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Autore: Manu75    27/05/2016    1 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Grazie come sempre (evviva l'originalità) a chi segue e legge questa storia, in modo particolare a miss Gold_394 per aver recensito il capitolo scorso...mamma quant'è lungo stò capitolo, se notate errori o cose strane vi prego di avvisarmi, ho gli occhi che si incrociano e ho revisionato per modo di dire, nel caso lo farò domani...'notte e/o buon risveglio a tutte!

 

“Un gelido destino”

 

(La caduta degli Dei - ultima parte)

 

Cinquantaquattresimo capitolo



 

- Come credi che dovrei reagire, Bellatrix?- la voce del Signore Oscuro l’aveva raggiunta come trasportata da un alito di vento.
Era l’alba e lei era accorsa quando il Marchio Nero aveva bruciato la sua pelle, lasciandole capire che Lord Voldemort esigeva la loro presenza.
Tuttavia Rodolphus l’aveva guardata corrucciato, facendole presente che il suo Marchio non stava bruciando affatto.
Bella aveva sentito il cuore mancarle un battito: il Signore Oscuro voleva solo lei.
Non succedeva da molto tempo e accadeva adesso, quando lei aveva ancora le mani sporche del sangue di Cygnus.
Qualcosa nel suo intimo le aveva suggerito che si trattasse proprio di quello: suo padre.
Una parte di lei aveva macchinato, organizzato e realizzato freddamente quell’omicidio da almeno tre anni, dall’esatto momento in cui aveva lasciato lo studio di Cygnus dopo che le aveva rivelato l’esistenza del contratto prematrimoniale.
Una parte di lei, molto piccola  e nascosta, cercava di dimenticare i rantoli dell’agonia di suo padre, l’odore insopportabile del suo sangue nobile sparso un po’ ovunque, gli occhi vitrei privi di luce.
La morte non la impressionava e non la impauriva: il cadavere di suo padre si.
“Maledetto, mi tormenterai fino alla fine, vero?” aveva pensato, frustrata.
Casa Smith era praticamente deserta a quell’ora, arrivando aveva incrociato un’unica persona: Severus Snape.
Il ragazzo le aveva rivolto il solito sorrisetto storto e lei lo aveva ignorato, suscitando in lui una divertita reazione, molto composta invero.
Lo odiava.
Lo aveva sempre detestato, fin dal primo momento in cui l’aveva visto.
Non sapeva bene nemmeno lei perché ma, almeno in questo preciso momento, aveva una ragione validissima per odiarlo: il Signore Oscuro ne era letteralmente infatuato. Ne era affascinato, lo convocava continuamente, spesso lo teneva accanto a sé notti intere.
Evan l’aveva fatta infuriare insinuando che Lord Voldemort avesse variato i suoi gusti in fatto di compagnia carnale: dalle belle brune ai brutti mori.
Solo l’idea la disgustava e la mandava fuori di testa, lei anelava ad uno sguardo, un abbraccio, un contatto.
Desiderava l’Oscuro Signore con ogni sua fibra e impazziva all’idea che qualcuno si trovasse più vicino di lei all’uomo che venerava come si può adorare un Dio fatto di carne, ossa e sangue, di membra perfette e bianche, di potenza superiore e fulgida.
Evan era il suo amante da anni, Rodolphus era legato a lei da un contratto ma, inaspettatamente, erano riusciti a trovarsi in quel limbo che erano le loro esistenze.
Ma lui...oh lui, era la sua stessa fibra vitale.
Non aveva davvero capito cosa significasse sentirsi parte di qualcosa, avere uno scopo nella vita, finché non aveva posato lo sguardo su di lui.
Lui era la sua follia, la sua agonia. Lui era tutto e solo l’idea di perderlo l’annientava.
Non voleva nemmeno dividerlo con qualcun altro.
Aveva già dovuto sopportare la presenza di Lucius, sempre un passo innanzi a lei, sempre il primo ad essere chiamato, sempre il primo sul quale corpo lo sguardo di lui si posava.
E ora, sembrava impossibile, ma Snape aveva scalzato persino Malfoy. Era stato duro essere la seconda, figuriamoci la terza.
- Mio Signore, qualsiasi reazione abbiate io l’accoglierò con gioia…- aveva sussurrato, sfoderando la docilità che le era propria quando si trovava al cospetto del Signore Oscuro, ma la sua testa era solo leggermente chinata e il suo corpo era rilassato, se pur orientato verso di lui con deferenza.
Lei davvero non lo temeva, davvero non rifuggiva la sua ira.
- Bella…- la voce di Lord Voldemort si era fatta persino carezzevole - la fanciulla dall’animo così tormentato e oscuro racchiuso in splendide fattezze, cesellate nell’ambra in modo perfetto…- aveva sospirato e dilatato le narici - tuo padre si era offerto a me e io l’avevo accolto con la consapevolezza che la sua utilità sarebbe stata davvero importante.Ora tu me l’hai strappato dalle mani senza nemmeno usarmi la cortesia di chiedere il permesso…- e la sua voce non era stata più così carezzevole.
Bella sapeva che era furioso: non perché Cygnus contasse davvero qualcosa per lui, ma perché lei aveva agito senza prima cercare il suo consenso.
- Non era altri che un vecchio…- aveva detto, azzardandosi a sollevare lo sguardo scuro su di lui, il suo volto era avvolto dalla penombra - di vecchi è pieno il mondo, ma osava trattenere la mia vita tra le sue mani e io voglio essere stretta solo da due mani, mio Signore: le Vostre…-
Lui aveva mosso un passo verso di lei, fissandola con gli occhi socchiusi.
- Potrei stringere quelle mani e stritolarti, invece che trattenerti e basta- aveva mosso un altro passo verso di lei - osi sfidarmi, sminuendo una persona che io aveva scelto personalmente, dopo che l’hai trucidata senza il mio consenso?-
Bella aveva sentito le fiamme divamparle in petto: lei non aveva paura.
Si era gettata in ginocchio, baciandogli la veste.
- Mio Signore!- aveva esclamato accoratamente, mentre i lunghi capelli bruni si posavano sul pavimento, sparpagliandosi ai piedi di Lord Voldemort - uccidetemi, se è questo che Volete! Se è per mano Vostra posso sopportare e affrontare qualsiasi cosa, meglio la morte che la Vostra indifferenza!- l’aveva detto e non si pentiva.
Era ancora piena di quel sentimento astruso, quell’ineluttabilità che le donava l’aver ucciso il suo stesso padre, guardandolo mentre la vita abbandonava il suo corpo.
- Moriresti per me, Bella?- la voce di lui le era giunta da vicino.
- Si...per mano Vostra, per Voi…con Voi...- lei aveva baciato la sua veste: per lui non esitava a prostrarsi e umiliarsi, per lui e solo per lui, sempre e per sempre.- Se Volete uccidermi fate pure, sono qui e non ho paura. Se Volete torturarmi non esitate, soffrirò con piacere. Ma non ignoratemi, non lasciatemi in un angolo ad attendere un cenno, io sono la persona più fedele e devota che troverete mai in questo mondo…- la voce si era spenta in un sussurro angosciato ma fiero “sono la persona che più Vi ama!” avrebbe voluto urlargli “la sola che Vi ami davvero!”.
- Dovrei punirti per quello che hai fatto…- lui l’aveva afferrata per un braccio e costretta a sollevarsi - ma oggi non sarai tu ad essere punita…- aveva avvicinato il volto diafano al suo, con gli occhi lampeggiati della luce rossa che sembrava sorgere dal suo stesso corpo - ...ma se agirai ancora di testa tua, senza che io, il tuo Padrone e Signore, ti dia il permesso, sarò lieto di accontentarti e farti morire per mano mia. Non dubitarne mai, Bellatrix-
Lei aveva dovuto lottare contro l’istinto di sporgere il viso verso quello di lui, mendicando un bacio.
Ma il Signore Oscuro sentiva tutto e sapeva tutto. Sapeva che lei moriva di desiderio, che lo voleva con tutta sé stessa.
E così aveva sollevato la manica sinistra del suo abito dove il Marchio Nero, che lei aveva nascosto per poi dileggiare Narcissa ancorata a quell’orrida Giostra, era di nuovo perfettamente visibile e aveva accostato quella pelle marchiata al suo volto, leccando  lentamente i contorni di quel nero teschio dalla lingua serpentina.
E Bella aveva capito: dopo mesi di esilio era di nuovo accolta nel suo letto e lei non aveva esitato, raggiungendo un’estasi mentale prima ancora di quella fisica.
Quando lui le aveva ordinato di lasciarlo, lei era scivolata fuori dalle lenzuola con grazia a aveva compreso che, da quel momento, ci sarebbero state tante altre volte. Aveva ucciso suo padre e lui aveva apprezzato il gesto, era così.
Bella si era sentita assolutamente invincibile il quel momento: il Mondo era suo, non c’era nulla che le mancasse e che potesse turbare quel sentimento di vittoria e di gloria.
Lei era in quello che poteva assomigliare ad un Paradiso e, la cosa migliore, era che suo padre era all’Inferno e Lucius Malfoy nella polvere.
Vederlo a terra, poco tempo dopo aver goduto dei favori del Signore Oscuro, era stato per lei il coronamento di un giorno perfetto.
Voleva quell’uomo e l’avrebbe avuto, altrimenti sarebbe morto e lei sarebbe stata libera da quell’assurdo contratto prematrimoniale.
Oppure l’avrebbe avuto e poi ucciso, non c’era fretta, sapeva attendere.
Al momento lei era inattaccabile, era forte come non mai, era una Dea e la ciliegina sulla torta era stato sbattere Narcissa fuori di casa.

