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Autore: ValeDowney    30/05/2016    1 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Rose of true Love


 
 
  Capitolo XVIII: Verità e spiegazioni -  Seconda Parte

 
Poco dopo – e dopo anche aver raccontato tutto – Gold era furioso. Jefferson e August cercavano di calmarlo, ma inutilmente.
“Gold, agitarsi non risolverà le cose. Ritroveremo Rose. Sta' tranquillo” disse Jefferson.
“Tranquillo?! La mia bambina è stata rapita e potrebbero farle del male. È già successo tempo fa e io non ero lì per lei. Come non lo sono stato prima” replicò Gold e si passò una mano tra i capelli.
“Signor Gold, forse questo potrebbe aiutarla. L’abbiamo trovato nel luogo dove è stata rapita Rose e aggredita Excalibur” disse Paige e consegnò il taccuino a Gold. Quest’ultimo lo prese in mano, guardandolo e stringendolo, quasi accartocciandolo. Fu Jefferson a fermarlo: “Che stai facendo? Come ha detto Paige, questo potrebbe aiutarci per ritrovare tua figlia.”
“Farò la stessa identica cosa a chi ha rapito la mia bambina!” replicò Gold guardando Jefferson.
“Inoltre, Excalibur è riuscita a strappare questo dall’aggressore” disse Henry e gli consegnò anche il pezzo di indumento. Gold guardò entrambi gli oggetti. Poi volse lo sguardo verso Paige e le disse: “Hai detto che Excalibur è stata aggredita.”
“Sì, zoppicava quando siamo arrivati sul posto” disse Paige. Gold mise una mano sulla testa della volpe, disse: “Chiunque abbia fatto del male alla mia volpe e rapito la mia bambina pagherà molto amaramente!”
“Sai che le minacce non hanno mai portato a nulla?” domandò Jefferson.
“Le minacce degli altri. Ma non le mie” rispose Gold e lo guardò.
“Perfetto. Ma, prima di fare nuovamente di testa tua, ti consiglio questa volta di chiedere aiuto a qualcuno che ci possa aiutare a ritrovare Rose. Che ne dici di Emma?” propose Jefferson.
“Non credo che lo Sceriffo Swan sia molto incline nell’aiutarmi. Non le sto molto simpatico” disse Gold.
“Ma le sta simpatica Rose. Vedrai: ci aiuterà” disse Jefferson.
Poco dopo, si trovarono al commissariato. Appena entrarono, però, non solo videro Emma ma anche Ruby.
“Signorina Lucas, forse lei ci sarà più d’aiuto che lo sceriffo” disse Gold mentre teneva in braccio Excalibur.
“Grazie tante per la fiducia. Mi chiedo perché siate venuti qua se non vi serve il mio aiuto” disse Emma.
“No, no, ci serve eccome. Ma la Signorina Lucas ha ottimo fiuto per il nostro compito” disse Gold, facendo poi un piccolo sorriso.
“Sono la nuova aiutante di Emma. Ditemi tutto” disse Ruby.
“Qualcuno ha rapito mia figlia e fatto del male a Excalibur. E vorrei tanto avere qui davanti chi si è permesso di far loro del male” spiegò Gold.
“Rose è stata rapita?! E quando?!” disse stupita Ruby, alzandosi.
“Prima. Ma basta perdere tempo in chiacchiere. La mia bambina è in pericolo e io non sono al suo fianco per proteggerla. E se voi non volete collaborare, agirò da solo e qualcuno si farà molto male” rispose Gold.
“Così la risbatterò in prigione” disse Emma.
“So che sarà ben lieta di rifarlo. Ma questa volta andrò fino in fondo. Nessuno doveva toccare la mia bambina e un papà arrabbiato può diventare incontrollabile” disse Gold guardandola. Ci fu silenzio. Poi Gold aggiunse: “Bene. Se nessuno mi vuole aiutare, allora farò da solo. Ma vi avverto: così facendo mi state dando carta bianca.” Stava per uscire, quando Ruby lo raggiunse per poi digli: “Verrò con lei, Signor Gold. L’aiuterò a ritrovare Rose.”
“Bene. Almeno qualcuno ha del sale in zucca” disse Gold guardandola. Anche Emma li raggiunse. Gold, guardandola, disse: “Sceriffo Swan, vedo che ci lieta con il suo aiuto.”
“Non creda, Gold, che lo faccia per lei: lo faccio per Rose. Ancora non riesco a capacitarmi di come possa essere sua figlia” disse Emma. Gold fece un piccolo sorriso e, insieme alle due – e a Excalibur che aveva ancora in braccio – uscì dal commissariato.
Una volta fuori, Ruby chiese: “Allora, da dove incominciamo?”
“Da questo” rispose Gold e, dopo aver tirato fuori il pezzo di indumento – precedentemente consegnatoli da Henry – lo fece annusare a Excalibur e, quando ebbe finito, la stessa volpe emise dei versetti, voltando il muso a destra.
“Bene. Abbiamo una pista. Signorina Swan, a lei il prossimo passo” disse Gold. Emma lo guardò. Poi si avvicinò al suo maggiolone e, dopo aver aperto la portiera, spostò il sedile: nel retro salì Ruby, mentre davanti salì Gold. Dopo aver richiuso la portiera, Emma salì dalla parte del guidatore e partì. Non passò molto prima che domandasse: “Allora, dove siamo diretti? Spero che il fiuto della sua volpe non ci porti in qualche ristorante.”
“Lei mette sempre in dubbio le capacità altrui. Le potenzialità di una volpe vanno ben oltre che cercare cibo” rispose Gold e, dopo aver premuto un pulsante, il finestrino si abbassò. Excalibur si sporse in fuori con la testa.
“Oh mio dio: vuole uccidere la sua volpe” disse Ruby. Gold alzò gli occhi al soffitto per poi dire: “Non voglio affatto uccidere la mia volpe. Sta solo continuando a fiutare la traccia.”
