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Autore: Vicarious10    04/06/2016    4 recensioni
Nell'anno 3234, il pianeta Mobius fu distrutto dall'impatto di un meteorite. I mobiani che riuscirono a salvarsi cominciarono una nuova vita sulla Terra, trovandosi però in un modo pieno di lotte per il potere. Sonic the Hedgehog, a causa dei poteri acquisiti dagli Smeraldi del Chaos, decide di rimanere per sempre nella sua forma "super" e viene visto sia dai mobiani che dagli umani come una divinità.
Dopo 100 anni, il mondo è sull'orlo di una catastrofe a causa del pesante razzismo verso i mobiani e della criminalità organizzata. Il governo continua a nascondere al popolo la verità con ogni mezzo necessario e senza alcuno scrupolo.
Un solo essere può fermare tutto questo, un mobiano creduto morto da più di un secolo.
Il suo nome è Shadow the Hedgehog.
[Questa fic è una versione aggiornata e riscritta di "Black Hedgehog"]
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Nessuno ha mai avuto il coraggio di chiedermelo.
Forse perché sapevano quanto era doloroso per me raccontarlo ad alta voce, o magari perché avevano paura di far riaffiorare in me qualcosa che ho sempre cercato di uccidere. Se me l’avessero chiesto, gli avrei detto che il primo ricordo relativo a quel momento era il forte rumore dei nostri passi. Correvamo mano nella mano in un lungo e stretto spazio buio che non potrò mai dimenticare. Lei cercava in tutti i modi di trattenere le lacrime mentre la guidavo verso l’unica fonte di salvezza. Piangeva per i morti e per il rumore di spari che echeggiava lontano da noi. Voleva che tornassi indietro per salvare Gerald, ma sapevo che per lui non c’era più niente da fare. Erano tutti morti, rimanevamo solo io e lei. Gli unici due obbiettivi che dovevano essere eliminati a tutti i costi. Maria non riusciva a capire come gli uomini potessero fare cose così orribili come quelle che aveva appena visto. Ad essere sincero, nemmeno io riuscì a capirlo in quel momento. L’unica cosa che volevo era salvarla. La capsula poteva contenere un solo passeggero e quello doveva essere lei. Non potevo lasciare che morisse lì. Aveva tutta una vita di fronte a sé, un futuro migliore che le avrebbe regalato un’infinità di gioie.
Forse, questa è stata la prima bugia che ho detto a me stesso.
Ormai era fatta, avevamo raggiunto la sala. Chiusi la porta di metallo dietro di noi, in modo tale da rallentare l’entrata dei soldati che la G.U.N. aveva mandato per lo sterminio della ARK. Stavo azionando i comandi della capsula mentre Maria rimaneva ferma poco lontano da me, al centro della stanza. Aveva smesso di piangere, non faceva altro che tenere la testa bassa, nascosta dalla sua lunga chioma bionda. “Era solo una bambina”, continuai a ripetere nel corso degli anni.
Come ha potuto tradirmi?
Sentii i soldati cercare di forzare la porta dall’esterno, ormai non c’era più tempo. La capsula era proprio di fronte a me, solida e perfettamente funzionale come avrebbe dovuto essere. L’avevo persa di vista solo per un attimo, un breve, singolo, ma fatale momento.
Quando lo sportello della capsula si aprì, qualcuno mi spinse al suo interno e mi ci chiuse dentro. Quando mi voltai, vidi solo Maria oltre il vetro della piccolissima navicella di salvataggio. Piangeva ancora quando presi a pugni la lastra nel tentativo di romperla. Nonostante le guance rigate dalla lacrime, le sue labbra formavano un sorriso che avrebbe dovuto consolarmi. Urlavo così forte da fracassare i miei stessi timpani mentre continuavo a colpire il vetro con tutta la mia forza.
Lei non mi sentiva.
L’attimo in cui accadde sembrò un’eternità. Uno ad uno, i fucili dei soldati puntarono contro la mia migliore amica. Cominciai ad urlare più forte, ma non servì a nulla. I proiettili raggiunsero il suo fisico troppo esile e malato, penetrando la carne senza alcuna difficoltà.
Li sentii tutti, dal primo fino all’ultimo.
Il suo corpo si contorceva sempre di più dopo ogni colpo. Schizzi del suo sangue macchiarono i vetro che cercavo ancora di distruggere.
Era a terra, ma respirava ancora.
Volse di nuovo lo sguardo verso di me mentre giaceva in una profonda pozza di sangue. Sorrise per l’ultima volta, nonostante l’immenso dolore che avrei dovuto provare io al suo posto. Sentii gli occhi bruciarmi mentre il mio cuore cominciò a contrarsi dentro il mio petto. Non riuscii più a respirare, non sentii più nemmeno le mie gambe a sorreggermi.
La capsula cadde nel vuoto, liberandosi nello spazio aperto. Alla fine mi addormentai in un sonno criogenico, ibernando qualcosa che era appena nato dentro di me.
È così che cominciò tutto.
 
