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Autore: Amatus    30/05/2016    3 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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Segreti Svelati
 
 
Con il giusto lupo al tuo fianco qualunque foresta, di notte, è piena di rivelazioni.
(Fabrizio Caramagna)

 


XIX
Lena aveva ancora nella testa i colori e i suoni di quel grande palazzo. Aveva sentito dire da Leliana e Josephine che i balli in Orlais potevano essere letali, ma nessuno l’aveva preparata a quello che aveva visto. Aveva scoperto e sventato congiure, tradimenti e lotte intestine. Aveva imposto la collaborazione a quelle tre serpi, che avrebbero probabilmente continuato a cercare di accoltellarsi a vicenda di lì in avanti. Ma non aveva avuto cuore di mettere l’impero nelle mani di uno solo di quei crudeli imbroglioni. Sperava che sotto l’occhio vigile l’uno dell’altro, sarebbero riusciti a tenere a freno le proprie debolezze e a lavorare per quello che sarebbe dovuto essere il bene dell’impero.
Non appena mise piede a Skyhold ricevette, assieme agli aggiornamenti, la notizia che un’altra lettera dal suo clan era arrivata in sua assenza. Solas era con lei e sembrava aver compreso al volo la situazione, fu lui infatti a chiedere a Leliana il permesso di poter leggere in privato la lettera. La donna accettò senza esitare, Lena era convinta che in ogni caso ne conoscesse già il contenuto.
Poi Solas si offrì di accompagnarla nelle sue stanze e rimanere con lei mentre leggeva. Lena era contenta di aver finalmente ritrovato il suo amico, le faceva piacere la sua sollecitudine ed era sicura che avrebbe avuto bisogno di qualcuno con cui poter condividere qualunque cosa avesse trovato in quella lettera. Solas era senza dubbio la persona più adatta a questo scopo.
L’elfa si sedette sul bordo del letto e iniziò a leggere. Parola dopo parola la rabbia cresceva di più dentro di lei, tanto da accecarla.
Quell’orribile e ipocrita elfa aveva farcito la lettera di complimenti e false carinerie, che erano per Lena più sgradevoli di un insulto. Le poche righe erano senza dubbio per l’Inquisitore, non per la bambina che la guardiana aveva visto crescere senza dimostrarle mai un briciolo di empatia. Ora che aveva un titolo ed un esercito, Lena era divenuta degna della gentilezza dei Lavellan, quando era solo una ragazzina spaventata invece, aveva meritato il loro marchio. Non riuscì a trattenersi dallo strappare quella pagina piena di veleno.
“Da’len?”.
“Non chiamarmi così! Non ora!” Lena dovette stringere i pugni un po’ di più stropicciando i pezzi di quella lettera odiosa. Chiuse gli occhi per un istante. Si ricordava bene di quando Solas aveva iniziato a chiamarla così e ricordava anche che la prima volta era rimasta interdetta. Gli anziani del suo clan erano soliti rivolgersi a lei e agli altri giovani in quel modo, e sentire anche lontano dal proprio clan quelle parole, la disturbava. Pronunciata dall’amico però, l’antica lingua aveva un sapore diverso e ben presto prese confidenza con quel nomignolo gentile, infondo non era molto diverso dal “ragazzina”che le aveva affibbiato Varric.
Ma la guardiana non l’aveva mai chiamata così. Era stata l’unica, tra gli anziani, ad usare per lei il titolo che i giovani le avevano dato per schernirla. Fen’len, figlia del lupo, così l’aveva sempre chiamata quella donna, anche prima che le fossero imposti i vallaslin. Ed ora in quella lettera, aveva osato usare un nome che per Lena era divenuto tanto caro. Non doveva permetterle di rovinare una sola virgola della sua nuova vita.
“Scusami, non volevo prendermela con te. E’ che ho appena letto le stesse parole su questa lettera, non vorrei mai dover associare qualcuno di voi a loro”
“Cosa dice la lettera?”
“Hanno bisogno del mio aiuto. Per questo mi scrivono.” Lena non aveva voglia di ripetere quelle parole, quindi mise tra le mani dell’amico i due pezzi della lettera stracciata e si alzò. Si appoggiò alla finestra e rimase a guardare fuori.
“Mi dispiace, credo che ci sia qualcosa che non riesco a comprendere. Questa lettera sembra scritta in modo garbato e rispettoso, però ha provocato la tua rabbia più sincera. Cosa ci leggi tu?”
“Istimaethoriel, la guardiana, non è che un’arrivista manipolatrice. Sarebbe capace di giurare di aver visto il sole sorgere di notte, se questo potesse essere utile ai suoi scopi, e ben presto i suoi protetti inizierebbero a credere che sia la verità, e che anzi, anche loro erano presenti all’evento. Sa bene che i suoi trucchetti con me non hanno mai funzionato, ma è abbastanza furba da sapere che non posso essere sola a guidare l’inquisizione. Leggendo questa lettera, chiunque penserebbe a lei come una guardiana amorevole e premurosa, e nel caso in cui decidessi di non aiutarli, ne uscirei come un mostro.”
“Da’len, perché dovresti decidere di non aiutarli?” Solas si era avvicinato a lei e la scrutava ora guardandola negli occhi.
