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Autore: Evola Who    30/05/2016    1 recensioni
Un caso di omicidio, un insegniate trovato morto nel suo quartiere. Lestrade pensa una aggressione ma Sherlock capisce subito che non è cosi. E manca qualcosa in questo caso, non una prova. Ma una testimone...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Dopo qualche minuto…

John, Sherlock e Eva erano fuori da quel posto ma cerano macchine di polizia, delle ambulanze che una stava trasportando lo stozzino.

Sherlock e John davanti a Lestrade a spiegare la situazione.
“Quindi… quando John si stava riprendendo, tu hai cominciato a distrarlo chiamandolo ma quando si è girato tu hai seguito, John lo ha preso di spalle, dando un pugno talmente forte da far cadere la pistola, tu hai preso Eva, John lo ha picchiato e poi hai preso la pistola e hai mirato in un braccio.” Disse Greg analizzando la storia di Sherlock. 
 
“Esattamente, sapevo che la dose di John non era molto potente e quindi si poteva riperdere facilmente ma ovviamente dovevo aspettare, cosi l’ho rallentato un po’, e quando si è girato, ho passato la pistola, John lo ha preso di spalle e ha dato un pugno, ha allentato la presa, ho preso Eva per il braccio e quando ho visto la pistola per terra, l’ho presa e sparato in un braccio per immobilizzarlo. E ora non avete solo uno strozzino, ma anche uno sfruttatore di prostituzione e un venditore di organi.” Rispose Sherlock quasi fiero.

John invece lo guardò un po’ storto (Certo, capiva che era meglio non dire che era stata Eva a sparare. Però non gli piaceva che Sherlock si prendesse tutto il merito)

“Bene, ma adesso? Che ne faremo di lei?” disse Lestrade guardando la testimone.

 John e Sherlock la fissarono: era seduta del bordo di una ambulanza aperta, con la testa bassa, sguardo triste, occhi rossi che continuava a piangere. E sopra alle spalle c’era una coperta arancione.

John la guardò con aria dispiaciuta ma Sherlock disse solo: “Ci penseremo noi.” E camminò verso di lei, John lo seguì e Lestrade invece rimase perplesso.

Quando John e Sherlock, arrivarono all’ ambulanza, il dottore si sedette vicino a lei a destra, mettendo il braccio introno alla sua palle e il consulente investigativo vicino a lei a sinistra.

“Hey…” disse John rompendo il silenzio: “Come ti senti?”

“Non lo so.” Disse lei facendo spallucce e continuò: “Ho appena scoperto che Antonio voleva farmi prostituire per pagarsi la macchina e ho sparato a un uomo. Come mi dovrei sentire?” e si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

“Beh… triste, arrabbiata, amareggiata, shoccata.” Cominciò ad elencare John.

Ma Sherlock lo interruppe dicendo: “Beh… se non era schoccata non avrebbela coperta dello shock.”

Tutti e due rimasero confusi da quella frase e lo fissarono.

Lui li guardò e non disse nulla.

“Non… non posso credere che Antonio abbia fatto una cosa del genere. E tu lo sapevi!” disse Eva ,con tono normale ma fissando il detective.

“Beh… te lo avevo detto che sarebbe stato sconvolgente per te. E poi se l’unico modo per farlo uscire e arrestarlo eri tu…beh abbiamo dovuto farlo. Al costo di quello che sarebbe successo…” spiegò Sherlock.

Lei lo guardò ma non disse nulla, abbassò la testa dicendo: “Ha ragione lo strozzino. Sono una stupida ragazzina problematica.” E si rattristì.

John cercò di dire qualcosa per consolarla ma il consulente aggiunse: “Non sei stupida.”

Eva lo guardò con aria prepensa dicendo: “Che cosa?”

“Che cosa?!” disse il dottore incredulo.

“Tu non sei stupida. Sei ingenua e vivi in un modo tutto tuo, ma per il resto non sei né stupida e né idiota.”

Eva rimase a bocca aperta da quella frase e anche John era profondamente sorpreso. Sherlock considerava tutti degli idioti a prescindere.

“E poi c’è un'altra cosa che non sai di Antonio.”

“Che cosa?” disse lei incuriosita.

“Antonio voleva annullare tutto.”

La ragazza non chi credeva, John non sapeva più che cosa pensare.

“Aspetta… Antonio voleva annullare tutto sul fatto del debito?”

