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Autore: KiarettaScrittrice92    27/05/2016    3 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Lo stupore

«Chaaaat!» gridò la ragazza, svegliandosi di soprassalto, imperlata di sudore, con il fiato corto e quel nome ancora in bocca, il tutto mentre il cuore batteva impazzito nel petto, come se volesse uscire dalla cassa toracica.
«Marinette, che è successo?» chiese con aria preoccupata il kwami, che in poco tempo le fu accanto.
«Io… – sospirò passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore – Nulla… Solo un’incubo…» concluse, continuando poi a guardare il vuoto.
Subito dopo la piccola creatura rossa dovette nascondersi perché Sabine Cheng apparì dalla botola che dava sulla camera della figlia e fece capolino con il volto nel soppalco in cui si trovava il letto, rivolgendole la stessa domanda.
La ragazza la congedò con un sorriso e una rassicurazione e, solo quando si sentì la botola chiudersi di nuovo, Tikki uscì nuovamente da sotto le coperte, mentre lei stava ancora pensando all’orrendo incubo che aveva fatto.
«Sei preoccupata per Chat Noir vero?» le chiese, ma lei non rispose a voce, fece solo un cenno di testa. 
All’improvviso vide la creatura pararsi davanti a lei, decisa. 
«Trasformati!»
«Cosa?! Perché?» chiese interdetta la ragazza.
«Così provi a chiamarlo…» le rispose la kwami.
«Per dirgli cosa? Già mi sento abbastanza in colpa per averlo ferito, come se non bastasse se mi chiedesse qualcosa dovrei pure mentirgli.»
«Non dovrai mentirgli, puoi dirgli la verità. Chat Noir non ha mai visto che la ferita che ti sei procurata quel giorno con lui non è guarita con il Lucky Charm. Dopo allora ti ha vista solo il giorno in cui è venuto qui da te, e quel giorno avevi addosso una maglietta a maniche lunghe, no? Inoltre la ferita era già guarita completamente.» la rassicurò la sua piccola amica.
Marinette rimase ferma per qualche minuto, poi prese la sua decisione.
«Tikki, trasformami!» disse decisa, ancora seduta sul suo letto, scostandosi i capelli dall’orecchio.
Subito dopo aver preso le sembianze di Ladybug la ragazza mise mano al suo yo-yo e chiamò il compagno. Perché lo stava facendo? Sicuramente Chat Noir ora era nella sua forma normale, probabilmente stava dormendo, probabilmente ce l’aveva con lei, probabilmente…
«My lady…»
«Ch-chat!»
«Lo sapevo che mi avresti chiamato.» le disse il ragazzo e lei vide il suo sorriso sincero attraverso lo schermo.
«Come… Come stai?»
«Eri preoccupata per me?» chiese con il suo solito tono malizioso, facendola arrossire, sì, stava decisamente meglio.
«Che ne dici se ci vediamo al parco?» chiese l’eroe gatto con fare più gentile.
La giovane eroina guardò un attimo l’orologio: erano le tre, aveva tutto il tempo, inoltre in quel modo avrebbe avuto l’occasione di dire a Chat la verità.
«Va bene, ci vediamo al parco.» disse lei per poi chiudere la chiamata.

 

Atterrò vicino al luogo prestabilito con un balzo: per lui che era abituato a correre sui tetti a quattro zampe, usare solo le gambe era una faticaccia. Entrò nel parco e vide la sua amata seduta sulla panchina che si guardava intorno, nel suo sguardo e nelle sue movenze si vedeva chiara l’agitazione e la preoccupazione.
Le si avvicinò e, quando si voltò dal suo lato, vide il suo sguardo azzurro intenso posarsi sull’imbracatura che aveva al braccio e rattristarsi. 
Il suo cuore sembrò perdere un colpo nel vedere quello sguardo: non voleva vederla soffrire, anche se la sua era solo preoccupazione per lui. Gli faceva male quello sguardo e sapeva che lui stesso aveva sbagliato a dirle di andarsene quel giorno.
Si sedette vicino a lei e tornò a sorridere.
«Le spiace se mi siedo? Sà dopo tutto questo combattere, anche un super eroe ha bisogno di riposare.» disse, ma neanche quello servì a tirarla su di morale, continuava a guardarlo con il dolore negli occhi.
«My lady, – cominciò dopo un lungo sospiro – davvero, sto bene. I dottori hanno detto che devo solo tenere la spalla ferma per una settimana, il tempo che mi possano togliere i punti…» dopo aver detto l’ultima parola si zitti, mordendosi leggermente la lingua, come gli era venuto in mente di dire una cosa del genere?
«Ti hanno messo i punti?» chiese sconvolta la ragazza.
«Sì, ma… Non è niente, davvero, sono solo quattro punti… Sto bene, dico sul serio.» cercò di rimediare lui, ma lei non parlò più, semplicemente abbassò lo sguardo e si fece se possibile ancora più seria.
Solo dopo un paio di minuti, continuando a guardare i suoi piedi gli rivolse di nuovo la parola.