“Perché?! Per quale motivo dovrei decidere il contrario, semmai! Non sono mai stati la mia gente! Nel momento in cui sono riuscita a fuggire, ho bruciato ogni ponte, ho giurato a me stessa che non sarei mai tornata indietro, che non avrei più permesso neanche al mio pensiero di tornare a loro! Se fossi morta nell’esplosione del tempio o mi fossi ritrovata da sola in qualche enclave di una grande città, non si sarebbero ricordati della mia esistenza neanche per un momento!”
Lena sentiva di non riuscire più a controllare tutta quella rabbia, aveva pronunciato quelle ultime parole quasi urlando. Solas la guardava allibito: “Da’len, cosa ti hanno fatto?”
Lena sapeva che il mago tratteneva da lungo tempo quella domanda. Avrebbe voluto poter rispondere semplicemente, ma il dolore era bloccato dentro di lei e aveva paura di cosa sarebbe successo se gli avesse permesso di uscire. Solas la guardava attento, era davvero preoccupato per lei, chissà cosa aveva già capito semplicemente osservandola. Prese coraggio e iniziò a parlare, cercando il modo migliore per farsi comprendere: “Sai per tanto tempo non avrei saputo come rispondere alla tua domanda, ed anche ora non mi è facile. Da quando lei è divenuta guardiana la mia vita è stata un inferno. Ero molto legata al vecchio guardiano, e non apprezzai niente di ciò che fece al suo posto. Ma era brava a farsi ben volere dagli altri, riusciva a presentare le proprie decisioni in modo che fossero gradite a tutti. La mia voce era la sola fuori dal coro, ma ero poco più di una bambina al tempo, la mia voce contava davvero poco. Eppure la guardiana non apprezzava essere contraddetta, ben presto sfruttò il mio brutto carattere per isolarmi e in breve tempo per tutti non fui altro che…” Lena s’interruppe improvvisamente, la paura l’aveva bloccata ma Solas la osservava curioso. Riprese cercando di cambiare strada, non voleva arrivare a dover parlare di quello: “La mia vita, dopo morte del vecchio guardiano, è stata profondamente influenzata dal giudizio che il mio clan aveva di me e quel giudizio era incredibilmente ingiusto, solo che io non lo sapevo e mi sono pian piano trasformata in ciò che loro credevano che io fossi. Se uno specchio desse costantemente di te un'immagine sbagliata, a lungo andare sarebbe difficile capire in cosa quell'immagine differisce dalla realtà, e alla fine aderiresti tuo malgrado a quello che vedi. Per anni il mio clan mi ha dipinto come un essere selvatico, impossibile da avvicinare e da addomesticare, una persona caparbia e incapace di ascoltare, forse non troppo intelligente, sicuramente non adatta ad intessere relazioni. Mi sono convinta infine, di essere davvero così. Poi ho trovato voi, e ho scoperto invece di apprezzare la buona compagnia, di essere attenta ai bisogni altrui e ho scoperto ad esempio di essere una persona affettuosa. Prima di rispecchiarmi nei vostri occhi non sapevo di essere così, anche se non esserlo mi rendeva infelice” Parlando Lena aveva afferrato la mano dell’amico e aveva iniziato a giocherellare nervosamente con le sue dita.
“Per questo hai deciso di fuggire?” 
Lena si sentì arrossire violentemente, lasciò andare la mano dell’elfo e fece qualche passo verso il balcone. Appoggiò le mani al parapetto e lasciò lo sguardo vagare verso le montagne che dominavano oltre le mura della fortezza.
“No. Non è per questo.”
Solas l’aveva seguita, si appoggiò contro la balaustra dando le spalle all’orizzonte. La guardava dritta in volto, doveva aver notato il suo rossore. 
"Ero innamorata, mi sono sentita tradita e sono fuggita. Lo so è infantile, me ne vergogno"
Lena sentiva il rossore aumentare, Solas la fissava senza aprire bocca. Cosa stava pensando di lei in quel momento? Dopo la scenata che aveva fatto a Blackwall sulla gelosia e riguardo i suoi rapporti passati, Solas si era detto piacevolmente sorpreso da lei. Ora cosa avrebbe pensato? E se avesse frainteso tutto?  Inoltre dopo l’incidente nell’oblio, voleva davvero evitare che l’amico potesse pensare a lei come incoerente, puerile o incostante. Lena sentiva crescere il bisogno di spiegare, non voleva essere fraintesa, non voleva allontanare nuovamente da sé l'elfo, non voleva che lui rivedesse il suo giudizio su di lei. Di nuovo, non voleva deluderlo.
“E’ complicato da spiegare, mi sono sentita tradita perché le persone che amavo hanno tradito tutto ciò in cui credevo e in cui anche loro avevano giurato di credere. Per questo sono fuggita, e allontanatami dal clan, ho capito tutte le ingiustizie e le violenze subite. E’ stato un atto infantile ma si è rivelata la cosa giusta da fare”
Lena non riusciva a sostenere lo sguardo intenso dell’amico, che rimaneva in silenzio. Solas le si  avvicinò ancora di più e le prese il volto tra le mani costringendola ad alzare lo sguardo su di lui. Continuava a guardarla, quasi come se la vedesse per la prima volta e la stesse studiando. Lena riusciva a mala pena a trattenere l'emozione, le sue mani e la sua voce iniziarono a tremare. 
