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Autore: SusanTheGentle    26/05/2016    6 recensioni
Lui fece una mezza risata, ma senza allegria.
«Buffo pensare a me come a una persona normale»
«Ma tu sei una persona normale, Ben»

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Nell'inverno 2013, Claire Riccardi si trasferisce negli Stati Uniti d'America, più precisamente nello Utah, nella città di Ogden, decisa a dare una svolta alla sua vita. E proprio quello stesso inverno, in quella stessa città, Ben Barnes si sta preparando a girare il suo prossimo film. Il destino, o semplicemente il caso, fa sì che i due si conoscano. Ed è in questo scenario che i loro mondi si scontrano. Entrambi con una dolorosa storia sentimentale alle spalle, si trovano, si comprendono. Le loro vite così diverse si intrecciano e, inevitabilmente, l'amicizia lascia spazio a un sentimento più profondo.
Ma possono due persone tanto dissimili vivere una relazione in totale libertà? Possono, se le cicatrici bruciano ancora e hanno tanta paura di amare di nuovo?
La storia può sembrare sempre la stessa: la cameriera e l'attore. Forse, all'inizio può sembrare così, ma questa è una storia di sentimenti, di vita e d'amore. Soprattutto d'amore.
E' la storia di Ben e Claire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''A Place For Us''
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24. Tre giorni di noi.
 
 

Il resto possiamo dimenticarlo, se vuoi…

 
 
 
 