- V-vuole qualcosa Mrs. Lestrange?- la voce tremula e incrinata dal pianto la riscosse dalle sue gloriose rimembranze.
- Dorothy, non voglio lagne attorno a me! Voglio che i miei abiti siano lavati e stirati di nuovo e voglio che la camera di mia sorella venga sgomberata dalle sue cose- sfidò la domestica a contraddirla ma la brava donna non ne era in grado - e pretendo una servitù allegra e lieta di servirmi, com’è giusto che sia…-
La governante lasciò la stanza senza dire nulla e Bella si appoggiò al comodo schienale della sedia che un tempo era stata di Cygnus.
“Perché sono infelice, ecco perché!” le aveva detto Narcissa, offuscata dall’alcool a cui non era abituata, la sera della festa.
Si era immolata per lei, senza che glielo avesse chiesto, e lei l’aveva abbandonata su quel palco, disinteressandosi della sua sorte, per andare a uccidere Cygnus.
Bella agitò la bacchetta, facendo divampare le fiamme nel camino spento dello studio, poi rimase lì, fissando il fuoco, quel sentimento di gloriosa vittoria che andava morendo pian piano dentro di lei.
“Vuoi soffrire? Ecco, soffri sorella mia.” pensò e agitò di nuovo con rabbia la bacchetta e le fiamme quasi esplosero, rischiando di incendiare ogni cosa accanto al camino.
Bellatrix rimase in quello studio per un tempo indefinito, con lo sguardo perso nel vuoto.

 