“Sono fuggita dal mio campo per questo, ma arrivata ad Haven ho capito di dover fuggire da tutto se volevo una possibilità di vivere una vita che fosse davvero solo mia, per un attimo ho creduto di poter trovare un altro clan, ma mi è stato reso fin troppo chiaro che non sarebbe cambiato nulla. Per fare in modo che potessi non dimenticare mai la mia posizione, hanno impresso su di me un marchio impossibile da rimuovere, hanno fatto in modo che qualunque dalish vedendomi potesse riconoscere ciò che loro credevano di vedere in me”. All’improvviso sentì di non voler più mentire, quindi confessò di getto: “Io sono stata consacrata a Fen'Harel, i miei vallaslin sono un tributo al dio degli inganni. Io sono la figlia del lupo” 
Lena vide Solas lasciare andare il suo viso e abbandonare le braccia lungo i fianchi. Lì dove le mani bollenti dell’ elfo si erano posate con dolcezza sentì un gelo improvviso. 
Lesse nello sguardo dell’amico, il disgusto e il disprezzo. 
Era finita. Il suo marchio l'aveva seguita fin qui. Aveva distrutto l'unica cosa bella della sua vita, avrebbe cancellato ogni ricordo di quella nuova Lena. Se quella era stata la reazione di chi dichiarava di disprezzare la cultura dalish, che cosa avrebbero pensato gli altri?
Sarebbe tornata ad essere sola, sarebbe tornata ad essere qualcosa che non voleva. Perché aveva parlato? Si allontanò. Non voleva rimanere lì, non voleva vedere quell’espressione sul volto di Solas. Rientrò nella sua stanza e si guardò intorno. Aveva uno scopo, lo avrebbe portato a termine, anche da sola, anche tra il disprezzo di tutti. Era forte, lo era sempre stata. Sarebbe sopravvissuta di nuovo. 
Scese veloce le scale, voleva uscire da quella stanza, voleva lasciare la fortezza per un po’, aveva voglia di bere fino a svenire e dormire fino a dimenticare qualunque cosa. Che la odiassero tutti. 
All'improvviso sentì qualcuno afferrarle la mano, Solas l'aveva raggiunta e la trattenne. Il suo sguardo era di fuoco e quando iniziò a parlare le sue parole avevano un tono appassionato che non gli aveva mai sentito.
“Non devi mai dubitare di te stessa, e non vergognarti mai di ciò che sei. Quei segni sul tuo viso non significano nulla per me e non significheranno nulla per nessun altro qui. Non ci sono antiche sciocchezze, che possano farci cambiare idea su di te.
Ma ci sarà sempre qualcuno che cercherà di screditarti, molti continueranno a fare di tutto per affossarti, devi essere forte, ti affibbieranno ruoli e nomi che non ti appartengono, cercheranno di gettare discredito su ciascuna delle tue buone azioni, ma questo solo perché sei troppo per loro. Non devi lasciarti vincere”
Lena sentì Solas afferrarle anche l’altra mano e stringerle insieme, non vi era più disprezzo nei suoi occhi ma qualcosa che Lena non fu in grado di decifrare.
“Hanno cercato a lungo di soffocare il fuoco che brucia dentro di te, ma finalmente è libero di divampare e tu puoi splendere con tutta la tua terribile forza. Qualunque cosa accada non dimenticarti chi sei, ora che lo hai scoperto e che hai capito di cosa sei capace non tornare indietro.” A quelle parole Lena si abbandonò contro la spalla dell’elfo abbracciandolo con gratitudine. L’amico preso di sorpresa, s’irrigidì per un attimo, ma poi rispose al suo abbraccio e prese teneramente ad accarezzarle la testa e la schiena.
Lena non si aspettava tanta partecipazione da parte del mago. Quelle parole erano state dette con passione e trasporto, il suo amico aveva completamente abbandonato quel suo atteggiamento sostenuto e si era invece infiammato di sdegno. Lena aveva sempre sospettato che ci fosse una brace ardente dietro quell’apparente algida serenità, ma vederlo incendiarsi in sua difesa la fece sentire confusa ed emozionata. “Ma serannas” non sapeva perché ma quelle parole le uscivano spesso nell’antica lingua, soprattutto se rivolte a Solas. Rimase ad ascoltare il ritmo del proprio cuore fondersi con quello dell’amico.
Chiuse gli occhi e inspirò a fondo quel profumo così rilassante e familiare. “Li aiuterò. Io non sono come loro, non li abbandonerò. Credi che potrò farlo senza dovermi mettere direttamente in contatto con loro?”
La risposta dell’amico risuonò nelle sue orecchie direttamente dal torace, come se fosse davvero il suo cuore a parlarle.
“Mia piccola saggia dalish, tu puoi fare tutto, hai un esercito ai tuoi piedi! Qualunque cosa deciderai sarà senza dubbio la cosa giusta”.
Solas continuava ad accarezzarla, e Lena si faceva più placida carezza dopo carezza. Sentiva un calore confortevole crescerle dentro, non avrebbe più voluto lasciare le braccia dell’amico.
 
 
 
XX
Il destino sapeva avere un’ironia davvero feroce.
A Solas tornò in mente la notte in cui il tempio era esploso, sembrava trascorsa una vita da quei giorni. Si ricordò di come avesse lasciato indignato e furente il campo dalish, dopo aver sentito ciò che alle sue orecchie era suonato come la più spregevole delle eresie. Vallaslin in onore di Fen’Harel, in onore del Temibile Lupo, che aveva fatto del poter di rimuovere quei marchi offensivi, una bandiera di libertà. Come avevano potuto quei bruti ignoranti, mal giudicare quei segni fino a quel punto?