“Esatto, i sensi di colpa lo stavano tormentando così ha deciso ha deciso di annullare l’accordo e di affrontare Mark di persona.” 

Eva era a bocca aperta e anche John.

“E come lo sai?” chiese subito, speranzosa.

“Ho letto tutte le mail, sia inviate e ricevute, ma ho contralto anche le sezione Bozze, e cera una mail mai inviata, dove spiegava di voler abbandonare il piano, dicendo che non saresti dovuta venire".

 Lei rimase pietrificata non sapeva se doveva sorridere o no ma chiese: “E… quando l’ha scritta?”

“Il Giorno prima della tua partenza, probabilmente il senso di colpa lo distruggeva ma non riusciva ad affrontarlo di persona sapendo che rischiava la sua vita.” Spiegò Sherlock.

“Ma… ma perché non mi ha chiamato o inviato qualche messaggio?” chiese Eva

“Probabilmente te l’ha invitato metri eri in viaggio, ma era in modalità aerea quindi… è difficile ricevere le chiamate prese o i messaggi.”

Eva e John lo guardarono incuriositi.

“Quando eri arrivata a Londra in ritardo era già fuori casa aspettando Mark e sperando che non saresti venuta, ma ti sei fatta dei giri e… sei arrivata al momento finale.”

Lei non lo guardò più, si girò e fissò il vuoto dicendo: “Allora Antonio non era un bastardo… è ed morto per me…” poi si ricordò e disse subito guardandolo sconvolta: “Oh mio dio! E io gli ho sparato! Perché non me l’ha detto?”

“Dirti che Antonio è morto per te? No, voleva provocarti.” Disse Sherlock.

“Gli ho dato un gomitata allo stomaco, un pugno e gli ho sparato su braccio! Potevo ucciderlo!”

“No, non avresti potuto.”  Disse Sherlock con tono normale.

“E come puoi dirlo?” chiese John.

“La pistola non era puntata sul petto o un organo vitale, ma solo verso il braccio sinistro, non la puntavi come si dovrebbe puntare la pistola visto che lo hai mai fatto. E in più, avevi gli occhi lucidi e rossi, quindi la mira non sarebbe mia stata perfetta e la probabilità di ucciderlo era molto bassa, quindi sapevo che avresti colpito il braccio o la spalla. E poi era l’unico modo per uscire da quella situazione.”

“Aspetta… sapevi che avrebbe sparato?” chiese John sorpreso.

“Ovviamente. Dopo una provocazione del genere chi non lo avrebbe fatto.” Disse Sherlock con tono normale e aggiunse: “E poi, era un modo più facile uscire da li.”

E nessuno disse più nulla.

“Eva?” chiese John un po’ preoccupato.

“Ma... come ho fatto a sparare così?” chiese Eva ad entrami.

“Beh, perché hai urlato.” Rispose Sherlock guardandola.

Lei rimase sorpresa da quella frase ma John disse con tono confuso: “Che cosa?”

“Eva, tu fin da piccola volevi urlare la tua rabbia e frustrazione, arrabbiati e difeseti dalle prese in giro dei tuo compagni, le sgridate dei tuo insegniati, gli rimproveri dei tuoi genitori e le ingiustizie che hai dovuto affrontare. Ma non sei mai uscita ad esprimere la tua rabbia. Hai solo pianto per sfogatati, ma hai oppresso la tua rabbia, ma quando hai capito che piangere non ti sarebbe servito, cosi hai usato la tua rabbia come forza e anche per sapere la verità su Antonio e per salvati sia a te e anche per John. Quindi per la prima volta hai usato sia per la salvati te stessa che anche noi.” Spiegò Sherlock.

John capi ma Eva chiese subito: “Ma... e quando ti ho urlato quando hai detto che il caso non era divertente?”

“Oh, quella era solo la rabbia della affermazione. Lo fanno tutti i miei clienti e anche John.” Rispose lui con tono campo e aggiunse: “Ma questa volta… ti sei difesa per la prima volta senza piangere.”

Eva rimase sorpresa dicendo sconvolta: “Wow…. Per la prima volta mi sono difesa da sola… ma non da un bullo… ma da uno strozzino, sfruttatore e assassino, picchiandolo e sparando in un braccio!”

“E… come ti senti?” chiese John con tono un po’ preoccupato.

