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Autore: Bianca Wolfe    27/05/2016    2 recensioni
Sono passati quarant'anni dall'ultima volta che Takao Kinomiya ha combattuto una battaglia a Beyblade. Da allora, molte cose sono cambiate, la disfatta è stata inevitabile. Quattro bladers hanno il destino di questo glorioso sport nelle proprie mani. (Attenzione! La storia è un rifacimento.)
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Dal terzo capitolo:
Max lo prese per un braccio, bloccandolo. «Aspetta, Tyler! Io non ci ho capito niente. Dove vuole portarci? Possiamo fidarci?»
«Secondo logica, non dovremmo… Ma io mi fido.»
«Come?» Chiese a quel punto Ray.
«Lo- lo sento e basta. Voi no?»
In effetti, c’era qualcosa di estremamente familiare nel volto del professor Kappa, anche Ray e Max dovevano ammetterlo a se stessi. Dopo un momento di esitazione, anche gli altri due si alzarono e seguirono il gruppo. Una sensazione strana aleggiava tra di loro, come se quel percorso l’avessero fatto insieme già tante altre volte, seppure si fossero appena conosciuti.
[...]
Appena entrati, fu Max a rompere il ghiaccio. «Dove stiamo andando, professore?»
«In un posto dove il Beyblade è ancora uno sport.»
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Professor Kappa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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III.
 
 




Una volta tornato a casa, Ray non sapeva che farsene di quel biglietto. L’uomo, dopotutto, era uno sconosciuto, e accettare un invito in tale circostanza sembrava da sconsiderati. Eppure il professor Kappa aveva un ascendente positivo su di lui, un primo impatto quasi… Quasi cosa, esattamente? Il viso bonario, il sorriso sincero aveva un che di rassicurante. Forse, in fin dei conti, poteva fidarsi di lui. Si aspetta una telefonata, pensò il ragazzo, gli occhi puntati sul numero di telefono impresso sul biglietto da visita. L’aria con cui il professore gli aveva parlato faceva presagire che un incontro era previsto. Guardò l’orologio: le otto e venti di sera. Lo chiamerò domani.
            E, appena quel pensiero si fu formato nella sua mente, quasi come per magia, il telefono iniziò a squillare. Non poteva essere il professore; non gli aveva dato alcun recapito per poterlo rintracciare. Allora lasciò che il telefono continuasse a squillare, non avendo voglia di parlare con nessuno in quel momento. Scattò quindi la segreteria telefonica, che riempì la stanza. Una voce fin troppo familiare raggiunse le sue orecchie, e Ray fu ben contento di non aver risposto alla chiamata.
            «Ray, sono Mary… Ho- ho bisogno di parlarti. Puoi richiamarmi appena puoi?»
            Mary. Se lo doveva aspettare. Ormai era un’abitudine, lo chiamava ogni sera. Lui sapeva cosa voleva: tralasciando la cotta che la ragazza provava per lui sin da quando erano piccoli, Mary voleva parlargli di Liam, suo fratello. Ma Ray non voleva avere nulla a che fare con Liam, non più, non dopo quello che era successo… Cancellò il messaggio. Mary non avrebbe mai capito.
 
Il giorno seguente, Tyler si svegliò presto… O almeno prima rispetto ai suoi canoni abitudinari. Per sua fortuna, con l’estate poteva svegliarsi all’orario che voleva, ma quella mattina decise di mettersi all’opera con il suo allenamento alle dieci, anziché alle dodici, come ormai era solito. Lui e Max si erano dati appuntamento a Central Park per una sessione intensiva di Beyblade in vista dell’incontro col professor Kappa di quel pomeriggio. Avevano poche ore, ed entrambi volevano figurare al meglio agli occhi dell’esperto di Beyblade, soprattutto Max – dal momento che avrebbe incontrato Kappa per la prima volta in assoluto. Voleva dargli una buona, anzi un’ottima prima impressione.
            Mentre i due si allenavano, era evidente che fossero davvero appassionati a quello sport: i loro occhi brillavano ogni volta che i loro beyblade iniziavano a roteare; le loro fronti si aggrottavano, tanto erano concentrati; i loro muscoli erano tesissimi mentre controllavano gli schemi più complicati messi in atto dalle trottole. Gli si poteva togliere tutto, a Tyler e Max – la televisione, i videogiochi, persino il cibo… Ma il Beyblade no. Quello era prezioso quanto le loro vite.
