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Autore: Yutsu Tsuki    23/05/2016    1 recensioni
~ Seguito di Stop Joking ~
È passata solo una settimana dal giorno in cui la protagonista e Castiel si sono confidati a vicenda i loro sentimenti, eppure non tutto è andato come lei aveva previsto...
Dal testo:
“Il mio compagno resta a guardarmi attonito e in silenzio. Si vede che è veramente preoccupato: ha un’espressione che non aveva mai avuto prima.
Penso sia la prima volta che colgo del senso di colpa nei suoi occhi.
La prima volta che gli sento provare costernazione.
La prima volta che, veramente, riesco a decifrare il suo sguardo.”
 
“«E poi sei arrivata tu», sorride ad un tratto, fissandomi dritta negli occhi.
Arrossisco violentemente e guardo subito da un’altra parte, mentre il battito cardiaco comincia da solo ad accelerare.”

Attenzione: Leggero riferimento/spoiler alla vicenda degli episodi 15/16/17 (niente di che, ma vi consiglio di leggere solo se li avete già giocati)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Devil in Paradise'
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III




Io di solito non mi sveglio mai durante la notte. Fin da quando ero piccola, ho sempre avuto sonni tranquilli e beati. Al limite capitava che mi svegliassi più presto del solito e che aspettassi facesse giorno leggendo un libro o svolgendo altre attività, ma erano comunque eventi piuttosto rari.
Sta di fatto che questa volta - sarà per la presenza inconsueta del mio compagno di classe, sarà per uno strano presentimento - inspiegabilmente apro gli occhi.

Ancora un po’ assonnata, mi metto a pancia in su e sbircio verso l’altro lato della stanza.
Le poche luci che dall’esterno illuminano l’ambiente avvolto dall’oscurità rivelano un’ombra sinistra, rannicchiata sulla poltrona accanto al divano vuoto a due metri da me, che sembra guardare, immobile, nella mia direzione.

Caccio un urlo spontaneo, destandomi completamente. «Castiel! Che stai facendo lì?» esclamo spaventata.
«Niente, non riesco a dormire», risponde tranquillamente lui, continuando ad osservarmi.

Sbuffo.
Eppure gliel’avevo detto che il divano era scomodo, ma lui ha voluto insistere!
Lancio un’occhiata al mio letto, che pare decisamente più morbido e confortevole.

...Dopotutto è ad una piazza e mezza, mentre il divano è molto più corto, oltre che duro. E la poltrona non è certo un giaciglio su cui è concepibile dormire.

So già prima di parlare che me ne sarei pentita.
«Dai, vieni. C’è posto anche per te», sospiro, facendo spazio nel letto.
Lo vedo sorridere lievemente, ma tornare serio subito dopo. «Non fa niente, sto bene qui.»
«Davvero, insisto.»
«E la tua paura?»
«Uhm... Cercherò di superarla», rispondo scrutandolo con leggera diffidenza.

Senza dire nulla, si alza pigramente dalla poltrona e, con lentezza, si avvicina a me.
Prima ancora che mi sia accanto, vengo invasa nuovamente dall’odore di poco fa.
Profumo? Shampoo? Non m’importa di cosa si tratta, sta di fatto che mi piace da morire. È incredibile come abbia il potere di pietrificarmi.
Ho deciso: da oggi è diventata la mia nuova droga.
...Cioè, non che prima che ne avessi mai assunta una!

Nell’attimo in cui Castiel sale sul letto, le nostre braccia e le nostre gambe si sfiorano a causa della poca ampiezza a disposizione, e ciò mi provoca una fastidiosa ma gradita sudorazione che cerco di contrastare in silenzio.

Dopo essersi steso completamente, mi rendo conto che il letto di mio fratello è molto meno largo di quanto mi aspettavo e non so se esserne preoccupata o contenta. In ogni caso non posso che stare immobile a trattenere il fiato, sapendo che a meno di un decimetro di distanza da me si trova la persona che più di tutte desidererei avere sempre accanto.

Non oso girarmi da nessuna parte. Sia per non doverlo guardare, sia per non lasciargli le spalle, nel timore che possa combinare cose strane.
Dopo diversi minuti non ne posso più, e mi decido a spostare appena la testa quanto basta per sbirciare verso di lui con la coda dell’occhio.
Mi aspetto uno scambio di sguardi imbarazzante, e invece me lo ritrovo che sta già dormendo.

Chissà da quanto tempo era sveglio sulla poltrona. Anche lui deve aver trovato difficoltoso prendere sonno sul divano, poveretto. Quasi quasi mi sento in colpa per avergli rifilato il posto più sfortunato.

