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Autore: acchiappanuvole    24/05/2016    2 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-E tua madre come l’ha presa?-
-Si sforza di sorridere e di comportarsi come sempre ma anche ieri sera l’ho trovata a piangere in silenzio mentre affettava le verdure per la cena. Ren si è scusato diverse volte, sia con lei che con me. Ma davvero stavolta non riesco a passarci sopra. Tu non hai visto i suoi occhi Ko. Erano…erano pieni di qualcosa che…non so…mi ha fatto paura. Mancano solo due giorni al mio compleanno e ho come la sensazione sarà un disastro- Satsuki si dondola lentamente sull’altalena del parco, fissa la punta delle scarpe come se sopra la superficie lucida della vernice potesse apparire il riflesso scuro di una qualche soluzione.
-A volte Satsuki quando si è arrabbiati si dicono cose che in realtà non si pensa veramente. Forse il problema di Ren non è tua madre, forse c’è qualcos’altro che lo tormenta- la voce di Ko è ferma e adulta, ma questo non provoca in Satsuki alcun tipo di consolazione.
- E cosa?! Una volta si confidava con me ora invece mi tratta come fossi scema e non mi accorgessi che c’è qualcosa che lo fa soffrire. Che cavolo di famiglia che mi ritrovo!-
Ko si dondola a sua volta cercando parole che non arrivano con la rapidità che vorrebbe, così restano in silenzio per un po’. Davanti a loro alcune giovani madri accompagnano i bambini sulle giostrine, li guardano apprensive mentre scendono lo scivolo o corrono accanto allo stagno delle ninfee. Quelle donne vivono per i loro figli e Ko si sente improvvisamente inadatta alla prospettiva di un simile futuro.
-Fare la madre è di certo complicato- mormora attirando ugualmente l’attenzione di Satsuki –io la mia non  ho avuto il tempo di poterla conoscere ed ho sempre reputato l’attuale compagna di mio padre come la mia mamma a tutti gli effetti. Ma ultimamente penso spesso alla mia vera mamma, a come sia stato difficile per lei sapere di dovermi lasciare, di non potermi crescere. Non l’ho miticizzata, non credo sarebbe stata una donna esemplare e priva di difetti. Perché non è che quando si diventa genitori si cessa anche di essere degli esseri umani, no? Si può sbagliare pur mettendoci tutte le buone intenzioni. Io sono certa che tua madre ha fatto del suo meglio e vi ami entrambi visceralmente; quindi come ci sono arrivata io ad una simile conclusione non credi che anche Ren potrebbe?-
Satsuki si stringe nelle spalle, d’improvviso Ko le pare avanti anni luce rispetto a lei, quella pacata maturità che la caratterizza sembra assolutamente desiderabile agli occhi di una ragazzina quale Satsuki si sente, come fosse in difetto.
-Sai Ko, penso che a Ren farebbe davvero bene avere un’amica come te. Io non sarei mai capace di parlare in modo tanto maturo, so solo lagnarmi e pestare i piedi-
Ko abbandona l’altalena posizionandosi davanti a Satsuki, si china leggermente e le sorride, un sorriso così bello che Satsuki si ritrova ad arrossire.
-Sei  solo un po’ insicura Satsuki, e questo in te è assolutamente adorabile perché ti rende ancora più speciale. Sono certa che dentro di te ci sono parole talmente belle che annebbierebbero le mie in un batter di ciglia-
-Tu mi sopravvaluti- risponde impacciata.
- No, sei tu che ti sottovaluti. Ed ora non dovremmo andare a cercare un vestito per la festa?-
Satsuki alza il capo di scatto a quella dimenticata rivelazione – Oddio è vero! E alle 19.00 dobbiamo essere a Shibuya per  il brindisi con Shin e gli altri- e scatta in piedi afferrando la mano di Ko, le rivolge uno sguardo grato ed insieme si dirigono all’uscita del parco. Almeno per ora, Satsuki ha deciso, accantonerà l’ombra grigia degli eventi.



Il locale è frequentato da pochi abitudinari, seduto al bancone Takumi sorseggia un whisky senza particolare entusiasmo; di tanto in tanto lascia vagare lo sguardo sulla distesa di bottiglie alle spalle del  barman, un tripudio di etichette e colori. Accanto a lui Yasu ha terminato la seconda sigaretta.
-Aveva una voce entusiasta l’ultima volta che l’ho sentita- dice facendo cenno al cameriere di allungargli il solito – nessuna increspatura in superficie- prosegue mentre il bicchiere davanti a lui è di nuovo pieno.
