Crossover
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Autore: Crybaby    13/04/2009    3 recensioni
[Sailor Moon; Dragon Ball; Saint Seya; Naruto]
Il principale avversario di Sailor Moon è tornato, ma questa volta le sue intenzioni vanno ben oltre il desiderio di vendetta. Sette squadre di guerrieri, provenienti da quattro diverse realtà, partono alla volta dei quattro angoli dell'universo nel tentativo di riportare la normalità e sventare l'ultima, definitiva, minaccia di Chaos.
PARTE 1: ANTEFATTO
1-7 Prima parte
8-15 Seconda parte
PARTE 2: LE SETTE SQUADRE
16-28 Ub, Minako, Rock Lee, Tenten, Ami, Kiba & Akamaru
29-40 Gaara, Haruka, Shiriu, Shino, Temari & Mister Satan
41-50 Makoto, Shun, Michiru, Hotaru, Choji & Ino
51-61 Setsuna, Kankuro, Hinata, Goten, Pan & Naruto
62-75 Shikamaru, Rei, Hyoga, Shaina, Trunks & Usagi
76-83 Gohan, Ikki, Sakura, Videl, Neji & Seya
84-88 Vegeta & Bulma
PARTE 3: TUTTI CONTRO CHAOS
89-103 La Città
104-115 La Fortezza
116-119 Resa dei conti finale
PARTE 4(cap. 120): EPILOGO
Genere: Generale, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Benvenuti Nella Fortezza Di Chaos

“Ciao, Hotaru.”
La piccola guerriera aprì gli occhi, ma non trovò né Choji né Michiru ad aspettarla. Intorno a lei, solo una fitta nebbia. Nelle sue orecchie solo quella voce, che mai aveva sentito prima, ma che le suonava dannatamente familiare.
“Non chiederti chi sono. Ti basta sapere che io ho la soluzione a tutti i tuoi problemi. Io, e non Sailor Saturn, che si spaccia per il tuo angelo custode. Lo sai bene anche tu. È stata lei, sempre e solo lei, a rovinarti la vita. Lo sta facendo tutt’ora. Finché ci sarà Sailor Saturn, ti sarà sempre negato il diritto di vivere una vita normale. Finché ci sarà Sailor Saturn, tu continuerai a morire e poi tornare in vita, per sempre, senza poter mai riposare in pace. Seguimi, segui la mia voce. Sono qui per aiutarti, ti sto aspettando.”
Hotaru aprì gli occhi per la seconda volta. Ora sì, era sveglia, ma le sembrava di sognare ancora. I suoi occhi vedevano solo il bianco e il nero, per di più invertiti, come nei negativi di una fotografia. Non solo la vista le era stata stravolta, anche l’udito non le obbediva più. Choji era accanto a lei, vedeva che le stava parlando, ma non riusciva a udire la sua voce. Era più interessata all’arma che teneva stretta fra le dita, la falce chiamata Silent Glave. Hotaru non ricordava di averla mai invocata, ma dentro di sé sentiva che non gliene importava più di tanto. Istintivamente, la piccola aggredì il compagno di squadra con la falce, scaraventandolo lontano. Senza nemmeno controllare quanti danni gli avesse inferto, Hotaru volse lo sguardo verso l’imponente grattacielo, che ora le appariva bianco, e si mise a correre in quella direzione. Da dove quella voce sconosciuta la stava chiamando.