“Beh… sono un po’ sconvolta da me stessa! Ho fatto una cosa che non pensavo di fare una cosa che non pensavo di fare! Però… mi sento come se avessi urlato per tutta la mia rabbia, sfogarmi e adesso è come se stessi sospirando di sollievo e sentendomi più leggera e togliendomi un peso dallo stomaco.” E fece un piccolo sorriso.

John lo ricambiò le mise una mano sulla spalla dando confronto e rimasero muti per po’.

“E adesso?” chiese Eva e aggiunse: “Che cosa succederà?”

“In che senso?” chiese il medico.

“Ormai il caso è finito… e ora non vi servo più. E quindi… adesso?” disse Eva con sguardo confuso e tono un po’ dispiaciuto.

John e Sherlock si guardarono un po’ imbarazzati.

Ex medico militare sopirò un po’ triste dicendo con tono normale: “Beh… Eva se forse per me, ma anche per Sherlock... ti potevamo ospitare per tutto il tempo che ti serve, ma… abbiamo detto a Lestrede che stavi con noi fino alla fine del caso e visto che sei una minorenne e in più straniera, probabilmente tonerai...”

“Oppure…” disse Sherlock interrompendoli e tutti e due lo guardarono con aria perplessa e continuò: “Poi stare con noi per tutta l’estate.”

“Cosa?” chiese John sorpreso.

“Davvero?”

“Mi serve qualcuno che mi aiuta con gli esperimenti, John non è molto bravo in materia, ma tu mi sembra interessata alla chimica. E poi… cosi potrai vedere Londra come voi tu.”

Eva era a bocca aperta, sorrise dicendo: “Davvero?”

“Certo! E… no! Non sarà un disturbo.” Rispose Sherlock

Eva guardò John che lui sorrise dicendo: “Per me non c’è problema.”

Lei rise abbracciò John sorridendo dicendo: “Grazie! Grazie davvero tanto!”
Il medico ricambiò il sorriso e l’abbracciò.

Sherlock guardò la scena senza dire nulla, ma poi Eva abbracciò anche lui, appoggiando la testa del suo petto dicendo con tono allegro: “Grazie! Grazie con tutto il cuore!” e rimase cosi.

Sherlock rimase sorpreso da quella reazione emotiva di Eva e non sapeva cosa fare. Ma mise un braccio introno alla sua spalla dicendo: “Non c’è di che Eva.” E diede qualche completo leggero sulla spalla.

John sorrise per la scena.

Intanto… un po’ lontano dalla ambulanza…

Anderson stava andando via insieme a Donovan ma poi videro quel abbraccio tra Eva e Sherlock e rimasero sconvolti.

“Oh mio dio!” disse Phil sconvolto.

“Greg! Vieni a vedere!” disse Sally chiamando il suo capo.

Lestrad andò verso a loro dicendo quello che avevano visto vide la scena dicendo: “Oh cavolo!” e rimasero a bocca aperta.

“Ha visto? Qualcuno sta abbracciando lo strambo!” disse Donovan con un tono un po’ sconvolto.

“Secondo me lo ricattava per questa abbraccio.” Aggiunse Anderson.

Ma Greg non rispose, anzi sorrise per quella scena un po’ surreale.

“Dobbiamo preoccuparvi per lei?” chiese Sally.

“No, non dobbiamo preoccuparci per Eva. Anzi, l’unica persona per cui dobbiamo preoccuparci è Sherlock.” Disse Greg con tono sicuro e se andò, lasciando i due agenti un po’ confusi.

Dopo l’abbraccio Sherlock si ricordò di una cosa dicendo: “Ha! Un'altra cosa.”

Mise una mano in tasca tirando fuori una piccola palina nera.
“Credo che questo sia tuo.”

Eva lo prese e disse subito sorridendo: “Il mio mini-gomitolo!”

“L’ho tenuto con me da quando ho scoperto il corpo di Antonio e usarlo come prova della tua testimonianza. Volevo dartelo ma ne me lo sono dimenticato. Quindi tieni.”

Eva lo guardò dicendo: “Grazie! Peccato di non aver più un laccio.”

“Beh, se voi posso perdere uno dai pantaloni della tuta di Anderson…” rispose Sherlock.

Eva e John risero.

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Note della autrice:
Bene, siamo quasi alla fine 
della storia, orami il caso
è finito ma... c'è ancora una
questione aperta... e se avete  
leto bene, avete capito ;)
spero che vi sia piacuta, rigrazio
a tutti quelli che leggono e 
recesicono ;)
Alla prosima,
Evola

 
   
 
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