Come avevano potuto offendere così il bel viso della sua dolce amica. Si ricordava di aver pensato che, nonostante il loro significato, quei segni erano in grado di esaltarne ancor più la bellezza, ma ora che li  vedeva con gli occhi di lei ne comprendeva il terribile affronto. Proprio lei era costretta a portare quel marchio tanto odiato. Tra tanti dalish, proprio lei doveva essere il simbolo vivente della stoltezza del suo popolo.
E nonostante tutto, alcuni agenti di Leliana erano impegnati in una missione in difesa di quei selvaggi.
L’Inquisitore era infatti stata di parola. Quel pomeriggio, mentre la teneva stretta a sé, aveva detto, con la testa appoggiata contro il suo cuore, che li avrebbe aiutati ma che non lo avrebbe fatto in prima persona. Solas tremava ripensando a quei pochi momenti, a quanto fosse stato vicino dal tradirsi definitivamente, a come il calore del corpo di lei contro il suo, avesse per un attimo obliato il resto del mondo, dandogli le vertigini.
Ma il momento era passato, ed ora erano impegnati una missione che lo interessava molto.
Dorian aveva infatti preso contatti con alcuni contrabbandieri del suo paese, che avevano assicurato di poter procurare informazioni riguardanti Corypheus. Gli agenti dell’inquisizione avevano scoperto che le origini di quel peculiare prole oscura si perdevano indietro nell’antico Tevinter e i contatti del mago, giuravano di poter risalire alla sua famiglia e alla sua storia.
Un piccolo baule pieno di antichi tomi stava viaggiando in quel momento in direzione di Kirkwall, Solas non voleva perdere l'occasione di vagliarne i contenuti.
L’inquisizione aveva discusso a lungo su come affrontare quella missione. Leliana avrebbe voluto mandare alcuni suoi agenti, Josephine non aveva contatti a Kirkwall ma ne aveva a Starkhaven e sarebbero potuti essere d’aiuto. Cullen, sosteneva la necessità di non affidare a terzi una missione tanto delicata e l'Inquisitore si trovò d’accordo con il comandante.
Il luogo e la natura della missione rendeva la maggior parte del ristretto entourage dell’elfa poco adatto al ruolo. Se avessero saputo di avere a che fare con l’Inquisizione, i contrabbandieri sarebbero fuggiti. C’era bisogno di qualcuno che sapesse tenere un basso profilo, che non fosse conosciuto in città e che fosse in grado di mantenere la calma. Facendo le deduzioni del caso gli unici adatti alla missione risultarono Cole, l’Inquisitore e lo stesso Solas. Il mago aveva temuto di dover viaggiare con Blackwall, ma fortunatamente la mancanza di autocontrollo dell’uomo in quella occasione aveva giocato in suo favore.
Poter viaggiare solo con Cole e la sua giovane amica, lo metteva di ottimo umore. Conversare con il ragazzo era sempre un’occasione per scoprire cose nuove e per condividere opinioni riguardo quel mondo diviso su cui lui aveva ancora molti dubbi. Viaggiare con lei era semplicemente tutto ciò che poteva desiderare. Lontana da Skyhold, tra i boschi, l’Inquisitore si animava di una luce nuova, gli occhi splendevano intensi, le sue guance si coloravano e si coprivano di piccole graziosissime lentiggini. Lontana dalle tante responsabilità, si trasformava effettivamente e per un poco in una giovane dalish, conservando però di quell’odioso popolo, solo i tratti più affascinanti e vagamente esotici.
Due giorni di cammino li separavano dalla costa e da lì avrebbero preso una nave che li avrebbe velocemente condotti a Kirkwall.
Speravano di essere di ritorno a Skyhold dopo non più di 6 o sette giorni. Altre missioni li attendevano, e più di ogni altra cosa l’Inquisitore era impaziente di raggiungere Hawke, che aveva dato finalmente notizia di sé e del custode con cui era in contatto.
Con l’approssimarsi delle tenebre, dopo una lunga giornata di cammino, la compagnia si era fatta laconica e ciascuno sedeva perso nei propri pensieri.
“È piacevole stare con te, in questi giorni il tuo cuore canta. E’ come sdraiarsi su un prato in piena estate ad ascoltarle i grilli”. Cole aveva parlato all’improvviso, rivolto alla ragazza. 
Lena gli sorrise con dolcezza “Grazie Cole, stare con te è sempre piacevole”
“Grazie. Lo credi davvero”
Quella del ragazzo non era una domanda. Effettivamente trascorrere del tempo con Cole era estremamente piacevole, lo spirito era attento a tutto, fin nei minimi dettagli e sapeva farsi carico di chiunque gli stesse accanto. Viaggiare con lui voleva dire potersi abbandonare completamente nelle sue mani e lasciarsi curare dalle sue parole e dalle sue silenziose premure. Solas si trovò a pensare che dovesse essere ancor più piacevole stare con lui per chi non aveva segreti da nascondere. In sua compagnia, il mago era invece costretto a mantenere una certa concentrazione, per impedire che le sue memorie più profonde turbassero l’amico. Doveva con rammarico riconoscere che le sue, non erano pene che il ragazzo potesse lenire.