-Tipico, se vuole manifestare falsa allegria e spensieratezza ormai è maestra- Takumi si concede uno sbuffo sconsolato – dopotutto è una caratteristica comune di molti bambini-
Yasu abbozza un sorriso – Sembra che stai parlando davvero di una bambina-
-Perché Reira non è forse una bambina?!- e stavolta a Yasu non può sfuggire una sfumatura amara nel tono dell’uomo che ostenta una sicurezza ormai con troppe crepe.
- Sarebbe più corretto dire che tu l’hai sempre reputata una bambina. Ormai ho rinunciato a capire il meccanismo labirintico del vostro rapporto-
-Credo che siamo in due- Takumi termina il whisky, agli angoli degli occhi piccole rughe rivelano l’irruenza degli eventi che, con buona pace degli scettici, sono riusciti a scalfire anche la corazza impenetrabile che Takumi ha sempre lucidato nel corso degli anni.
-Che mi dici di Nana?- e Yasu sa che il terzo grado non rientra nelle grazie di Takumi, tanto quanto nemmeno lui è avvezzo a penetrare nei fatti degli altri a meno che non siano questi ultimi a domandargli aiuto.
-Sei tu Yasu che dovresti dirmi qualcosa di Nana, il nostro rapporto si limita ad una telefonata al giorno e sorrisi di circostanza nelle varie ricorrenze. Sono certo che con qualcun altro ha un rapporto decisamente più profondo- e se non fosse sicuro del contrario quella di Takumi potrebbe chiamarsi semplicemente gelosia.
-Non credo tu possa permetterti di biasimarla. Quanto a Nobu…beh Nobu è Nobu- ed è intimamente divertito Yasu nel vedere lo scetticismo sulla faccia dell’altro.
-Non capisco dove vuoi andare a parare. Ma ad ogni modo ha poca importanza, più passa il tempo e più mi rendo conto che abbiamo passato più di un decennio a girare su noi stessi. Forse se Nana mi dicesse chiaro e tondo quel che vuole un passo avanti in qualche direzione lo faremmo-
-Magari anche lei si aspetta la stessa cosa-
E Takumi si concede una lieve risata – Tu sai sempre mirare al bersaglio, eh pelato?! Tu guarda se è proprio di te che devo avere soggezione-
Yasu sposta gli occhiali scuri, i flash back del passato scorrono oltre lenti scure fotogramma per fotogramma.
-Sei anche il primo uomo di cui sono mai stato geloso- e quella rivelazione è inaspettata soprattutto se fatta uscire dalle labbra di uno come Takumi. – Hai violato il candore della mia sorellina. Ti avrei attaccato al muro quella volta- ora anche Takumi rivede gli stessi fotogrammi pur sapendo di non poter porre nessuna modifica alla regia. – Per quanto riguarda Nana certamente il mio ideale di donna non aveva niente a che fare con lei.  Mi piacevano un po’ spudorate, mondane, senza la pretesa di una relazione fissa. Poi è arrivata Nana, tutta fibrillante, famelica di emozioni, con l’interesse sincero che nutre per gli altri esseri umani, con quelle ferite sempre aperte ma con la folle certezza che ci si possa salvare, in qualche modo, da questo vuoto infinito che c’è-
- Una bella gatta da pelare-
-Puoi ben dirlo. E all’inizio ho pensato: ma che vuole questa da me? Ci vado a letto un paio di volte e poi ciao, chi si è visto si è visto.-
Yasu sorride, nonostante la voce di Takumi non si sia mai permessa un’incrinatura, un tono intimo, un accenno d’emozione.
-Invece sono ancora qui. Le avrò messo mille corna, forse me le avrà messe anche lei, ci siamo lasciati, ripresi, di nuovo lasciati. Non volevo proprio farmene una ragione che mi avesse messo in trappola. E tuttavia non mi bastava proprio. Le ho detto fin da subito che le sarebbe sempre sembrato di stare con qualcuno che non è esattamente capace di esserci. Ma lei ha accettato questo così come io ho accettato che, anche se Nana non c’entra proprio niente con quello che immaginavo giusto per me, bene, in qualche modo è diventata indispensabile- finalmente nella pasta della voce di Takumi si è aperto uno spiraglio, è durato un istante.
- Caspita Takumi sembra quasi tu stia parlando d’amore- e Takumi non la regge più l’ironia di Yasu sebbene quel tipo sembri avere sempre fottutamente ragione.
