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Autore: Luce_Della_Sera    25/05/2016    0 recensioni
(Sequel di “L’amore è sempre amore” e di “La vera essenza delle famiglie”)
Dal terzo capitolo: "L’amore per i figli è l’amore più grande: è infinito, così infinito che ti lascia senza fiato".
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 3: Visita alla neomamma

“Sicure che non volete fermarvi ancora un po’?”.
Marco guardò le sue due amiche, mentre contemporaneamente tendeva le orecchie per sentire cosa stesse combinando Gabriele in camera sua; con l’esperienza aveva imparato che i bambini andavano controllati di continuo, e quindi si era ormai abituato a stare sempre all’erta quando suo figlio veniva a stare da lui.
“Ci piacerebbe, ma mia sorella ci sta aspettando!”, gli disse Irene, sinceramene dispiaciuta, mentre si avviava alla porta insieme a Sara.
“Allora sarà per un’altra volta”.
“Sì, infatti. Potreste venire tu e Tommy da noi, in realtà, alla prossima occasione! Vero, tesoro?”.
“Ma certo”, si intromise Sara. “Perché no?”. Poi si fece più seria. “Mi raccomando, per qualsiasi problema chiamami, ok?”.
“Va bene … ma puoi stare tranquilla: dubito fortemente che ce ne saranno!”.
“Lo so: Gabriele è un bravo bambino … somiglia in tutto e per tutto alla sua splendida mamma biologica, ovviamente!”.
“Sì, certo, come no!”.
“Sei solo invidioso, ammettilo. Comunque”, fece poi la donna, tornado seria, “Salutaci Tommaso e Davide quando tornano, ok? Dove hai detto che sono?”.
“Davide dovrebbe fare delle gare di nuoto, a breve, e quindi gli serve il certificato di sana e robusta costituzione; indovinate chi deve accompagnarlo a procurarselo e deve firmare l’autorizzazione per farlo partecipare alle competizioni, onde evitare problemi dovuti a burocrazia ed ignoranza varia?”.
“Il genitore biologico”, rispose Irene, con il tono di chi aveva sentito simili storie centinaia di volte.
“Esatto, centrato in pieno. Quindi, in questo caso, io sono superfluo … ma già che siamo in tema di figli, forse è meglio che vada a chiamare Gabriele in modo che possa salutarvi: dopotutto, oggi è venerdì e lo verrete a riprendere dopodomani!”.
Marco si allontanò, e le due donne si guardarono: capivano perfettamente come si sentiva il loro amico. Dopotutto, anche loro avevano provato lo stesso sentimento di esclusione e di impotenza, in varie occasioni! Era tremendamente ingiusto, ma la mentalità della società e le leggi erano quelle che erano, specie riguardo ad alcuni temi: nonostante l’approvazione delle unioni civili, grazie alla quale avevano potuto vedere riconosciuta la loro coppia anche dal punto di vista legale, nella questione dei bambini c’erano ancora grosse lacune che il governo non sembrava così ansioso di colmare.
Quando il loro bimbo venne a salutarle, lo abbracciarono con calore, anche se non era la prima volta che lo lasciavano con il padre; per Sara in particolare il distacco fu un po’ difficile, ma alla fine uscirono dall’appartamento e si avviarono verso la loro automobile.
 