            Max faceva compiere al proprio beyblade un percorso a ostacoli: il disco d’attacco verde scuro quasi si mimetizzava con l’erba appena tagliata del parco, ma – nonostante lo perdesse di vista per un secondo o due – lo ritrovava quasi subito. Stava riuscendo nell’intento, schivando le lattine poste come ostacoli con una velocità di rotazione nella norma.
Tyler, invece, stava provando diverse tecniche di lancio, ma era distratto. La sua mente continuava a vagare, soffermandosi sull’immagine del professore… Era come se lo conoscesse da tutta la vita. Perché sono così ansioso? si chiedeva, pensando all’incontro che si sarebbe svolto di lì a poche ore. Non sapeva darsi una risposta.
 
Il professor Kappa passò l’intera mattinata ignorando i suoi impegni e fissando senza sosta il telefono. Attendeva una chiamata da parte di Ray, nella speranza che – se il blader avesse dato disponibilità a un incontro – potesse venirgli a far visita quel pomeriggio. In questo modo, avrebbe incontrato Tyler e Max. Aspettava con trepidazione quel momento: sicuramente avrebbe sentito un nodo alla bocca dello stomaco alla vista di quei tre insieme. Sarebbe stato ancora meglio con la squadra al completo, la ragazza e… Il quarto ragazzo. Con lui, Kappa lo sapeva, non sarebbe stato altrettanto facile, convincerlo sarebbe stato una sfida, un ostacolo da sormontare. Ma aveva fiducia nella parte più buona e curiosa di quella figura così misteriosa.
            All’improvviso, il suono del telefono che vibrava e squillava lo riscosse dai suoi pensieri. Era la linea due, quella della sua segretaria. «Sì, Shannon?» formulò, alzando la cornetta immediatamente.
            «Professore, c’è in linea un certo Ray Gillian.» Fu la risposta della donna, che, come sempre, aveva quel tono impassibile che dava a Kappa i brividi.
            «Passamelo…» si affrettò a dire lui, asciutto e sbrigativo, l’eccitazione bloccata in un angolo del suo cervello per non spaventare il suo prossimo interlocutore. Quando il beep che segnava il cambio della linea suonò alto nel suo orecchio, Kappa passò a un più gioviale: «Buongiorno, qui il professor Kappa.»
            «Buongiorno, professore, sono Ray Gillian. Spero di non disturbarla.» Gentile come sempre.
            «Affatto, ragazzo mio! Dimmi tutto. Suppongo che questa chiamata sia per confermare la tua disponibilità a visitare il mio laboratorio, non è così?»
            Ray si esibì in una lieve risata imbarazzata. «Beh, sì… Sempre se le fa ancora piacere, ecco.»
            «Ma ovviamente, Ray, l’invito è sempre valido. Che ne dici di venire questo pomeriggio stesso? Alle cinque, magari.» Un bagliore malizioso passò nello sguardo del professore: sembrava aver buttato la proposta lì, a caso… Povero Ray, ignaro di ciò che aveva architettato!
            Ci fu una pausa, in cui probabilmente il ragazzo stava valutando se avesse o meno impegni per quel pomeriggio. «Sì, sono libero. Grazie mille, professore!»
            «Grazie a te, ragazzo mio. Ci vediamo questo pomeriggio.»
            Entrambi riattaccarono e Kappa si prese un momento per adagiarsi, ora più rilassato, sulla sua poltrona. Un sospiro esalò dalla sua bocca, il sollievo era evidente nei suoi occhi. Dopo questo momento di calma, l’eccitazione che prima aveva rinchiuso divampò tutta insieme, espandendosi per tutto il corpo dell’anziano professore. Non vedeva l’ora!
            Tutt’a un tratto, però, dovette contenersi di nuovo, a causa del telefono che suonò ancora una volta. Di nuovo Shannon parlò dall’altro capo: «Jordan, professore.»
            «Fallo entrare.»