 

«Chat Noir… Credo io ti debba delle spiegazioni.» disse con tono serio lei.
«Spiegazioni?» sentì dire il giovane eroe e lei fece un verso di assenso come risposta, per poi sospirare e riprendere a parlare.
«Ti avviso che anche io questa cosa l’ho scoperta poco tempo fa, ma dopo quello che ti è successo è giusto che tu sia consapevole dei pericoli che entrambi corriamo nel combattere questa battaglia… – fece una pausa e vide con la coda dell’occhio il biondo appoggiarsi meglio alla panchina su cui erano seduti, sentiva il suo sguardo indagatore e curioso addosso – Non volevo dirtelo, non so perché… Forse avevo solo paura che te ne andassi o che capissi prima o poi chi ero, ma mi sono resa conto che facendo così ti ho messo solo in pericolo di vita.»
Si bloccò di nuovo, ma questa volta alzò lo sguardo verso di lui e sentì di nuovo le lacrime che pungevano per uscire dagli occhi, per poi riuscire nel loro intento e iniziare a scendere placide sul volto.
Lui sospirò e si avvicinò a lei, accarezzandole la guancia con la mano guantata di pelle nera, nel tentativo di toglierle dal viso quelle gocce salate.
«My lady, non potrei mai abbandonarti… Qualsiasi cosa mi dirai non cambierà nulla… Non cambierà ciò che provo per te e sicuramente non cambierà il nostro rapporto…» la rassicurò con tono gentile.
Non era da lui comportarsi così: ultimamente sembrava più maturo, come se all’improvviso avesse capito che le battute e il tono malizioso non fossero sempre la cosa giusta da fare, come se il ragazzo che c’era sotto, anche se lei non ne conosceva l’identità, fosse più gentile di quello che appariva con la maschera. Già, chissà chi c’era sotto la maschera, chissà se il detentore del Miraculous della sfortuna aveva un carattere più simile a Chat Noir, oppure come lei, ogni tanto cercava di nascondere il suo vero carattere.
Sospirò, decisa a dire la verità e subito dopo cominciò a parlare. Il suo compagno non la interruppe nemmeno una volta. Spiegò nel dettaglio quello che le aveva detto la sua kwami tempo prima, prendendo appena fiato tra una frase e l’altra, come se fermandosi non sarebbe più riuscita a continuare. Appena concluse il discorso vide il giovane eroe guardarla serio.

 

Il ragazzo trattenne a stento lo stupore, concentrandosi con tutto se stesso in modo da non far apparire sul suo volto la minima espressione mentre sentiva quelle parole. Appena la ragazza finì, la guardò serio solo per pochi secondi, dopodiché le pose la domanda che gli premeva sulle labbra. 
«Quindi solo noi non guariamo da queste ferite?» chiese.
La ragazza annuì e questa volta lo sforzo di trattenere le sue emozioni fu ancora più forte. I dubbi della sua lady erano fondati, lui aveva davvero capito chi si nascondeva sotto la maschera e insieme allo stupore, arrivò il sollievo. 
Ecco perché si sentiva bene in presenza di Marinette, ecco perché i suoi occhi azzurri gli ricordavano tanto quelli di Ladybug, ecco perché ultimamente il suo cuore sembrava sempre in conflitto con se stesso. Lui non aveva mai amato due ragazze diverse, lui aveva amato sempre la stessa persona. Eppure rimase lì, fermo, trattenendo tutti quei sentimenti per sé. 
Non sapeva perché ma non voleva dirglielo, non voleva deluderla, non voleva farle credere che le sue paure erano vere. Lei ci teneva molto più di lui a tenere le loro identità nascoste e in quel modo forse l’avrebbe delusa. L’aveva delusa già abbastanza in quell’ultimo periodo e le aveva dato non poche preoccupazioni, non poteva aggiungerne un’altra.
Però, qualcos’altro gli teneva bloccata la lingua, o meglio, qualcun altro: Chat Noir, il suo lato più esuberante, malizioso e sfacciato, pensava a tutto quello che sarebbe potuto succedere ora che sapeva la vera identità della donna che amava.
Ladybug continuava a guardarlo titubante ed il ragazzo capì che doveva smetterla di stare nei suoi pensieri: la priorità ora era soltanto lei, doveva dimostrarle che le sue paure erano infondate e che lui le sarebbe rimasto accanto sempre.
«My lady… – disse, facendola sobbalzare, come se non si aspettasse che prima o poi lui avrebbe parlato – Quando sono diventato Chat Noir ero euforico di quest’occasione che mi si presentava davanti… E non avrei mai rinunciato ai miei poteri per nulla al mondo… Ho conosciuto te e quella sicurezza è diventata più forte… Non mi farò fermare da quattro punti alla spalla… Non mi farei fermare nemmeno dalla morte per starti accanto…»
«Non dirlo neanche per scherzo!» lo rimproverò lei e lui sorrise, dopodiché le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte, per poi accarezzarle leggermente la guancia.
«Va a dormire coccinellina… Sei stanca e immagino che, come me, domani avrai scuola.»
Lei annuì e lo salutò con tono mesto, dopodiché si alzarono e lei gli augurò la buonanotte.
«Buonanotte, my lady…»

  
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