a scannerizzare la personalità di un nuovo arrivato prima di diventare amico. “Tony, perché sei come un piercing. Ci vuole un bel po’ prima di abituarsi ad un corpo estraneo..”-

 

Questo ricordo gli fece sorridere. Evidentemente per Abby lui era sempre stato un campo minato, ma era impossibile non volerle bene e sapeva benissimo che anche lei provava lo stesso sentimento nei suoi confronti. Quell’abbraccio di ieri in ascensore, le sue lacrime, la sua ennesima caparbietà nel cercare di fargli cambiare idea, ma invano.

 

-Hey, Kate! Lo hai protetto bene!” Esclamò Tony dopo aver visto che la collega si era buttata addosso a Gibbs per non fargli prendere il proiettile destinato a lui. “Per una volta, DiNozzo ha ragione!” Il boss aiutò l’agente Todd ad alzarsi da terra. “Wow. Credevo che dovessero uccidermi per sentirti..” e puntualmente un nuovo proiettile la colpì in piena fronte facendola cadere a terra priva di vita.-

 

E dopo questo flashback, Tony smise di ‘suonare’. Si tirò i capelli all’indietro e chiuse gli occhi. La perdita di Kate era ancora una ferita aperta. Dolorosa. Tanto da far mancare il respiro. Saranno passati undici anni, ma non aveva mai smesso di pensarla. Era stata parte integrante della sua vita. Peccato che dopo il suo addio, lei non aveva potuto assistere alla lenta e tardiva maturità dell’agente DiNozzo. Gli sarebbe piaciuto vedere la sua faccia. “Tony DiNozzo e la maturità hanno stretto amicizia! Meglio tardi che mai, vero Kate?” E per spazzare via questa malinconica tristezza, Tony tornò a ‘suonare’. Dopo di lei, tante cose erano state cambiate, peggiorate e migliorate. Un po’ come le stagioni. Un giorno era inverno, l’altro era primavera. Un giorno era autunno e l’altro era estate.

 

-Ti nascondi dietro alle battute di spirito. E so anche da cosa ti nascondi!” Esclamò Ziva, la sua compagna di lavoro dopo aver trattenuto Tony per un braccio. “Se lo sai.. Cos’è?” rispose lui in tono di sfida. “Quello che temono tutti quelli che hanno paura di amare: essere feriti.” Ci aveva azzeccato, come sempre. “Non è solo questo. Ho anche paura di ferire, Ziva!” e lei lo rassicurò con “Perché sei una brava persona.”-

 

E quando credeva che, dopo la famosa proposta di matrimonio saltata in aria, non si sarebbe più innamorato ecco che Jeanne Benoit era entrata nella sua vita. Forse era entrata nel momento sbagliato. Quante probabilità poteva avere un agente che, durante un lavoro in sottocopertura, poteva innamorarsi della figlia di un potenziale nemico? Roba da favole e fiabe. E, invece, a lui era capitato. Un amore intenso e burrascoso finito con rancore e delusione. E forse era meglio così. D’altronde lei si era innamorata di DiNardo e non del vero DiNozzo. Una cosa era la finzione e un’altra era la realtà.  Le dita di DiNozzo continuavano a muoversi veloci sui tasti senza mai stonare una nota mentre la sua mente continuava a viaggiare nella macchina del tempo della sua vita. Non solo aveva conosciuto l’amore, ma anche la fiducia, l’amicizia, la famiglia. In questi anni aveva ricucito anche dei rapporti che gli erano sembrati impossibili da recuperare, come quello tra lui e suo padre. Si erano avvicinati tanto grazie anche alla testardaggine di suo padre che aveva sentito il bisogno di condividere la sua vita con Junior. “Meglio tardi che mai, vero?” Continuò a ripeterlo mentalmente. Come se questa domanda fosse la password della sua vita.

 

-Ehi, ehi, ehi! Sei in un programma speciale per la riabilitazione dei misogini?” Esclamò McGee nel vedere delle cose nel cassetto della scrivania di Tony. “Le ultime settimane sono state... Interessanti, non è vero?” Tony indirizzò lo sguardo verso quella scrivania che per la seconda volta era rimasta orfana. Prima Kate e ora Ziva. “Sai, ho cominciato a pensare alle scelte che facciamo, alle persone a cui diamo spazio e... A quelle a cui non lo diamo. Sto cercando di migliorare! Qualche domanda?” Il suo collega era rimasto confuso “Si! Cosa ne hai fatto del vero Tony?”-

 

Già. Cosa ne aveva fatto del vero Tony DiNozzo? La verità era che dopo quegli eventi ‘spaccacuore’, lui aveva deciso di andare agli incontri anonimi per raccontarsi e, soprattutto, confrontarsi. Capire cosa doveva eliminare e migliorare della sua personalità. Non voleva trasformarsi in qualcun altro, ma maturare e cercare di capire cosa poteva fare nella sua vita. Trovare lo scopo della sua esistenza. Comprendere il linguaggio del suo subconscio. E, infine, stilare la lista di ‘I will... (Le mie volontà)’, un’idea nata dalla mente di Ziva quando era ragazzina. Ora non era più vuota quella lista. L’aveva riempita in questi due anni ed era arrivato il momento di esaudire ogni singolo punto.