-Hotaru! Fermati! Ti prego!…
Choji fece appena in tempo a vedere la piccola sailor varcare la soglia dell’edificio, prima di avvertire l’ennesima dolorosa fitta allo stomaco e cadere in ginocchio. Rassegnato, il ninja tirò fuori dalle sue tasche una pillola ricostituente e la mandò giù tutta d’un fiato: non avrebbe voluto servirsene, ma il colpo ricevuto, seppur non letale, era stato comunque violento. Aspettando di recuperare le forze, Choji alzò la testa e osservò il grattacielo, provando subito un po’ di paura: completamente nero, dalle finestre dotate di vetri a specchio, alto un centinaio di piani e largo come un’arena. Sentendo di stare meglio, l’Akimichi scosse la testa, come a voler scacciare la paura, e riprese a correre lungo la strada, su per una gradinata e dritto nei corridoi del pianterreno. Nonostante il tappeto rosso e l’illuminazione a giorno, quel luogo non ispirava affatto sicurezza. Fermandosi un attimo e drizzando le orecchie, Choji captò un leggero rumore di passi alla sua destra e schizzò in quella direzione, sbucando in una stanza circolare con al centro una colonna di vetro e una scala a chiocciola ai lati. Alzando un poco lo sguardo, la vide: Hotaru, immobile come un automa privo di volontà, era rinchiusa in una specie di ascensore, e stava salendo sempre più in alto senza accennare a fermarsi. Il pomo d’Adamo nel ninja quasi gli andò di traverso a quella visione; però, se voleva raggiungere la sua Hotaru, non aveva altra scelta.
-E va bene- si disse, dandosi delle manate sulle guance per farsi coraggio -ma sappi che lo faccio solo per te! Aspettami Hotaru, sto arrivando!
Un bel respiro, e il buon Choji cominciò a correre su per la scala a chiocciola, più veloce che poteva.

Pochi minuti più tardi, altre due persone giunsero dinnanzi alla tromba dell’ascensore. O meglio, un saiyan e un robottino. Trunks, e Gill.
-Papà è qui, non ci sono più dubbi! Sento distintamente la sua aura. Purtroppo, avverto anche quelle di cinque draghi malvagi. Mostrami il radar cercasfere, Gill!
-GIRU GIRU… MODALITA’ RADAR ATTIVATA… SFERE DEL DRAGO LOCALIZZATE… SPOSTARSI DI VENTISETTE METRI E SCAVARE PER CINQUANTADUE PER RECUPERARLE…
-Quindi si trovano sotto di noi... Ma non possiamo scavare! Se per sbaglio distruggo un pezzo di fondamenta rischio di farmi crollare sulla testa l’intero palazzo!
-GIRU GIRU… E’ VERO… SCUSA…
-Non importa, non importa! A quanto pare l’ascensore qui è occupato, e le scale non conducono di sotto. Ci dev’essere per forza un modo per scendere da qualche parte. Aiutami a trovarlo, Gill, e in cambio ti farò mangiare ogni singolo microchip della Gravity Room che abbiamo a casa (sperando che papà non se ne accorga! Oh beh, ormai ho promesso, vada come deve andare…)
Allettato, il robottino partì immediatamente alla ricerca, schizzando a tutta velocità in un corridoio laterale e controllando ogni possibile deviazione, seguito a ruota da Trunks.

