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Autore: Kazaha87    31/05/2016    0 recensioni
Durante un pomeriggio di un classico inverno del nord, a casa di Danimarca, un fiume di pensieri, rimpianti, rimorsi e risentimenti si impossessa di Islanda mentre, come d'abitudine, sente battibeccare Norvegia e Danimarca nella stanza accanto. Poi, che sia colpa dei bui inverni del nord o no, Norvegia prima e Danimarca poi vengono colpiti dalla stessa malinconia che aveva pervaso il loro fratello minore, e si abbandonano ai propri fantasmi.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Islanda, Nordici, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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“Sei seccante!”, ripeté per la millesima volta solo di quel giorno in una delle numerose varianti quando finalmente lo stupore per la reazione improvvisa quanto inaspettata di Ísland era passato e tutto era tornato alla normalità, e l’attenzione di bror Dan si era concentrata nuovamente tutta sul suo drink. “Va’ a farti il tuo e lasciami stare, ho detto! È mio!”, rimarcò esasperato e, dopo quasi un quarto d’ora passato ad agitarsi e a pregarlo invano, Danmark, finalmente, cedette e andò verso la dispensa – e il microonde – per farsi la sua razione di grog.

E quando, infine, bror gli diede le spalle, Norge tirò un profondo sospiro, esausto di tutto. Poi svuotò la sua tazza in un sol sorso nella speranza che l’alcol in essa potesse alleggerirgli, anche solo un poco, lo spirito.

Certo: sapeva perfettamente che, per riuscirci, avrebbe avuto bisogno di ben più di una mera tazza – e, forse, anche più di sei o sette uguali a quella – ma sarebbe stato bello se avesse funzionato.

Tutto ciò che voleva, davvero, era smettere di pensare.

All’estate ormai lontana.

A Ísland e al suo scorbutico atteggiamento tutto il tempo che passavano loro tre insieme quando, da piccolo, era stato invece così tenero e carino.

E a quello stupido di Danmark, capace di esasperarlo a livelli oltre l’inverosimile e per qualunque sciocchezza!

“E fanne dell’altro anche per me per farti perdonare del fatto di essere una piattola.”, aggiunse così, di punto in bianco, infrangendo quel raro silenzio che finalmente aveva graziato le sue orecchie e che sarebbe stato quasi assoluto non fosse stato per il ronzio ovattato proveniente dalla TV accesa nell’altra stanza e dalla ventola del microonde che andava.

Il suo tono, mentre impartiva ordini al suo storebror, era gelido e tagliente come al solito, e Danmark se ne lamentò abbondantemente e con l’usuale fervore, ma, alla fine, come sempre lo assecondò e, un paio di minuti dopo, tornò verso di lui e gli riempì la tazza prima di sedersi sulla sedia che Ísland aveva lasciato vuota andando via, come se sapesse che quello era l’unico modo per distogliere l’attenzione di Norge dal fratello minore e spostarla su qualcos’altro – qualcosa tipo lui.

Purtroppo, però, quel che bror Dan sembrava incapace di comprendere era che per lui, sfortunatamente, quel ‘salto di pensiero’ non faceva molta differenza sul suo umore… anzi, era quasi peggio.

Non lo ringraziò per avergli rimpinzato la tazza e non lo degnò nemmeno di un misero cenno di ringraziamento per quel favore, il suo sguardo perso da qualche parte fuori dalla finestra nel crepuscolo di quel pomeriggio di un inverno nordico che non aveva nulla di diverso rispetto a quello del giorno prima o di quello prima ancora.

Ad ogni modo sapeva che Danmark non se la sarebbe presa. Sapeva che era abituato ai suoi brutti modi e al suo caratteraccio: faceva parte della loro routine, in fondo. Era la loro normalità.

Cosa sarebbe successo infatti se, tutto d’un tratto, avesse deciso di comportarsi diversamente nei suoi confronti? Non sarebbe forse sembrato strano?