La carrozza avanzava rapida, dondolando in un modo leggermente nauseante che ricordava il movimento delle piccole imbarcazioni scosse dalla tempesta.
Narcissa si chiese quando la sua, poteva chiamarla salvatrice?, la sua strana benefattrice avrebbe detto una parola.
Ma la donna stava la, in silenzio, e la osservava con i suoi occhi lucenti.
Narcissa non cedette e rimase seduta composta, muta.
- Bene Kigeni sei cocciuta come un cammello - la voce della donna era gracchiante e denotava una grande vivacità, in una donna così anziana - posso sapere dove intendessi andare?-
- Ovunque potessi permettermi di andare...Bibi Oma - le rispose con un piccolo sorriso avendo, ovviamente, riconosciuto la nonna di Beb dalle sue innumerevoli e spassose imitazioni e descrizioni.
- Non credo che tu sappia che c’è una guerra, una guerra vera, in corso- le disse l’anziana donna, senza scomporsi più di tanto - cosa ne sai tu delle guerre? Ciò che hai letto sui tuoi libri di scuola.- strinse gli occhi a due fessure -Sai qual’è la peggiore delle guerre? Quella che voi chiamate “guerra civile” e sai perché?-
- Perché avviene in un contesto che coinvolge gli inermi cittadini, senza distinzione? Perché i contendenti appartengono alla stessa nazione, parlano la stessa lingua e, spesso, vivono fianco a fianco? Perché i componenti di una stessa famiglia possono ritrovarsi su fronti opposti?- le rispose Narcissa molto seria in volto “perché le persone che ami possono fare cose che non approvi per una causa che ritieni giusta ma che ti toglie tutto quello che conta per te?”.
- E tu credi che una ragazza bionda e bianca, come uno di quei fiori che spuntano anche nella neve, possa andarsene in giro per questo mondo capovolto senza rischiare nulla?- il tono era didattico e scettico.
- Se la ragazza bionda e bianca non ha altra scelta, può- Narcissa le sorrise - e comunque grazie del passaggio…-
- Macché passaggio, Kigeni! Ah, sei irritante almeno quanto Bebhinn!- la donna batté con stizza una mano sulla morbida imbottitura della carrozza - solo che mia nipote è più lungimirante! Meno male che ha irretito la tua governante chiedendole di essere contattata nel caso in cui tu ne avessi avuto bisogno, altrimenti non avremmo saputo nulla!-
Questa volta Narcissa non nascose la sua sorpresa: Dorothy aveva avvisato Beb che lei stava per essere cacciata di casa? Ecco perché non aveva trovato Galatea al momento di lasciare casa Black.
Cissy preferì non chiedersi cosa intendesse Bibi Oma per “irretire” ma, evidentemente quando, tre anni prima, Beb era venuta a farle visita a casa, per “prima di andarmene voglio salutare la tua domestica”* aveva inteso molto di più di quello che lei aveva creduto.
Sentì un impeto di affetto scaldarle il cuore per quelle due donne così diverse che si preoccupavano per lei nello stesso, identico, modo.
- Quindi se non è un passaggio, cos’è? E perché Beb non è qui?- Narcissa desiderava ardentemente rivedere la sua amica.
- Beb non può muoversi al momento, presto nascerà sua figlia- l’anziana donna le lanciò uno sguardo acuto quando vide l’espressione sorpresa di Cissy - vedo che mia nipote non ti ha aggiornata sulle ultime novità.-
- Ma Beb ha già una figlia…- mormorò la ragazza - è nata due anni fa…-
-Certo! Ma i figli van fatti finché il grembo della madre è giovane e vigoroso!- picchiettò la pancia di Narcissa con la punta del suo bastone nodoso - qui dentro dovresti già avere un bambino, stai diventando vecchia e sei ancora illibata...molto male!-
Narcissa avvampò mentre il viso di Lucius le compariva lentamente davanti agli occhi insieme a delle immagini e a delle sensazioni che dovette ricacciare a forza da dove erano venute.
La vecchia scoppiò a ridere e le diede un altro colpetto deciso con il bastone sui fianchi.
- Però vedo che sei pronta a vivere la tua notte di nozze! Allora dimmi, chi sarà il fortunato? L’uomo freddo e biondo o l’uomo freddo e scuro? Se vuoi ti presento un paio di ragazzi namib, non avresti più alcun dubbio!-
- Non sono affatto freddi!- esclamò Narcissa e poi si bloccò - e Beb non dovrebbe chiacchierare così tanto…-
- Meglio amare tanto che niente, lo sapevi Kigeni?- Bibi Oma la studiò attentamente - hai bisogno di un marito che ti rimetta a posto la testa, il cuore e anche tutto il tuo corpo, ragazza.-
- Parlami di Beb- l’angoscia la stava travolgendo e preferì cambiare argomento - come fai a sapere che sarà nuovamente una femmina? E come sta lei?-
Questa volta la donna rimase in silenzio per diversi secondi e Narcissa sentì il sangue rallentare nelle vene.
- Lei sta bene…- sussurrò la vecchia - ma ha dovuto lasciare la tribù, si trova in Germania adesso -
- P-perchè?- l’idea che Beb stesse male la turbava profondamente.
- Perché gli sciamani hanno predetto che la sua bambina sarà una “bahati mbaya”...una portatrice di sventura- fece un’altra pausa -e, se lei la facesse nascere in Namibia, la bambina le verrebbe strappata dalle braccia e abbandonata nel deserto.-
Narcissa si lasciò sfuggire un singulto d’orrore - Tutto ciò è terribile! E’ da selvaggi!-
Gli occhi della donna lampeggiarono e il volto si indurì.
- Più selvaggio del marchiarsi la carne con simboli osceni e andare in giro incappucciati ad annientare inermi persone solo perché hanno un sangue dal colore diverso? Più terribile dell’uccidersi tra parenti, rinnegarsi tra sorelle, pretendere di schiacciare altre persone nel nome di una presunta superiorità?-
Il tono era così duro che Cissy non trovò nulla da ribattere.
Passò qualche istante di silenzio pesante.
- Le chiedo scusa - disse infine, se non altro per il rispetto che doveva ad una persona tanto più anziana di lei - posso sapere che cosa farà Beb da adesso in avanti?-
La donna la fissò un attimo e poi il suo viso si rilassò.
- Ha lasciato la guida della tribù a sua sorella, ma solo momentaneamente: l’unica vera erede designata a succederle, sia dagli Dei che dagli sciamani, è Nilaja, la sua prima figlia. Beb l’ha lasciata in Namibia sotto la protezione delle sue sorelle e cugine e si è trasferita definitivamente in Europa con Babukar, suo marito.-
Narcissa cercò di controllare il tono della voce - Ha lasciato sua figlia ed è partita?- conoscendo il cuore immenso di Beb, la sua indole protettiva e fiera,  non poteva nemmeno immaginare quanto dolorosa fosse stata quella scelta.
- Ha lasciato che la sua prima figlia, quella forte, cercasse di compiere il suo possibile destino, come indicato dai segni degli sciamani: un fato importante e pieno di grandezza per preservare la nostra tribù e il nostro sangue- sospirò piano - Ha deciso di salvare e prendersi cura di quella più debole, quella che sarebbe andata sicuramente incontro alla morte se lei non le avesse dedicato ogni energia sacrificando qualcun altro, un altro affetto…- la guardò in modo penetrante.
Le due donne si fissarono per qualche istante.
- Bene Kigeni, mia nipote, pur trovandosi in una situazione così complicata, ha pensato a te in modo intenso e mi ha letteralmente sbattuta in questa terra ingrata per accorrere in tuo soccorso...dimostrami che ne vale la pena: mi annoio, fammi compagnia per i prossimi tre mesi.-
Cissy sgranò gli occhi con enorme stupore - E dove dovrei tenerLe compagnia?-
- Nella mia casa irlandese, ovvio! Credi che mi fermerei in questo posto malsano? Se proprio devo, voglio stare in luogo pulito e pieno d’aria respirabile!-
La donna non aspettò la sua risposta, batté con il bastone sulla portiera della carrozza e questa emise uno schioccò e sparì da Londra, portandole al di là del mare.