Osservandolo meglio, scopro che ha un'aria così innocente mentre dorme, con i tratti del viso più distesi e la bocca leggermente socchiusa. Non l’avrei mai detto, ma... oh, che tenero, sembra un angioletto!
...Ecco, diciamo più un diavolo finito in Paradiso!

Mi convinco che ormai non potrebbe farmi nulla di male, perciò mi giro dall'altra parte e, soddisfatta, prendo sonno anch’io.




Non so quanto tempo sia passato, credo pochi minuti, ma magari anche mezz'ora, sta di fatto che vengo lentamente svegliata da qualcosa di estraneo che sento farsi largo fra le coperte e il mio corpo.
In un battibaleno mi ritrovo entrambi i fianchi cinti da due braccia forti e rigide, che si allungano sempre di più fino a circondare... la mia tavola da surf!

Quando mi sono completamente svegliata e resa conto di ciò che è successo, è troppo tardi.
In un istante prendo fuoco ed ogni mio senso viene annullato dai brividi che percorrono ovunque la mia pelle, soprattutto quella a contatto con gli arti ed il petto di Castiel, che nel frattempo si è schiacciato contro la mia schiena.
Ho il cuore che sembra una bomba ad orologeria sul punto di esplodere, mentre non c’è zona del mio corpo che risponda più ai miei comandi.

Ma la cosa che mi preoccupa maggiormente è un’altra. Che non mi viene istintivo di levarmelo subito di torno.
Devo proprio dirlo: non mi facevo così depravata!

Anche se, ad essere onesta, credo che il motivo sia un altro.
Ammettiamo per un attimo che io voglia liberarmi dalla sua stretta: ebbene non ne sarei fisicamente in grado. È fin troppo ferrea per muscoletti striminziti che mi ritrovo.

Non ho nemmeno il tempo di pensare a cosa fare - sempre che ne sia in grado, di pensare, in questa situazione - che sento le sue braccia stringermi ancora di più e un sussurro provenire da dietro la mia testa.

«De-Debrah...»

Impallidisco.
Mi basta solo quel nome per riprendere pienamente il controllo dei miei sensi.
E in un attimo mille pensieri mi si accavallano nella mente.

Gli piace ancora Debrah? Pensa ancora a lei?
Non può essere veramente interessato a me, se non si è dimenticato di quella disgraziata! E io non posso stare con uno, se a questo piace ancora un’altra.
Che cosa ci faccio qui? Che senso ha tutto ciò? No. Non può continuare così.
Credevo andasse tutto bene, ma mi ero solo illusa. Sono stata semplicemente una sciocca a fidarmi delle sue parole. Dovevo aspettarmelo.

«Debrah...»

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso.

Indignata, faccio per scrollarmelo di dosso, ma la stretta di Castiel si fa ancora più forte, tanto da impedirmi di allontanarmi da lui.
Comincio veramente a perdere la pazienza, ma proprio quando sto per sferrargli una gomitata fra le costole, mi sento stringere fino quasi a non riuscire più a respirare e allo stesso tempo odo un’altra frase.

«Come hai potuto?!»

Mi fermo appena in tempo.

«Perché l’hai fatto? Ti odio!»

Vorrei avere un momento per poter rielaborare i miei pensieri, collegare le azioni alle parole, capire che la realtà è un’altra.
Poi vorrei poter riavvolgere il tempo, per rimangiarmi tutto quello che ho pensato giusto un secondo fa e dedurne che in verità Castiel odia ancora Debrah.
E vorrei tirare un sospiro di sollievo, ridere della mia inutile preoccupazione, cacciare ogni idea negativa che mi ero fatta.

Ma tutto questo non mi è possibile farlo, perché nel frattempo l’altro braccio di Castiel è finito attorno alla mia gola e il rischio di venire strangolata non mi consente di formulare altri pensieri.

Tento di liberarmi con tutte le mie forze, ma più mi dimeno e più la sua stretta sembra bloccarmi fino ad impedirmi di muovere un solo muscolo.
Il mio collo è talmente in balìa del suo bicipite, che sono costretta a trattenere con le due mani libere il secondo, per evitare che il primo si spezzi.

Nonostante i miei sforzi, però, la forza di Castiel supera di gran lunga la mia e in pochi secondi avverto che l’aria che fino a un momento prima respiravo senza problemi, comincia a farsi più rarefatta.
Con un movimento del tutto involontario, una delle mie mani lascia andare il suo braccio e inizia a vagare dovunque possa servire per evitare che il mio compagno di classe finisca inconsciamente per soffocarmi.