            Pochi secondi, e l’assistente fece il suo impacciato ingresso nell’ufficio, quasi inciampando sul tappeto blu poggiato con cura sul pavimento (forse l’oggetto preferito di Kappa in quella stanza). Jordan aveva il fiatone – possibile che avesse corso fin lì? La notizia che gli avrebbe dato doveva essere della massima importanza, allora…
            «L’abbiamo… Trovata… La… Ragazza…» Disse, inspirando ed espirando prima di ogni parola.
            In un primo momento, il professore rimase immobile. Poi, d’improvviso, si alzò in piedi e abbracciò l’assistente con forza, gridando la sua gioia. Avevano appena compiuto un altro passo in avanti verso il compimento del loro progetto: Kappa aveva i primi tre blader e ora anche la ragazza. Non mancava molto all’apice di questa importantissima avventura.
 
Il giorno seguente Tyler e Max s’incontrarono presto, in modo da essere sicuri di arrivare in orario all’appuntamento col professore. D’altronde, il laboratorio si trovava quasi dall’altra parte della città e non volevano fare una brutta prima impressione. Ray, d’altro canto, abitava nelle vicinanze, quindi optò per una bella passeggiata sotto il cielo cocente dell’estate newyorkese.
            E intanto il professore li aspettava tutti e tre, seduto in apparente tranquillità sulla sua poltrona mentre Jordan faceva su e giù per la stanza. Kappa iniziò a innervosirsi… Ma perché, poi, era così agitato? Era soltanto vicinissimo alla realizzazione di un piano organizzato da decenni, da quando… Da quando accadde. In preda ai ricordi, cacciò fuori una valigetta – la valigetta, a parer suo. L’aprì per un attimo, scrutandone il contenuto, per poi richiuderla immediatamente non appena Jordan allungò il naso, nel tentativo di sbirciare dentro. Kappa non voleva che sapesse cosa ci fosse, in quella valigetta: era qualcosa di vitale importanza, che avrebbe mostrato ai diretti interessati solo nel momento più propizio. Sì, il suo piano era calcolato alla perfezione… Non poteva bruciare le tappe.
            Quando finalmente arrivò la tanto attesa chiamata dalla linea due, il cuore del professore sobbalzò ed egli si prese qualche minuto per schiarirsi le idee, prima di rispondere. «Fallo entrare.» disse subito, sicuro che uno dei ragazzi fosse appena arrivato. Infatti aveva detto alla segretaria che, quel pomeriggio, non avrebbe ricevuto chiamate né visite se non quelle di Tyler, Max o Ray.
            Ancora qualche secondo, prima che Ray Gillian facesse il suo ingresso. Il diciottenne si guardò intorno spaesato: lo studio era invaso da una strana luce blu. L’unica enorme finestra dell’ufficio era coperta da una pesante tenda dal colore blu scuro e l’unica lampada accesa emetteva dalla scrivania del professore una folgorante luce azzurra.
            «B- buon pomeriggio, professore.» Il saluto risultò un po’ incerto.
            Kappa sembrò percepire il disagio del suo giovane ospite, perché disse: «Buon pomeriggio, Ray. Devi scusarmi, ma solitamente preferisco stare al buio e, sai- La luce azzurra ha un effetto alquanto rilassante sui miei nervi.» Mentre diceva questo, Jordan si era già avviato a spostare la tenda, e la forte luce del sole pomeridiano invase la stanza. Il professore spense la sua lampada e indicò a Ray una delle tre poltroncine che si trovavano dall’altro lato della scrivania.
            Tre poltrone… Ray le guardò sorpreso, seppure prese posto, scegliendo la seduta di sinistra. Di norma, in qualsiasi ufficio le poltrone degli ospiti erano due, non tre. Non disse nulla, però; aspettò che fosse il professore a prendere parola. E così fu, anche se ciò che disse in seguito non era affatto quello che poteva aspettarsi.
            «Se non ti dispiace, vorrei aspettare gli altri due prima di iniziare. Ho così tante cose da dirvi, e così tante cose da fare prima che vi riveli tutto… Ho bisogno che ci siate tutti, capisci? Ma non credo ci vorrà molto, pochi minuti e saranno qui.»
            Saranno qui? Chi? si domandò il giovane, spiazzato da tale periodo. «Io-» iniziò a formulare una domanda, ma lo squillo secco del telefono del professore lo bloccò.