 
“Ciao ragazze!”.
Sofia aprì la porta e si scostò leggermente, per far entrare le sue ospiti.
“Sedetevi pure! Riccardo sta lavorando, ma mi ha chiesto comunque di salutarvi. Vi posso offrire qualcosa? Caffè, tè, succo di frutta? Biscotti?”.
Irene e Sara si guardarono per qualche istante.
“Va bene il tè, grazie!”, esclamarono poi, praticamente all’unisono.
La padrona di casa non poté fare a meno di ridere, ma poi parve pentirsi di essersi lasciata andare e tese le orecchie, per captare eventuali movimenti provenienti dalla sua camera da letto; fortunatamente, però, tutto taceva.
“Scusate”, fece poi, rivolta alla sorella e alla cognata.
“Figurati”, le rispose Irene, che nel frattempo aveva accolto l’invito che era stato rivolto a lei e Sara qualche istante prima, e quindi era seduta su una delle sedie che erano attorno al tavolo della cucina di Sofia.
“Stavi sentendo se i piccoli erano svegli?”.
“Sì. Cerco di fare sempre meno rumore possibile, quando dormono, ma non sempre ci riesco!”.
“Ti capisco … anche io facevo così, quando Vittoria era una neonata. Te lo ricordi, amore?”.
“Oh, sì, mi ricordo eccome! Se per caso qualcuno suonava alla porta mentre la bambina dormiva, si innervosiva da morire, e vedessi come si arrabbiava quando venivano a trovarci amici e parenti e pretendevano di parlare normalmente invece di bisbigliare come si fa di solito nelle biblioteche o nelle chiese”, spiegò Sara alla cognata, “Io all’inizio non la capivo benissimo, poi quando è arrivato Gabriele anche a me è venuto naturale comportarmi in quel modo, almeno per i primi tempi … ma c’era anche Vittoria, quindi ho imparato presto a non farci caso. Il fatto è che quando hai un neonato e un bimbo più grande in casa, non puoi pretendere che ci sia sempre silenzio! E così, pian piano anche tu impari che se anche il bambino viene svegliato da qualche rumore, non è la fine del mondo. Adesso che sei alla prima esperienza hai l’istinto di uccidere chiunque osi disturbare il sonno dei tuoi figli, ma vedrai che se ne avrai altri, poi ti passerà!”.
“Ho capito cosa intendi … però sinceramente non so se avrò altri bambini, dopo Leonardo e Alessandro. Bisogna tenere presenti tante cose …” Sofia sembrava quasi sul punto di elencare le cose in questione, ma poi ci ripensò.
“E voi, invece? Non vorreste altri figli?”, chiese, mentre prendeva la bottiglia contenente il tè dal frigo e due bicchieri di vetro dalla credenza.
“Io no, sto bene così”, rispose Irene. “E in ogni caso, adesso sarebbe troppo tardi. Ho quarantadue anni, ormai! Lo so che ci sono tante donne che fanno figli dopo i quaranta, e alcune li fanno addirittura in età in cui dovrebbero già essere nonne, ma averne uno ora significa che quando lui o lei avrà sette anni io starò quasi per farne cinquanta. Mi sentirei una vecchia rimbambita in confronto a tutte le altre madri!”.
“E tu Sara? Non vorresti un altro figlio?” chiese Sofia, mentre versava il tè ad entrambe le ospiti.
“Beh, ho quarantuno anni”, rispose la diretta interessata, “e quindi in questo senso la mia situazione non è molto diversa da quella di Irene … e poi, la mia prima gravidanza è finita con un aborto spontaneo nelle prime settimana, e Gabriele invece è nato sano ma con ben dieci settimane d’anticipo, dopo che ho avuto una pre-eclampsia: non me la sento di rischiare ancora, specie se consideri che più si va avanti con l’età e più i rischi per madre e feto aumentano! Oltretutto, se ci pensi, io e Irene dovremmo comunque ricorrere all’inseminazione artificiale, che è una cosa molto lunga. Non abbiamo più molto tempo per queste cose, adesso”.
“Avete ragione entrambe, vi capisco”. Sofia esitò, quasi come se non volesse aggiungere altro; ma poi ci ripensò.
“Io non so ancora se ne avrò altri, come dicevo”, disse. “Però sinceramente sono molto dubbiosa. Voglio già un bene dell’anima a Leonardo ed Alessandro, quindi come potrei essere in grado di amare un’altra creaturina tanto quanto amo loro due?”.
“E’ un dubbio legittimo, sorellina … ma non devi preoccuparti”, la rassicurò Irene, bevendo un sorso del suo tè. “Vedi, dieci anni fa quel simpaticone di Dario venne a trovarci a casa, con l’intenzione di registrare qualche affermazione mia o di Sara che potesse dargli un appiglio per portarci via Vittoria … la bimba era agitata perché aveva la classica gelosia del fratello maggiore verso il minore, e così fece una scenata in cui diceva che nessuno le voleva bene. Sai cosa le disse suo padre? Testuali parole, le ricordo come se fosse ieri: ‘i genitori vogliono sempre bene ai figli: a tutti i figli. Quando ne hanno due, vogliono bene a tutti e due allo stesso modo; se ne hanno tre, il loro affetto viene ripartito in tre parti, e così via’ ”.
“Wow, quanta saggezza!”.
“Eh, già. Ogni tanto anche a lui è capitato di fare affermazioni sensate … e chissà, forse adesso che ha adottato quella bimba sudamericana insieme a Jasmine ha messo definitivamente la testa a posto! Comunque, quel che ti volevo dire è che in effetti è così: anche se dovessi fare dodici figli, avresti comunque amore per tutti loro. L’amore per i figli è l’amore più grande: è infinito, così infinito che ti lascia senza fiato. Credimi, so di cosa parlo: ho amato Vittoria dal suo primo istante di vita, e l’amo tuttora. Così come amo Gabriele, ovviamente, anche se non l’ho partorito! E’ come se avessi due figli, se ci pensi: e voglio bene ad entrambi allo stesso modo”.
“Lo stesso vale per me, in tutto e per tutto”, confermò Sara, che in tutto quel tempo non aveva smesso di guardare sua moglie, dimenticandosi completamente del suo bicchiere con il tè all’interno.
“A proposito di figli, come stanno Vittoria e Gabriele? Vittoria s’è ripresa dalla morte della nonna?”.
Irene finì il suo tè, prima di rispondere.
“Sta meglio, adesso; dopotutto, ora è ricominciata la scuola, e questo in un certo senso l’ha aiutata a soffrire meno. Non ho mai capito come facesse a voler bene a quella donna, sinceramente, visto che le diceva spesso che viveva insieme a due malate mentali, ma era pur sempre la nonna, dopotutto … non sai quanto avrei voluto risparmiarle questo dolore. Ma la sofferenza, specie quella dovuta ad un lutto, fa parte della vita, purtroppo!”.
“Già, è vero. Quello non si può scontare a nessuno, sfortunatamente! Gabriele invece che combina di bello?”.
“Adesso è da Marco e Tommaso; ci resterà fino a domenica …”.
Sara, che aveva anche lei finito di bere, stava iniziando a spiegare alla cognata qualcosa della vita tranquilla che conduceva suo figlio, con l’intenzione di raccontarle anche cosa aveva detto il bambino in macchina poco prima di andare a trovare lei in ospedale il giorno della nascita dei gemelli, quando i due bimbi si fecero sentire, quasi come se avessero intuito che a breve si sarebbe parlato di loro.
“Ti diamo una mano con i bambini, già che ci siamo, ti va?”, chiese a Sofia, mentre lei ed Irene si alzavano in contemporanea. Forse, avrebbero avuto tempo di parlare di Gabriele più tardi!
 