-Se vuoi ti rispondo di sì. Ma sta qui il bandolo della matassa, non lo so perché dovrei amare Nana. Ti risponderei per come le sta lo yukata che tua moglie le ha regalato al compleanno, per come viene quando facciamo l’amore, perché ama i nostri figli. E di cose del genere che ti devi fidare, giusto?-
Un altro whisky, le luci del locale sempre più soffuse.
-Non so più cosa pretendo Yasu. A volte mi dico che non ho mai avuto modo di essere un bambino quando era il mio turno e quindi la devo far pagare al mondo, come se fosse colpa degli altri il fatto di essere cresciuto in una famiglia di merda. E’ ipocrita e semplicistico da parte mia. Ed ora che sono io dall’altra parte della barricata ho il terrore che Ren o Satsuki possano fare gli stessi pensieri.-
-Fino ad ora mi pare tu abbia fatto un buon lavoro con i tuoi figli-
Takumi alza le spalle – Se avessi fatto un buon lavoro non starei a girare da una parte all’altra del mondo, e forse Ren non ce l’avrebbe tanto con sua madre. Ne beviamo un altro? O forse non è il caso, tra un’ora c’è il brindisi in onore di Satsuki. Perché fare il brindisi con due giorni di anticipo?! Un altro mistero di Nana-
Yasu fa cenno al barista. In certe circostanze l’alcol non basta mai.


 
Se Hachiko potesse chiudere in uno scrigno tutti gli attimi che come onde ritornano alla sua memoria, allora anche quello potrebbe aggiungersi a quella infinita collezione di istanti. Il piede in fallo, lo sbilanciamento in avanti e una mano pronta ad afferrarla per impedirle di rovinare a terra. Tutto intorno voci, sussurri, e la luce del sole che scompare dietro ai grandi edifici di Tokyo.
-Tutto bene?- domanda lui, tenendola ancora saldamente per il braccio. E Hachi vorrebbe dirgli che no non va tutto bene, non c’è proprio nulla che va bene, vorrebbe abbandonarsi contro il suo petto e piangere e piangere, supplicarlo di portarla via, di riportarla indietro di un numero imprecisato di anni, ad un pontile sul Tanagawa in una sera d’estate con la voce calda di Nana a fare da sottofondo a quella dichiarazione lontana persa nella brezza del vento.
-Si, tutto bene. Non so nemmeno come ho fatto ad inciampare- si scusa Hachi riprendendo l’equilibrio permettendo a Nobu di poterla liberare da quella presa gentile e paradossalmente dolorosa. Lui annuisce, uno strano imbarazzo si dipinge nei suoi occhi, distrae lo sguardo sulla lista che tiene in mano e che ha ancora molte voci da spuntare.
- Ci mancano i festoni, i bicchieri con…le farfalle?-
Hachi annuisce – Sai a Satsuki piacciono molto ed ho pensato sarebbe stato carino usarle come tema per il suo compleanno. Nei miei pellegrinaggi a negozi ne ho scoperto uno carinissimo che hanno aperto da poco, avevano dei meravigliosi bicchieri con farfalle azzurre, ne vorrei ordinare due scatole piene. Dici che riusciranno a consegnarmeli per la data esatta?- Hachi assume un’espressione corrucciata mentre pensa all’eventualità che i suoi programmi per la festa possano non andare tutti come si è prefissata.
-Basterà chiedere, non preoccuparti- Nobu la incoraggia, dopo poco indica una vetrina dove fanno bella mostra un paio di orecchini proprio a farfalla.
-Ed io ho anche trovato il mio regalo!- esclama trascinando Hachiko nel negozio. La commessa è giovane, vestita alla moda e con un sorriso gentile, quanto basta per suscitare in Hachi una lieve invidia davanti a tanta spudorata gioventù.
-Posso aiutarvi?- domanda la ragazza e Nobu le indica subito gli orecchini nella vetrina.
-Hachi li proveresti?-
-Io?-
-Certo! Tu e Satsuki siete identiche così posso assicurarmi che l’effetto sia quello che mi immagino-
E Hachi obbedisce come fosse lei l’adolescente entusiasta per quel regalo. Gli orecchini non sono vistosi, rifiniti con eleganza, hanno meravigliosi cristalli dalle sfumature tenui che, ne è certa, risalteranno tantissimo in contrasto con i capelli corvini della figlia.
