L'Uomo nero
L'aria
fredda mi congela le dita ed io ci soffio sopra per infondere un
pochino di calore in quelle membra immote.
È parecchio che
aspetto.
Seduto in giardino, aspetto l'arrivo dell'Uomo nero,
colui che arriva a strappare la vita.
Lo sto aspettando da
giorni.
All'inizio si è preso Tuco, il mio cane, un bassotto dal
pelo marrone, l'ha preso durante la notte, senza che noi ce ne
accorgessimo.
Ma l'indomani al risveglio la carcassa ormai priva
di vita ci attendeva in sala da pranzo, souvenir di colui che presto
sarebbe diventato un frequentatore assiduo della nostra casa.
Sono
passate alcune settimane e la morte di Tuco ormai non occupava
più i
nostri pensieri, presi dalle faccende della quotidianità. Ma
l'Uomo
nero era accanto a noi, mai ci avrebbe abbandonato, qualcosa nella
nostra famiglia l'aveva attratto ed ora non ci avrebbe abbandonato
finchè non ci avesse estirpato totalmente dalla terra che
fino ad
ora ci aveva nutrito e amato.
Avremmo forse dovuto aspettarcelo?
Troppa fortuna, troppo successo nelle nostre belle e comode vite? Non
lo so.
Ma una notte colpì di nuovo. Era una notte calda e afosa,
una delle classiche notti di fine luglio, l'aria densa e quasi
irrespirabile ti si attaccava ai polmoni e alla pelle, facendoti
sudare e rigirare nel letto per poter trovare un po' di
ristoro.
Stremato dal caldo, andai in cucina per dar sollievo alla
mia gola riarsa. Non accesi la luce, non volevo disturbare i miei
genitori avvolti nel sonno né mio fratello più
piccolo.
Una
massa ingombrava il pavimento. Immota, fredda, pareva quasi
austera.
Preso dallo spavento, accesi la luce e sul pavimento lo
vidi: mio padre.
Il corpo in una posizione innaturale, quasi come
se fosse una marionetta a cui all'improvviso avessero tagliato i
fili, giaceva nello stesso luogo in cui avevamo ritrovato Tuco, il
bassotto che aveva dato inizio a questa catena di morte. Ma non ce ne
accorgemmo, la posizione del corpo ci pareva solo un dettaglio, in
tutto quel tragico scenario.
Lanciai un grido di terrore disperato
e mia madre e mio fratello balzarono dai letti, pronti ad assistere a
quel terribile spettacolo di morte.
Stavolta il dramma era enorme,
la mia famiglia moncata di un componente faticava a rialzarsi.
Ma
l'Uomo Nero non ci diede tregua e nemmeno il tempo per riprenderci
dalla sciagura.
Una settimana dopo mia madre trovò il mio
fratellino immobile su quel pavimento freddo della cucina, anche lui
pareva un bambolotto inutile.
Stringeva al petto un orsacchiotto
di pezza e pareva quasi lo abbracciasse, troppo spaventato da
ciò
che i suoi occhi avevano dovuto vedere.
E mentre lei strepitava,
buttandosi in ginocchio e gridando contro un Dio che sicuramente non
aveva voglia di ascoltarla, io mi volsi a guardare la finestra e vidi
quella figura nera, l'Ambasciatore di Morte, colui che avrebbe presto
compiuto lo sterminio della mia famiglia.
Fu un attimo e poi
svanì, tanto che io mi convinsi di averlo sognato, che fosse
solo il
frutto della mia immaginazione, di una mente resa ormai fragile dagli
eventi e quindi facile preda di deliri.
Ci venne concessa una
pausa, tanto che pensai che io e mia madre saremmo potuti scampare,
che per noi l'ora non fosse ancora giusta e che forse quel Dio che
mia madre pregava, aveva dato ascolto alle sue lamentele.
I fatti
confermano che mi sbagliavo.
Passarono esattamente cinquantadue
giorni dalla morte di mio fratello ed ecco che anche mia madre perse
la vita.
Trovai il corpo in quello stesso punto della cucina, quel
punto ormai famigliare, marchiato e macchiato dal sangue di coloro
che avevo amato.
Tra poco sarebbe giunta la mia ora.
Sono
quattro giorni che aspetto, aspetto di incontrare l'Uomo nero.
So
che arriverà, non ha clemenza lui. Deve compiere questo
sterminio e
non si arresterà finché non avrà
ottenuto anche la mia anima.
Mi
stringo addosso il cappotto, mentre il mio sguardo si muove intorno
per vederlo, per stanarlo.
Voglio sapere quando arriverà.
Una
figura nera si palesa davanti a me, senza che io l'abbia vista
giungere da qualche parte.
Voglio alzarmi in piedi, ma sento il
freddo farsi strada nelle mie viscere, come un pugno gelato allo
stomaco che rapido si diffonde in tutto il corpo.
Fisso negli
occhi il mio giustiziere, armato del coraggio che solo l'imminente
morte ci sa dare.
E poi?
E poi niente, sono spirato.
Note
dell'autrice: Eccomi qua con un'altra Os di genere introspettivo...
In questo periodo questo genere di scenari mi vengono piuttosto
bene.
Ringrazio innanzitutto zoeayashe e Lady Diamond per avermi
aiutata a correggere questa storia, non so come avrei fatto senza di
voi!
E poi un altro enorme grazie a chiunque leggerà e si
sentirà
di lasciare una recensione. A presto e grazie ancora!
-Cass.