Il fiuto di Excalibur li condusse davanti all’ospedale. Emma fermò la macchina e tutti guardarono l’edificio.
“Forse il ristorante era meglio” disse Emma. Senza dire nulla, Gold aprì la portiera, uscendo dalla macchina e tenendo sempre in braccio la fedele volpe. Successivamente uscirono anche Emma e Ruby. Quest’ultima, mentre camminavano verso l’edificio, chiese: “Siamo proprio sicuri che questo sia il posto giusto? Non credo che Rose lo adori alla follia.”
“Il fiuto di Excalibur non ha mai sbagliato. Perché dovrebbe proprio ora?” domandò Gold.
“Magari qua dentro c’è qualcosa da mangiare che le interessa” disse Emma. Entrarono ed Excalibur continuò a muovere il muso nella direzione della traccia fiutata poco prima. Il Dottor Whale, che stava parlando con un’infermiera, li vide e, congedandosi dalla donna, andò da loro per poi dire: “Non ricordavo che nel mio ospedale si facessero visite guidate.”
“Per correttezza si tratta del mio ospedale, Dottor Whale. E di certo non siamo qui per vederla. Il problema è un altro: mia figlia è stata rapita” disse Gold.
“E pensate di trovarla proprio qui?” chiese il Dottor Whale.
“Il fiuto della volpe ci ha portato qua” rispose Ruby.
“Signor Gold, le voglio ricordare che l’ultima volta la sua volpe si è fatta fuori tutte le ciambelle delle infermiere. Magari ,anche questa volta si è fatta guidare dal profumo del cibo” disse il Dottor Whale.
“Questa volta è diverso, perché c’è in ballo la vita di mia figlia e sono sicuro che Excalibur non sbagli” disse Gold.
“E lei crede veramente alla sua volpe? Signor Gold, mi aspettavo molto di più da lei” disse il Dottor Whale. Gold perse del tutto la pazienza e, dopo aver dato Excalibur a Ruby, spinse il dottore contro una parete, per poi mettergli il bastone – in orizzontale – contro il collo, premendolo. Poi replicò: “Stia zitto e mi ascolti! Il fiuto di Excalibur ha sempre funzionato bene. E poi, il mio istinto da padre mi dice che mia figlia si trova qua. Quindi, faccia uscire immediatamente Rose dovunque si trovi o mi basterà premere più forte contro il suo collo.”
“E a me basterà chiamare due guardie per sbatterla fuori di qua” disse il Dottor Whale. Gold digrignò i denti e premette più forte il bastone contro il collo del dottore. Quest’ultimo ormai non aveva quasi più fiato.
“Gold, adesso basta. Questo non è il modo per riavere Rose. Poi così rischia di ritornare in prigione e credo che non voglia che sua figlia la riveda dietro le sbarre, vero?” disse Emma. Gold allentò la presa e abbassò il bastone. Il Dottor Whale si portò una mano sul collo, facendo lunghi respiri.
“Così va meglio. E ora ci dica dove si trova Rose” disse Emma.  
“Stava quasi per uccidermi” disse Whale ansimando.
“Non sarebbe stata una grossa perdita” disse Gold. Whale lo guardò malamente. Poi però disse: “Non so dove si trovi vostra figlia. Ma di certo so che non è qua, o se no mi sarei accorto dei pasticci che lascia.”
“Mentire non l’aiuterà di certo. Quindi le consiglio di collaborare” disse Emma.
“Perché mai vi dovrei mentire? Quella peste non si trova qua!” replicò Whale.
“Attento a parlare male di Rose, perché ci impiegherò poco a far chiudere questa baracca” replicò Gold.
“Questa baracca ha salvato la vita di sua figlia” replicò Whale. Nessuno parlò. Poi Whale aggiunse: “La sola sfortuna di quella bambina è di avere un padre come lei. E ora, se volete scusarmi, ho dei pazienti da visitare.” E se ne andò per la sua strada.
“E ora che cosa facciamo?” domandò Ruby, mentre accarezzava Excalibur.
“Continueremo a cercarla da altre parti” rispose Emma e, insieme a Ruby, si avviò verso l’uscita. Gold, invece, andò esattamente dalla parte opposta. Le due, quindi, si fermarono e lo guardarono.
“Gold, dove sta andando?” chiese Emma.
“A cercare Rose” rispose Gold continuando a camminare.
“Ma il Dottor Whale ha detto che non si trova qua” disse Ruby.
“Il Dottor Whale può dire quello che gli pare. Ma io troverò Rose anche a costo di mettere sottosopra questo posto” disse Gold e voltò l’angolo.
“Non diceva sul serio vero? O sì?” domandò preoccupata Ruby.
“Gold non è problema nostro. È grande e sa badare benissimo anche da solo. Noi intanto continueremo a cercare Rose da un’altra parte” rispose Emma e si avviò verso l’uscita.
“E cosa ne facciamo della volpe?” chiese Ruby.
“La porteremo con noi e quando Gold avrà finito di creare casino qua dentro, verrà a riprendersela” rispose Emma uscendo dall’ospedale. Ruby guardò Excalibur, la quale spostò lateralmente lo sguardo. Quindi la ragazza le disse: “Sembrerebbe proprio che passerai un po’ di tempo con noi. Vedrai che non ti annoierai e, se avremo tempo, ti darò anche da mangiare.” Ed Excalibur drizzò le orecchie. Poi uscirono.
Ma, proprio in quel momento, nel corridoio passarono Lucy e il suo aiutante. La bambina disse: “Il piano, finora, è andato come previsto. La prediletta se ne rimarrà rinchiusa là sotto per un bel po’. Diciamo giusto il tempo per far impazzire il suo caro papà e far diventare di nuovo me popolare.” L’aiutante non disse nulla. Lucy lo guardò e gli domandò: “Hai un’aria perplessa. Che cos’hai?”
“E’ che, secondo me, siamo stati un po’ troppo crudeli con lei. Dopotutto, non ha fatto nulla di male” rispose l’aiutante.