-Ti stanno benissimo- proclama Nobu con dolcezza, e Hachi arrossisce, guarda lo specchio e sfiora con le dita uno degli orecchini. In quel riflesso l’anello nuziale che porta al dito scintilla colpito da un fendente di luce esterna e subito lei ritrae la mano come fosse stata scottata. Toglie gli orecchini e con voce più neutra assicura a Nobu che Satsuki sarà entusiasta del regalo.
Il pomeriggio prosegue così, tra un negozio e l’altro, a parlare del più o del meno sorseggiando caffè in una prestigiosa caffetteria. Sono i momenti che Hachiko preferisce, lontano dalla realtà pesante che la circonda.
-Ora me lo dici che è successo?- Nobu ripone la tazzina e la guarda. Hachi è sopresa, credeva di aver dissimulato i suoi stati d’animo con maestria ma a quanto pare Nobu la conosce troppo bene per poter essere ingannato. Nonostante il suo viso si sia fatto più maturo, e i capelli biondi siano scomparsi lasciando posto a una pettinatura più morbida e scura, lei non può fare a meno di rivederlo sempre uguale, sempre il solito meraviglioso Nobu. Il suo Nobu.
-E’ così evidente?- mormora lei rassegnata
- A me sì-
E sconfitta Hachi si decide a parlare di Ren, di quello che è successo e di quanto questo la porti a soffrire.
-Non hai mai provato a chiedergliene il motivo?-
Hachi annuisce – Provo in continuazione a parlare con lui ma non c’è nulla da fare, mi evita o si chiude nel silenzio-
-Vuoi che ci provi io?-
Ed Hachi lo guarda sorpresa mentre lui rifugge quell’improvvisa attenzione.
-Sai potrei proporgli di farci una suonata insieme come ai vecchi tempi e approfittare di questo per parlare con lui, magari tra uomini riesce più facile aprirsi a determinate cose-
-Se non l’ha fatto con Takumi dubito si aprirà con te- ed è un istante prima che Hachi si renda conto di quanto ha appena detto, di quanto stupida e crudele sia stata quella affermazione che le è uscita dalle labbra senza pensarci.
-Nobu io…-
Nobu è chiaramente ferito ma alza una mano facendole segno di non preoccuparsi.
-E’ tutto a posto, capisco. Takumi dopotutto è suo padre ed io non posso mettermi certo al suo livello-
Hachi scuote il capo detestandosi profondamente – Lo sai che non è questo che volevo dire. Ren ti vuole bene e…sicuramente parlerà con te…oddio quanto sono stupida!- e mentre lo dice Hachi si morde le labbra e giocherella nervosa con la pietra dell’anello, quell’anello che Nobu detesta tanto.
-Lo porterai per sempre, non è vero? – è la prima volta che Nobu trova il coraggio di porle quella domanda; si era immaginato un altro luogo, un’altra situazione, un altro tono ma la vita, ormai lo ha imparato, non è mai come uno se la immagina.
Hachi non risponde, d’improvviso il diamante montato sull’anello sembra pesare terribilmente.
-E’ solo per lei o c’è qualcos’altro?-
Sono tante le emozioni che l’attraversano, si alternano velocemente come guizzi di luce, si riflettono negli occhi e poi scompaiono nella profondità del rimpianto.
-A volte immagino che anche Nana continui a portare quell’anello uguale al mio. Perché non dovrebbe dopotutto è stato un regalo di Ren?! E quindi anche se non so dove sia, come stia vivendo, se pensi ancora a me, a tutti noi, mi dico che porta al dito un anello uguale a questo e in qualche modo questo la rende più vicina, più raggiungibile. E’ stupido forse ma non posso fare a meno di sperare sia così. Ne ho bisogno, capisci?-
E forse è lo stesso rimpianto quello che ora attraversa lo sguardo di Nobu e lo fa annuire comprensivo.
-Sì lo capisco. Scusami-
E d’impulso Hachi allunga una mano verso quella di lui, la stringe come se attraverso quel contatto tutto quello che non è mai stato detto potesse emergere e trasferirsi in Nobu senza necessità di parole.  Rimangono così, in silenzio, sospesi ancora e ancora nella loro eterna incognita che non conosce risposte definitive.
“E’ solo per lei o c’è qualcos’altro?”
Quella domanda rimbomba ancora nel petto e nella testa di Hachi, si colora di nuovi significati, di ammissioni che lei per prima non vuole ammettere a se stessa.

 

  
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