 

-Lucius, calmati!- Kerenza sospirò e cercò di far mettere seduto l’uomo, che zoppicava vistosamente - se ti agiti così quella gamba non guarirà mai!-
- Me la taglio questa gamba!- era furioso e aveva il volto madido di sudore per lo sforzo di reggersi in piedi, bastò una lieve spintarella di Kerenza per farlo crollare su una sedia.
- Adesso mi farai il favore di tranquillizzarti!- gli occhi della donna mandavano lampi - altrimenti il lavoro che abbiamo fatto due settimane fa sarà del tutto inutile! Ti ho detto e ripetuto che devi riposare e tenere quel dannato bastone sempre accanto a te, a contatto con te!- lui la fissò imbronciato e lei lottò contro l’istinto di dargli uno schiaffo o di sederglisi in braccio a baciarlo...si morse le labbra, frustrata.
Due settimane prima, nel tardo pomeriggio, si era ritrovata davanti Evan e Lucius.
Era la scena inversa che aveva vissuto tre anni prima: quella volta era stato Lucius a sostenere Evan.
Vedere il ragazzo biondo ridotto in quello stato le aveva strappato il cuore dal petto, aveva rischiato di svenire alla vista di lui che non si reggeva in piedi, i lunghi capelli biondi incollati al volto dal sudore freddo che gli dava il dolore.
Le sue lunghe gambe vigorose che non rispondevano ai comandi e tremavano convulsamente.
Kerenza aveva lanciato un piccolo grido orripilato e poi era corsa a togliere la tenda nera dall’ingresso, chiudendo a chiave la porta.
Evan aveva fatto distendere sul letto il suo amico e lei gli aveva ordinato di spogliarlo.
Il ragazzo aveva ubbidito, lanciandole un’occhiata maliziosa e facendola arrossire; in quel momento era stata grata del fatto che suo cugino non potesse captare il suo profondo imbarazzo.
Aveva accantonato quei pensieri e quei sentimenti e si era dedicata ad aiutare Lucius, cercando di porre rimedio a qualcosa che sembrava irrimediabile.
Aveva preso le sue pietre e le aveva posizionate sull’addome e sulle cosce del ragazzo, dimenticandosi dei suoi turbamenti e concentrandosi su quel lavoro lungo e faticoso.
Chiunque avesse torturato Lucius, e lei temeva di sapere chi fosse stato, ci aveva messo un impegno notevole.
Molti nervi erano infiammati in modo grave, alcuni muscoli erano strappati, persino il cuore forte e vigoroso sembrava aver subìto dei danni: poteva sentire le scariche irregolari provenire dal muscolo cardiaco affaticato e compromesso.
Kerenza si era morsa le labbra per trattenere le lacrime e aveva evitato lo sguardo penetrante di Evan.
Ci erano volute sei ore e, finalmente, Lucius aveva ripreso a respirare regolarmente e il suo cuore era rientrato nei ranghi.
La donna era riuscita a sfiammare il nervo trigemino, permettendo al ragazzo di distendere i muscoli contratti del volto ed era riuscita a rimediare alla maggior parte dei danni.
Tranne che per la gamba destra, che aveva seguitato a vibrare e dolere a causa del nervo sciatico, talmente infiammato che lei nulla aveva potuto fare per alleviare la sofferenza di Lucius.
- Brava…- le aveva sussurrato Evan prima di andarsene, sfiorandole l’orecchio con le labbra - ora spogliati e mettiti nel letto a fianco a lui, così potrai verificare che tutti, ma proprio tutti, i suoi muscoli funzionino ancora!-
Lei era diventata paonazza e aveva spinto il suo amico sfacciato fuori dalla porta, mentre lui se la rideva di gusto.
Lucius aveva dormito per diciotto ore e, quando si era risvegliato, le aveva sorriso - Ops, mi sa che ho combinato un guaio!- la voce era arrochita dalla debolezza.
Lei gli aveva sorriso e dopo era scoppiata a piangere disperatamente, lasciandolo di stucco.
- Sei proprio un idiota!- gli aveva urlato, fissando il suo braccio sinistro marchiato orribilmente.
- La smettete di insultarmi tutte quante?- aveva detto lui con una smorfia ironica.
In quel momento era rientrato Evan, con il volto contratto e gli occhi stranamente seri.
Lucius si era subito allarmato, mettendosi a sedere, incurante della sua nudità.
- Che succede?- aveva fissato negli occhi Evan e l’altro ragazzo si era portato al fianco di Kerenza, cingendole le spalle con un braccio e dandole un lieve bacio di saluto, aiutandola a mascherare il suo imbarazzo.
Rosier ci aveva pensato un attimo prima di rispondere ma lo sguardo azzurro del suo amico era insistente e penetrante.
- Cygnus Black è morto, è successo l’altro ieri notte - aveva detto semplicemente, continuando ad abbracciare la veggente.
Lucius era scattato in piedi, trattenendo un gemito di dolore, e aveva preso a vestirsi con movimenti rapidi e decisi, seppur resi difficili dal dolore che ancora provava.
- Cosa fai?!- gli aveva chiesto Kerenza - stai male, non puoi andartene!-
-Lucius, calmati! - Evan era stato perentorio e aveva approfittato della sua superiorità fisica per bloccare le braccia del suo amico e spingerlo nuovamente sul letto, tenendolo fermo con il suo ginocchio che gli schiacciava crudelmente la gamba destra, vicino all’inguine.
Lucius aveva urlato di dolore e aveva smesso di lottare, lanciando uno sguardo infuocato al suo amico.
- Non essere stupido, hai rischiato seriamente di morire - gli aveva detto Evan con voce fredda e dura - il funerale si terrà domani, per oggi non puoi fare niente…-
Kerenza aveva abbassato le mani che erano salite a coprire la bocca quando Lucius aveva urlato.
- T-ti prego, cerca di avere cura di te una volta tanto!- gli aveva detto con le lacrime agli occhi - non essere impulsivo…- sapeva che le sue erano preghiere vuote: lui non avrebbe mai e poi mai lasciato Narcissa sola in quel momento.