Proprio quando ogni speranza sembra ormai perduta e l’ultima molecola di ossigeno è giunta con fatica ai miei polmoni sfiniti, ecco che tocco qualcosa dietro di me che pare essere una testa.
Senza un attimo di esitazione, stringo in un pugno e tiro più forte che posso.

In quell’istante Castiel smette di strizzarmi.
«Ah! Che c’è!?» esclama destandosi di scatto e liberandomi finalmente dalla presa.

Riacquistato il possesso del mio corpo, posso con mio grande sollievo tornare a respirare. Anzi, a tossire.
E, tra un colpo di tosse e l’altro, mi ritrovo un’abbondante ciocca scarlatta fra le dita.

Ci metto un po’ a riprendermi, perché ciò che è appena successo è avvenuto con una rapidità a cui non ero per niente preparata.
Non so proprio a cosa pensare, ora come ora. Immagino che la scelta migliore sia di evitare conversazioni imbarazzanti, fare come se non fosse accaduto nulla e tornarsene a dormire.
Anche se devo ammettere che adesso la voglia di sapere come passavano il tempo Castiel e Debrah quando stavano insieme, è un tantino cresciuta.

A quanto pare, però, i miei guai non sono finiti.
«COS’È SUCCESSO?!» vengo girata di scatto su me stessa e mi ritrovo davanti il volto letteralmente scioccato del mio compagno di classe, che mi guarda con due occhi sbarrati, quasi stessi morendo proprio davanti a lui.
Deglutisce, non appena il suo sguardo terribilmente preoccupato si posa sul mio collo.

Senza avere il tempo di rispondere alla sua domanda, lo sento farsi più vicino a me e poggiarmi una mano sotto al mento con una delicatezza che non gli era mai appartenuta.
Poi pian piano mi alza la testa, e con l’ausilio della poca luce che entra dall’esterno, controlla che il mio collo sia a posto.
Avverto la sua mano tremare appena e il calore del suo respiro affannato sfiorare la mia pelle, mentre esamina minuziosamente il danno da lui provocato.

Io, che speravo di poter finalmente tornare a respirare, mi ritrovo di nuovo a dover trattenere con imbarazzo il fiato, data l’improvvisa vicinanza fra il mio volto e quello di Castiel. Ma non voglio dargli l’impressione di scompormi per lui, perciò decido di farmi coraggio poggiando la mia mano sulla sua.

«Va tutto bene, Castiel. Non è successo nulla di grave, per fortuna», gli dico tutto d’un fiato mentre la allontano dal mio mento. Il mio compagno resta a guardarmi attonito e in silenzio. Si vede che è veramente preoccupato: ha un’espressione che non aveva mai avuto prima.
Penso sia la prima volta che colgo del senso di colpa nei suoi occhi.
La prima volta che gli sento provare costernazione.
La prima volta che, veramente, riesco a decifrare il suo sguardo.

«Dovresti davvero avere paura di me», ammette qualche minuto dopo, spostandosi e tornando sulla sua parte di letto.
Scuoto la testa. «Non l’hai fatto apposta, hai solo...»
«...Cercato di strozzarti, mentre pensavo a un’altra persona?» esclama, voltandosi all’improvviso.

Il suo intervento mi lascia un po’ di stucco; tuttavia il mio pensiero va immancabilmente a Debrah, e questo mi fa tornare in mente l’inguaribile curiosità di poco fa. Senza riflettere, gli domando con spontaneità: «Dormivi spesso con lei?»
L’espressione un po’ interdetta che Castiel assume subito dopo mi fa rendere conto di quanto quella domanda fosse a dir poco inopportuna; perciò cerco, con molta vergogna, di rimangiarmi le parole. «Scusa, non volevo chied-», ma non ho il tempo di ritirarle, che lui subito mi interrompe.
«Preferirei dormire con un cinghiale affamato piuttosto che condividere di nuovo il letto con quella.»

La sua risposta decisa e ferrea mi fa sorridere. Sembra che la tensione si stia alleggerendo: meglio approfittare di questo momento.
«Il cinghiale affamato è per caso un’allusione a me?» domando rivolgendogli un sorrisetto malizioso.
«Ovviamente sì. Ne dubitavi?» ribatte prontamente.
«Ah, adesso mi copi le battute?!» protesto ridendo di gusto.

Per tutta risposta, Castiel mi si avvicina con nonchalance e, con uno scatto improvviso, si getta sui miei fianchi a riempirmi di solletico.
Come per magia lo spiacevole evento di poco prima si volatilizza dalla mia mente, per lasciare spazio solo ad un’incontrollata risata. Dannazione! Come faceva a sapere che il mio più grande punto debole è il solletico?!