Rimasero a letto per buona parte del pomeriggio. Riposarono, stanchi e appagati, per poi svegliarsi, ricominciare tutto da capo e finire a dormire di nuovo abbracciati. Fu un susseguirsi di carezze ed emozioni. Non poterono negarsi nulla, non quando avevano a disposizione del tempo così prezioso da passare insieme, solo loro, senza il pensiero che uno dei due avrebbe dovuto andarsene via.
Ben le aveva chiesto di restare e Claire aveva quasi immediatamente accettato, non solo perché era stato molto, molto capace nel convincerla, ma anche e soprattutto perché lo voleva. Non che a lui importasse molto di ricevere un ‘no’ al posto di un ‘sì’, perché quando Ben Barnes decideva di fare una cosa – Claire lo sapeva – difficilmente cambiava i suoi piani.
Una parte di lei pensava al lavoro, a come riuscire a gestire dovere e piacere; tuttavia, non era da escludere  l’ipotesi che Joseph decidesse di tenere chiuso l’All the Perks per qualche giorno. Se così fosse stato, Claire non avrebbe avuto alcun problema.
La conferma a questo dubbio arrivò tramite un messaggio di Lory: il locale sarebbe rimasto chiuso per un paio di giorni.
La fortuna pareva essere dalla sua, per una volta!
Si alzarono dal letto soltanto quando lo stomaco di lei iniziò a lamentarsi. Erano appena passate le cinque del pomeriggio e Ben, da bravo inglese, fece portare su il thè insieme a un vassoio di dolci e qualche tramezzino. Claire si tuffò su questi ultimi, affamata com’era.
«Lo credo che sei affamata, non hai pranzato» osservò lui divertito.
Mentre mangiavano, la ragazza si prese un momento per inviare un altro paio di messaggi a sua cugina, informandola della sua intenzione di restare in hotel da Ben per qualche giorno ancora.
«Cosa dice Lory?», chiese lui, sbirciando la chat sul cellulare di Claire, aspettando che lei gli traducesse le frasi scritte in italiano.
«Dice che va bene se resto», sorrise la ragazza posando il telefono. Soddisfatta e serena, allungò le gambe sopra quelle di lui. «Sarei rimasta in ogni caso, comunque, voglio che tu lo sappia».
«Ma io già lo sapevo», rispose Ben. Erano seduti sul divano: lui in biancheria e accappatoio, lei con indosso una sua maglia che le stava decisamente larga. Nonostante ciò, vi erano dei vantaggi, pensava Benjamin: la maglia le lasciava scoperte le gambe, e la manica che continuava a scendere a scoprire la spalla gli restituiva un’immagine di Claire decisamente sexy.
Ben iniziò a passarle lentamente le dita su e giù per il polpaccio. «Ti ribelli?».
«Non è ribellione: ho trent’anni, potrò fare come mi pare una volta tanto, no?».
«Assolutamente si. Però ti confesso che, dopo la scenata che ha fatto ieri al telefono, temevo che tua cugina avresse da obbiettare».
«Non escludo che lo farà quando tornerò a casa, ma non ti devi preoccupare, ormai le è passata». Claire gettò le braccia dietro la testa, emettendo un sospiro. «Cosa guardi?», chiese, sentendosi divenire le guance calde mentre gli occhi sornioni di Ben vagavano su di lei. Sotto quella maglia aveva soltanto gli slip.
«Guardo te con indosso i miei vestiti. Ci navighi dentro» osservò lui tra il malizioso e il divertito, facendole il solletico sui piedi.
Claire li ritrasse di scatto. «E’ per questo che ho bisogno dei miei vestiti, non posso indossare i tuoi».
«Appena smetterà di nevicare ti accompagnerò a casa a prendere quello che ti serve» promise lui, stiracchiandosi.
«Veramente, credo che abbia smesso» gli fece notare la ragazza.
«Sul serio?».
Si alzarono dal divano, dirigendosi verso la finestra del balcone. Faceva già buio ma la città era avvolta dal chiarore della neve che ricopriva i tetti delle case e dei palazzi di Ogden, le montagne, le strade, scintillando come un cappa di ghiaccio incantato nella sera. La bufera era passata.
Ben allacciò le braccia attorno al busto di Claire, abbracciandola da dietro. Subito, lei mise le mani sulle sue, voltando un poco la testa per guardarlo. Lasciò andare un sospiro.
«Che c’è?» chiese lui.
«Niente. Sto pensando a che è stato bello stare qui con te, oggi».
Ben appoggiò il mento sulla spalla di lei, là dove la pelle era alla sua portata. Vi posò un bacio. «Se vuoi possiamo stare chiusi in camera anche tutto domani, e dopodomani».
«Non tentarmi…».
«Perché no?». Ben le sfiorò un orecchio con le labbra. «Tanto, per quello che avrei in mente, i vestiti non sono così indispensabili».
Claire buttò la testa all’indietro, guardandolo di sotto in su. «Sei un maniaco».
Lui rise e la baciò sulla punta del naso. «A proposito, bimba: ho prenotato il ristorante per la nostra cena di Natale».
Claire si voltò tra le sue braccia. «Hai prenotato? Quando?».
Lui ammiccò. «Ho fatto tutto mentre eri sotto la doccia. Non volevo che sentissi. Sarà una sorpresa».
Lei si animò al pensiero di andare di nuovo a cena con lui. D’un tratto, però, fu assalita da un leggero senso di panico. Nella sua testa, le parole ‘vestiti’, ‘ristorante’ e ‘cena’, scatenarono una specie di campanello d’allarme che suonava tanto come: ‘io non ho un vestito adatto per andare a cena in un ristorante di lusso’.
Ben l’avrebbe sicuramente portata in un ristorante a cinque stelle, e lei nell’armadio non aveva niente di sufficientemente adeguato. Doveva acquistare un vestito. Ma dove, e quando, con tutti i negozi chiusi e le strade quasi totalmente bloccate?
Claire voleva qualcosa di speciale, un vestito favoloso, o che fosse perlomeno all’altezza della situazione. Come ci si vestiva per andare a cena con uomo come lui? Non voleva sfigurare ai suoi occhi, desiderava stupirlo. Quando una ragazza nasceva con tutte le curve nei punti giusti non doveva faticare per rendersi più attraente, ma lei non rientrava in questa categoria. Claire non si lamentava del proprio aspetto, ma non aveva poi molte curve da mostrare, e molti meno vestiti per mettere in risalto quelle che aveva.
Quando Ben l’accompagnò a casa, mezz’ora più tardi – entrambi imbacuccati fino al naso un po’ per il freddo, e un po’ per non farsi notare da giornaliste indiscrete mentre uscivano ed entravano dall’hotel – Claire si fiondò letteralmente al piano di sopra. Per prima cosa, afferrò una borsa dall’armadio dove infilò della biancheria pulita, due paia di jeans, due maglioni, una camicia da notte particolarmente carina, spazzolino, beauty case e tutto quanto conteneva. In seguito passò in rassegna ogni abito che possedeva. I più belli ed eleganti erano un abito uno abito color crema a scollo tondo, maniche lunghe e gonna appena sopra al ginocchio, uno blu scuro con il corpetto ricamato e maniche a tre quarti, e un altro nero a lustrini.
«Per me vanno bene tutti e tre» commentò Lory, che era salita in camera a darle una mano. «Il nero va bene in ogni occasione, metti quello».
Claire non era convinta. «E’ bello, ma non fa troppo capodanno?»
«In effetti sì».
La voce di Joseph giunse in quel momento dal fondo della scala.
«Claire? Ben sta aspettando!».
«Arrivo subito!». La ragazza ripiegò con cura l’abito crema dentro la borsa, riponendo gli altri due nell’armadio.
«Scegli quello?» chiese Lory, notando la sua espressione non troppo convinta.
Claire annuì. L’abito crema le stava a pennello e le piaceva, anche se non era il tipo di abito che aveva in mente. D’altra parte non aveva molta scelta. La soluzione migliore sarebbe stata davvero comprarsi un vestito nuovo di zecca.
«Se domani i negozi sono aperti andiamo a dare un’occhiata in giro», propose Lory mentre tornavano al piano inferiore. «Ricordati, però, che la cosa importante è che tu ti senta a tuo agio. E poi, se non sbaglio, qualche tempo fa avevi detto che,  anche se si tratta di Ben, non volevi essere appariscente».
Claire l’aveva detto, era vero. «Era il nostro primo appuntamento, Lory, ora è diverso. Stavolta vorrei stupirlo».
«Non ce n’è bisogno: è pazzo di te!».
Non appena le due cugine misero piede in soggiorno, Ben si alzò dal divano e andò incontro a Claire.
«Pronta?».
«Pronta».
Joseph emise un colpetto di tosse. «Tanto per sapere, Ben: hai intenzione di scappare con lei all’altro capo del globo, o per la vigilia la riporti a casa?» domandò con un sorriso sbilenco.
Claire si annodò la sciarpa troppo stretta, quasi strozzandosi, borbottando qualcosa sugli impiccioni. Ben guardò altrove, cercando di dissimulare l’imbarazzo con un colpo di tosse. Ciò che era successo tra lui e Claire era ben chiaro a tutti, ma per lui era stato ugualmente molto imbarazzante incontrare Lory e Joseph. Essenzialmente, aveva ‘rapito’ loro cugina: lei era arrivata in camera sua la sera prima e loro non l'avevano più vista. Inoltre, non aveva alcuna intenzione di restituirla. Non subito.
Non per egoismo – o magari un po’ sì – ma il fatto era che Ben voleva tenere Claire con sé ancora per tre giorni. Ora che la bufera era cessata, supponeva che le auto, i mezzi pubblici e anche gli aerei, avessero ricominciato a viaggiare, perciò, presto i suoi colleghi sarebbero partiti quasi tutti. Praticamente nessuno intorno. Non si sarebbe ripresenta facilmente un’occasione come quella nelle settimane a venire.
 Quindi, adesso.
Dovevano solo stare un po’ attenti perché, purtroppo per loro, Ruth Thompson era ancora in agguato…
«Ma non se ne torna a casa sua?» disse Claire quando tornarono in albergo.
Di nuovo, lei e Ben avevano attraversato di corsa la hole per sfuggire agli occhi attenti della giornalista, la quale si aggirava lì intorno chiacchierando con un tipo ignoto, probabilmente un fotografo. A detta di Ben,  giornalisti e fotografi ‘attaccavano’ sempre in coppia.
«Aahh, come i Velociraptor di Jurassic Park» commentò Claire, facendo ridere di gusto Ben.
«Come sei cattiva!».
«Ma è vero! Di questo passo non potremo nemmeno andare a fare una passeggiata».
«In effetti non hai tutti i torti». Ben si grattò distrattamente una guancia. «Non importa: dovremo preoccuparci di lei ancora per poche ore».
«Se ne va? Quando?» chiese speranzosa Claire.
«Certo che se ne va! Quasi tutta la troupe parte per le vacanze domani e l’hotel si svuoterà da sguardi indiscreti. Dovrà andarsene anche lei».
«Dio sia lodato!».
«Se ne va anche Tyler, per la cronaca».Ben incrociò le braccia, un ghigno sulle labbra, in attesa di un’altra reazione divertente. Claire sapeva essere veramente spassosa a volte.
Ma lei non si scompose. «Ah. Bene», disse solo, mentre la sua mente esclamava Evvai! Gioia! Gaudio!
«Tu sei contenta». Quella di lui non era un domanda.
La ragazza fece finta di nulla. «Beh, sì» mormorò appena. Nonostante Ben sapesse benissimo che lei e Tyler non si piacevano molto, non le sembrava troppo educato esternare la sua euforia al pensiero che due rompi scatole in meno erano meglio di uno...
«A proposito, restando in tema di partenze: potrei parlare con Aylie, più tardi?» chiese poi Claire.
«Perché vuoi parlare con Aylie?».
«Mi serve una cosa».
«Se hai bisogno di qualcosa, chiedi a me».
«Sì, ma è una cosa da donne».
Colto alla sprovvista da quella affermazione, gli occhi di Ben divennero più grandi e la sua bocca si aprì in una piccola ‘o’.
«Ah, ok, ho capito. Hai le…ehm…». Ben borbottò qualcosa di poco comprensibile, passandosi una mano sul collo. Lo faceva sempre quando era in difficoltà.
In realtà non aveva affatto capito. O meglio, credeva di aver capito, ma non si trattava di quel genere di cose da donne. La vera ragione per cui Claire voleva parlare con Aylie riguardava tutt’altro.
 