            «Scusami un secondo.» Disse l’anziano esperto di Beyblade, alzando la cornetta. «Falli entrare, Shannon.»
            Un sorriso malizioso apparve sulle labbra di Kappa, mentre ormai Ray mostrava solo un’espressione di perenne confusione. Presto due ragazzi, un moro e un biondo, entrarono nella stanza. Quando videro Ray, anche i loro volti assunsero quello stesso cipiglio sorpreso.
            «Buon pomeriggio…» iniziò Tyler, i suoi occhi fissi sulla figura di Ray.
            Max, da parte sua, era così eccitato dall’incontrare il professore per la prima volta che non percepì la presenza del terzo ragazzo come una minaccia – come probabilmente stava facendo l’amico –, e dunque superò il moretto, porgendo una mano a Kappa. «È un piacere conoscerla, prof! Mi chiamo Max Justin.» Il suo sorriso era splendente, il suo tono di voce allegro.
            «Il piacere è tutto mio, Max. So che sei un appassionato di Beyblade come il tuo amico Tyler, non è così?» Anche il professore risuonò gioviale, il che smorzò la tensione di Tyler, che ancora guardava Ray. Che fosse lui il suo primo avversario? Di certo non si aspettava un incontro così presto, però non si sarebbe sicuramente tirato indietro. La voce del professore echeggiò nuovamente nella stanza. «Prego ragazzi, accomodatevi anche voi.»
            Tyler si riscosse e prese posto accanto a Max, che si era posizionato al centro. Kappa si prese un breve momento per ammirare quella scena: certo, avrebbe preferito la squadra al completo… Ma per il momento poteva accontentarsi.
            «Credo che le presentazioni siano dovute. Max, Tyler- lui è Ray, un altro blader di grande talento. Vi ho convocati tutti insieme in modo che possiate fare amicizia e chissà… Beh, posso dirvi che c’è un motivo ben preciso dietro questo incontro, ma non posso svelarvi tutto ora. Ogni cosa sarà chiarita a tempo debito, non preoccupatevi!» Si affrettò ad aggiungere l’ultima frase, notando gli sguardi preoccupati dei tre ragazzi. «Ora, se volete seguirmi, dobbiamo andare in un posto. Prendetela come una gita, sono sicuro che la troverete interessante.»
            Afferrando la valigetta, il professore si avvicinò alla porta preceduto dal suo fidato assistente. Nessuno dei tre ospiti, però, si mosse. Tyler guardò a lungo il professore, soppesando l’idea di fidarsi o meno di lui. Alla fine, decise di correre il rischio e si alzò.
            Max lo prese per un braccio, bloccandolo. «Aspetta, Tyler! Io non ci ho capito niente. Dove vuole portarci? Possiamo fidarci?»
            «Secondo logica, non dovremmo… Ma io mi fido
            «Come?» Chiese a quel punto Ray.
            «Lo- lo sento e basta. Voi no?»
            In effetti, c’era qualcosa di estremamente familiare nel volto del professor Kappa, anche Ray e Max dovevano ammetterlo a se stessi. Dopo un momento di esitazione, anche gli altri due si alzarono e seguirono il gruppo. Una sensazione strana aleggiava tra di loro, come se quel percorso l’avessero fatto insieme già tante altre volte, seppure si fossero appena conosciuti. Una volta fuori dal palazzo, il professore e Jordan si diressero verso l’auto nera. L’assistente aprì la porta a Kappa, ma non entrò nella vettura.
            «Ti terrò aggiornato, Jordan. Ci vediamo più tardi.»
            Jordan annuì e poi sparì di nuovo all’interno dell’edificio, mentre i tre ragazzi salivano sull’auto. Appena entrati, fu Max a rompere il ghiaccio. «Dove stiamo andando, professore?»
            «In un posto dove il Beyblade è ancora uno sport.»
            Il motore ruggì e l’auto partì. Il professore sedeva davanti, accanto al conducente, mentre i tre ragazzi si accomodarono sui sedili posteriori. Quell’auto era incredibilmente larga e lunga, comodissima quasi una limousine e Tyler, quale il più curioso di tutti, non smetteva di guardarsi attorno frenetico, schiacciando bottoni e abbassando e rialzando il finestrino al suo lato. Sia Max che Ray trovarono divertente tale atteggiamento, così ridacchiarono, il che sembrò farli destare dalla loro confusione. Sì, il professore li aveva presentati, ma forse una chiacchierata tra di loro senza mediatore sarebbe stata più congrua. Dopotutto, era ciò che Kappa voleva, no? Farli conoscere.