Ma non voglio essere da meno, così lo provo a pizzicare anch’io da qualche parte, nell’intento di ripagarlo con la sua stessa moneta.
Non appena si accorge della mia iniziativa, però, Castiel si ferma all’istante e, senza battere ciglio, assume un’espressione impassibile mentre io continuo a sfiorargli il collo e i fianchi, evidentemente per dimostrarmi come, su di lui, il suo gioco non funzioni.
Questa scena mi fa incavolare ogni volta che mi capita! Ho sempre invidiato quelli che non soffrono il solletico... mentre io sono costretta a patire le loro torture.

«È inutile che ci provi. C’è solo un punto in cui lo soffro...» mi sussurra con un tono di voce decisamente ambiguo.
Lo guardo curiosa, anche se capisco al volo dove vuole arrivare, il birichino.
«...Ed è ben nascosto sotto la stoffa del pigiama», conclude infatti. «Vuoi vedere?»
Gli rivolgo uno dei miei migliori sorrisi, ma, dopo essermi ricomposta, gli declino gentilmente l’offerta.

«Dai, perché non provi?» insiste lui, provocandomi afferrando una mia mano e avvicinandola di straforo al suo ventre.
«Neanche per sogno, grazie!» esclamo tirandola subito indietro.
«Allora non avrai scampo al mio prossimo attacco. Preparati.»

In un attimo mi ritrovo nuovamente sopraffatta dal suo solletico, ma, non potendo colpirlo a mia volta, l’unica cosa che posso fare è accovacciarmi come un uovo per limitare i danni.
Sebbene sia completamente in preda a singhiozzi spasmodici, riesco comunque ad accorgermi di una cosa.
Sento che Castiel, che fino a poco prima aveva fatto ben attenzione ad evitare zone troppo inappropriate del mio corpo, adesso si sta facendo sempre più... sfacciato.

Colta dall’imbarazzo, cerco di rotolarmi in un altro punto del letto, ma il mio compagno di classe non molla la presa, anzi, mi rimane incollato abbracciandomi ancora di più, e finisce per ruzzolare di lato insieme a me.
«Sei sotto il mio controllo, piccoletta. Potrai liberarti solo quando lo deciderò io», sussurra poi nel mio orecchio, dopo avermi schiacciato contro il materasso. Non oso contraddirlo.

Dopo un’ulteriore dose di solletico, lo sento allentare appena la presa ed è in quel momento che ne approfitto per voltarmi e mettermi a pancia in su.

Non capisco perché l’abbia fatto. Di certo non è stata un’idea geniale, dato che così facendo me lo ritrovo esattamente sopra di me, faccia a faccia.
In seguito a quel gesto Castiel smette finalmente di torturarmi e, con aria sorpresa, sposta i suoi occhi sui miei.
Il nuovo contatto visivo, unito alla distanza quasi inesistente che ci separa, mi fa credere che io stia bene o male evaporando dalla vergogna. Tuttavia, osservandolo meglio, mi sembra di cogliere una sorta di spaesamento nel suo sguardo, come se in un certo senso fosse catturato dal mio.

I nostri volti sono così vicini, che sento le punte dei suoi lunghi capelli rossi pungermi delicatamente le guance, e questo purtroppo mi fa perdere piano piano la lucidità.

Su Castiel, perché non ti fai avanti? Devi solo sporgerti di qualche centimetro; so che lo vuoi anche tu.
È il tuo orgoglio che ti frena? La tua scorza dura che ti impedisce di baciarmi?

Ti prego, fallo. Non puoi immaginare quanto stia patendo in questo momento.
Spero solo che quest’agonia finisca presto, in un modo o nell’altro.


Ma nonostante le mie preghiere, Castiel non sembra intenzionato a muovere un muscolo. Che sia troppo imbarazzato? Eppure non è da lui.
Pochi secondi dopo, però, lo vedo accennare un leggero sorriso, e, come se si fosse ricordato di qualcosa, mi guarda in un modo diverso. Con lo stesso sguardo serio che aveva avuto in classe fino a ieri.

Senza dire nulla, si stacca lentamente dal mio corpo, mi aiuta ad alzarmi e ritorna sul suo lato di letto.






Ciao a tutti :D Spero che la storia vi stia piacendo ;)
Volevo solo dire che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, sebbene originariamente avrebbe dovuto far parte di questo terzo. Il problema era che se non li avessi divisi, sarebbe venuto fuori qualcosa di troooppo lungo xD
Nient'altro. Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa storia... Al prossimo capitolo ;)
   
 
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