- Narcissa se la caverà, ci siamo passati tutti…- Evan aveva espresso il pensiero di Kerenza con una voce gelida e gli occhi di granito - se muori adesso non potrai aiutarla mai più. Vuoi lasciarla sola in questo schifoso mondo pieno di luridi bastardi?-
Lucius aveva ansimato senza trovare la forza di rispondere.
- Per domani ti preparerò qualcosa che ti aiuti e ti sostenga nel dolore…- Kerry si era rassegnata da tempo a quel sentimento così fulgido che il suo amato cugino provava per Cissy.
Così, la mattina seguente, lui era andato al funerale appoggiandosi a quel bastone che possedeva un’anima di ambra, atta a rendere più sopportabile il dolore.
E poi non era più ritornato in Scozia, fino a quella mattina.
Kerenza lo fissò sbuffando, mentre lui si passava una mano tra i lunghi capelli biondi.
- E’ sparita da due settimane e nessuno sa nulla, ti sembra possibile?- la voce di Lucius era piena di, incredula e impotente, rabbia.
Lei sospirò piano: Narcissa, Narcissa, Narcissa...per lui non esisteva nient’altro: voleva a tutti i costi respingerla e dimenticarla, per poi inseguirla e andare a riprendersela, incapace di troncare quel rapporto tormentato con se stesso e con lei.
Cercò di raccogliere tutta la sua buona volontà prima di rispondergli.
- Lo so...del resto io mi sono assentata molto ultimamente e non ho idea se lei abbia cercato di contattarmi-
Lui la fissò torvo.
- Già, dove diamine sparisci poi!-
- Grazie mille dell’interessamento- gli rispose acidamente, cominciando ad arrabbiarsi seriamente - anch’io ho una mia vita da vivere! Non sono una specie di medicina umana che serve solo a guarire te e quel cretino del tuo amico Rosier! Non sono nata solo per togliervi d’impaccio quando il vostro grande condottiere decide che dovete soffrire e magari morire!- la voce si alzò di un tono.
- Scusa…- lui si sollevò dalla sedia e le si avvicinò, posandole un lieve bacio sulla guancia.
Lei chiuse gli occhi, cercando di reprimere i sentimenti per lui che, invece di affievolirsi negli anni, andavano a diventare sempre più intensi.
“Perché tutto deve fare il suo corso…” pensò, sospirando e lottando contro la voglia di volgere il viso e catturare le sue labbra.
- Quella sgualdrina di sua sorella l’ha sbattuta in mezzo alla strada e nessuno sa dirmi qualcosa…- per Lucius quelle due settimane erano state un Inferno. Da quando Abraxas gli aveva detto di essere andato in visita da Narcissa, per proporle di passare un po’ di tempo a Malfoy Manor, e la domestica che gli aveva aperto la porta gli aveva spiegato, in tono monocorde, che “Miss Narcissa non risiedeva più lì”. La donna aveva sussurrato ad Abraxas che” Miss Narcissa non avrebbe mai più fatto ritorno in quella casa” e che “se n’era andata tutta sola senza nient’altro che pochi averi personali, che nemmeno loro sapevano dove fosse finita e aspettavano di conoscere la nuova dimora di Miss Narcissa per inviarle il resto dei suoi beni.”
Il Signor Malfoy era rimasto perplesso dalla loquacità della donna, che lo aveva fissato con gli occhi sgranati chiedendogli di “avvisare il signorino Lucius che Miss Narcissa era stata gentilmente invitata ad andarsene dalla sua stessa sorella, erede universale del Signor Cygnus”. In quel momento Bellatrix era apparsa e la domestica era impallidita, annunciandolo con aria deferente a Madame Lestrange e scappando letteralmente via.
- Gliela farò pagare a quella donnaccia…- gli occhi di Lucius erano pericolosi.
- Non hai idea di dove possa essere andata Narcissa?- Kerenza se l’era chiesto più volte, aveva cercato di interrogare il suo Breo ma, senza la vicinanza della persona interessata, era quasi impossibile.
Lucius evitò di rispondere, aveva cercato di ottenere informazioni ma la ragazza sembrava letteralmente sparita nel nulla e lui, per prima cosa, aveva indagato in modo da escludere che si trovasse a Spinner’s end. Si era odiato per quel sentimento di gelosia che lo aveva travolto al solo pensiero che lei si fosse rivolta a Severus piuttosto che a lui e, quando aveva scoperto che non era accaduto nulla di tutto ciò, era stato combattuto tra la soddisfazione e il rinnovo dell’ansia per la sua sorte.
Per puro scrupolo aveva controllato che non si trovasse da sua sorella Andromeda ma, ovviamente, gli era stato riferito che non era così.
- Comunque ho un’altra cosa da chiederti…- e Lucius si tolse dalla tasca il bigliettino insanguinato che gli era stato recapitato la sera della festa degli Hinchinhooke e lo porse a sua cugina.
Kerenza lo prese, leggermente disgustata, e poi lesse con attenzione, aggrottando le sopracciglia.
Quando lo sguardo le cadde sulla farfalla ormai vizza, che vi era stata appuntata crudelmente, sentì un brivido gelido scorrere lungo la sua schiena.
-...hai idea di chi sia stato?- gli chiese lentamente, alzando lo sguardo su di lui.
Lucius si limitò a scuotere la testa - So solo che, chiunque sia stato, la voleva morta o voleva farmi credere di essere disposto ad ucciderla. In ogni caso ho fatto in modo che, chi ha organizzato questo bel divertimento, abbia quello che si merita: mettersi contro un Malfoy impunemente non è pensabile- le narici si dilatarono per la rabbia - Mentre sono certo che, chi mi ha mandato questo, chiunque sia, è ancora la fuori e...anche lei è la fuori…-
Si guardarono a lungo.
- Questa…- mormorò Kerenza ma si bloccò, lei sapeva e sapeva anche come funzionavano certe cose.
Finalmente comprese cos’era l’ombra che minacciava di influenzare tutta la vita di Narcissa e che lei aveva visto fendere il suo passato, attraversare il presente e oscurare, a tratti, anche il futuro: era l’ombra di una farfalla.
Finalmente capì e tacque, non poteva fare altrimenti.