 
Irene aprì la porta, e fu sorpresa di vedere che l’appartamento era buio.
Accese la luce con un senso di ansia e smarrimento dentro, poi tolse le chiavi dalla serratura, fece qualche passo e guardò la sua consorte.
“Ma dov’è Vittoria?” domandò, con voce allarmata.
“E’ fuori, amore”, rispose Sara, mentre chiudeva l’uscio. “Ci aveva chiesto se poteva fermarsi a dormire da un’amica, ricordi? Domani andranno a scuola insieme, e poi la madre della sua amica la riporterà qui”.
“E’ vero … me ne ero completamente dimenticata, stavo già entrando nel panico!”.
“Ti ho vista … ma adesso calmati, e guardati intorno: i nostri figli sono al sicuro, e noi siamo sole solette … non credi che dovremmo approfittarne per farci qualche coccola?”.
Sara si avvicinò alla moglie con fare provocante, e unì le sue labbra a quelle di lei in un bacio appassionato che durò diversi minuti.
“Wow! Mi piace questa nostra conversazione non verbale”, dichiarò Irene, quando si furono staccate. “Che ne dici di continuarla anche in camera da letto?”.
“Non chiedo di meglio! Tu pensa soltanto a sdraiarti, e al resto ci penso io”.
Raggiunsero in fretta la loro camera, e in men che non si dica si ritrovarono nude sul letto; Sara baciò Irene sulle labbra, poi passò al collo, ai suoi piccoli seni, alla pancia e infine arrivò nel punto più sensibile del corpo della sua compagna, che gemette di piacere.
Quella, lo sapevano entrambe, sarebbe stata una lunga e soddisfacente nottata; ma neanche il pensiero di alzarsi l’indomani per andare a lavorare le avrebbe dissuase dal godersela fino in fondo!
 