 

-È importante che tu cominci a cambiare, a diventare più maturo, più responsabile, soprattutto con le donne, però devi rimanere comunque te stesso, non devi cambiare quello che sei!” Le parole di Ziva gli avevano colpito il cuore. “Perché io chi sono?” Domandò senza perdere di vista l’interrogatorio che Gibbs stava eseguendo verso un sospettato. “Tu sei Tony DiNozzo, un clown di gran classe ed è per questo che ti vogliamo tutti bene.”-

 

Lei che era arrivata nel momento peggiore della sua vita per poi scombussolarla per otto sacri anni. E, in fin dei conti, aveva ragione. Non doveva cambiare se stesso, ma darsi un’opportunità di migliorare giorno per giorno. Doveva rendersi conto anche delle sue capacità di affrontare le insicurezze nei momenti più bui ripetendo a se stesso che ce la poteva fare. E che aveva raggiunto questa decisione mentre stava pensando alle cose che aveva rinunciato. La verità era che l’essere umano era limitato a ciò che credeva di essere. Ora era arrivato il momento di sfidare quel limite.

 

-DiNozzo! Ti ricordi di quel giorno, nel bagno, quando tu mi avevi detto di aver avuto la sensazione di aver commesso un errore?” Gibbs bloccò il lavoro che stava eseguendo sulla nuova barca quasi finita e indirizzò gli occhi verso DiNozzo. “Sono passati due anni, ma lo ricordo molto bene!” Tony era rimasto perplesso da quel discorso. “Quella sensazione era giusta. Stavi sbagliando e ora stai rimediando!” Il boss svuotò i vasetti pieni di chiodi e li riempì del bourbon. “Non capisco.” Tony prese il vasetto e bevve un sorso di liquore. “Questa decisione che hai preso ti aspettava già da quando sei tornato dopo quattro mesi in Israele. Qualcosa è cambiato in quei quattro mesi, DiNozzo! Qualcosa deve essere successo per averti dato la sensazione di aver preso una decisione sbagliata e che non eri stato tu a decidere. Perché quella non-decisione ti aveva costretto a rimanere con noi all’NCIS.” Forse il boss non aveva digerito bene la decisione che aveva appena preso? “In quei quattro mesi ho pensato molto, boss! A dir la verità, moltissimo! E forse solo adesso ho compreso cosa volevo più dalla mia vita. Cosa volevo da me stesso. Yeah, ci ho messo due anni, questo lo so!” Blaterava sperando di non venir silurato da Gibbs che era rimasto fermo e immobile ad osservarlo. Sembrava il fratello gemello di una delle bambole assassine. E gli incuteva timore. “Meglio tardi che mai, Tony!” Le rare volte in cui lo chiamava per nome. Un evento straordinario. E, infine, quell’abbraccio inaspettato era la sensazione migliore che Tony DiNozzo poteva mai provare nella sua vita. La sensazione di essere nel giusto e di essere amato.-

 

Improvvisamente il portone superblindato si aprì ed entrarono due figure, una donna e un uomo. «Abby...» La scienziata forense, completamente vestita di nero, strattonò la giacca di McGee intimando di fare silenzio. Appoggiò l’ombrello nero ad una parete e si diresse verso quella grande boccia piena d’acqua che ospitava i due pesciolini rossi. «Zia Abby si prenderà cura di voi finché Tony non torna!» Disse con un filo di voce quasi strozzata dal pianto. McGee azzerò la distanza che la separava da lei e la strinse fortemente a sé.

 

-Dopo aver salutato Gibbs, l’agente DiNozzo era andato all’ufficio del direttore Vance per sbrigare le ultime formalità. Dopo aver salutato il direttore, decise di sedersi per l’ultima volta alla sua futura ex-scrivania. Troppa la tristezza, malinconia e troppi i ricordi che erano piombati nella sua mente nel vedere le postazioni di lavoro dei suoi futuri ex-colleghi. “Mi mancherete tanto. Gibbs. McGee. Bishop.” E, con passi lenti, si diresse verso l’ascensore. Una parte di lui sapeva benissimo cosa stava lasciando, ma l’altra parte era contento di questa decisione presa. E quando le porte scorrevoli dell’ascensore si aprirono, lui entrò dentro. Gli occhi erano fermi ad osservare - forse per l’ultima volta - quel maestoso arredamento dell’Agenzia NCIS fino a che le porte non si chiusero completamente. E mentre l’ascensore stava scendendo a piano terra, Tony estrasse dalla tasca la collanina a forma di stella di David. Rimase a contemplarla fino a che non si aprirono le porte scorrevoli. “Conta fino a un milione...”-

 

«McGee, vedo ancora il corpo di Tony in una pozzanghera di sangue in quell’ascensore. Odio gli ascensori, da adesso!» La scienziata inzuppò di lacrime la camicia bianca di McGee. Lui continuava a consolarla. «Abby, troveremo chi ha sparato a Tony. Promesso. Non la passerà liscia. Promesso. Tony è in ospedale e ha bisogno della nostra presenza. E noi non lo lasceremo solo, vero?» Poi lo squillo del cellulare di McGee attirò la loro completa attenzione.  «Rispondi, McGee!» Tim fece come aveva ordinato la scienziata. «Hey, boss...» E il suo viso si oscurò a quella notizia che Gibbs gli aveva appena dato. Abby capì tutto e sprofondò in un pianto straziante. Tony, che aveva assistito a tutta quella scena, terminò di suonare l’Hammerklavier di Beethoven. Aveva capito che ormai la sua vacanza nel limbo era finita. E, in quell’attimo di silenzio dolorosissimo, DiNozzo rimase a fissare quei due amici. Gli dispiaceva non poterli abbracciare poiché era impossibile per un fantasma. Poi una luce accecante attirò la sua completa attenzione. Gli occhi riuscirono appena a scrutare una figura femminile avvolta in quella luce che gli stava tendendo la mano. «Hey, Tony!»  Nell’udire quella voce così soave che traspariva fiducia, Tony sorrise. «Hey, Kate.» Era arrivata la sua ora.

The End

  
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