Anime & Manga > La leggenda di Arslan
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Autore: Kiara_g    30/05/2016    0 recensioni
Alfreed aveva accettato subito: trovava sempre un po’ di tempo per allenarsi. Se poi era la regina in persona a chiederlo, non poteva rifiutare! Fu così che si ritrovò nella piazzetta interna del Palazzo a battersi contro la temeraria lama di Estelle. Era conosciuta come il miglior cavaliere di Lusitania e riusciva a distinguersi più che dignitosamente anche nell’esercito di Pars. Era precisa, decisa, inarrestabile, ma non quel giorno. Estelle appariva stranamente stanca, distratta e i suoi colpi perdevano via via forza sotto gli attacchi di Alfreed. L’ennesima sferzata ben assestata e la spada della regina schizzò via roteando per poi schiantarsi sul selciato.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Alfreed aveva accettato subito: trovava sempre un po’ di tempo per allenarsi. Se poi era la regina in persona a chiederlo, non poteva rifiutare! Fu così che si ritrovò nella piazzetta interna del Palazzo a battersi contro la temeraria lama di Estelle. Era conosciuta come il miglior cavaliere di Lusitania e riusciva a distinguersi più che dignitosamente anche nell’esercito di Pars. Era precisa, decisa, inarrestabile, ma non quel giorno. Estelle appariva stranamente stanca, distratta e i suoi colpi perdevano via via forza sotto gli attacchi di Alfreed. L’ennesima sferzata ben assestata e la spada della regina schizzò via roteando per poi schiantarsi sul selciato. Questa volta la fitta al ventre fu tanto forte da obbligarla ad accasciarsi a terra.
“Vostra Maestà!”
Alfreed si precipitò a soccorrere la sovrana, aiutandola a rialzarsi e facendola sedere sul bordo della fontana centrale.
“Non è niente. Solo un po’ di nausea”, tentò di rassicurala Estelle, premendosi una mano sul ventre. “Ho avuto solo un momento di debolezza”, ammise. Alfreed la squadrò dubbiosa.
“Non dovreste sottovalutare il vostro malessere. Ho notato che negli ultimi tempi non siete stata bene”, le fece notare. “È meglio far venire il dottore…”
“No!”, esclamò Estelle afferrandole il braccio. Alfreed si bloccò e la fissò alzando un sopracciglio.
“Non ne ho bisogno…”, disse sbrigativa la sovrana.
“Lasciate almeno che esprima una sua opinione in merito.”
“Non ne ho bisogno”, insistette, dondolando impercettibilmente avanti e indietro. “Non c’è molto da esprimere sulla mia… condizione. Posso solo aspettare”, mormorò tenendo lo sguardo basso e ticchettando nervosamente con le dita il bordo della vasca. Sul volto di Alfreed si dipinse un’espressione indecifrabile mentre nella sua mente si insinuava irrimediabilmente il dubbio. Si inginocchiò di fronte alla regina e in un gesto che poco aveva di sudditanza le prese le mani.
“Sei incinta?”, le chiese, non curandosi di rispettare il protocollo che imponeva la rigida distanza tra sovrano e suddito. La sua, tuttavia, aveva tutta l’aria di essere un’affermazione più che una domanda. Estelle attese qualche attimo, ma i suoi occhi ambrati non potevano mentire; annuì lentamente e il suo volto tradì un certo imbarazzo. Alfreed invece sorrise e le strinse di nuovo le mani.
“È una notizia meravigliosa!”, disse. “Sono sicura che re Arslan sarà al sommo della gioia.”
“Non deve saperlo”, la interruppe bruscamente Estelle, perdendo ogni traccia di insicurezza. Alfreed la fissò allibita.
“Ma…”
“Tra due giorni partiremo per la Lusitania. Se lo sapesse certamente mi impedirebbe di partecipare alla campagna”, spiegò alzandosi.
“Ma questo è naturale!”, esclamò Alfreed. “Una guerra metterebbe in serio pericolo voi e il bambino!”
“Shhh!”, la zittì la sovrana portandosi un dito alla bocca. “Non parlarne mai più. Dimentica questa conversazione. Nessuno deve saperlo.”
“Maestà…”, tentò di ribattere la giovane.
“No. È la mia amata terra e non sopporterei di essere incapace di proteggerla”, disse avviandosi lungo il portico.