Per quella sera, lo staff aveva organizzato un piccolo rinfresco, con brindisi annesso, nella sala dei convegni: una cosa molto informale, un modo carino per augurarsi Buon Natale.
Claire non ci andò.
«Scusa, mi sono dimenticato di dirtelo». Ben le mostrò uno sguardo inquieto e dispiaciuto. «Sarebbe meglio che tu…».
«Va bene» disse lei. «Non fare quel muso da Basset hound, Benjamin, lo so che non posso venire».
«Il muso da cosa?!». Lui s’indignò e le voltò le spalle. «Un giorno mi vendicherò di tutte le tue prese in giro, è una promessa!».
«Mamma mia, che paura!».
Ben le fece una smorfia prima di chiudersi la porta alle spalle, felice che lei non se la fosse presa.
Sotto sotto, a Claire dispiaceva di non aver potuto partecipare a quella piccola festa, si sarebbe divertita. Pazienza, si disse,  non puoi pretendere di andare con lui dappertutto, e poi che direbbe la gente vedendoti insieme a Ben?
Così, una volta rimasta sola, attese qualche minuto e poi, sicura di non essere vista, uscì a sua volta dalla suite per andare da Aylie. Anche lei non si era recata al rinfresco, preferendo rimanere a preparare i bagagli per l’indomani.
«Ti disturbo?».
«No, figurati. Entra pure». Aylie si spostò per far passare Claire, la quale mise piede in una stanza ingombra di valigie, vestiti e oggetti sparsi un po’ ovunque. Forse per il caos, o forse perché era abituata alla suite – più simile a un mini appartamento che  a una camera d’hotel – quella stanza le apparve più piccola di quanto in realtà non fosse.
«Perdona il disordine». Aylie lanciò una giacca da un capo all’altro della stanza. «Credevo fossi tornata a casa. Come mai sei ancora in albergo?».
Claire esitò. «Ben mi ha chiesto di restare ancora un po’».
«Non sei scesa con lui al rinfresco?».
«N-no».
Aylie fece un’espressione incredula. «Ti chiede di rimanere e non ti invita al rinfresco? Poco carino, da parte sua».
«Non è che non mi ha invitata, non ci sono andata io».
«Come mai?».
Claire annaspò per qualche secondo. «Sai com’è: qualcuno potrebbe iniziare a parlare».
«E voi lasciate che parlino».
«Sì, ma io e Ben non stiamo..». Insieme.
E tu pensi che lei se la beva? Illusa…
«Quel che fate tu e Ben non sono affari miei», affermò l’assistente. «Io faccio solo il mio mestiere, i pettegolezzi li lascio ai giornalisti. D’altro canto, posso immaginare che non sia una situazione facile da gestire».
Claire non rispose.  Il suo silenzio era già una risposta.
No, non era facilissimo, pensò, ma nemmeno così terribile. In certi momenti, come adesso, si sentiva forse un po’ esclusa dalla vita di Ben. Tuttavia, a modo suo capiva le ragioni di lui e le appoggiava. Avevano deciso insieme di non dire a nessuno della loro relazione.
«Tu non vai al rinfresco, Aylie?».
«Non amo i party ad essere sincera, ci farò un salto più tardi. Intanto dimmi: come posso esserti utile?».
Claire fece una rapida arrampicata sugli specchi per riuscire a spiegare le cose senza entrare troppo in dettagli. «Vedi, Ben e io avremmo deciso di andare a mangiare fuori una di queste sere, il ventidue precisamente. Sai, per festeggiare in anticipo il Natale tra amici. Il problema è che io non ho un vestito. Cioè, ho un vestito, ma non credo sia molto adatto».
«Perché pensi che non sia adatto? E’ una cena elegante, per caso?».
«Uhm…non proprio» mentì Claire, perché lo sarebbe stata.
Aylie la fissò attentamente da dietro le lenti degli occhiali. Non era stupida, aveva capito che non era una semplice cena tra amici, glielo si leggeva in faccia, eppure non fece una piega. Era una ragazza a posto, una persona discreta come poche ed era amica di Ben – e anche un po’ sua ormai. A pelle, Claire sentiva che poteva fidarsi di lei.
«Dove ti porta a cena?» chiese ancora l’assistente.
«Non lo so, non me lo ha detto».
«Ah, sì, conosco la situazione: ti ha messa in difficoltà non dicendoti in quale tipo di locale andrete, e ora tu non sai cosa indossare».
Claire annuì. In effetti era proprio così. «Per questo ho bisogno del tuo aiuto. Quello che volevo chiederti è: mi accompagneresti a comprare un vestito?».
 