“Non ha fatto nulla di male?! Lo ha fatto a me! Mi ha messa in ombra! Ed è tempo che lei e il suo papà paghino per questo affronto. È  tardi per farti venire i sensi di colpa!” replicò Lucy. L’aiutante non disse nulla e uscirono.
Nello stesso momento, Rose riprese i sensi. Sentì freddo e, appena aprì del tutto gli occhi, si accorse che si trovava distesa su un pavimento. Debolmente si alzò e si guardò intorno. Si trovava in una cella, ma non sapeva dove. Preoccupata e impaurita, chiamò il padre: “Papà, dove sei?”
“Non avere paura” disse a un certo punto una voce. Rose si voltò e vide qualcuno seduto sull’unico e piccolo letto presente. La bambina chiese: “Chi sei?” Quel qualcuno si mostrò nella luce: si trattava di una bellissima donna dai capelli lunghi e mossi e due occhi azzurri. Indossava una vestaglia.
“Quegli occhi… sei quella ragazza con cui ho parlato quel giorno mentre ero ricoverata qua” disse Rose.
“E tu sei quella bambina così dolce che si era preoccupata di me e che aveva detto tutte quelle belle cose su chi siamo” disse la ragazza. Rose si guardava intorno preoccupata. La donna quindi le domandò: “Che cosa ci fai qua? Non è un bel posto.”
“Non lo so. L’unica cosa che ricordo è che qualcuno ha aggredito me e la mia volpe mentre mi trovavo nella foresta” rispose Rose guardandola.
“E, se posso sapere, cosa ci facevi da sola nella foresta?” chiese la donna.
“Stavo seguendo la mia volpe che, di conseguenza, seguiva qualcun altro. E…“ sospirò ”…mi sono ritrovata qua” rispose Rose e si andò a sedere sul letto. La donna la guardò, per poi dirle: “Come può esserci qualcuno che ti odia? Sei così gentile.” Rose sorrise e disse: “Anche tu sei così gentile. Come hai fatto a finire in questo postaccio?”
“Da quel che ricordo, sono sempre stata qua e nessuno, eccetto te, è mai venuto a trovarmi” rispose la donna.
“Proprio nessuno? E i tuoi genitori? E la tua famiglia? Devi pure averceli, no?” domandò Rose.
“Mia madre è morta. Mio padre non so dove sia. E per quanto riguarda degli amici, non ne ho. Almeno da quello che ricordo” rispose la donna.
“Be', ora hai me” disse sorridendo Rose. Anche la donna sorrise e si andò a sedere accanto alla bambina.
Intanto Gold continuava a camminare per i corridoi soprastanti, non accorgendosi minimamente che la sua adorata figlia si trovasse proprio sotto di lui. Già più di una volta gliel’avevano portata via. Non avrebbe permesso che accadesse nuovamente. Era assorto nei suoi pensieri quando qualcuno disse: “Signore, vorrebbe qualcosa da bere?” Si voltò per vedere una signora di mezza età dietro al bancone, intenta a pulire un bicchiere con uno strofinaccio.
“Io e il bere non andiamo molto d’accordo” disse Gold.
“Un bicchierino non le farà male. E poi offro io” disse la signora sorridendo e mettendo il bicchiere, appena pulito, sul bancone. Gold si avvicinò. La donna gli versò qualcosa nel bicchiere. Gold fu un po’ restio. Ma poi prese il bicchiere e bevve un sorso.
“Sa Signor Gold, lei è molto famoso” disse la donna.
“Lo sono, perché vengo considerato da tutti una bestia” disse Gold.
“E’ lei che lo pensa. Ma è famosa anche la sua adorata figlia Rose che lei adora con tutto il cuore” disse la donna. Gold si fece serio e chiese: “Come conosce mia figlia?”
“Tutti conoscono la dolce figlioletta dell’uomo più temuto di tutta Storybrooke e della sua innata benevolenza nei confronti degli altri. Tratto che sicuramente avrà ereditato dalla madre” rispose la donna sorridendo.
“E lei cosa ne sa della madre?” domandò Gold.
“Oh, io so molte cose di te… Tremotino” rispose la donna. Gold inarcò un sopracciglio e, dopo aver preso il bastone che aveva momentaneamente appoggiato al bancone, si alzò, per poi allontanarsi. Ma venne fermato quando la donna aggiunse: “E so anche riconoscere un’anima disperata” Gold voltò lo sguardo. Ritornò da lei chiedendole: “Chi è lei, veramente?”
“Una persona che ti ha già aiutato in passato e che ti vuole aiutare anche ora. So che stai cercando tua figlia e che ti stai anche facendo aiutare. Ma i tuoi amici non stanno cercando nel posto giusto” rispose la donna.
“Loro non sono miei amici! E poi io lavoro molto meglio da solo!” replicò Gold.
“Vuoi ritrovare la tua amata creatura? Allora non fare di testa tua ma segui il tuo cuore. Cosa ti sta dicendo?” domandò la donna.
“Che c’è una barista che si sta immischiando nella mia vita” rispose Gold.
“Sono anche le tue battutine che non mi hanno mai fatto recare odio nei tuoi confronti, Tremotino. Ma sai anche tu stesso che il tuo cuore non è del tutto pieno d’odio. Che quel briciolo di luce è per l’amore che provi per la tua bambina. L’oscurità non ti ha del tutto privato della tua umanità. Il dolce padre è ancora lì dentro pronto a saltare fuori per proteggere la sua rosa” spiegò la donna. Gold la guardò. Poi replicò: “Lei non sa nulla della mia vita! Le ho già detto di non immischiarsi. Ritroverò da solo la mia bambina, anche se dovessi mettere a soqquadro questo posto.” Si voltò, incamminandosi.
“Se lo farà, le toglieranno la sua dolce Rose” disse la donna. Gold si fermò e la guardò. Poi disse: “Sa, potrei anche farle causa per questo.”