Alfreed la seguì con lo sguardo, accettando con fatica che non avrebbe potuto fare altro che obbedire a Sua Maestà.
 
Arslan spalancò la tenda. Estelle giaceva su un improvvisato letto coperto da un telo bianco. Attorno solo qualche cassa di legno e lembi di stoffa stracciata abbandonati a terra. Attirata dal tintinnio dell’armatura si voltò, non senza piegare le labbra in una smorfia di dolore. Vedendo il marito, accennò ad un sorriso e con fatica riuscì a mettersi seduta. I lunghi capelli biondi, legati da un nastro nero, ricadevano su una spalla, mentre sull’altra, da sotto la veste blu, s’intravedevano strette bende bianche dalle striature rossastre.
“Abbiamo vinto, vero?”, chiese con una nota d’orgoglio. Arslan non le rispose. Il suo volto era statico, contratto, gli occhi velati dalla disapprovazione.
“Dal tuo sguardo non si direbbe…”, osservò Estelle. “Ma non puoi ingannarmi, le grida degli uomini si sentono fin qui”, aggiunse sicura di sé, sventolando in aria una mano. Arslan incrociò lo sguardo della regina e rendendosi conto di non sapere esattamente che dire o cosa fare, cercò una risposta nei suoi occhi ambrati. Decise di agire d’impulso e le si avvicinò per sedersi sul bordo del letto. Estelle seguì ogni suo movimento rifiutandosi di abbandonare il suo sorrisetto. Per qualche secondo rimasero immobili, a guardarsi negli occhi. All’improvviso, senza dire una parola Arslan sollevò lentamente una mano per poi posarla con delicatezza sul ventre della moglie.
Estelle trasalì. Il sorriso che aveva dipinto sulle labbra sbiadì all’istante e il suo corpo, d’un tratto insensibile al dolore alla spalla, s’irrigidì. Il volto di Arslan, prima dall’espressione indecifrabile, ora trasmetteva tutto il suo disappunto e i suoi occhi erano adombrati da un velo di tristezza e rabbia insieme. Non servì nulla di più.
“Chi te l’ha detto?”, sussurrò Estelle sciogliendo il soffocante silenzio calato nella tenda. “È stata Alfreed, vero?”, continuò non avendo ricevuto risposta. “Dannazione. Le avevo ordinato di non farne parola con nessuno…”
“Cosa può esserci di più importante Estelle?”, la interruppe Arslan, insolitamente teso. “Come hai anche solo potuto pensare di non dirmelo?!”, esclamò tutto d’un fiato. I lineamenti di Estelle, zittita dall’inaspettato sfogo del marito, s’irrigidirono ancor di più, mentre nel suo petto si addensavano rabbia e nervosismo.
“Io amo la mia terra Arslan. Amo la mia gente”, rispose tradendo la sua irritazione. “Se te l’avessi detto non mi avresti nemmeno fatta uscire dal Palazzo! Non negarlo!”
“Non lo nego affatto! Saresti stata al sicuro. Non sei in grado di combattere e quelle ferite ne sono la prova! Sei stata un’incosciente!”, la rimproverò.
“Voler proteggere la propria patria non è incoscienza!”, ribatté Estelle decisa. “E poi queste ferite non sono nulla. Guariranno…”, concluse con finta noncuranza sistemandosi meglio sullo schienale. Gli occhi di Arslan si infiammarono di rabbia.
“Come puoi non rendertene conto? Hai messo in pericolo la vita di mio figlio!”, tuonò afferrandola per le braccia. Estelle lo fulminò con lo sguardo.
“So quali sono i miei limiti. Non sono un mostro, dimentichi che è anche mio figlio”, esclamò sporgendosi in avanti.
“Quale madre sarebbe disposta a sacrificare così il suo bambino?!”
Le parole gli uscirono dalla bocca prima che se ne rendesse conto. Le labbra di Estelle furono percorse da un tremito e i suoi occhi si velarono di lacrime. Arslan indietreggiò, consapevole di averla ferita più di quanto avesse fatto la spada nemica, tuttavia non disse altro.
“Vattene. Lasciami sola”, mormorò Estelle con lo sguardo basso, mentre una lacrima le colava sul volto. Dopo un attimo di esitazione Arslan si alzò facendo scricchiolare l’armatura e si diresse verso l’uscita.
“Partirai per Ecbatana questa notte stessa”, le disse dandole le spalle. Scostò la tenda e la lasciò sola.
   
 
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