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Autore: ScoSt1124    28/05/2016    6 recensioni
"La teoria dei sei gradi di separazione è un'ipotesi secondo la quale ogni persona è divisa da un'altra persona, nel mondo, da non più di cinque persone intermediarie.[...] Stiles non credeva facilmente a ciò che gli veniva detto, per quello aveva deciso di sperimentare quella teoria lui stesso."
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"Questo è un esperimento a scopo didattico:
chiunque riceva questo pacco, che non sia Derek Hale, è pregato gentilmente di farmelo sapere scrivendomi un biglietto ed inviandolo al mio indirizzo (Anche se sei Derek Hale devi farmelo sapere)."
[Sterek!AU] [Tutti umani] [Parte Text!Fic Epistolare]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sette

 


 
 
Tutti e due - oltre che cambiati dagli eventi - anche in preda al panico.
Erano, semplicemente, in preda al panico per quello che non si poteva nemmeno definire un appuntamento.
No, forse si. Un appuntamento, tra amici, per conoscersi.
 
Era difficile?
Si, più di quanto si poteva immaginare.
Insomma il primo incontro/scontro non era andato poi così bene.
Ok, era meglio buttarsi e non pensarci. In fondo, via il cerotto via il dolore.
 
- Papà, io esco. Tranquillo, torno per cena.
- Ok. - disse il padre mentre lo fissava - Figliolo, lo sai che non è un’idea geniale mettersi una polo il 19 agosto vero?
 
Stiles non ci aveva pensato. Sinceramente aveva aperto il cassetto e aveva tirato su la prima cosa che gli era capitata. La sua testa pensava ad altro.
 
- Mh... hai ragione.
 
Era tornato in camera e si era messo una maglietta azzurra con disegnato sopra lo scudo di Capitan America.
“Forse così va meglio” pensò tra sé e sé.
Era tornato giù, aveva salutato il padre ed era uscito di corsa.
 
- Non corr... - venne interrotto dalla porta che si chiudeva - come non detto. Ciao. - concluse, parlando ormai da solo.
 
Se c’era una cosa che Stiles odiava, era arrivare in ritardo. L’unico problema era che, per quanto lo odiasse, arrivava sempre in ritardo, anche di poco. Il suo essere iperattivo lo fregava sempre. Iniziava a prepararsi con largo anticipo, ma alla fine arrivava a fare altre cento cose nel mentre.
 
Derek, invece, era più puntuale di un orologio svizzero. Anche questo però era cambiato da quando era un avvocato. Prima, ogni tanto, faceva ritardo. Ora piuttosto partiva un’ora prima. Aveva capito - a sue spese - che in aula non si poteva fare ritardo.
Era successo durante il suo periodo di praticantato. Come tutte le mattine era uscito per tempo, forse per tempo era una definizione grossa, diciamo puntuale; l’unico problema era che aveva trovato traffico. Per questo motivo era arrivato in aula con un quarto d’ora di ritardo e il suo capo lo aveva ripreso per più tempo del dovuto. Da allora, sarebbe arrivato puntuale a vita.
Ah, ovviamente dopo aver risposto al terzo grado delle sorelle.
 
 
Erano le 16.30 e Derek ancora non vedeva nessuno; aveva guardato l’orologio - si e no - cinque volte, come a sperare che l’orario stabilito arrivasse in fretta.
Si era seduto su una panchina, poggiando i gomiti sulle gambe e tirandosi avanti con la schiena. Era intento a fissare il lago davanti a sé; perso nell’agitazione di quell’incontro e nel pensiero di quella storia.
 
Stiles era arrivato da qualche secondo e lui non se ne era nemmeno accorto, fino a che non gli era piombato davanti.
Aveva alzato la mano in segno di saluto e Derek era uscito da quella specie di trance in cui era entrato solo pochi minuti prima.
 
- Ciao. - disse quest’ultimo abbozzando una specie di sorriso.
- Scusa sono in ritardo.
- Oh, si beh non fa niente, non ci avevo fatto caso.
 
Evviva la sincerità; lui che aveva guardato l’orologio ogni cinque secondi dopo le quattro e mezza.
 
- Vuoi camminare?
- Scusa, se è per la gamba non preoccuparti, sono iperattivo. Faccio fatica a stare fermo.
- No, non è un problema. Possiamo fare due passi.
- Ok.
 
Livello di imbarazzo... 110%, o forse anche di più.
Avevano iniziato a camminare già da qualche minuto, eppure nessuno dei due aveva fiatato.
Stiles ruppe il ghiaccio.
 