“Dovresti ringraziare Solas, se stai così bene con me, credo sia merito suo se il mio umore è così buono” L’inquisitore aveva parlato in modo molto serio cercando lo sguardo del mago. Solas rimase interdetto, cosa voleva dire? Stava cercando un modo per nascondere la sua storia con Blackwall al ragazzo? Non poteva aver così mal giudicato il ragazzo da pensare di poterlo fare. 
“Non credo che Cole possa rimanere sconvolto nel conoscere la verità” Solas sentiva di essere stato un po’ troppo rigido nel tono, ma non erano espedienti degni della sua amica quelli, e lui se ne sentiva un poco deluso.
Lena lo guardava ora con aria interrogativa. Era strano per loro non comprendersi al volo. 
“Ma questa è la verità. Tu sei stato accogliente e paziente con me, più di chiunque altro. Mi hai ascoltata senza giudicare e mi hai fatto finalmente sentire in pace con me stessa. Ora sento di non dover più nascondere o temere nulla. Tu cosa intendi?”
Solas era imbarazzato. 
“Veramente credevo riguardasse il custode. Sai…vi ho visti insieme”. Pronunciando quelle parole Solas sentì un brivido percorrergli la schiena, e dovette fare uno sforzo enorme per ricacciare indietro immagini inadeguate. Si era aspettato di vedere arrossire l’amica, invece lei scoppiò in un’allegra risata. “Potresti avere ragione. Per favore non raccontategli che non ho pensato a lui, ne farebbe un dramma”
“Sei felice?” Solas lo chiese a bruciapelo, e fu scosso nell’ascoltare il suono di quelle parole, come se non fosse stata la sua stessa voce a pronunciarle.
“Credo di sì” La ragazza aveva risposto con semplicità, guardandolo dritto negli occhi. Questo poteva bastare. Rimase per un po’ a guardare il fuoco danzare all’interno del piccolo circolo di pietre, ma era ormai giunta l’ora di andare a dormire e Solas fu colto impreparato. Cole non aveva bisogno di dormire e si offrì quindi di rimanere di guardia per l’intera nottata. Il mago sentiva la bocca farsi asciutta e la gola stringersi fino a fargli mancare il respiro. L’elfa si alzò stiracchiando pigramente le braccia e le spalle, augurò la buona notte e scomparve all’interno della tenda, lui era invece rimasto pietrificato davanti al fuoco.
“Non hai sonno?” La voce di Cole lo raggiunse da una distanza che sembrava incolmabile. Faticò a prestare attenzione alle parole dell’ amico. Poi risoluto, non volendo che le sue parole giungessero alle orecchie dell’Inquisitore, sussurrò: “Credo che dormirò qui accanto al fuoco questa notte” Avrebbe voluto aggiungere un qualche tipo di giustificazione, ma desistette. Con Cole non era necessario.
“La notte è lunga, il sonno è di conforto, ma sfugge. Immagini proibite. Non devo pensarla. Il suo profumo mi stordisce, la sua pelle calda. Vattene dalla mia testa. Restami accanto. Mi basta una carezza, uno sguardo”
Solas chiuse gli occhi, cercando di celare più a fondo quei pensieri, non voleva che Cole frugasse in essi, anche per quelli non vi era sollievo.
Il ragazzo riprese: “Io non posso alleviare questo dolore, ma lei sì. Perché non vai da lei?”
Lo sguardo di Cole era limpido e sincero, era probabile che non mentisse, che non comprendesse davvero la complessità della situazione. Gli rivolse un sorriso amaro e disse “Non posso. Lei non può fare niente per me. Averla accanto non aiuterebbe, passerei inutilmente un’altra notte insonne. Ho bisogno di riposare invece”
“Non capisco” Cole sapeva essere irritante a volte, su questo doveva concordare con Blackwall.
“Lei non vuole le mie carezze e i miei sguardi, sono la pelle e il profumo di qualcun altro quelli per cui sospira, starle accanto sarebbe una tortura” Solas aveva faticato a mantenere basso il proprio tono di voce pronunciando quelle ultime parole. Cole rimase in silenzio, pensieroso forse. Il mago cercò un mantello in cui avvolgersi e si sdraiò, sperando che la carezza del fuoco lo aiutasse ad addormentarsi.
“I suoi occhi scrutano, le sue parole curano, le sue braccia proteggono. Tienimi tra le tue braccia ancora un poco, non allontanarmi. Il suo profumo è un balsamo. Come farò quando andrà via? Ma lui rimarrà, lo ha promesso. Quando mi sveglierò sarà qui per me” Solas chiuse gli occhi, non riconosceva in quelle parole del ragazzo i propri pensieri. Possibile fossero quelli dell’elfa? Riconosceva, le parole della promessa che lui le aveva fatto. Che quei pensieri fossero per lui?
Un nuovo tipo di confusione lo afferrò. Poteva davvero la sua bella amica, pensare a lui con tanta tenerezza? Cosa sarebbe accaduto se un giorno si fosse accorto che quella splendida giovane creatura, ricambiava anche solo un briciolo dei sentimenti che lui provava per lei? No, sarebbe stato semplicemente terribile. Poteva rischiare tutto finché la posta in gioco era il suo cuore, il suo dolore, non avrebbe mai potuto rischiare quelli dell’amica. Si addormentò a fatica e quando si risvegliò con le prime luci dell’alba, si sentì più stanco di quando si era coricato. Due grandi occhi verdi, luminosi e sorridenti lo guardavano divertiti. “Buon giorno! Ti sei addormentato qui fuori ieri sera” e dopo un momento aggiunse “Non ti hanno mai detto, che con l’avanzare dell’età non si possono più passare le notti sotto le stelle? E’ per questo che portiamo le tende!” La giovane doveva aver capito che la sua schiena era dolorante e che muovere anche solo un dito quella mattina, era per lui una vera sofferenza. La sua bella dalish era accovacciata accanto a lui con un’aria canzonatoria che lo mise subito di buon umore, nonostante il malessere fisico.