 
Così fecero.
Il mattino seguente, Claire ed Aylie,  accompagnate da Lory, si recarono al Kings Row Formal Wear*, uno dei negozi d’abbigliamento più belli di Ogden, e anche uno dei più cari. Quando vi entrarono, subito una delle due commesse si avvicinò loro con un sorriso gentile.
«Salve, posso aiutarvi?».
Lory parlò per prima. «Per ora vorremmo dare un’occhiata».
«Certo. Se avete bisogno chiamatemi».
Lory ed Aylie erano già state in quella boutique, Claire invece no. Iniziò a girare tra gli scaffali osservando con attenzione i capi d’abbigliamento e gli accessori, per avere un’idea di cosa quel negozio offrisse. Ne passò in rassegna parecchi, ma il suo sguardo continuava a cadere su un abito rosso chiaro. Era esattamente quello il prototipo di mise che avrebbe voluto indossare: non troppo sfarzoso, essenziale ma elegante, raffinato e…sì, anche sexy. Voltò il cartellino per vedere il prezzo ma quando lesse la cifra ci ripensò.
In quel momento, Aylie uscì da dietro uno scaffale a pochi passi da lei. «Hai trovato qualcosa?», chiese. Aveva notato l’interesse di Claire per l’abito rosso chiaro.
Lei scosse il capo. «Non credo di potermi permettere uno di questi vestiti, forse dovremmo cambiare negozio» disse a bassa voce per non farsi udire dalla commessa e non sembrare sgarbata. Quella boutique era fantastica, quell’abito di più, però…
«Cavolo», fece Aylie, dando a sua volta un’occhiata al prezzo. «Quattrocentotrenta dollari. Beh, quel che è certo è che hai gusto, Claire».
«Ma ho pochi soldi in tasca» ammise lei senza vergognarsene.
Dì lì a qualche secondo, Lory le raggiunse ed emise un’esclamazione di approvazione alla vista dell’abito scelto dalla cugina. «Che bello quello! Claire, ti starebbe benissimo!».
«Costa quattrocento dollari» tagliò corto lei, anche se leggermente delusa. Riappese il vestito dove lo aveva trovato e passò ad altro. Doveva esserci qualcosa alla portata delle sue tasche…
«Era splendido e ti sarebbe stato d’incanto» protestò Lory.
«Sì, piaceva anche a me, ma è troppo caro».
«Te lo regalo io».
«Cosa?».
«Regalo di Natale anticipato».
«Ma Lory…».
«Oh, zitta. Non iniziare ad ostinarti, ti avverto».
Claire non sapeva che fare. Quel vestito era indubbiamente bellissimo, la stoffa morbida e di altissima qualità, ma lei non aveva pensato di acquistare un capo d’abbigliamento così costoso. Quattrocentotrenta dollari sarebbero stati soldi spesi bene per quel vestito, indubbiamente, ma non era sicura di poterli spendere, soprattutto perché aveva già dilapidato parte dei i suoi risparmi per il regalo che aveva comprato a Ben.
Ma sua cugina fu irremovibile.
«Ogni tanto una pazzia bisogna farla» disse Lory, perentoria. «Tu inizia a provarlo, io intanto vado a parlare con la commessa per vedere se riesco a farmi fare uno sconticino». Si allontanò in fretta, in modo che Claire non avesse tempo di replicare.
Lei riprese in mano il vestito e, voltandosi verso uno degli specchi del negozio, se lo pose davanti per provare ad immaginare come le sarebbe stato indosso, scoprendosi a sorridere compiaciuta dell’immagine di sé stessa che lo specchio le rimandava.
«Forza. I camerini sono di là» disse Aylie, facendo un cenno col capo verso il fondo del negozio.
«Non credi che il rosso sia un colore troppo audace, vero?».
Aylie ridacchiò. «Claire, andiamo…Lo vogliamo stupire questo Ben Barnes, oppure no?».
 
 
 