- Ok, solitamente non sono uno che si fa prendere dalla vergogna. Non ho idea di cosa mi stia succedendo. Non sono nemmeno il tipo di persona che bacia la gente la prima volta che la vede; eppure con te è successo, non so nemmeno perché io lo abbia fatto. No, forse lo so, ma non è questo il punto. Mi sono fatto decisamente trasportare dalla situazione e ho reagito di impulso. Mi dispiace di averti creato fastidio. Però vorrei comunque dirti che giuro che non lo farò più. Mi sono solamente fatto trascinare dalla faccenda. Credo che tu ormai abbia capito che sono gay e ti chiedo scusa se non te l’ho detto. Chiedo scusa anche alla tua ragazza nel caso ne avessi una. Possiamo comunque essere amici, giusto? O conoscenti, quello che vuoi. Nonostante io provi qual-
 
Fu interrotto. Stiles fu interrotto da un Derek un po’ confuso.
 
- Respiri mai quando parli?
 
Stiles incominciò a ridere. Una risata mista di nervosismo e tutti i sentimenti contrastanti di quel periodo.
 
- Non credo, ma a volte ci provo.
 
E a quel punto anche Derek abbozzò un sorriso.
 
- Non scusarti. Non mi pare che io mi sia tirato indietro. Non devi scusarti con nessuna ragazza, non ce l’ho. O meglio ce l’avevo, ma l’ho lasciata perché mi piaceva un ragazzo. - scandì decisamente sulla parola ragazzo - Diciamo che non l’ha presa molto bene.
 
Ci fu un attimo di silenzio ma poi riprese.
 
- Mi sento leggermente stordito con tutte le parole che hai detto. Lo sai?
 
Derek aveva pensato che era molto più semplice fargli capire che non lo reputava uno stupido e che non gli avesse dato fastidio, spiegandogli come erano andate le cose con la sua ex. Pensava che Stiles fosse intelligente e che capisse senza che lui si dovesse esprimere troppo.
 
- Si, faccio spesso questo effetto. Quindi non sei del tutto etero come pensavo?
 
- Stilinski ti facevo più sveglio.
 
- Probabilmente sono stato stordito dalle mie stesse parole. Meglio per me, almeno non mi sentirò tremendamente in imbarazzo per il gesto dell’ultima volta.
 
Santo cielo, a volte si dimenticava il filtro cervello - bocca. A volte era un po’ riduttivo. Diciamo spesso, specialmente quando era preso dall’ansia. E spesso si malediceva per questo.
 
- Mh
- Cioè, non che...
 
Non poteva dirgli ciò che pensava davvero, avrebbe rovinato la sua reputazione di uomo tutto d’un pezzo. Prima o poi - però - si sarebbe sbilanciato comunque. Decise così di cambiare discorso.
 
- Stiles fa niente. Come mai hai fatto tardi?
- Ehm... diciamo che avevo leggermente sbagliato maglia.
 
Derek aveva semplicemente corrucciato le sopracciglia perplesso. Ma aveva deciso di non indagare in qualche altro disastro.
 
- Comunque mi spiace per Scott. Intendo per ieri, l’incontro “ravvicinato”. Solo che alla volte si fa un po’ prendere dalle situazioni.
- Non c’è problema.
- Posso farti qualche domanda?
- Si? Mi pare che ci fossimo incontrati per conoscerci. Mi meraviglierei se non le facessi. E non mi sembravi uno che chiede il permesso.
- Di solito non lo faccio mai, non che sia maleducato, sono impulsivo. Solo che se sono preso dall’ansia inizio a dire tutto quello che mi passa per la testa, forse non dovresti nemmeno farci caso.
 
 
Così avevano passato l’intero pomeriggio a parlare di qualsiasi cosa. Del famoso destino, delle teorie, del vero nome di Stiles e di come Derek aveva iniziato a ridere perché non riusciva nemmeno a pronunciare le prime tre lettere.
Derek che rideva era strano. Stiles che cercava di essere serio lo era ancora di più.
 
- Come si chiamano le persone che c’erano tra me e te? - chiese d’un tratto Derek.
- Lydia, che è la persona che conoscevo, che poi conoscevo è riduttivo. Ero ossessionato da lei, avevo una cotta per lei dalla terza elementare, fino a che non ho capito di giocare per l’altra squadra. Poi c’è stata Allison, Erika, Boyd - vedi che c’è chi ha un nome più strano del mio? - Isaac, spaventato a morte dai racconti di Danny e infine Danny ovviamente.
- Dovremmo far sapere loro come sono andate a finire le cose.
- Cioè?
- Nel degrado.
- Spiritoso. Sono andate a finire meglio di quanto credessi.
- E cosa credevi?
- Di sicuro non mi aspettavo che rispondessi ad ogni mia lettera. E invece... Ah ovviamente credevo anche di essere denunciato. Ma sono ancora qua, quindi non credo sia successo nulla di tutto ciò.
- Ah già, sei sempre molto positivo... me lo avrai detto dieci volte.
- Esatto. Si è fatto tardi, devo andare, ho detto a mio padre che avrei cenato con lui.
- Si, tranquillo anche io devo andare, altrimenti le mie sorelle mi faranno domande da qui all’eternità.
 