 

Quando gli addetti del Ministero giunsero a casa di Solange Araujo in Hinchinhooke, lei era pronta. Non fu sorpresa.
Usare La Giostra durante una festa dov’erano presenti così tanti maghi purosangue era stato un azzardo, usarla coinvolgendo Narcissa Black e Lucius Malfoy lo era stato doppiamente ma la necessità lo aveva imposto.
- Mrs. Hinchinhooke - le disse il mago barbuto e robusto, piuttosto imbarazzato: lui aveva partecipato sia alla festa che al gioco - ci è giunta una denuncia molto seria nei suoi riguardi da parte di Lucius Malfoy. Come ben saprà l’artefatto che lei ha usato, durante l’evento svoltosi in casa sua, è un marchingegno fuorilegge: "secondo l’articolo 104 della legge 626 per l’abolizione di ogni mezzo di tortura o vessazione nei confronti dei maghi o delle streghe purosangue, mezzosangue o nati babbani" -
- Lo so e lo sapeva anche Lei - la donna corpulenta strinse gli occhi e lui arrossì, a disagio - in ogni caso non intendo sottrarmi alle mie responsabilità. Cosa ci si aspetta che io faccia?-
Cadde il silenzio nella stanza e i tre uomini del Ministero la fissarono profondamente a disagio.
- Per questo tipo di crimine…- l’uomo di fece coraggio - per questo tipo di mancanza, c’è una sola strada...e porta ad Inis Ceithleann, almeno fino a che non si svolgerà il processo con il Wizengamot -
Solange impallidì lievemente: questo non se l’era aspettato.
Inileann significava umiliazione, significava perdere i propri diritti, significava essere marchiata a vita.
- Credevo che l’esilio o la confisca dei beni fosse sufficiente, del resto si è trattato di un semplice malinteso, perpetrato alla luce del sole.- la voce si mantenne salda ma poteva sentire le viscere contorcersi dalla paura.
- Solange…- l’uomo grande e grosso la fissò diritto negli occhi - Lucius Malfoy ha chiesto una riunione straordinaria del Consiglio, ha arringato in maniera del tutto convincente attenendosi, del resto, ai fatti nudi e crudi: Narcissa Black stava per essere mutilata da quella macchina infernale. E’  riuscito a convincere persino Barty Crouch Senior ,che ha portato anche la testimonianza di suo figlio...sono riuscito ad ottenere che tu non venga marchiata fino all’esito del processo, ma nulla di più-
Il tono era sinceramente costernato e entrambi sapevano che il Wizengamot, di questi tempi, non ci sarebbe andato affatto leggero. La morte di Cygnus Black, avvenuta presumibilmente nell’arco delle stesse ore della festa, non deponevano a suo favore.
La magia Oscura, in quel momento, era vista in modo men che tollerante e Crouch era uno dei più accaniti persecutori nei confronti di chi la usava.
- Ebbene, devo seguirvi subito?- la donna mantenne la sua dignità e, ad un cenno affermativo dei tre uomini, strinse le labbra - allora concedetemi di conferire con mio marito e con mia nipote…-
- D’accordo ma temo che uno di noi dovrà accompagnarti per essere certi che tu non scappi e, se permetti…- e, senza alcun preavviso, estrasse la bacchetta e le impose l’incantesimo che impediva la smaterializzazione nell’arco di un miglio dalla persona che l’aveva scagliata.
- Non era affatto necessario- la donna strinse gli occhi con malevolenza, apparendo davvero temibile.
- Lo so, ma io non ho voglia di rispondere di qualche mancanza a Crouch - l’uomo si asciugò il sudore con un grosso fazzoletto.
Solange serrò le labbra e uscì maestosamente dalla stanza, seguita proprio dall’omone grande e grosso.
Il Signor Grady Hinchinhooke era un uomo assai più anziano della moglie e sfiorava l’ottantina d’anni, era mingherlino e dallo sguardo gentile ma perso, a causa di una sorta di demenza senile.
Solange si era sposata con lui a soli vent’anni, quando lui ne aveva trenta di più, e l’aveva amato molto.
Lo amava anche adesso che lui aveva perso se stesso da qualche parte: lo baciò lievemente sulla guancia e gli mormorò che sarebbe ritornata presto. Lui le sorrise, ignaro di tutto quello che lo circondava.
Poi andò da Brigid.
- Per cortesia, mia nipote è molto timida e ciò che le dirò le causerà di certo molto dolore, lasciami sola con lei…- l’uomo del Ministero non volle negarle quella cortesia e rimase in attesa fuori dalla porta.
Brigid era in piedi, indossando la consueta veste bianca e virginale, e aveva il volto teso.
- Vedo che sai già tutto…- Solange le parò rapidamente e con un tono molto basso - qualunque sia l’esito, qualunque sia la mia sorte, io sarò viva: imprigionata ma viva - la donna afferrò la ragazza per le magre braccia ricoperte di tatuaggi neri - non dimenticare che devi continuare a lavorare perché ciò che vogliamo si realizzi, i tempi sono quasi maturi e pian piano il cerchio si stringe...ricordati i tuoi obiettivi e ricordati di Aloise…-
Brigid strinse le labbra con forza, rendendole livide.
- Cosa ti accadrà se verrai mandata in quel luogo...non eri tu a doverci andare…- la voce era strozzata e colma di dolore.
- Brigid!- la voce di Solange era piena di urgenza - sapevamo i rischi e va bene così, credimi! Devo tutto a tua madre e ti amo come se fossi figlia mia, ciò che ha fatto Aloise richiede un immenso sacrificio anche per chi resta, anche per chi l’ha amata!- fuori dalla porta ci fu un colpetto di tosse e la donna abbracciò con forza la ragazza - ricordati sempre il tuo scopo, tu sai cosa fare! E, se le cose si mettono male, va da Ysaline, chiaro? Nonostante tutto non ti negherà mai un aiuto, lei odia quella maledetta donna, hai capito?-
Si guardarono negli occhi e lei posò un bacio sulla fronte pallida di Brigid.
- Adesso vado, abbi cura di Grady…- e qui la voce si incrinò, ma la donna si raddrizzò in tutta la sua altezza e uscì dalla stanza senza voltarsi.
Brigid ansimò, piena di rabbia, e si conficcò le unghie nella morbida pelle del volto: la sua vendetta sarebbe arrivata presto.

 

(Ottobre)

 

L’aria di Hogsmeade era frizzante e piacevole, Kerenza era uscita a fare una passeggiata: un altro anno scolastico era iniziato e lei sentiva che il suo tempo, lì in Scozia, non era lontano dal terminare.
La guerra era esplosa e degenerata, non poteva permettersi di rimanere in terra straniera a lungo.
All’improvviso una civetta planò vicino a lei e fece una specie di inchino, porgendole la zampa.
La donna sfilò la pergamena e l’animale volò via soddisfatto.
Kerenza lesse con una certa apprensione: Lucius avrebbe dovuto farle visita proprio quel giorno e forse voleva disdire, ma la missiva non era sua.

 

“Mia cara Hekima*, come stai? Sei bella come ricordo? Immagino di si, te lo chiedo ogni volta perché, dopo tre anni,  ho paura di non ricordare bene il tuo volto. In realtà ciò non è possibile e tu lo sai. Volevo solo dirti che, come mi avevi giustamente detto, a metà del decimo mese, è nata Shoorai. Lei sta bene, io abbastanza ma, ciò che più conta, è che sia io che Babukar siamo consapevoli di aver fatto bene a lasciare la Namibia e permettere alla nostra creatura di nascere altrove. Prima o poi potrò guardati negli occhi e narrarti ogni cosa, mia cara amica. Abbi cura di te e sappi che la mia Furaha Yangu si trova in Irlanda con mia nonna...te lo dico così, nel caso tu voglia far buon uso di questa informazione. Ti abbraccio, B.”

 

Kerenza lanciò un’esclamazione di sorpresa e corse al suo cottage.
Quando entrò vide che Lucius era già arrivato e indossava un pesante mantello da viaggio, esagerato persino per l’autunno scozzese.
Lui si voltò e le dedicò il suo sorrisetto ironico, seppur pieno di affetto.
Kerenza arrotolò la pergamena e se la mise in tasca.
- Ti preparo un tè? - gli disse, con il volto arrossato - sei in partenza?-
-E’ così, sono venuto a salutarti. Era un viaggio già programmato e che è stato solo rinviato- lui si sedette e si sfilò i guanti.
La gamba era migliorata molto ma lui usava ancora in bastone, perché senza avvertiva molto più dolore.
- Quanto credi di assentarti?- le mani le tremavano leggermente.
- Vedremo…- lui giocherellò con il suo fidato bastone - abbi cura di te, mi raccomando, e…-
Lei si voltò con le labbra strette - Si, se scopro qualcosa sarai il primo a sapere…-
Lui le sorrise e lei ricambiò il sorriso.