«Dove diavolo sei stata tutta la mattina?». Il tono di Ben tradiva una sfumatura leggermene seccata.
Era rimasto malissimo quando Claire era uscita quel mattino presto, senza per giunta dirgli dove. Aveva dei piani per loro, lei non poteva buttarglieli all’aria così.
«Sono stata via solo un paio d’ore» replicò la ragazza, levandosi il cappotto.
«Hai fatto compere» osservò lui.
Claire nascose la borsa dietro la schiena. «Sì, però prometti di non sbirciare».
«Va bene». Ben le si avvicinò e la sollevò di peso.
«Ehi, che fai?».
«Non mi piace che tu sia andata in giro senza di me».
Claire lasciò ricadere la borsa sulla poltrona lì accanto, per mettergli meglio le braccia attorno a collo. La plastica produsse un suono leggero.
«Sei serio?».
«Serissimo» mentì lui. «Ti avevo detto che non ho intenzione di uscire di qui per le prossime settantadue ore, o no?».
«Sì, credo tu me l’abbia ripetuto venti volte. Ora, però, mi metteresti giù?».
«No».
«Non scappo. Giuro».
Lui la lasciò andare. «E’ già tanto se ieri ti ho fatta uscire per andare a casa, tienilo a mente, bimba».
«Addirittura? Vuoi tenermi chiusa nella torre come Raperonzolo?».
«Qualcosa del genere». Ben la riacciuffò per i fianchi e l’attirò a sé in un modo che la lasciò stupita. «Per tre giorni sei mia».
Claire lo fissò negli occhi, poi gli serrò le mani intorno al volto per attirarlo a sé e dargli un bacio degno di questo nome. Quando si allontanò vide che sul viso di lui era apparso un sorriso disteso, accompagnato da uno sguardo languido.
Ben non disse niente. I silenzi tra loro, adesso, non erano più dovuti all’imbarazzo. Le lunghe chiacchierate venivano spesso inframmezzate da baci che li tenevano impegnati senza bisogno di parlare. Ben sapeva che a Claire piacevano tenerezze come queste, o come il restare abbracciati a lungo, tenersi per mano, e che a volte non aveva bisogno d’altro. Ma se lei si appagava anche di un semplice bacio ben dato, a lui non bastava. Non sempre. Erano passate quarantott’ore soltanto da quando l’aveva avuta tra le braccia per la prima volta, da quando l’aveva finalmente vista senza inibizioni. Il suo sapore dolce, la percezione dei loro corpi vicini, della presenza di lei più viva che mai. L’aveva assaporata e ne voleva ancora, desiderando che ogni carezza e ogni contatto di labbra si trasformassero in gesti molto più intimi.
La verità, era che aveva una voglia matta di lei.
E se le prime volte c’era stato il bisogno di amarsi e nient’altro, ora si aggiungeva la necessità di conoscersi con calma, completamente, senza freni, per soddisfare ed essere soddisfatti, scoprire come raggiungere l’estasi e restarvi il più a lungo possibile, per raggiungere il confine estremo di ogni sensazione, perdersi, stringersi fino all’ultimo respiro e infine ricadere insieme in un silenzio fatto solo di respiri sottili e immobilità deliziosa.
Sarebbero stati tre giorni fantastici, fatti solo di loro. Tre giorni senza orari lavorativi da rispettare, senza regole, senza nessuno intorno; giorni in cui avrebbero dormito insieme, mangiato insieme, guardato film, suonato la chitarra, e tutto il resto...
«Però dovremmo anche uscire, non possiamo stare sempre in camera». Claire, abbracciata al cuscino, aprì gli occhi per guardare Ben.
Lui, sdraiato a pancia su con un braccio dietro la nuca, gli occhi chiusi e un leggero sorriso sulle labbra, si limitava ad ascoltare le sue idee. «Dove vorresti andate, sentiamo».
«Mi piacerebbe portarti a fare un giro della città. Ci sono un sacco di bei luoghi storici da visitare, e so a che a te piace fare un tour dei posti in cui lavori, se ti è possibile».
«E’ vero, ma chi ha voglia di uscire con questo freddo?». Ben si voltò su un fianco, tirando su il piumone per coprire entrambi.
«Io», replicò lei con voce leggera, sbadigliando subito dopo.
«Ma se muori di sonno!».
«Non è sonno. La chiamerei…fase di rimbambimento».
Lui rise. «Che sarebbe?».
«Bho. Però non trovo un altro termine adatto per definirla, quindi la chiamo così». Claire richiuse gli occhi, emettendo il più rilassato dei sospiri. «E’ rilassatezza, beatitudine, senso di pace. Dillo come vuoi, so solo che è bellissimo».
Ben si rannicchiò accanto a lei. «Bimba?».
«Eh?».
«Posso sbirciare cosa c’è nella borsa che hai nascosto sotto il letto?».
Claire aprì di scatto gli occhi. «Te lo puoi scordare». C’era la scatola con il suo abito nuovo là dentro, e anche il regalo per Ben. «Hai promesso di non farlo».
«Sono un tipo impaziente», si giustificò lui. «Dammi almeno un indizio».
Claire si mise un dito sulle labbra. «Segreto».
«Adesso mi rendi più curioso ancora».
«Lo vedrai dopodomani».
Lui emise uno sbuffo, rimettendosi disteso a pancia su, colto da un dubbio che poi tanto dubbio non era. «Dimmi solo che non mi hai preso un regalo».
Lei si sollevò sui gomiti e lo fissò. «Ovvio che ti ho preso un regalo». Ben aveva un’espressione strana, come se fosse contento di sapere di ricevere un dono da lei ma allo stesso tempo si sentisse in colpa.
«Non dovevi sentirti obbligata a farmi niente, anche se è Natale».
«Sciocchezze! Proprio perché è Natale invece! E non mi sono sentita obbligata».
«E’ solo che non volevo spendessi dei soldi per me, tutto qui».
Claire si rimise sdraiata a pancia sotto. «Già, perché sono una squattrinata e non me lo potrei permettere».
«Piantala. Non mi piace quando dici così». Ben la guardò torvo ma vide che lei sorrideva.
«Non sono messa così male, non mi hanno ancora pignorato niente».Con quella frase, lei ottenne di vederlo rasserenarsi. «Comunque, ormai è troppo tardi».
Ben si voltò di nuovo su un fianco, fissandola insistentemente in silenzio.
«Guarda che non lo posso restituire», precisò lei.
«No, non volevo dire niente del genere. Però me lo dai un indizio?».
Claire allungò un dito, posandoglielo sul naso, imitando il gesto che Ben faceva sempre con lei. «Te l’ho detto: lo vedrai. Ora posso fare un pisolino?».
 