 
Si erano salutati amichevolmente questa volta. Nessuno shock di mezzo. E nessuno dei due era scappato; era decisamente un passo avanti.
 

Stiles quando era rientrato aveva trovato tutto pronto in tavola e per la prima volta dopo tanti anni non aveva fiatato durante la cena.
 
- Figliolo, la persona con cui sei uscito ti ha per caso mangiato la lingua?
- Cosa?
- Sei stato in silenzio per tutta la cena.
- Scusa, ero soprappensiero.
- Spero che almeno sia un bravo ragazzo...
- Papà!!
- Si si, lascio stare.
 
Lo sceriffo ormai non si faceva scrupoli a chiedere. Certo, quando il figlio gli aveva detto che gli piacevano i ragazzi aveva fatto fatica a crederci. Non perché non lo accettasse, ma per il semplice fatto che per otto anni era stato ossessionato da Lydia. La sua era una cotta colossale. Ed era proprio per colpa di quegli otto anni passati a parlare di Lydia in ogni momento, che aveva dubitato delle parole del figlio.
Alla fine ci aveva creduto e gli aveva fatto capire che qualsiasi cosa lo rendesse felice, rendeva felice anche lui.
 
 

Derek non aveva avuto molta più fortuna di Stiles. Le sue sorelle erano già pronte a farlo parlare. Metaforicamente parlando.
 
- Chi sei tu? Che ne hai fatto di nostro fratello; quello burbero.
- Cora, cosa diavolo stai farneticando?
- Der non fare il finto tonto - disse Laura puntandogli contro il mestolo con cui un attimo prima stava girando la pasta.
- Ti ricordo che conosco la legge e non credo che fare una smorfia sia un reato.
- Fratellone, non è una smorfia... Stavi sorridendo. Impercettibilmente ma stavi sorridendo e noi certe cose le notiamo - spiegò Cora che si girò per fare un occhiolino a Laura.
 
Urlavano per la maggior parte del tempo, eppure quando dovevano scoprire qualcosa sulla vita del fratello, si ritrovavano a fare comunella.
 
- Mangiamo? Ho fame.
- Non finisce qui Der.
- Sembra una minaccia... e lo è. - aggiunse la più piccola alle parole di Laura
- Si si... vi voglio bene anche io.
 
Oddio, lo aveva davvero detto? Ora glielo avrebbero rinfacciato a vita. Avrebbero indagato a vita. Era un altro segnale che stava cambiando.
 
 
                                                                        ***
 
 
Stiles si trovava in quel momento della giornata in cui era combattuto tra il fare e il non fare qualcosa. Ma lui era uno di quelli che si buttava comunque e lo avevano capito tutti. Quindi tra il fare e il non fare aveva scelto il fare. A lui i dubbi Amletici facevano un baffo.
 
 
(22:15) Sono stato bene oggi.  Stiles
 
(22:15) Dopo aver chiarito le cose.  Stiles
 
 
Un po’ banale, non era da lui. Stiles non era così. Ma in quel momento la paura di fare altri passi falsi era più grande del suo essere.
 
 
(22:16) Già.  Derek
 
 
Aveva bisogno di un corso accelerato per rispondere ai messaggi. Era possibile?
 
 
(22:25) Possiamo rivederci.  Derek
 
(22:27) Certo, quando vuoi. Stiles
 
 
Di nuovo.
Davvero, c’era qualcuno che organizzava un corso?
 