“Per un avvertimento? Be', se proprio vuole, allora meglio che sappia il mio nome. Mi chiamo Leota” disse la donna e gli fece l’occhiolino. Gold inarcò un sopracciglio e, dopo aver scosso negativamente la testa, si rivoltò e se ne andò. La donna lo guardò sorridendo. Lei si ricordava tutto.
Intanto, gli altri stavano proseguendo le ricerche altrove ma con scarsi risultati.
“E’ impossibile che non riusciamo a trovare una bambina di dieci anni. Non può essere sparita nel nulla” disse Jefferson.
“Be', Rose è molto brava a nascondersi. Persino il Signor Gold fa’ fatica a trovarla. Ed è suo padre. Quante probabilità abbiamo noi?” disse Paige.
“Forse sempre più di loro. Non sembra abbiano una bambina con sé” disse August vedendo Emma e Ruby raggiungerli.
“Ma hanno solo una volpe” disse Jefferson.
“Ce l’ha lasciata il Signor Gold dopo che è voluto rimanere in ospedale” disse Ruby.
“E voi lo avete lasciato fare?!” chiese stupito Jefferson.
“Non siamo le sue babysitter che dobbiamo tenerlo d’occhio” rispose Emma.
“Così facendo gli avete lasciato carta bianca. Distruggerà l’ospedale” disse Jefferson.
“Ha detto che lo metterà a soqquadro. Non che lo distruggerà. C’è differenza” disse Ruby ed Excalibur alzò gli occhi al cielo per poi scuotere negativamente la testa.
“Credimi sulla parola. Lo distruggerà. Un papà incavolato e alla ricerca della propria figlia è impossibile da fermare. Anzi, l’unica che poteva fermarlo era proprio Rose” disse Jefferson.
“Be', se ci proverà, lo risbatterò dietro le sbarre e non credo che poi Rose ne sia felice. Quindi, deve sottostare alle regole” disse Emma.
“Non credo che il Signor Gold voglia sottostare le regole. Lui stesso ne ha imposte tante a Rose” disse Paige.
“E poi nessuno è mai riuscito a imporgli qualcosa” aggiunse Henry.
“Vorrà dire che io sarò la prima” disse Emma guardandolo. Poi rivolse lo sguardo verso Jefferson quando questi disse: “ Swan, arrenditi. È una battaglia persa. E’ come se mettessi un leone in una gabbia e davanti gli mostrassi una succulente bistecca fumante.” Al sol nominare la bistecca, Excalibur si leccò i baffi e aveva ormai già anche la bava alla bocca. Poi Jefferson continuò: “Il leone farà di tutto pur di prendersi quella bistecca. Anche distruggere la gabbia nella quale è rinchiuso. Gold farà la stessa cosa con l’ospedale, pur di riprendersi Rose.”
“In quanto sceriffo, è compito mio impedirgli di commettere qualcosa di stupido. Quindi prima troveremo Rose e prima fermeremo Gold” disse Emma.
“E dove possiamo cercarla? Abbiamo praticamente guardato dappertutto” disse Ruby.
“Non dappertutto. Se no l’avremmo trovata e non saremmo qua a preoccuparci di scappare dalle ire di Gold” disse Jefferson.
“Noi non scapperemo. E per trovare Rose avremo bisogno di una pista da seguire. È così che il fiuto di Excalibur ci ha portato all’ospedale” disse Emma.
“Forse potremmo usare il taccuino e il pezzo di stoffa che avevamo trovato” propose Henry. In quel momento, Excalibur drizzò le orecchie e fiutò qualcosa. Voltò lo sguardo e ringhiò. Anche gli altri voltarono lo sguardo nella stessa direzione di Excalibur per vedere…
“Perché mai Excalibur dovrebbe ringhiare contro Sidney Glass? Non ditemi che…” disse Ruby.
“Ma certo. Abbiamo trovato un taccuino sul luogo dove Rose è stata rapita, ricordate?” disse Henry.
“E di solito i taccuini vengono utilizzati normalmente dai giornalisti per prendere appunti” aggiunse Paige.
“E Sidney Glass è un giornalista” disse Emma. Ci fu silenzio. Poi tutti corsero verso Sidney. Questi, nel vederli, cercò di scappare, ma Excalibur gli saltò addosso, mordendolo al sedere. L’uomo cadde a terra. La volpe si staccò, con un pezzo di indumento in bocca e Jefferson, accorso per primo, riuscì a bloccare Sidney.
“Salve, mio caro, vai per caso da qualche parte?” domandò Jefferson rialzandosi in piedi. Anche Sidney, tenuto da Jefferson, si rialzò per poi rispondere: “Sì, per i fatti miei.”
“Sidney Glass, sei in arresto per aver rapito la piccola Rose Gold” disse Emma.
“Non avete le prove che possa essere stato io. Non potete accusarmi ingiustamente” replicò Sidney. Emma gli mostrò il taccuino per poi chiedergli: “Questo lo riconosce?”
“Potrebbe essere di chiunque” rispose Sidney.
“Guarda caso è stato trovato proprio nel posto dove Rose è sparita e non sono in molti a girare con dei taccuini. Per lo più sono giornalisti o scrittori” spiegò Emma.
“E io ero con loro” disse August. Sidney lo guardò. Quindi August aggiunse: “Oh è vero, lei ancora non mi conosce. Mi chiamo August Booth e sono uno scrittore.”
“August, non credo che ora le presentazioni siano importanti. Abbiamo altro a cui pensare” disse Jefferson.
“Anche io. Quindi lasciatemi andare” replicò Sidney. Ma Jefferson gli strinse ancora di più una mano dietro la schiena. Per poi dire: “Perché tanta fretta? Non ti piace la nostra compagnia? E poi perché scappare se ti ritieni innocente? O forse non lo sei?” Sidney non rispose. Guardò Emma quando quest’ultima gli propose: “Se collaborerà, per lei potrebbe anche finire bene.”