Sempre fissando l’orizzonte dipinto dei colori del crepuscolo, la sua mano si mosse come per istinto e, senza indugio, afferrò la tazza sul tavolo senza bisogno di controllare con lo sguardo dove fosse di preciso. Poi se la portò alle labbra e ne gustò il contenuto.

Fu solo per un attimo, ma socchiuse gli occhi e un sospiro che si percepì appena si liberò dalla sua gola mentre la sua espressione sembrò addolcirsi un poco. Poi, l’istante dopo, come se quel fugace momento non fosse stato altro che un’illusione bella e buona, tutto era tornato come prima, compresa la sua maschera imperscrutabile.

“Ammettilo che preferisci il mio!”, esclamò Danmark di punto in bianco, il suo tono fin troppo compiaciuto, infrangendo quel nuovo silenzio e distogliendolo dai suoi pensieri. Suonava così fiero di sé, ma lui era abituato a quel tono e non si lasciò influenzare.

Al contrario, invece, si accigliò, scettico, come a volerlo sfidare.

“Preferisco quello di lillebror.”, mentì di rimando mantenendo tutta la sua compostezza, ma non ci voleva un genio per capire che Danmark non se l’era bevuta.

“E dai, Nor! Ammettilo, per una volta! Non glielo vado mica a dire!”, insistette come tutte le volte, non dandosi per vinto. Ma, come ogni volta che provava a estorcergli un qualunque apprezzamento di sorta rivolto a lui, pure minimo, Norge innalzò ancor più del solito le proprie barriere e non si arrese.

E infatti non si era mai arreso. Nemmeno una volta in tutti quei secoli che avevano trascorso insieme.

Quindi sbuffò, annoiato, reggendo il palco, e decise di ignorare di rimando l’altro, ben conscio che, in questo modo, dopo un po’, il trattamento del silenzio avrebbe funzionato su di lui a sufficienza da raffreddare i suoi bollenti spiriti senza l’intervento di Odino.

…non che non provasse una certa soddisfazione a vederlo sanguinante a terra, specialmente se sapeva di esserne lui la causa, ma quel giorno l’aveva già fatto abbastanza nero di botte, e, per una volta, non sembrava una cattiva idea lasciare che l’entusiasmo di bror Dan morisse lentamente.

Ovviamente, se la faccenda avesse richiesto troppo tempo era sempre in tempo a cambiare idea…

Ad ogni modo non sembrò quello il caso, per una volta, perché Danmark, sorprendentemente, si calmò ben più rapidamente di quanto avesse anticipato. Quasi subito, a dire il vero…

Si voltò verso di lui, dunque, un po’ stupito per la repentinità del cambiamento di atmosfera quando calò di nuovo il silenzio fra di loro e, per un brevissimo istante, non fu in grado di nascondere il suo sbigottimento.

Era stato giusto un attimo, ma Danmark lo stava fissando in quel momento, i suoi occhi blu incollati su di lui, e non mancò di notarlo.

I loro sguardi si incrociarono per non più di una frazione di secondo e, colto di sorpresa, d’impulso Norge evocò Odino e, l’istante successivo, Danmark si ritrovò per l’ennesima volta di quel giorno spalmato al muro, e stavolta senza una ragione apparente.

“Sei irritante anche quando stai zitto.”, affermò Norge caustico scostando indietro la sedia e alzandosi in piedi mentre il suo sguardo rimase, adombrato, fisso sul tavolo. Quindi gli voltò le spalle e raggiunse la porta della cucina.

“Nor!?”, si sentì richiamare in un tono di voce che suonò piuttosto incerto – un tono certamente insolito proveniente da bror Dan – e, per un attimo, Norge esitò e pensò di assecondarlo e fermarsi. Tuttavia, ancora insicuro lui stesso delle proprie reazioni in quel momento, decise invece di sopprimere rapidamente quell’improvvisa necessità che aveva provato di voltarsi indietro e, infine, si allontanò, lasciando Danmark da solo in uno scenario che, a dirla tutta, non aveva davvero nulla di insolito.

   
 
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