 
Il secondo giorno, Claire la spuntò e riuscì a trascinare Ben a fare un lungo giro di Ogden e dei suoi edifici storici. Lui rimase affascinato dalla Union Station*, la vecchia stazione ferroviaria, all’interno della quale si trovavano lo Utah State Railroad Museum*, dov’erano esposte le belle locomotive d’epoca, il Browning Fireams Museum*, e l’Union Grill*, un grazioso ristorante in cui pranzarono. Andarono poi alla Bella Muse Gallery*, una splendida galleria d’arte dove Ben venne a conoscenza di un’altra passione di Claire: la pittura. Poi visitarono il Peery’s Egyptian Theater,* il quale, tutti gli anni in gennaio, insieme ad un altro teatro nella vicina Park City, ospitava il Sundance Film Festival**. E c’era moltissimo altro da vedere, ma la giornata trascorse in un volo. Si ritrovarono che erano già le sei di sera e faceva freddo da morire.
Anche il terzo giorno passò via in fretta, troppo in fretta. Tra poche ore, Ben sarebbe volato a Londra. Ma avevano ancora una serata tutta per loro e lui aveva cercato di organizzarla meglio che aveva potuto, contando il poco tempo a disposizione.
L’idea di portare Claire a cena gli era balenata in mente solo pochi giorni prima, e non era stato facile trovare un ristorante che accettasse ancora prenotazioni sotto le feste natalizie. La stessa difficoltà l’aveva riscontrata nell’acquistare il regalo per Claire: ci si era scervellato per giorni interi da quando avevano nominato per la prima volta le feste di Natale. Era stata una lotta contro il tempo, ma alla fine aveva trovato quello gli sembrava più adatto per lei. Molto meno complicato era stato ottenere uno smoking: per quello gli era bastato chiedere e le sue assistenti avevano fatto il resto. Era così che accadeva di solito, quando doveva recarsi a qualche evento mondano. Il più delle volte, l’abito gli veniva recapitato prima ancora che lui potesse preoccuparsene. Spesso non sceglieva neppure cosa indossare, erano le varie agenzie di moda che gli proponevano di pubblicizzare i loro abiti, funzionava così anche per le attrici.
Questa volta, invece, aveva scelto lui. Aveva chiesto uno smoking nero con giacca monopetto, camicia bianca a polso doppio ai cui risvolti aggiustò due gemelli, e papillon, particolare fondamentale per quel tipo di abbigliamento.
Abbigliamento che lasciò Claire senza fiato.
La sera del loro terzo giorno, alle sette e mezzo, si incontrarono nel salotto della suite. Ben l’aspettava per scendere insieme.
Quando lui udì il suono dei tacchi giungere dalla stanza da letto, si voltò e i loro sguardi si incontrarono. Rimasero ad osservarsi per qualche secondo, a pochi passi l’uno dall’altra, quasi incantati.
Lei aveva potuto vederlo così solo attraverso le fotografie, ma dal vivo era uno splendore. Il tessuto dello smoking disegnava perfettamente la sua figura alta e slanciata, si era riavviato i capelli all’indietro e il profumo muschiato del suo dopobarba permeava l’aria della stanza. Era bellissimo.
Ma Claire non era l’unica ad essere rimasta rapita.
Ben la guardava come se non avesse mai visto nulla di più bello. Claire indossava un abito rosso chiaro di seta e pizzo ricamato, che faceva risaltare i capelli castani ricadenti sulle spalle in soffici onde. La scollatura non troppo profonda lasciava intravedere le curve del seno, e la gonna corta che aderiva ai fianchi disegnava le piacevoli forme. Ben dovette tirare un respiro per ritrovare la calma persa nel guardarla.
«Sei favolosa».
Un’ombra di imbarazzo le passò sulle guance, subito sostituita da un sorriso. «Diciamo che mi sono impegnata parecchio». Claire allungò le mani per sfiorargli il risvolto della giacca. «Anche tu non scherzi».
Lui si unì al suo sorriso. «Prendi il cappotto, siamo già in ritardo».
Scesero alla reception dove lui ritirò le chiavi dell’auto che aveva noleggiato per quella sera. Claire lo aspettò all’entrata per un paio di minuti. Ben giunse davanti all'albergo con il motore acceso e lei spiccò una rapida corsa in strada per raggiungere il più in fretta possibile l’abitacolo caldo dell’automobile (il suo vestito era sbracciato, non avrebbe proprio voluto prendere un raffreddore sotto le feste). Ben scese prima che potesse afferrare la maniglia della portiera, aprendogliela lui stesso con fare galante. Un vero gentleman. Poi, partirono verso la loro meta.
Il ristorante in cui avrebbero cenato – come Claire aveva supposto – era estremamente elegante. Vennero accolti come fossero persone importanti (Ben lo era effettivamente, lei no), consegnarono i cappotti a un cameriere e seguirono il patron oltre la sala al piano terra, salendo una scala che portava su una piccolo terrazzo interno, il quale dava ai commensali una visuale completa del ristorante da una parte, e dall’altra quella della città innevata, che si poteva ammirare attraverso un’ampia vetrata.
Mentre si facevano strada tra i tavoli, Claire si sentì osservata e notò che alcune persone – uomini – si erano voltate nella sua direzione. Percepì un vago senso di disagio: non le piaceva essere fissata. Per istinto, abbassò lo sguardo sui gradini. Il tocco della mano di Ben su di lei ebbe però il potere di tranquillizzala.
Anche lui notò gli sguardi della gente, quindi le mise una mano sul fianco come a voler determinare che Claire era zona off limits per chiunque potesse pensare il contrario.
Giunti al loro tavolo, il cameriere spostò la sedia alla ragazza e lei ringraziò. Ben invece non gradì molto quella presa d’iniziativa.
«Avrei voluto farlo io», commentò quando furono da soli.
«Posso alzarmi e risedermi, se vuoi?».
«No, non importa. Lo farò alla fine». Ben studiò attento l’espressione di Claire mentre si guardava attorno. Lei era…luminosa.
Claire si sentiva una principessa: il locale era caldo, accogliente, arredato con gusto e raffinatezza: il pavimento in parquet, le pareti color ocra che sfumavano nel bianco attraverso diverse tonalità, le quali davano un calore avvolgente al locale, il tutto impreziosito da addobbi natalizi: ghirlande di agrifoglio, vischio e candele. Persino i piatti erano decorati. Il personale era di una gentilezza squisita, il servizio impeccabile e il cibo delizioso. 
«Quanto hai speso per questo posto?», non poté fare a meno di chiedergli.
Ben si sistemò il tovagliolo sulle gambe. «Non ho intenzione di dirtelo».
Claire allungò un braccio attraverso la tavola. Un attimo dopo, Ben stringeva la sua mano.
«Nessuno ha mai organizzato una serata così per me».
«Non sei mai andata a cena in un ristorante a cinque stelle?».
«No, mai. Al massimo una terza categoria».
Lui le accarezzò la mano con il pollice. «Sei tu a tuo agio?».
«Sì». Decisamente sì. «Con te sono sempre a mio agio, Ben».
Lui sorrise, soddisfatto e sereno. Metterla in difficoltà era l’ultima cosa che voleva. Non sarebbe stato strano, per una persona abituata a ben altro tipo di ambienti, sentirsi fuori posto in un luogo come quello. Ma Claire si adattava meravigliosamente, non solo perché non era nervosa o imbarazzata, ma soprattutto perché il luogo sembrava adattarsi a lei. Ben avrebbe voluto vederla sempre cenare in posti come quelli. Tempo fa si era promesso di regalarle un sogno. Forse, aveva trovato il punto di partenza per iniziare a crearlo.
Un sogno solo suo, fatto su misura per lei.
O per loro...
«Così, era quello la fonte di tanti misteri» le disse più tardi, posando uno sguardo interessato sul suo vestito.
Claire si lisciò la stoffa della gonna. «Già. A proposito…» Con una certa ansia, la ragazza aprì la borsetta prendendo una scatolina che depose in mezzo al tavolo. «Buon Natale, Ben».
Lui fissò il pacchetto regalo avvolto in carta dorata e fiocco scarlatto, provando un’improvvisa, piacevole morsa allo stomaco. «Non dovevi», commentò con un sorriso, scuotendo il capo una volta.
«Lo abbiamo già fatto questo discorso. Ora aprilo, voglio sapere se ti piacciono», lo esortò Claire.
Ben sciolse il nastro e strappò la carta, leggendo la marca Hugo Boss sul coperchio della scatolina. L’aprì, ritrovandosi a guardare una coppia di gemelli in argento con una pietra nera al centro.
«Non so se rispecchiano i tuoi gusti», disse ancora lei, leggermente nervosa.
«Mi piacciono moltissimo. Grazie, Claire» rispose Ben, togliendo i gemelli dalla scatola, levandosi quelli che indossava per sostituirli con i nuovi. «Ora sono io a chiederti quanto hai speso».
«Non si rivela mai il prezzo di un regalo». Claire osservò i suoi movimenti, provando una strana sensazione che poteva benissimo chiamare orgoglio: lui aveva apprezzato il suo regalo e questo la rese felice. In più, l’argento risaltava magnificamente sulla stoffa scura dello smoking, e l’eleganza con cui Ben indossava il tutto la emozionò in un modo che non riuscì a spiegare. Era un uomo meraviglioso. Ed era suo.
«Anch’io ho qualcosa per te», disse lui ad operazione completata. Abbassò una mano sotto il tavolo per estrarre la scatola che aveva tenuto in tasca fino a quel momento. Era grande pressapoco come quella che gli aveva dato lei.
Emozionata, Claire disfece il pacchettino scarlatto, togliendo il coperchio e rivelando un ciondolo, anch’esso in argento, a forma di cristallo di neve, ornato di luccicanti cristalli Swarosky color ghiaccio. Esalando un’esclamazione di meraviglia, lo posò sul palmo della propria mano.
«E’ bellissimo».
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto», sorrise Ben. «Hai sempre detto che adori la neve, e quando ho visto questo nella vetrina di un negozio mi sei subito venuta in mente tu».
«Grazie, Ben, lo adoro».
Lui si alzò in piedi. «Te lo metto?».
Lei annuì e gli porse il ciondolo. Si scostò i capelli quando Ben si posizionò alle sue spalle per allacciare la catenina.
«Fatto».
«Grazie ancora», ripeté la ragazza, sfiorando il gioiello con i polpastrelli. «I gemelli ti piacciono davvero?».
«Sì, molto», ripose lui tornando al suo posto. «Il primo regalo che ti ho fatto è stata la chitarra», ricordò Ben.
«E’ vero. Poi mi hai regalato dei fiori e ora questo. Siamo tre a uno per te. Dovrò pareggiare i conti».
Lui sorrise. «Avresti mai pensato, quel giorno, che saremmo arrivati fino a qui?».
Claire lo fissò negli occhi, rivivendo insieme a lui il ricordo delle loro prime settimane insieme. Scosse il capo.
«No. Non lo pensavo proprio. Ancora adesso, ci sono momenti in cui non mi capacito di ciò che sta succedendo. E’ come vivere dentro un sogno».
Tu lo avrai un sogno, Claire.
Ben riprese la mano di lei nella sua. «Sei felice?».
Era serio adesso, lei invece continuava a sorridere. «Se mi stai chiedendo se lo sono in questo preciso momento, ti risponderò di sì. Sono immensamente felice».
«Quando sei con me».
«Sì».
«Allora vivremo questo sogno per tutto il tempo che vorrai, se servirà a renderti felice». Lui prese entrambe le sue mani premendosele contro le labbra.
«Sai cosa mi renderebbe felice, adesso?», continuò Claire.
«Che cosa?».
«Andare alla pista di pattinaggio. Come abbiamo fatto la prima volta che siamo usciti insieme».
Era una richiesta adatta a lei. Claire aveva bisogno di poco per sorridere.
Il suo sorriso…Ben si sorprese ad osservarlo con un minimo di attenzione in più per il resto della sera. Era sempre lo stesso, caldo e genuino, benché lui sapesse da tempo che quello che vedeva non era ancora il vero sorriso di Claire. Ancora no.
In quei tre giorni, Ben aveva scoperto altre sfaccettature, altri lati di lei, mentre cadevano gli ultimi resti della corazza invisibile che aveva portato e che lui, qualche volta, incontrava tuttora a sbarrargli il passaggio. Comprendeva la difficoltà di lei nello scollarsela di dosso dopo averla indossata tanto a lungo. D’altra parte, talvolta anche lui indossava una corazza.
Ma non era quello il problema.
Anche se a Ben sembrava tanto di più, non era poi molto che si conoscevano, ed era ancora meno il tempo che si frequentavano. La voglia di scoprire ogni cosa di lei era moltissima, ma non vi sarebbe stata alcuna fretta se non avesse avuto la sensazione che il tempo trascorso con con Claire corresse via troppo veloce, proprio come gli ultimi tre giorni.
 