Il sole come al solito allontanava tutte le ombre. Era sopravvissuto alla prima notte lì fuori con la sua dolcissima torturatrice.
Si misero in viaggio e sul far della sera raggiunsero la costa. Era stata una giornata serena, fatta di poche chiacchiere e di lunghi confortevoli silenzi. Rimediarono a fatica un passaggio su un piccolo mercantile,viaggiare in incognito era difficile per due elfi e un ragazzino che sembrava appena uscito dai vicoli più malfamati di chissà quale grande città. Non vi erano cuccette per loro, il capitano disse bruscamente che avrebbero dovuto accontentarsi della stiva. Solas tratteneva a stento la rabbia per quell’atteggiamento immotivatamente ostile, Cole e Lena invece sembravano non dare peso ai modi di quell’uomo superbo, entrambi non avevano mai preso una nave prima di allora ed erano evidentemente emozionati.
Per l’Inquisitore l’emozione svanì presto. Levati gli ormeggi infatti, divenne piuttosto chiaro che l’elfa soffrisse tremendamente il mal di mare. Il viaggio sarebbe durato tutta la notte e per buona parte della mattinata successiva e Solas immaginò che non sarebbe stato un viaggio piacevole.
Il colorito pallido della pelle della sua bella dalish, aveva lasciato il posto ad un incarnato livido, quasi grigiastro. Gli occhi le si arrossarono a causa dei continui conati e i capelli le si incollarono alla pelle del volto, gelida ma sudata.
Solas aveva tentato di tutto per farla stare meglio ma nessun incantesimo sembrava avere effetto.
“Cole cosa si prova ad essere te?” Solas intuì che l’elfa stesse cercando di tranquillizzare Cole che la guardava afflitto senza sapere come intervenire, ma il ragazzo non aveva intenzione di collaborare: “Cosa si prova ad essere te?” ripetè.
L’inquisitore lo guardò, il viso disfatto ma lo sguardo divertito “Al momento uno schifezza. Preferirei essere uno spirito, gli spiriti non soffrono il mal di mare”
“No non lo soffrono. Ma ci sono molte cose per cui non soffrono. Se vivi troppo a lungo, dimentichi cose come la sofferenza, la compassione, l’empatia. Perdi i dettagli nella visione d’insieme”
“Ma è l’insieme che conta, infondo” Solas aveva risposto d’istinto, e vide il viso del ragazzo contorcersi in una smorfia di sdegno e disgusto
“No! I dettagli sono l’importante. I crampi della fame, la tensione di un desiderio, la gioia della partenza. Una volta credevo ci fosse solo l’insieme. Il buio e la disperazione, una vita non degna di essere vissuta. Poi ho visto i dettagli e mi hanno abbagliato. Un sorriso, il profumo del pane tostato, il tono familiare di una voce gentile, queste cose contano. Senza i dettagli c’è solo nebbia, se c’è angoscia c’è solo quella. Ho tolto tante vite per questo. Se dovessi dimenticarlo di nuovo fermatemi”
Solas chiese ancora: “Come hai fatto a capire tutto questo?”
“Ho trovato degli amici”
Era semplice. Un ragionamento lineare. Ma se i dettagli corrompessero l’insieme anziché nobilitarlo? Non è forse giusto in questo caso debellare interamente la piaga?
Cole lo guardava in tralice come tante volte, e Solas si sforzò di allontanare da sé quei pensieri. Il ragazzo non doveva vedere.
Alla fine anche l’Inquisitore si era addormentata e Solas aveva potuto chiudere gli occhi su quella strana nottata.
Una volta sbarcati, l’Inquisitore tornò presto in forma e poterono finalmente dare inizio alla loro missione.
I due contrabbandieri erano attesi per l’indomani, ma era fondamentale una rapida ispezione del luogo dello scambio, non conoscevano la città ed era importante capire cosa si sarebbero dovuti aspettare.
Girando tra le strade di Kirkwall, a Solas apparve lampante il banale errore di valutazione in cui l’inquisizione intera era incappata affidando loro quella missione. Kirkwall era una terra di schiavisti. Sebbene la schiavitù fosse stata abolita in città, carichi di elfi lasciavano regolarmente la città alla volta del Tevinter. Loro si aggiravano senza vessilli e nascondendo le armi, Cole poteva passare inosservato, ma due elfi da soli, relativamente ben vestiti e apparentemente forti, fieri e in buona salute, erano destinati a dare nell’occhio. Non fu difficile infatti notare sguardi calcolatori farsi apertamente insistenti. Solas si fece sempre più inquieto con il proseguire del giorno, propose quindi di trovare una locanda prima che divenisse buio. Dovettero faticare non poco per ottenere una stanza in una delle peggiori bettole della città inferiore, e dovettero pagarla più del doppio del normale valore. Anche questo, Solas poteva immaginare, avrebbe attirato sguardi.