 

Sofia si svegliò di soprassalto: le era parso di sentir piangere i gemelli, ma tutto taceva.
Da quando sua sorella se n’era andata, non aveva fatto che pensare alle sue parole: l’amore per i figli era quello più grande di tutti. L’aveva sempre immaginato, ma solo da poco più di un mese poteva dire che capiva fino in fondo cosa volesse dire …
“Siete tutta la mia vita, piccoli”, pensò.
Non resistette, e si alzò dal letto, avvicinandosi alle culle; sbirciò dentro ad entrambe, e sorrise. Stette lì per qualche minuto, finché non si accorse che stava iniziando a sentire un po’ freddo; così, tornò a letto e si accoccolò vicino al marito, che era tornato all’ora di cena.
 

 
“Allora, cosa ti hanno detto per Davide?”.
Marco, seduto sul letto, fissava colui che da quattordici anni era suo marito.
“Che va tutto bene. Può fare le gare!”.
“Sono contento”.
“Ma?”.
“Ma cosa?”.
“Marco, amore, ormai ti conosco bene. Che c’è? Ti va di parlarne?”.
“Niente, è solo che questa cosa del certificato e delle gare mi ha fatto sentire un po’ estromesso, tutto qua. So che è normale, e non è la prima volta che capita, però questo non vuol dire che ogni tanto io non mi senta messo da parte. Davide non avrà i miei geni, ma è comunque anche figlio mio!”.
“Ti capisco … anche io mi sento in quel modo quando tu sei chiamato a fare delle scelte per Gabriele. Ma non è certo colpa nostra se le cose stanno così, no? E poi, anche se è brutto è per la tutela dei bambini: pensa se dovessero sentirsi poco bene, cosa potremmo fare? Per la legge, io non sono il padre di Gabriele, e tu non sei il padre di Davide; è brutto, però è così. La legge ordinaria e la legge del cuore non vanno sempre d’accordo, lo sai benissimo!”.
“Già. Ma ciò non vuol dire che sia un’ingiustizia bella e buona, questa!”.
“Dai, vieni qua”. Tommaso si avvicinò al compagno, e lo abbracciò. “Davide ti vuole molto bene, anche se non avete lo stesso patrimonio genetico. E anche Gabriele ti vuole bene, mentre io ti amo più della mia stessa vita …”.
“Ah, davvero?” fece Marco, divertito.
“Certo: non mi credi?”.
“Mah, chissà …”.
“Hai bisogno di essere convinto?”.
“Non so … fai tu!”.
“Ok … allora tu spogliati, e poi penso a tutto io!”.
“Ma ci sono i bambini!”.
“E che importa? L’abbiamo fatto già altre volte con loro in casa, no? Farò piano, te lo prometto”.
“Va bene”. Marco, già mezzo svestito, fissò il suo consorte con evidente eccitazione. “Mi fido di te!”.
“Vedrai, non resterai deluso”, gli bisbigliò Tommaso, aiutandolo a spogliarsi e poi spogliandosi a sua volta.
Qualche istante più tardi, mentre sentiva la bocca di Tommaso scendere sempre più in basso, Marco pensò a quanto fosse fortunato: non aveva diritti su un ragazzo che considerava suo figlio, era vero, ma amava comunque quell’adolescente a volte tanto ribelle, così come adorava il piccolo Gabriele e Tommaso: per lui, non c’era altra cosa più importante.
 

  
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