 

Narcissa non metteva piede ad Hogsmeade da giugno, ossia da quando aveva terminato i suoi studi.
In fondo le era mancato quel posto. Gettò da lontano uno sguardo al cottage di Kerenza e sorrise, aveva voglia di rivedere la sua amica e fare quattro chiacchiere.
Non che le fossero mancate le chiacchiere con Bibi Oma, in quei tre mesi appena trascorsi, ma l’idea di rivedere la sua amica veggente le sorrideva molto.
La nonna di Beb le aveva annunciato la nascita della secondogenita di sua nipote e Cissy aveva tirato un sospiro di sollievo capendo che la ragazza stava bene e la bambina anche.
Ma ciò significava che il soggiorno irlandese stava per terminare e quindi Narcissa aveva compreso che l’unica sistemazione possibile per lei era Weirwater.
Un’ala era inagibile ma una parte della casa era ancora integra e lei si sarebbe accontentata.
La Professoressa di antiche Rune le aveva proposto di tradurre alcune antiche pergamene e lei aveva accettato, lieta di avere un’occupazione che l’appassionasse.
Respirò a fondo e pensò che, forse, la sua vita sarebbe ritornata a posto un poco alla volta.
- Narcissa?- una voce la richiamò con un tono stupito e lei si irrigidì impercettibilmente.
- ...Barty…- il tono era gelido ma il ragazzo finse di non accorgersene.
Le sorrise con cordialità e le si avvicinò di un passo, infilando le mani in tasca.
- Mi dispiace che tu sia sparita dopo quella sera e mi dispiace di non aver potuto partecipare al funerale di tuo padre - il tono era sinceramente dispiaciuto.

“Se odii me e quello che faccio, Barty Crouch non è la compagnia più adatta a te.”

- Mostrami il tuo braccio sinistro - la voce di Narcissa era tagliente come un rasoio affilato.
Lui perse un po’ della sua baldanza ma poi sorrise con ironia.
Sollevò la manica e mise in mostra il Marchio Nero.
- L’ho sempre detto che Lucius Malfoy è un dannato rompiscatole!- ricoprì la pelle e lei lo fissò nauseata.
- Non comparirmi mai più davanti - fece per andarsene ma lui la bloccò, afferrandola per un braccio.
- Dopo tutta la pena che mi sono dato, senza avere nulla in cambio, come minimo mi merito un bacio!- e l’attirò a sé con una forza insospettabile, avvicinando il viso lentigginoso al suo e poi, all’improvviso, si bloccò.
Lasciò andare lentamente la ragazza e si voltò con un’aria assai scontenta, gli occhi fissi sulla bacchetta che lo teneva sotto tiro.
- Ed ecco un rompiscatole ancora peggiore…- sussurrò, scostandosi e rivelando la presenza di Severus dietro di lui.
Narcissa sentì il cuore perdere un battito.
- Crouch, i tuoi bei modi, così cortesi e per bene, dove sono finiti?- la voce del ragazzo bruno era gelida ma quasi cordiale: un curioso contrasto.
Barty alzò le braccia per dirsi sconfitto ma, all’improvviso, con velocità animalesca, afferrò Narcissa e la baciò brutalmente sulla bocca, poi si smaterializzò in un battito di ciglia.
Narcissa si pulì con rabbia le labbra, strofinandole sulla manica del suo abito, e poi cercò di riaversi e trovare il coraggio di guardare Severus in volto.
Prima che alzasse lo sguardo lui parlò.
- Volevo farti le condoglianze, con imperdonabile ritardo - il tono era contrito - e suggerirti di ponderare più attentamente le tue amicizie…-
Cissy sollevò il volto di scatto, con gli occhi lampeggianti, memore degli avvertimenti che anche Lucius le aveva dato.
Severus stava sorridendo.
Studiò il volto arrossato di lei e gli occhi grigi e brillanti, l’espressione indignata.
Sentì che l’emozione lo stava cogliendo, come sempre quando posava gli occhi su lei e riusciva a meravigliarsi di quanto fosse bella.
Quei sentimenti poteva solo reprimerli, non poteva fare altro.
Narcissa cercò qualcosa da dire ma la voce non voleva saperne di uscire: da quanto tempo non lo vedeva.
Lui era sempre uguale e, in qualche modo, diverso.

“E nemmeno Severus”

La voce di Lucius le rimbombava nella testa: se avesse chiesto a Severus di sollevarsi la manica, cosa avrebbe visto? Non aveva alcun dubbio a riguardo.
- Ti trovo bene…- non seppe dirgli altro, chiuse un attimo gli occhi e poté sentire la forza di lui giungere fino a lei. Sentì la debolezza alle gambe e la sensazione di appartenenza che avvertiva ogni volta stando accanto a Severus “ma lui non mi appartiene, non mi è mai appartenuto né mi apparterrà mai” - perdonami, ma ora devo andare via, è stato bello rivederti…- ogni parola che pronunciava le causava dolore perché era consapevole che quello era un addio.
In quei pochi mesi le loro vite erano cambiate in maniera troppo profonda.
Lui strinse con forza il pugno sinistro - E’ stato bello anche per me - la voce era inespressiva.
Si guardarono negli occhi e, impulsivamente, lei allungò una mano e la posò sul suo braccio, dove sapeva celarsi il Marchio Nero.
Lui si irrigidì impercettibilmente.
Narcissa avrebbe voluto strappargli il tessuto della manica e graffiare via quel simbolo che sapeva avrebbe messo in pericolo la sua vita, rischiando di cancellarne per sempre l’esistenza.
Invece la mano scese ad afferrare quella di lui, ancora contratta, e poi Narcissa si avvicinò posandogli un bacio sulla guancia scarna e fredda, molto vicino alle labbra sottili.
Il suo corpo sfiorò quello di lui, le sue labbra si avvicinarono al suo orecchio - Buona fortuna Severus…- l’alito caldo che fuoriuscì dalla sua bocca infiammò le viscere del ragazzo. Un attimo dopo si era smaterializzata.