“E chi mi dice che non mi prendiate in giro e poi mi sbattiate lo stesso in carcere?” domandò Sidney.
“Sono lo sceriffo. Perché mai dovrei mentirle? E poi nell’aiutarci eviterà che Gold scateni la sua ira su tutti noi. Lo sa di cosa è capace. Quindi veda di collaborare e forse si salverà” rispose Emma. Sidney non disse nulla. Jefferson allora propose: “Allora facciamo così: se non ci racconti subito la verità, ti porteremo immediatamente da Gold e poi sarà lui a pensare al resto. Sono sicuro che sarà molto contento di darti una bella bastonata in testa.”
“Non ho paura di Gold” disse Sidney.
“Davvero? Dovresti. Perché in questo momento sono sicuro che è molto incavolato per la scomparsa della sua bambina e la sua ira non può che essere fermata solamente da Rose. E se Rose manca… be’… sai già la risposta” spiegò Jefferson. Sidney se ne rimase zitto. Ma stavolta fu Excalibur che gli ringhiò contro. L’uomo la guardò, per poi dirle: “Smettila di avercela con me. Non ti ho fatto nulla.”
La volpe, camminando lentamente verso di lui per il dolore alla zampa, continuò a ringhiare. Quindi a Henry venne in mente qualcosa. Prese il pezzo di stoffa che lui e Paige avevano trovato nella foresta e lo confrontò con il pezzo di stoffa che aveva prima Excalibur tra i denti: combaciavano perfettamente. Guardò dietro Sidney e vide uno squarcio nei pantaloni. Alzò lo sguardo incrociando quello del giornalista e disse: “E’ stato lei. Lei ha rapito Rose e fatto del male a Excalibur.”
“Non avevo scelta. Sono stato costretto” disse Sidney.
“Davvero? E da chi?” chiese Emma.
“Non posso dirvelo” rispose Sidney.
“Va bene. A noi puoi anche non dire nulla. Ma vedrai che parlerai davanti a una persona” disse Jefferson. Gli altri – Sidney compreso – volsero lo sguardo verso di lui.
Nel frattempo Gold era fermo a guardare i neonati della nursery. Il vetro rifletteva l’immagine di un uomo che ormai aveva perso tutto. Sì, perché ora Gold aveva pure perso la fiducia in se stesso. Aveva cercato l’adorata figlia dappertutto. In ogni angolo, stanza e corridoio. Ma di Rose nemmeno una traccia. Sembrava sparita nel nulla.
Guardava quei neonati nati da poco. Si ricordò della sua Rose, quando Graham gliela portò in negozio dopo averla trovata nella foresta. Di quando la strinse nuovamente – dopo anni – tra le braccia. Aveva cercato di proteggerla da tutto e tutti. Si sentiva un fallito per aver mancato ai doveri di genitore. Rose non c’era e lui non poteva fare altro che colmare quel profondo vuoto che si era nuovamente formato nel suo cuore.
Guardò a destra e poi a sinistra e, dopo essersi accertato che nei paraggi non ci fosse nessuno, entrò nella nursery. I neonati stavano quasi tutti dormendo. Alcuni di loro osservavano con curiosità lo sconosciuto appena entrato nella stanza. Gold li guardava mentre passava lentamente tra le culle, ma cercava di non incrociare troppo i loro sguardi. Sembravano come lame affilate che gli trafiggevano il suo cuore già spezzato per la perdita del suo piccolo fiore.
Poi si fermò accanto a una culla dove al suo interno dormiva una neonata – a giudicare dalla cuffietta rosa che indossava. Appoggiò il bastone contro la culla. Osservava quella piccola creatura che dormiva noncurante dell’uomo che le stava accanto. Un’unica idea gli passava in quel momento per la testa. Avrebbe rischiato e lo sapeva. Ma non voleva che si ripresentasse il pensiero di rimanere nuovamente solo. Aveva già sofferto e questa volta non lo avrebbe più permesso.
Pensò agli altri genitori. Persone insignificanti al suo cospetto. Ma con un futuro più roseo già segnato dal destino. Già, perché le vite dei loro figli sarebbero state sempre al sicuro. Lontani dai pericoli che incombevano veramente in quella città celata nel mistero. E lui invece era come se fosse stato colpito da una maledizione. Una maledizione che lo tormentava da secoli e che infliggeva dolore non solo a lui ma anche a ogni membro della sua famiglia. Prima con suo figlio, perso a causa dell’avidità di potere oscuro. Poi la sua amata Belle. Una vita spezzata  troppo presto dal suo stesso padre. Accecato dalla rabbia per aver perso la figlia a causa di una bestia e dell’amore che provava. E ora la sua piccola Rose. Il più bel regalo che Belle gli avesse mai fatto. Il suo tesoro più prezioso, sempre custodito gelosamente e protetto dagli abitanti che lui stesso disprezzava. Quella dolce bambina che gli aveva ridato una speranza per vivere. Combattere per qualcosa. Combattere per quella luce che gli era rimasta nel cuore. Ma ora l’aveva persa per sempre ed era rimasto nuovamente da solo. Nessuno lo avrebbe mai più amato. Anche se…
Allungò una mano accarezzando dolcemente con il dorso la guancia della neonata. Poi disse: “Perdonami, Rose. Ma non posso permettere di sopportare altro dolore. Non verrai mai dimenticata, piccola mia. Come non ho mai dimenticato tuo fratello.” E prese in braccio la neonata. La guardò e si ricordò di quando anni fa prendeva i neonati per poi scambiarli con accordi tra le varie famiglie.
Era così intento a guardarla che non si accorse delle persone che comparvero al di là del vetro. Una di queste disse: “Gold! Rimetta subito quella neonata nella sua culla” Gold alzò lo sguardo, per trovarsi di fronte Emma, Jefferson, Ruby- con in braccio Excalibur – Henry e Paige.
“Non si intrometta, Sceriffo Swan! Non riguarda lei! Ma me!” replicò Gold.