            «Il tuo nome è Ray, giusto?» iniziò il biondino, un sorriso sul volto e la mano estesa per una stretta.
            L’altro annuì, afferrando la mano. «Esatto. E voi siete Tyler e Max.»
            «Già! Io sono Max e l’uragano che è seduto accanto a te è Tyler.»
            «Come? State parlando di me?» Tyler si riscosse, voltandosi verso gli altri due, neanche un’ombra d’imbarazzo sembrava scalfire il suo volto allegro. «Comunque sì, sono Tyler. Campione di Beyblade!»
            «E anche di modestia, se non te n’eri accorto.» Aggiunse scherzoso Max.
            La risata di Ray era genuina. «Vedo, vedo.» Con un sospiro che lo aiutò a riprendersi, il blader continuò la conversazione. «Da quanto tempo praticate questo sport?»
            «Sono anni, ormai!» Fu Tyler a rispondere. «Da quando io ne avevo dieci e Max nove. Al negozio ce li hanno venduti come giocattoli, ma sapevo fin da subito che queste trottole sono ben più di questo. Mio padre, quando era giovane, era un appassionato di Beyblade e mi ha sempre raccontato di tornei emozionanti e diffusi in tutto il mondo. È triste sapere che non è più così… Dover limitare il proprio potenziale come blader perché non è più permesso allenarsi come si deve.»
            Kappa si sentì chiamato in causa e lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore, cercando di guardare i volti dei tre ragazzi.
            «Già, un vero peccato…» Il volto di Ray si corrucciò, pronunciando quelle parole. «Io insegno a dei bambini a giocare, ma sono in pochi. È strano pensare che come sport non sia più così diffuso come un tempo.»
            «Lei sa perché, professore?»
            La domanda arrivò inaspettata alle orecchie di Kappa, il quale sussultò. Eppure doveva immaginarselo che qualcuno gliela proponesse, prima o poi, soprattutto se intendeva fare sul serio con quelle promesse del Beyblade.
            «Fa- fa parte del motivo di cui vi parlavo poco fa… Lo saprete a tempo debito.»
            I tre blader si fissarono, confusi: il professor Kappa nascondeva loro qualcosa. Qualcosa che, a giudicare dalla sua espressione funerea, doveva essere a dir poco doloroso.
            Lungo il resto del tragitto, continuarono comunque a chiacchierare e a conoscersi meglio. Una volta arrivati, però, rimasero un po’ delusi dalla “sorpresa” che li stava aspettando. Un edificio di periferia malandato non era certo il posto che si aspettavano di visitare! Avevano immaginato qualcosa di più… Più, ecco.
            «Cos’è questo posto, professore?» Chiese Tyler, un tono di voce e uno sguardo disgustati mettevano perfettamente in luce ciò che stava provando in quel momento.
            «Dobbiamo incontrare una persona che ci condurrà al quarto ragazzo.» Rispose l’anziano senza guardarli, ma camminando deciso verso il portone d’ingresso.
            «Il quarto ragazzo
            La domanda sorse sulla bocca di tutti quasi nello stesso istante, senza ricevere una replica. I ragazzi raggiunsero Kappa e lo seguirono lungo l’atrio del palazzo, per poi dirigersi verso quella che sembrava l’entrata di una sala conferenze. Quando spalancò la grande porta a due ante, Tyler, Max e Ray rimasero a dir poco sorpresi della vista che si stagliò ai loro occhi: decine di bladers – seppur pochi – aspettavano il loro turno per gareggiare. Al centro della stanza, un’enorme arena ricavata facendo un buco nel pavimento ospitava già un incontro. Ai due lati di essa, un ragazzo e una ragazza si fronteggiavano mentre una terza figura presiedeva come arbitro. Era una ragazza e poteva avere la loro età.
            «Bladers in posizione! Tre, due, uno. Pronti… Lancio!»