Una cinquantina di piani più in alto. In un locale simile ad una mensa, dalle pareti arancioni e il pavimento bianco a pois rossi, tre ragazze stavano chiacchierando allegramente attorno ad un tavolino, davanti al proprio piatto preferito. P, la mora, si serviva da un bel piatto di spaghetti; S, la rossa, gustava una grossa bistecca al sangue; infine V, la rosa, stava letteralmente affondando il muso in una grossa coppa di gelato alla panna. La cena si stava consumando in un clima di assoluta serenità e spensieratezza.
Fino all’arrivo di B, la quale irruppe nel locale sfondando la porta. Impaurite, le altre tre si fiondarono immediatamente dietro il bancone del self-service, ma invece di andarle a prendere per le orecchie la collega si avvicinò a grandi passi al tavolino e vi posò sopra tre fotografie.
-Scegliete.
-Scegliere cosa?- chiese S, uscendo timidamente dal riparo, seguita dalle altre.
-Questi sono i tre ragazzi che ho visto nei sotterranei. Scegliamone uno a testa e facciamolo fuori.
-Ma- osservò la piccola V -questi qui sono solo tre, mentre noi siamo in quattro! Per forza di cose una di noi rimarrà da sola!
-Complimenti V, hai imparato a contare! Come premio ti assegno il compito più bello di tutti: in pratica non dovrai fare altro che tener d’occhio i vari corridoi e badare che nessuno si introduca furtivamente nella fortezza. Tutto chiaro?
-C-c-c-cosa!? Ma B! Io sono solo una bambina! Ho paura a star qui tutta sola! E se dovesse spuntar fuori l’uomo nero…
-VAI.
Quel “vai” non lasciava spazio a dubbi: la discussione era finita. Piagnucolando e mugolando, la piccola V uscì a capo chino dal locale.
-Torniamo a noi. Avete deciso di chi occuparvi?
-Io sì.
P prese in mano una delle foto e la fissò attentamente, con un ghigno stampato in volto.
-Ho il sospetto che questo bel tipo abbia cose molto interessanti da mostrare… Vi saluto, ragazze!
Una porta si materializzò sul pavimento del locale. Con disinvoltura, l’androide la aprì, ci saltò dentro e la richiuse sopra di sé, facendola svanire.

Era trascorsa ormai un’ora, da quando si era introdotto nella galleria. Un’ora, da quando aveva promesso alla sorella che non avrebbe mai più provocato altre catastrofi. Anche volendo, non avrebbe mai potuto infrangere la promessa. Non nel luogo in cui era capitato. Non c’era un solo elemento naturale in quel sotterraneo: pareti, pavimento e soffitto erano fatti interamente di metallo. A rendere il tutto visibile, la luce quasi accecante proveniente da due tubi di neon azzurri, che percorrevano l’intero tunnel. Durante il suo incedere, il ragazzo si era imbattuto in diversi altri corridoi e bivi, ma aveva deciso di proseguire dritto e ignorarli, non trovandoli interessanti. Così come non era affatto interessato all’unico rumore del posto, un incessante e fastidioso ronzio.
Ad un certo punto, un rumore diverso riuscì a catturare finalmente la sua attenzione. Il cigolio di una porta che si apriva, seguito da una squillante voce femminile. Il ragazzo sollevò lo sguardo: da un’apertura del soffitto c’era affacciata una ragazza, la quale alternava lo sguardo da lui ad una fotografia che teneva in mano.
-Eh sì, non ci sono dubbi, tu sei lo stesso bel ragazzo della foto! Posso sapere il tuo nome?
-Gaara del deserto- rispose, senza batter ciglio.
-Wow. A vederti, non sembra che tu faccia parte del gruppo dei nemici del capo. Ah già, che scema, non mi sono presentata! Il mio nome è P come porta, membro dell’esercito di Chaos Goku. Se proprio vuoi saperlo, i miei alleati come H, R, G e tanti altri che i tuoi amici hanno brutalmente fatto fuori beh, erano schiappe in confronto alla sottoscritta!
Gaara rimase in silenzio, riflettendo sulle parole sentite.
“Chaos Goku… i suoi alleati… fatti fuori dai miei amici.”
Gli ci volle poco per disegnare nella sua mente un quadro generale della situazione. Già in precedenza aveva pensato che se alla sua squadra era sfuggita la sfera del drago malvagio probabilmente questo era capitato anche agli altri, quindi non gli era difficile credere che tutti loro in quel momento si trovavano nella città del Chaos. Quello che il ninja proprio non riusciva a capire, è come quella P potesse essere collegata a Chaos Goku.
-Perché mi guardi così?- chiese l'androide -non mi credi, vero? Beh, ti sfido a venire a vedere di persona di che cosa sono capace. La mia porta, anzi, le mie porte sono sempre aperte!
Detto questo, l’androide dalla lunga treccia sparì all’interno del varco. Per nulla intimorito, Gaara spiccò un salto e la seguì.

  
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