Mangiarono uno stufato annacquato ed insipido di cui gli ingredienti rimasero fortunatamente sconosciuti e si ritirarono in fretta nella stanzetta. Era misera e sporca come il mago si era aspettato, ma sembrava avere un buon chiavistello. Ed era un lusso a cui non avrebbe rinunciato in quelle condizioni. La piccola candela che l’oste gli aveva consegnato si sarebbe consumata presto, al buio la stanza sarebbe stata accettabile.
“Abbiamo bisogno di abiti meno appariscenti” L’Inquisitore aveva probabilmente fatto le sue stesse osservazioni.
“Io posso trovarne” disse Cole. “Domani mattina ve ne farò trovare di nuovi”
Il ragazzo si sedette davanti alla piccola finestrella e si mise a studiare la strada. Ogni tanto riportava brandelli di pensieri di qualche passante. La fame e il freddo erano senza dubbio il problema ricorrente in quelle vie e Solas non poteva esserne stupito. Quanti fratelli vivevano in quelle condizioni, ritenendosi magari fortunati per non essere finiti in catene, schiavi di qualche arrogante magister?
La sua bella e libera dalish di contro, era sdraiata sul misero lettino e fissava il soffitto con aria assorta. Chissà cosa pensava? Era preoccupata per la missione? O forse anche lei rifletteva sul destino della sua gente? Infondo se non fosse rimasta coinvolta nell’esplosione del tempio, sarebbe potuta  finire anche lei in un’enclave, vivendo ora nelle stesse condizioni di quei poveretti lì fuori. O peggio. Solas sapeva che una bellezza come la sua non sarebbe passata inosservata troppo a lungo. Non voleva soffermarsi su quegli oscuri pensieri. Anche solo poter immaginare una fine del genere per la sua amica lo faceva ribollire di rabbia, rafforzando ancor di più i suoi propositi  sovversivi.
“E’ tardi” disse per allontanare i terribili pensieri “domani sarà una giornata faticosa. Dobbiamo riposare”
Prese una coperta lurida e sdrucita e si preparò a sdraiarsi ai piedi del letto. “Buonanotte da’len”
Lo sguardo le cadde sulla giovane elfa, che alle sue parole si era fatta su un lato del piccolo letto, aspettandosi probabilmente di doverlo condividere con lui. La vista di Solas si annebbiò per un momento. Come se non avesse notato il gesto dell’amica sistemò la coperta a terra.  “Che fai? C’è spazio per entrambi nel letto” La guardò. Solas non sapeva cosa l’elfa avesse visto nel suo sguardo ma improvvisamente sembrò in imbarazzo. “Forza, non essere sciocco, se possiamo condividere una tenda possiamo condividere il letto.”
Il volto dell’elfa si imporporò all’improvviso. Aveva forse realizzato che poteva esserci un motivo se lui aveva trascorso la notte accanto al fuoco, anziché nella tenda? Sembrò però superare presto la confusione: “E comunque, se qualcuno deve dormire a terra, non vedo perché dovresti essere tu” Il viso di lei aveva ripreso il normale colorito, ed ora gli occhi ardevano per il disappunto. Solas la vide prendere un’altra coperta e sistemarsi a terra accanto a lui. “Buona notte” le parole uscirono come un graffio. Solas si trovò davanti la massa di capelli dell’elfa. Non poté che sorridere della sua testardaggine. Si alzò, spinse l’elfa a girarsi verso di lui e la sollevò tra le braccia. Lei accennò appena a ribellarsi. Nel giro di un attimo, la sistemò sul letto e si sdraiò accanto a lei, augurandole di nuovo la buona notte e dandole le spalle. Solas fissava lo sguardo dritto davanti a sé, attento a non muovere un muscolo, come se il più piccolo movimento avesse potuto svelare i suoi pensieri all’amica. Un minuto dopo, l’elfa con un movimento lento si rannicchiò contro la sua schiena. Poteva sentire il respiro di lei condensarsi sulla sua casacca all’altezza delle scapole, era tentato di girarsi ed abbracciarla. Ma riuscì a resistere. Almeno per un po’. Poi la notte sopraggiunse come sempre a scompaginare i pensieri. L’istinto era più forte della ragione. Si voltò e si trovò davanti due grandi occhi incredibilmente vigili. Sembrava essere stata colta di sorpresa, forse anche lei si aspettava di trovare l’altro addormentato. Senza che nessuno dei due dicesse una parola, Solas fece passare un braccio attorno al collo dell’elfa, che adagiò la testa sul suo petto. Lui la strinse in silenzio e lei posò una mano sul suo cuore. Senza dubbio avrebbe percepito il martellare del suo battito, ma non poteva fare niente per impedirlo.