“Gold, cerca di ascoltarla… almeno questa volta. E non fare cose stupide. Rapire una neonata non ti farà ridare indietro Rose” disse Jefferson.
“Non hai capito che Rose non ritornerà mai più da me?! L’ho perduta per sempre! E questa neonata mi riempirà quel vuoto lasciato dalla mia bambina” replicò Gold.
“Non è vero che Rose è perduta per sempre. Lei è suo padre e un padre ritrova sempre sua figlia e vuole sapere il perché? Perché non molla. Va’ fino in fondo e cerca in tutti i modi di proteggere il suo cucciolo” spiegò Henry.
“Signor Gold, non molli proprio ora: Rose ha bisogno di lei” aggiunse Paige.
“Rose non ha bisogno di me. Lei è sempre riuscita a cavarsela anche da sola, proprio come faceva sua madre. Belle amava l’avventura e voleva esplorare nuovi posti. E Rose è come lei. Solo che, riempiendola di tutte quelle regole, le ho tolto la possibilità di esaudire il sogno della madre. Facendola vivere come una prigioniera nella sua stessa casa o nel negozio. La colpa è mia. Non sono mai stato un bravo padre e mi merito  ciò che è successo. Ma…” - fece una piccola pausa - e, dopo aver guardato la neonata, continuò: “… con lei sarà diverso. Ricomincerò da capo. Non commetterò di nuovo gli stessi errori.”
“Bè, sarà felice di sapere che noi sappiamo dove si trova Rose” disse Emma. Gold alzò incredulo lo sguardo.
“O almeno sappiamo chi ci può condurre da lei” aggiunse Jefferson e fece comparire Sidney, che teneva stretto per un braccio. Lo sguardo di Gold divenne furioso.
Poco dopo – e dopo anche aver rimesso la neonata nella culla – Gold buttò Sidney contro una parete in un corridoio. Poi arrabbiato domandò: “Dov’è Rose?!”
“Non lo so” rispose Sidney.
“Non menta a me! Non glielo ripeterò più: dov’è Rose?! Dove l’avete nascosta?!” chiese Gold.
“Non ne ho idea” rispose Sidney. A quel punto, Gold perse del tutto quella poca pazienza che aveva e, dopo aver scaraventato l’uomo a terra, incominciò a picchiarlo con il bastone, proprio come quando tempo prima aveva fatto con Moe.
“Dov’è la mia bambina?! La rivoglio tra le mie braccia! Rivoglio Rose con me! Falla saltare fuori subito!” replicò Gold, continuando a picchiare l’uomo. Emma e Jefferson si posero a entrambi i lati di Gold, cercando di bloccarlo per le braccia. Quando ci riuscirono, Emma disse: “Ora basta, Gold! Credo che abbia imparato la lezione. Almeno spero.”
“Ha ragione. Non bisogna sporcarsi le mani con uomini come lui. Non ne vale la pena” disse Gold, guardando minacciosamente Sidney, il quale mentre si toccava con una mano il naso sporco di sangue – e forse anche rotto – disse: “Sua figlia si trova qua, nell’ospedale. Ma lei mi ha proibito di raccontarvi ogni cosa.”
“Lei chi?” domandò Jefferson.
“Lucy Hunter. È lei che ha quasi ideato tutto ciò. Ha sempre provato odio profondo nei confronti della Signorina Gold e voleva fargliela pagare. È da molto che escogita un piano in modo che soffrisse” rispose Sidney.
“Ora capisco perché quel giorno era venuta nel mio negozio a raccontarmi tutte quelle cose. Voleva che mi arrabbiassi di proposito con Rose e che lei, di conseguenza, si allontanasse da me. Avrei dovuto immaginarlo che quell’odiosa bambina avrebbe fatto di tutto per farla pagare alla mia” spiegò Gold.
“E’ strano che tu non lo abbia immaginato” disse Jefferson, ma dopo aver ricevuto un’occhiataccia da parte di Gold non aggiunse altro.
“Bene, ora non ci resta che perlustrare tutto l’ospedale. Rose sarà qua nei paraggi” disse Emma.
“Ho guardato dappertutto. In ogni angolo. Stanza e corridoio. Dove potrebbe essere?” disse Gold. In quel momento a Paige ritornò in mente di quella volta in cui lei, Rose ed Excalibur si erano avventurate per l’ospedale, fino ad arrivare…
“In verità ci potrebbe essere ancora un posto dove non abbiamo guardato” disse Paige. Gli altri la guardarono. Poco dopo, si trovarono davanti a una porta blindata.
“Sicura che sia qui?” chiese Ruby.
“Spero di sì” rispose Paige.
“E’ blindata. Come faremo ad aprirla?” domandò Ruby.
“Con una chiave. È così che io e Rose abbiamo fatto l’ultima volta” rispose Paige.
“Magnifico. Troviamola e salviamo Rose” disse Jefferson. Gold guardava in silenzio quella porta che gli stava di fronte. Eppure aveva cercato la sua bambina per tutto l’ospedale. Come faceva ad essergli sfuggita quella porta? Quindi guardò Excalibur ancora tra le braccia di Ruby e disse: “Scommetto che è stata Excalibur a trovare la chiave.”
“Quella, ma anche tutte le ciambelle delle infermiere” aggiunse Paige.
“Ruby, Paige, Henry, fatevi condurre dal fiuto di Excalibur. Grazie a lei troverete la chiave. Poi ritornate qua” spiegò Gold e i menzionati, insieme alla volpe, andarono alla ricerca del prezioso oggetto.
“Ci sarei potuta andare benissimo anche io” disse Emma.
“Loro sono più che sufficienti. E poi qua serve qualcuno che tenga a bada il prigioniero” disse Gold e  sorrise maliziosamente a Sidney.
“No, è che lei non si fida di loro due” disse Emma e guardò prima Jefferson e poi August.