 
Quando tornarono in albergo era quasi mezzanotte. Claire si tolse le scarpe, i tacchi avevano iniziato a farle male ai piedi. Succedeva sempre così, non era troppo abituata a portarli anche se le piacevano.
«Stanca?» le chiese Ben quando la sentì sospirare.
«Non troppo». Gli si avvicinò, ridendo segretamente di sé stessa nel stabilire la sua reale altezza a confronto con quella di lui. Con i tacchi aveva acquistato dieci centimetri buoni, ma adesso si sentiva decisamente piccola.
«Che c’è?».
«Niente. Penso a quanto è stato ingiusto il Signore a farmi così bassa».
Ben rise, allacciandole le braccia dietro la schiena per sollevarla un poco. «Cosi va meglio?».
«Abbastanza». Lei si ritrovò con i piedi a qualche centimetro da terra. Allungò le braccia per mettergliele attorno al collo e facilitargli la presa su di sé. Sospirò di nuovo e poi si sentì tremare, mentre lo sguardo di Ben si faceva più scuro.
Quando Claire aveva sospirato, lui aveva sentito il suo profumo.
Luci soffuse e il silenzio. Nient’altro eccetto loro.
Ben la rimise a terra e, senza sciogliere l’abbraccio, si premette contro di lei.
Si guardarono per attimi infiniti. Claire gli accarezzò languidamente la giacca sul petto, scendendo a slacciare il bottone e facendogliela scivolare dalle spalle.
Ben reclamò le sue labbra, delicato. Intanto, le sue mani correvano sulla schiena di lei. Pianissimo iniziò a far scendere la lampo del vestito, scoprendole la pelle liscia sulla schiena. Infilò una mano sotto l’abito, accarezzando a palmo aperto tutto ciò che poteva toccare.
Fu lei ora a premersi contro il suo corpo, sospirando di una voglia di lui irrefrenabile. Sciolse il nodo del papillon nell’attimo in cui si staccò dalle sue labbra per respirare, poi iniziò ad occuparsi dei bottoni della camicia.
Ben continuava ad accarezzarle la schiena, i fianchi, graffiandola piano, osservando estasiato le sue dita che lo spogliavano, assaporando la tenerezza delle sue mani a contatto col proprio corpo.
Dolce. Dolcissima e insieme bramosa. Un mix che lo faceva andare fuori di testa. Abbassò il volto per baciarle il collo.
«Eri un incanto stasera» sussurrò. «Semplicemente bellissima. Ma non ti serve un vestito per piacermi».
«Volevo piacerti di più» mormorò Claire.
«Tu mi piaci ogni giorno di più», disse lui sulle sue labbra, baciandola più a fondo. «Sei tu il mio vero regalo».
Vinta da quelle parole, lei gli circondò il collo con le braccia, desiderosa di sentirlo ancora più vicino. Lo accarezzò dolcemente sulle guance, prendendogli il viso in modo da condurre lei il gioco per un momento.
Ben la lasciò fare. In momenti come quelli, Claire si sentiva immensamente felice e lui lo sapeva. Voleva farla sentire così, sempre. Voleva che sentisse molto di più, tanto quanto sentiva lui. Claire ignorava di evocargli sentimenti intensamente profondi.
Le tenne il viso tra le mani per molto tempo, dandole soltanto piccoli baci sul viso, sulle labbra, la fronte, facendo scontrare i loro respiri, prolungando una dolce tortura.
Claire allungò una mano, appoggiandola soltanto sull’orlo dei suoi pantaloni, ma fu abbastanza da farlo sussultare. Quel ‘potere’ che aveva su di lui, soltanto sfiorandolo, per lei era meraviglia. Si sentiva amata, ricambiata e sicura.
Ben continuò a coccolarle la schiena, guardandola dritta in viso mentre le faceva scivolare l’abito lungo i fianchi, sulle gambe, finché si accasciò sul pavimento quasi senza far rumore.
Claire calciò leggermente indietro l’indumento, tornando ad occuparsi di lui, liberandolo della camicia candida che gli si era aperta sul petto. Gli accarezzò le spalle larghe, lasciandosi stendere sul letto.  
Ben si sbarazzò in fretta del resto dei vestiti, facendo lo stesso con la biancheria di lei. Allentò le spalline del reggiseno nero e iniziò a deporre baci lievi sul seno che Claire gli offriva. La vide chiudere gli occhi, ipnotizzata dalle sensazioni. Come aveva fatto a sopravvivere senza di lei, fino a quel momento?
Esplorarono reciprocamente ogni angolo, ogni curva dei loro corpi. Ogni tocco era voluttà pura, un gioco di carezze fatte non soltanto di mani. Nessuno dei due riusciva a capacitarsi di come il desiderio per l’altro non fosse mai pago.
Quando Ben la sovrastò, lei si aggrappò prima alle sue braccia e poi alle sue spalle, con forza sempre maggiore. Lui nascose il volto nei capelli di Claire, e i suoi respiri lunghi e tremuli gli entrarono nelle orecchie come un meraviglioso tormento. Si mosse su di lei, circondandole la testa con le braccia, causando involontariamente un incastro più profondo che per entrambi fu l’oblio.
Claire sussurrò il suo nome dolcemente nella notte.
Per lui, abbracciarla fu un riflesso istintivo, cercare le sue labbra un bisogno. Doveva guardarla negli occhi, comunicare tutto con un sguardo e con il corpo intero, perché, a parole, non riusciva ancora a dirle quanto era innamorato di lei.
 