Solas non avrebbe saputo dire per quanto tempo era rimasto sveglio ad assaporare quel momento sublime inebriandosi del calore di lei, cercando di rimanere ancor più immobile di prima, per paura di tradire il desiderio struggente che si era impadronito di lui. Infine doveva essersi abbandonato al sonno, perché si risvegliò la mattina successiva, in quella stessa identica posizione. La luce che filtrava tra i battenti giocava con i riccioli rossi di lei. Solas sentiva su di sé la colpa di una notte proibita, senza che quella notte ci fosse effettivamente stata. Cercò di scivolare lentamente fuori da quell’abbraccio nocivo, il braccio immobilizzato tanto a lungo formicolava fastidiosamente. Cole aveva compiuto la sua missione, sul bordo del letto erano ripiegati due abiti consunti. Solas si era completamente dimenticato di lui per tutta la notte, chissà cosa doveva aver visto, cosa doveva aver sentito. Si stupì di vedere la giovane elfa dormire ancora, era sempre stata ben più che mattiniera, la guardò per un istante. Non poteva rimanere ancora nella stanza, doveva uscire, doveva respirare dell’aria che non fosse colma dell’odore di lei. Quella mattina non sarebbe bastata la luce del sole per dissipare la nebbia dei suoi tormenti. Avrebbe avuto bisogno anche lui di una tazza di tè. Solo che lui odiava il tè.
Si sedette ad un tavolo e ordinò l’orribile bevanda. La servirono con del pane stantio e lui lo sbocconcellò per un po’ senza prestare davvero attenzione al suo sapore atroce. Ben presto l’elfa lo raggiunse, aveva l’impressione che dentro quegli abiti così miseri la sua bellezza risaltasse ancora di più, come per contrasto. Fecero colazione in silenzio, poi uscendo dalla locanda ritrovarono Cole e si diressero al luogo dell’appuntamento. Una piazzetta nel quartiere del porto, chiusa su tre lati e raggiungibile da un unico strettissimo vicolo. Nonostante le apparenze, vi era un buon via vai. Sulla piazzetta affacciavano numerosi magazzini e tutti dovevano avere un secondo accesso probabilmente sul mare.
Vi erano anche due guardie e Solas si tranquillizzò vedendole. L’elfa era appoggiata con le spalle al muro di un vecchio magazzino, aveva il cappuccio del logoro mantello ben tirato sulla testa, doveva avere dei pugnali da qualche parte, ma erano evidentemente ben nascosti. Le due guardie iniziarono a passeggiare davanti a loro e Solas capì presto che la sua bella accompagnatrice aveva destato l’attenzione dei due uomini. I suoi sensi si fecero all’erta. I due uomini si fermarono alla fine a pochi passi da loro e iniziarono a parlottare, lanciarono commenti sgradevoli in direzione della sua amica, che continuò a tenere un’aria apparentemente disinvolta.
“Guardala bene, non è un’elfa delle enclavi, ha quegli strani tatuaggi. Deve essere una dalish, sai cosa si dice di quelle selvagge? Un mio amico ne ha trovata una in un bordello una volta” continuarono a confabulare per un po’ accompagnando alle orribili parole, gesti volgari. Ad un tratto i due risero fragorosamente e si avvicinarono di un passo. Solas vide la mascella della sua amica contrarsi, doveva costarle tantissimo mantenere quell’aria impassibile. Quando uno dei due uomini si rivolse direttamente all’amica, Solas sentì le mani formicolare ed una scintilla attraversargli il palmo. Il fuoco dentro di lui stava prendendo il sopravvento. Lei gli afferrò la mano, come per nasconderla, e si strinse un poco di più a lui. Lui la abbracciò di rimando, ma questa dovette sembrare una provocazione ai due uomini che iniziarono coll’insultare anche lui e passarono poi più apertamente all’azione. Uno dei due spintonò Solas facendolo allontanare da lei. L’altro afferrò Lena per la vita e se la attirò contro il bacino. Solas non riuscì a fermarsi. Un onda di energia lasciò la sua mano, e forte come un pugno colpì l’uomo che aveva afferrato l’Inquisitore. “Un mago!” I ricordi della distruzione della chiesa erano chiaramente ancora freschi nelle menti dei cittadini di Kirkwall, perché all’udire quel grido si scatenò il terrore generale. Le guardie sfoderarono le spade e presto altri quattro soldati si unirono ai primi due. A  quel punto Lena si tolse il mantello e alzò in alto la mano marchiata che riluceva di una luce verdognola. “Sono l’Inquisitore. Questo mago è con me. Eravamo in missione, e questi due soldati hanno fatto saltare la nostra copertura importunandoci. Lasciateci andare, o dovrete vedervela con il nostro esercito, e suppongo anche con il vostro capitano”. Solas vedendo la reazione dei soldati, suppose che i soldati temessero maggiormente la vecchia amica di Varric che l’esercito dell’Inquisizione. In tutta quella confusione Cole era rimasto un osservatore non visto ma ora gli si  fece accanto per accertarsi che stesse bene, doveva aver sentito la sua furia. La missione era fallita, i contrabbandieri non sarebbero usciti allo scoperto dopo quel marasma. Questo significava però poter tornare in fretta verso Skyhold. Grazie all’intervento del capitano delle guardie, ottennero un passaggio su una nave passeggeri diretta verso il Ferelden. Ognuno di loro ebbe una piccolissima cabina tutta per sé. L’inquisitore riuscì a rimediare una pozione che la fece addormentare non appena messo piede sulla nave e Solas poté riposare.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo. L’inquisitore era silenziosa, persa dietro i propri pensieri, e Solas si intrattenne a lungo con Cole. Avevano ancora una notte da trascorrere lontani da Skyhold, e l’inquisitore la passò accanto al fuoco. Solas non disse niente, e si sistemò in tenda, riuscendo comunque a dormire pochissimo. Il giorno seguente finalmente fecero ritorno a Skyhold. Tutto poteva ricominciare a scorrere normalmente.
   
 
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