“E secondo lei dovrei, considerando che il primo è stato isolato da tutti fino a qualche giorno fa e il secondo ha usato mia figlia per arrivare a me solo per i suoi scopi? La mia volpe è più affidabile di loro due messi insieme” spiegò Gold.
“Bel ringraziamento, dopo tutto quello che ho fatto in passato per te” disse Jefferson.
“Siamo pari, considerando quanto ho fatto anche io per te di recente” disse Gold. Jefferson non replicò. Con Gold era sempre una battaglia persa.
Fortunatamente l’attesa fu poca. Gli altri ritornarono immediatamente con le chiavi – il fiuto di Excalibur li aveva nuovamente condotti non solo alle chiavi ma anche alle ciambelle delle infermiere – che poi consegnarono a Gold. Le inserì nella serratura e la porta si aprì.
Nello stesso momento, Rose e la ragazza erano rimaste sedute sul letto della cella a parlare di ogni cosa. Quindi sentirono dei rumori. Mentre Rose si alzò, cercando almeno di sbirciare dalla finestra chi potesse essere, la ragazza disse: “Sono loro.”
“Loro chi?” chiese Rose.
“Quelli che mi danno qualcosa per farmi stare buona perché non faccio la brava. E, vedendoti, faranno del male anche a te. Devi andartene da qua” rispose la ragazza. Rose la guardò dicendole: “Non posso lasciarti qua. Anche tu devi venire con me.”
“No! Il mio posto è qua. Ci deve essere un motivo del perché io sia qua sotto. Ma tu puoi ancora scappare. Ti aiuterò io” disse la ragazza alzandosi dal letto e fermandosi di fronte a Rose. Quest’ultima prese le mani della ragazza per poi dirle: “ Tu sei una persona buona e non meriti di stare qua. Vieni con me. Vivrai con me e mio padre. Avrai qualcuno che ti vorrà bene.”
La ragazza sorrise e, dopo aver messo una mano sulla guancia della bambina, disse: “Grazie. Ma come ti ho detto, il mio posto è qua. Non ti preoccupare per me, piccola.” Anche Rose sorrise. Ma quel dolce momento venne interrotto dall’aprirsi della porta e da due infermieri, vestiti di bianco e con un carrellino con sopra siringhe e boccette. Nel vedere Rose, uno di loro, sorridendo maliziosamente, disse: “Non ci avevano avvertito dell’arrivo di una nuova paziente. Ma rimedieremo subito.” E l’altro infermiere, dopo essersi messo i guanti, prese una delle siringhe. La ragazza mise protettivamente Rose dietro di sé.
“Su, fate le brave. Non vogliamo farvi nulla di male. Solo un pizzicotto e dormirete un po’” disse il primo infermiere avanzando, insieme al collega, verso le due.
“Mentre io li distraggo, tu scappa. Si sono dimenticati la porta aperta. Di solito la chiudono sempre” disse sottovoce la ragazza.
“Non posso lasciarti qua con questi due: ti faranno del male. Scapperai con me” disse Rose.
“Non obiettare e fa’ ciò che ti ho detto” replicò la ragazza e Rose non aggiunse altro. I due infermieri erano sempre più vicini. Quindi il primo, in un movimento veloce, prese la ragazza per un braccio. L’altro allontanò Rose.
“No! Lasciatela stare! Non vi ha fatto nulla!” gridò la ragazza.
“Sta’ zitta o aumenterò la dose! E farò lo stesso anche con la mocciosa!” replicò l’infermiere che le teneva bloccato il braccio.
L’altro infermiere stava per fare la puntura a Rose. La donna, capendo subito la sua intenzione, gli diede uno spintone. L’uomo lasciò andare il braccio della bambina.
“Scappa, Rose! Va’ via da qui e ritorna da tuo padre!” replicò la ragazza. Rose la guardò, dicendole: “Ti prometto che uscirai da questo posto. O per mano mia o per mano di qualcun altro. Non verrai dimenticata. Hai la mia parola. E io la mantengo sempre” Il primo infermiere stava per prenderla, ma Rose riuscì a fuggire via.
“Non fare promesse che non manterrai” disse tristemente la ragazza abbassando lo sguardo, mentre i due infermieri, infuriati, si avvicinarono a lei, chiudendo anche la porta.
Rose correva a perdifiato quando andò a sbattere contro…
“Rose, stai bene?” domandò questo qualcuno. Rose alzò lo sguardo per vedersi di fronte Jefferson. La bambina semplicemente disse: “Portami via da qui.”
Jefferson non disse nulla e, dopo averle messo un braccio intorno, risalirono le scale. Poi, però, Rose si fermò. Quindi l’uomo, preoccupato, le chiese: “Cosa c’è? Qualcosa non va?”
“C’è una ragazza, qua sotto. Se non fosse stato per lei, non sarei mai riuscita a scappare. Le ho promesso che l’avrei fatta fuggire. O io o qualcun altro. Jefferson, voglio mantenere questa promessa. Lei non merita di stare in questo posto. Le fanno solo del male” spiegò Rose.
“Non ti preoccupare, piccola. Vedrai che le cose si aggiusteranno anche per lei. Ma ora ritorniamo di sopra, o tuo padre veramente distruggerà l’ospedale” disse Jefferson e, dopo che furono ritornati al piano superiore, Gold strinse forte a sé la sua bambina.
“Mio piccolo fiore. Sei sana e salva. Non ti lascerò mai più andare via. Mai più. Sarei stato perso senza di te” disse Gold mentre alcune lacrime gli rigavano il viso. Anche Rose stava piangendo tra le braccia del padre. Era felice di essere nuovamente con lui. Aveva paura che non l’avrebbe mai più rivisto. Invece, una ragazza dal cuore d’oro l’aveva aiutata a riunirsi con lui. Le aveva promesso che l’avrebbe salvata. E lei manteneva sempre le sue promesse.
L’abbraccio finì. Padre e figlia si guardarono e, mentre Gold teneva le mani sulle guance di Rose, Ruby domandò: “Cosa ne facciamo di lui?”