            Il combattimento ebbe inizio. I ragazzi cercarono di avvicinarsi il più possibile all’arena per assistere. I due bladers gridavano comandi alle loro trottole, attaccando e scansando colpi, aumentando la velocità di rotazione, saltando in aria. Era un incontro abbastanza avvincente, ben diverso da quelli amichevoli che potevano capitare a Central Park o a Battery Park.
            Ma il professore non diede alcuna importanza al match… Il suo sguardo era rivolto all’arbitro, a quella ragazza minuta che fissava intenta i due beyblade in campo, pronta a dichiarare il vincitore. Si diresse verso di lei, lasciando indietro i suoi ospiti.
            «Metti su dei bei tornei clandestini.» Fu il suo commento, appena fu a portata d’orecchio della giovane.
            Il viso di lei, dapprima concentrato esclusivamente all’incontro, si voltò di scatto verso l’anziano signore che le sorrideva come se nulla fosse, come se ciò che avesse appena detto fosse la cosa più normale al mondo. Come se, in quello stesso istante, lei non stesse infrangendo la legge… L’espressione del volto sembrava calma, eppure i suoi occhi tradivano il terrore di ciò che poteva accadere di lì a pochi minuti.
            «Lei è un…»
            «Poliziotto? No, su questo non devi preoccuparti. Sono un professore di Beyblade.»
            Le spalle della ragazza si rilassarono, un sospiro di sollievo le scappò dalle labbra. «Ah, capisco. Quindi è interessato a qualche blader che è qui?»
            «A dire il vero, sono interessato a un blader. Purtroppo non è qui, ma sono sicuro che tu possa aiutarmi a trovarlo.»
            Prima che la sua interlocutrice potesse rispondere, un ragazzo dai capelli incolti e la faccia butterata si avvicinò a loro con un’aria un po’ spaesata e senza alcun riguardo nei confronti del professore e della conversazione che stava intrattenendo con la ragazza. Quando parlò, aveva un tono sconsolato e triste. «Leila, mi dispiace ma… Potresti cancellare il mio nome dalla lista degli sfidanti? Ho- ho perso il mio beyblade in una sfida con… Beh, tu sai a chi mi riferisco
            «E va bene Joy, si ho capito. Ma perché hai accettato la sua sfida?» A quel punto Leila (così si chiamava la ragazza) era tutta un fascio di nervi e la sua voce trasmetteva una forte rabbia che, se espressa in tutta la sua potenza, avrebbe probabilmente fatto cadere l’intero palazzo. O, almeno, era così che Kappa la percepì.
            «Pensavo di riuscire a farcela! Ero sicuro, sicuro ti dico. Ma lui è troppo forte per chiunque, non so come faccia. Perdonami…»
            Joy se ne andò, lasciando Leila e il professore ai loro pensieri.
            «È il dodicesimo, questo mese.» Adesso la ragazza sembrava afflitta, e si appoggiò con tutto il suo peso alla ringhiera che la divideva dall’arena. Era evidente che quel misterioso blader di cui lei e Joy stavano parlando e, soprattutto, ciò che faceva agli altri blader le dava sui nervi.
            «Era proprio questo di cui ti volevo parlare.» Annunciò il professore. Finalmente arrivava al nocciolo della questione.
            Leila si voltò verso di lui, una nuova domanda le vorticava nella mente. «Lei chi è?»
            «Puoi chiamarmi professor Kappa.»
            «Leila. Sanchez.» Continuò a fissarlo, altre domande si formavano, ma non ebbe bisogno di formularle: la risposta, quella più importante, arrivò da sola.
            «Ho bisogno che tu mi porti da Kay



Angolo dell'autrice:
Rieccoci con un nuovo capitolo! Ho avuto problemi con l'editor e ho dovuto lavorare un po' con l'html, quindi spero che la lettura vi risulti scorrevole e che gli spazi e i capoversi siano al posto giusto. Allarme nuovo personaggio, allarme nuovo personaggio! Leila è sicuramente quella che mi è più a cuore in questa storia (insieme al personaggio che verrà introdotto nel prossimo capitolo, mi dispiace un po' per gli altri xD). Spero che la storia continui a piacere, ci vediamo al prossimo capitolo.

Bianca

   
 
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