 
(22:28) Comunque, non vorrei dire ma sono stato un veterinario provetto - oggi - con quelle papere.  Stiles
 
(22:30) Ma se dovevano solo tornare nel lago.  Derek
 
(22:31) Beh, ce ne è voluto di tempo.  Stiles
     
(22:33) Ti chiameranno lo psicologo delle papere. Ce ne è voluto di pane, vorrai dire.   Derek
 
(22:36) Finché c’eri tu che lo compravi ahah   Stiles
 
(22:37) Già… Ho comprato più pane oggi che in un mese.  Derek
 
(22:39) Mi meraviglio di te Hale. Non ti facevo una persona che salva papere.  Stiles
 
(22:42) Perché? Come mai hai scelto psicologia e vai dietro alle papere?  Derek
 
(22:43) Non so, non ti immagino con degli animali.  Stiles
 
(22:43) Per fargli da psicologo. Lo hai detto tu ;)  Stiles
 
(22:45) Lascio perdere. È meglio!  Derek
 
(22:47) Bravo bravo! Cambia discorso quando non ti conviene Hale!  Stiles
 
(22:48) Comunque domenica va bene?  Derek
 
 
Oggi era venerdì, quindi si, poteva andare bene.
 
 
(22:49) Si va bene.  Stiles
 
(22:52) Ok.  Derek
 
 
Migliori risposte del secolo.
Avrebbero potuto farci un libro a detta di Scott; visto che quelle volte in cui veniva interpellato glielo faceva notare.
 
 
(23:01) Buonanotte Hale.  Stiles
 
(23:03) Notte Stiles.  Derek
 
 
Stiles a quel punto preferiva di gran lunga le lettere. Meno problemi e soprattutto aveva tempo per scrivere risposte degne di essere considerate tali. Non come quelle di Hale agli inizi. Anche se si era invaghito di lui anche per quello. Per il Derek degli inizi, per il Derek che pian piano aveva iniziato ad aprirsi, per il Derek che - nonostante non lo facesse spesso - sorrideva, per il Derek i cui occhi erano più espressivi delle sue parole e dei suoi silenzi. L’amore, in quella storia, era una cosa che ti colpiva lentamente ma che alla fine ti travolgeva.
 
 
                                                                       ***
 
 
Era passata - più o meno - una settimana dal loro appuntamento “organizzato”, così era stato definito da Stiles mentre ne parlava a Scott. Si erano visti altre tre volte. Praticamente un giorno si e uno no; anche se chiunque lo facesse notare a Derek, lui smentiva.
Si poteva smentire l’evidente? No. Eppure lui ci provava lo stesso.
 
Durante l’ultimo appuntamento, Stiles, lo aveva convinto ad andare al cinema a vedere Suicide Squad uscito qualche settimana prima.
Avevano passato i dieci minuti successivi per arrivare al parcheggio a discutere del film.
 
Fu in quel momento che Derek lo baciò, in un momento in cui Stiles era ancora intento a parlare dei vari aspetti che non gli erano piaciuti nel film; nel momento in cui Stiles era rimasto sorpreso da quel gesto ma che poi aveva ricambiato; quel momento in cui - per la prima volta - ad essere impulsivo era stato Derek.
L’aveva baciato per tutte quelle lettere, per la sua determinazione, per le sue parole che riempivano i silenzi, per il suo essere impulsivo - che li aveva fatti avvicinare di più – per averlo cambiato o per aver ritrovato il Derek di un tempo, per avergli fatto provare sentimenti contrastanti che non capiva nemmeno lui.
 
Ma Stiles non riusciva a non pensare nemmeno in un momento così.
 
 
- Questo significa che vuoi provarci?
- Non so, tra poco tornerò a New York.
- Vuol dire che continuerò a scriverti lettere.
- Idiota, puoi chiamare
- Naa... le lettere hanno tutto un altro fascino.
- Ragazzino, smettila di farmi il verso
- Oh no, lo faccio quando voglio
- Mi fai già pentire di averti baciato.
- Spiritoso. Io no, non mi pento di nulla!
 
 
Avevano ripreso a baciarsi, forse con più convinzione.
Si, più convinti di voler superare e accettare la distanza.
Anche se in quel momento non c’era distanza chilometrica che li potesse dividere, perché in quel momento non avevano più cinque persone tra di loro.
Da quel momento in poi non avrebbero più avuto nessun grado tra di loro. Niente li divideva. Nessuna teoria, nessun esperimento, nessun intermediario. Niente di niente.
 
- Ci voglio provare.
 
Le tre parole che Derek disse prima di andare via.
Le tre parole che fecero sorridere Stiles.
 
 
 
 
 


 
 






Note: Buon fine settimana!
Questo è l'ultimo capitolo, già mi mancano. L'epilogo arriverà prima di sabato.
Questa storia è nata con una lezione di informatica e finirà con l'esame di informatica. Un po' inquietante come cosa.
Spero che non ci siano grossi errori, non sono riuscita a rileggere attentamente, nel caso fatemelo sapere e correggo. 
Grazie mille come sempre per aver letto e ci vediamo all'epilogo.
A presto e buona giornata. :)





 
   
 
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