“Mandiamolo sotto un ponte” propose Paige.
“Non mettiamolo: gettiamolo” disse Rose. Excalibur ringhiò.
“Sono d’accordo con la volpe… volevo dire con Paige” disse Jefferson.
“Rose, troppo crudele. Anche se ciò che il Signor Glass ha fatto non passerà di certo inosservato ai miei occhi. Ha fatto del male sia a te che a Excalibur” disse Gold, rialzandosi in piedi.
“Lo metterò in cella” disse Emma.
“No. Ho detto che ciò che ha proposto Rose è troppo crudele. Ma ci potrebbe essere una via di mezzo tra l’ annegamento e la prigione” disse Gold e sorrise maliziosamente a Sidney, il quale però lo guardò a sua volta in modo preoccupato. E così Sidney venne messo in una delle celle d’isolamento poste al di sotto dell’ospedale.
Tutto sembrò tornare alla normalità. Paige ritornò a casa con Jefferson – ormai i due stavano formando un buon rapporto. A Excalibur venne fasciata la zampetta, in modo che non compromettesse la ferita, anche se la volpe faticava a stare ferma ed era alla costante ricerca di cibo. E per quanto riguardava Rose, Gold per sicurezza prese un paio di appuntamenti per lei dal Dottor Hopper. Non voleva che la figlia avesse incubi riguardo al posto nel quale era stata rinchiusa.
Una sera, Gold stava mettendo a letto Rose quando la bambina gli chiese: “Papà posso chiederti una cosa?” Gold la guardò e, sorridendole, le rispose: “Sì, certo, piccola.”
“Tu mi hai detto che la mamma è morta dandomi alla luce. Il Sindaco mi ha detto che è morta per causa mia. Graham mi disse che era morta proteggendomi. E se invece la mamma non fosse mai morta? Se fosse viva e qualcuno ti ha mentito per molti anni solo per farti soffrire?” domandò Rose. Excalibur, che era acciambellata in fondo al letto, alzò la testa guardando la padroncina.
Gold era rimasto spiazzato da quella domanda. Davvero c’era una possibilità, anche minima, che la sua Belle fosse ancora viva e che qualcuno gli avesse mentito per tutti quegli anni solo per farlo soffrire? E se ciò era vero, allora c’era solo una persona che avrebbe potuto architettare tutto questo.
Fece un lungo sospiro e dopo aver messo una mano sulla guancia della figlia, le rispose: “Vorrei con tutto il cuore che tua madre fosse viva. Lei ti avrebbe voluto molto bene. Anche di più di quanto te ne voglia io. Ma lei vivrà nei nostri ricordi e in quelli che l’hanno conosciuta. Non è mai stata dimenticata. Ma lascia che ti dia un consiglio: non ascoltare mai ciò che ti dicono gli altri, perché possono condurti su una strada sbagliata. Ascolta ciò che ti dice il tuo cuore. È la parte più pura di te. Non ti darà mai consigli sbagliati.”
Rose sorrise e poi disse: “Grazie, papà. Cercherò di tenerlo in mente” Anche Gold sorrise per poi dirle: “E ora dormi. È già tardi.” E le aggiustò meglio la coperta. Poi, aiutandosi con il bastone, si alzò, aggiungendo: “E se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi” Rose annuì. Poi disse: “Buona notte, papà. Ti voglio bene.”
“Buona notte, mio piccolo fiore. Ti voglio bene anche io” disse Gold e, dopo averla baciata sulla fronte, diede una carezza a Excalibur – che gli leccò la mano – e poi uscì. Prima di addormentarsi, Rose si rigirò un paio di volte nel letto. Poi, prese la palla di vetro che era sul comodino e la rovesciò sottosopra. Un fiocco di neve dopo l’altro incominciò a scendere lentamente sul fondo, imbiancando la riproduzione della biblioteca.  Il loro silenzio fece chiudere gli occhi della bambina, proprio nello stesso istante in cui comparve l’immagine di una donna che, dopo che due infermieri le ebbero fatto un’altra puntura, giaceva impaurita in un angolo del letto della sua cella. Dopotutto, quella palla di vetro mostrava ciò che il proprio cuore desiderava e, ciò che più Rose desiderava era poter vedere la sua mamma.



Note dell'autrice: Buona sera miei cari Oncers ed eccomi finalmente qua con la seconda parte del capitolo. Prima di tutto volevo scusarmi per l'attesa ma tra vari impegni e altro non sono riuscita ad aggiornare in tempo. Inoltre cambiavo continuamente idee e non volevo creare pasticci.
Come avrete potuto notare, Rose e Belle si sono finalmente ri incontrate dopo ben ventotto anni ( la donna ovviamente è Belle e ovviamente entrambe non sanno di essere madre e figlia). Ho voluto creare questo momento anche per far vedere un primo approccio che Rose avrebbe avuto con la madre (seppur come detto lei non sa che è sua madre) e di come Belle si sarebbe comportata nei confronti della figlia (nn sapendo che è sua figlia quella che ha di fronte). Inoltre da me Jefferson non libererà Belle per farla pagare a Regina. La libererà perchè glielo ha chiesto Rose (da me Jefferson e Paige/Grace saranno quasi dei personaggi regular. Non li metterò da parte come hanno fatto Adam e socio).
Comunque, inizialmente avevo previsto altri due capitoli prima della conclusione della prima stagione. Be' se ne è aggiunto un altro con un altro nuovo personaggio che, secondo me, ci starebbe bene nella serie (e spero lo mettano almeno nella sesta)
Con ciò ringrazio tutti/e coloro che sono arrivati fin qua senza essersi annoiati. Tutti/e coloro che hanno messo la storia tra le preferite e o seguite. Ringrazio la mia cara amica Lucia, per la sua santa pazienza
Vi auguro una piacevole nottata e al prossimo capitolo.

 

 
  
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