 

  
 
*Tutti i luoghi contrassegnati con l’asterisco esistono realmente e si trovano a Ogden.
**Il Sundance Film Festival si tiene davvero ogni anno in gennaio tra Park City e Ogden.

 
 
 
E’ un piacere essere di nuovo qui!
Quanto tempo, vero? Cercavo sempre di aggiornare ma ogni volta ero costretta a rimandare, un po’ per il lavoro e un po’ perchè a casa mia non ho più nemmeno un pc che abbia internet T__T (mai 'na gioia...). D'ora in poi potrò postare andando in biblioteca, anche se mi auguro che questa situazione non duri molto. Insomma, voglio andare avanti a pubblicare Ben e Claire in tutta libertà!
A proposito di loro, cosa ne dite di questo capitolo? Non vedo l’ora di tornare a leggere i vostri commenti!!! Mi siete mancati, carissimi lettori, ma non mi dimentico mai di voi e dei ringraziamenti che vi devo.

 
Per le preferite: aNightinagale15, battle wound, Ben Barnes, Blackpanda96, Cordeliaxyx, DarkYuna, english_dancer, fran_buchanan, Fra_STSF, HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Joy Banes, La Nuit du Chasseur, Lau The Cugi, Len IlseWitch, Maree Fish, MartaKatniss98, matimarchisiuo8, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy, NestFreemark, NeverendinStoryGirl, Occhi di ghiaccio, piccolo_uragano, Riveer, Stefania1409, vivis_, _ Abyss_ , _likeacannonball.
 
Per le ricordate: Ben Barnes, DadaOttantotto, DarkYuna, Fra_STSF, Hafblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, Nestfreemark, Suomalainen, Bruschettina_ .
 
Per le seguite: All In MY Head, AmeliaRose, apologie, Ben Barnes, bibliofila_mascherata, Brieseide in Love, Catnip_Peeta_, Cecimolli, ChibiRoby, DarkViolet92, DarkYuna, DeniAria,  EmmaTom4ever, EvaAinen, fran_buchanan, Fra_STSF, Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, InTheMiddleOfNowhere, JessAndrea, JLullaby, Joy Barnes, MartaKatniss98, marty98, Milkendy, Mrs_Winchester, Nadie, NestFreemark, NeverendingStoryGirl, NewHope, nuria elena, piccolo_uragano, psychobhor, Queen_Leslie, SerenaTheGentle, silent words, soffsnix, SweetSmile, Violet A Nash, vivis_, WikiJoe, _Abyss_ , _Bruschettina _ , _likeacannonball, _LoveNeverDies_.
 

Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, Jess Andrea, Joy Barnes, NeverendingStoryGirl, piccolo_uragano, Robyn98, SerenaTheGentle.
 
Un ringraziamento extra va a La Nuit du Chasseur per avermi fatto da beta tramite l’iniziatia ‘Adottami’, organizzata sul gruppo facebook di EFP. Grazie, cara!
 
PICCOLA ANTICIPAZIONE per il/i prossimo/i capitolo/i: Ben volerà a Londra per passare il Natale con i suoi, e anche Claire attende l’arrivo della sua famiglia a Ogden. Purtroppo, non saranno le uniche visite che la ragazza riceverà…
FINE.

Wahahahhahaa!!!Sono cattiva, vero? Oh sì, lo sarò!!!! Preparatevi ai  casini!
Un'altra cosa : se volete vedere gli outfit di Ben e Claire durante la cena, e i regali che si sono scambiati, eccoli qui ;) 
Ben 
Claire 
Regalo di  Ben 
Regalo di Claire  
Infine, vi lascio i link delle mie pagine facebook dove trovate gli aggiornamenti delle mie fic : Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen. Quest'utimo è un gruppo chiuso al quale, se volete, potete iscrivervi inviandomi una richiesta. Però avvertitemi prima qui in casella magari, così so chi siete, va bene?
Un grazie immenso e di più a chi continua a seguirmi!
 
Susan♥

 
 
 
   
 
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