 

Weirwater, vista dalla collina che ospitava il grande castagno, era come il corpo ferito di un animale.
L’ala che era franata su Cygnus era ancora ridotta in macerie, ovviamente nessuno si era interessato per farla sistemare.
Narcissa si era smaterializzata da Hogsmeade e, istintivamente, si era materializzata lì; e ora fissava la vecchia dimora come si può osservare un lontano parente che non si vede da tempo immemore e risulta familiare eppure estraneo.
Era appoggiata al tronco del suo adorato albero, intorno al quale suo padre aveva fatto mettere una panchina in pietra, appositamente per lei.
Lei chiuse gli occhi, cercando dentro di sé le sensazioni della sua infanzia e i ricordi lieti che quella casa conservava.
Posò la testa al tronco, accarezzando la corteccia con una mano.
-Innanzitutto, permettimi di scusarmi…- la voce la riscosse da quel momento di riflessione, il cuore accelerò e lei si voltò lentamente - ...per come mi sono comportato quella sera a casa degli Hinchinhooke. Non ho giustificazioni…-
Lucius aveva il volto tirato e pallido, i capelli biondi era sparsi sul prezioso collo di pelliccia del suo mantello, così simile a quello che le aveva drappeggiato addosso quella notte di Luglio.
Narcissa notò che si appoggiava ancora a quell’assurdo bastone con la testa di serpente.
Si guardarono negli occhi per un lungo momento, ricordando gli attimi di passione che avevano vissuto: il volto di lei si fece più rosato e lui sorrise impercettibilmente.
- Questi tre mesi- si bloccò - questi tre mesi ci hai fatto stare molto in pena, mio padre era fuori di sé. Potevi mandarci un gufo…- la voce non conteneva alcun rimprovero.
- Mi dispiace - le nuvole andavano addensandosi e lei rabbrividì leggermente.
Lui si avvicinò lentamente e lei combatté l’impulso di allontanarsi.
- Ti chiedo con tutto me stesso, ti imploro con tutto il cuore, di accettare ospitalità a Malfoy Manor - era serio e pacato come non lo era mai stato - fallo per mio padre, fallo per te stessa. Non sono tempi in cui si possa andare in giro da soli - strinse un attimo le labbra - permettimi di adempiere ad una promessa che ho fatto a tuo padre, consentimi di aver cura di te, almeno fino a che le cose non si saranno messe al meglio…-
Narcissa non riusciva a dire nulla: se lui si fosse mostrato arrogante o indisponente gli avrebbe reso pan per focaccia ma, davanti a quel Lucius così umile e dimesso, non sapeva come reagire.
- Ti prometto con tutto il mio onore che non ti sfiorerò nemmeno con un dito...se non sarai tu a volerlo…- sorrise, apparendo di nuovo l’uomo sfrontato di sempre - inoltre sto per partire, mi assenterò per almeno un anno, quindi non hai nulla da temere. Mio padre risiederà a Londra e la casa sarà tutta per te. Ti chiedo solo di non lasciare Malfoy Manor per nulla al mondo finché non sarò ritornato...ti prego…- non doveva essere facile per lui, eppure era sceso per un attimo dal suo piedistallo.
- Perché…?- sussurrò Narcissa, sentendo un grande dolore dentro di sé.
- Perché non sono tempi facili e non è il caso che una ragazza sola…- lei scosse la testa, interrompendolo.
- No, perché parti? Il tuo posto non è forse qui?-
Si guardarono e non ci fu bisogno d’altro, il perché era ovvio: perché  lui  aveva deciso che doveva essere così.

“L’uomo che io amo allontanerà da te, sempre e comunque, l’uomo che tu ami…prevalendo su di lui, dominando su di lui!”

Rammentò ciò che le aveva detto Bella una sera di tre anni prima.
Un anno, un altro anno di separazione. Capì che lui voleva partire tranquillo e con l’animo in pace.
- D’accordo, ti ringrazio...accetto volentieri -
Lucius rimase stupito e poi le sorrise in modo sincero, mostrando tutto il suo sollievo.
Quel sorriso le tolse il fiato.
Si fissarono ancora un istante.
- Però...se mi guardi così…- mormorò - in fondo non sei ancora mia ospite…- e si avvicinò, fino a spingerla dolcemente contro il tronco del castagno, poi l’avvolse con il suo mantello, stringendola a sé e lasciando che il calore dei loro corpi si fondesse.
Le loro bocche si incontrarono e Narcissa chiuse gli occhi, socchiudendo dolcemente le labbra.
Lucius lasciò cadere il bastone e la circondò con entrambe le braccia, lasciandosi andare al desiderio. La ragazza non fu da meno e rispose al bacio con tutta l’anima, accarezzandolo con ardore, sentendosi al riparo sotto il mantello.
Lui la strinse con più forza ansimando leggermente.
- Avevi detto che non mi avresti sfiorata nemmeno con un dito...hai infranto la tua promessa…- gli sussurrò, permettendogli di accarezzarle il seno.
- Ho detto anche che non l’avrei fatto a meno che tu non lo volessi…- mormorò con la voce rotta dalla passione.
- Sei un uomo molto furbo…- e gli sfilò la camicia dai pantaloni per poter infilare le mani sotto la stoffa e accarezzargli la schiena.
- Lo so - Lucius gemette piano e le infilò la mano sotto la gonna - ma sono anche terribilmente sfortunato…- e si staccò da lei dopo averle fugacemente accarezzato le gambe lisce e invitanti -...purtroppo questa volta non posso permettermi di rimandare. Devo partire adesso.-
Narcissa appoggiò la nuca all’albero, ansimando e cercando di riprendersi, sentendosi molto frustrata.
Lui la baciò lievemente sulle labbra.
- Dove vai?- gli chiese, fissandolo con gli occhi ancora velati dalla passione.
- In Bulgaria - le disse baciandola ancora - ho delle vecchie conoscenze la...devo partire adesso, non un minuto più tardi.- e seguitò a posarle dei piccoli baci su tutto il viso. Lei li accolse tutti e gli accarezzò i capelli, i suoi adorati capelli, catturandone la sensazione che le lasciavano sotto le dita.
Alla fine lui si staccò del tutto, infilandosi di nuovo la camicia nei pantaloni con un’aria sorniona sul viso.
- La mia carrozza è già qui, ti condurrà dove vuoi e dopo ti porterà a Malfoy Manor -
- Eri certo della mia risposta?- Narcissa mise il broncio.
- Diciamo che ci speravo…- le sorrise malizioso e poi si fece più serio - ora devo andare - raccolse il suo bastone, l’accompagnò alla carrozza e l’aiutò a salire, soffermandosi ancora un istante sul volto di lei.
- Al mio ritorno…- ma non finì la frase, si voltò e si allontanò, smaterializzandosi sotto i suoi occhi.

“spero che…” lui cessi di esistere, così tu sarai libero e io potrò finalmente amarti.

La carrozza partì velocemente, lasciandosi le rovine di Weirwater alle spalle.

Fine cinquantaquattresimo capitolo


* Hekima = saggezza
  
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