 
The Black Hedgehog
Revolution
 
5.
Il prezzo dei miei peccati
 
 
Forse fu proprio quella la mia “vera” nascita.
Quando accadde avevo a malapena qualche mese di vita. Ricordo che in quel periodo ero così ingenuo, così inutile nel posto in cui mi trovavo. Tutti mi consideravano una risorsa inestimabile, mentre Maria sembrava avermi preso a sé come un fratello. Non ero niente, non sentivo niente. Provavo un grande vuoto dentro di me, come se qualcosa della mia persona dovesse ancora formarsi. Quando i soldati della G.U.N. arrivarono e distrussero quella che era la mia casa, la mia vita e la mia “famiglia”, quando provai quel senso di impotenza, di disperazione, di rabbia.. un'unica verità sembrò mostrarsi ai miei occhi.
Le cose hanno un senso solo se siamo noi a darglielo.
Qualcosa partorita dalla mia testa venne battezzata con il sangue di Maria, dimostrandosi il lato più vivido e forte della mia personalità. Forse è questa la parte di me che merita l’appellativo di “Forma di Vita Definitiva”.
La morte di Maria fu l’inizio di una guerra. Uno scontro senza limiti, senza pietà, senza niente che potesse placarmi o distruggermi per davvero. Presi coscienza di quello che potevo fare e, come prima cosa, dichiarai vendetta a coloro che mi avevano tolto tutto. Ero troppo stupido ai tempi, solo dopo essermi scontrato con Sonic capii chi era il vero nemico a cui indirizzare la bestia che covavo dentro. Iniziò un lungo percorso fatto di battaglie, morti, mostri, odio, disprezzo..
Credevo che fosse finita, che un proiettile potesse bastare a spazzarmi via da questa realtà. Eppure sono ancora qui, seppur con qualche difficoltà e con una rabbia ancora più forte. Ormai ho perso il controllo.. tutto è cambiato così tanto da quando credevo mi avessero ucciso.
Rivivo la morte di Maria per l’ennesima volta, ma solo ora, dopo tutto questo tempo, ho il coraggio di chiedermi se era davvero questo quello che voleva. Era solo una bambina, per questo pensò che salvandomi mi avrebbe concesso una vita gioiosa e senza rimpianti. Cosa direbbe ora di me, vedendomi nel pieno di una sanguinosa guerra che sembra non avere fine?
Ho paura della risposta. Ho il terrore che se lei fosse ancora viva e fosse proprio qui di fronte a me, i suoi occhi si spalancherebbero per l’orribile scoperta di cosa è diventato il suo migliore amico.
Avrei voluto davvero vivere come tu mi avevi detto, Maria. Volevo vivere in pace, magari aiutando gli altri senza dover ricorrere alla violenza. La verità, amica mia, è che tu eri solo una bambina. Non potevi capire come girava davvero il mondo o perché non ci potrà mai essere la “pace” come tu la intendevi. Vorrei poterti dire che è davvero finita, ma non posso più mentire.
Speravo di essere ridotto così male da non poter più fare nulla, ma una parte di me voleva che io sopravvivessi alla  pazzia del mio aguzzino. Ho paura che la rabbia sia più forte di tutto e che sia giunto il tempo di sfogare ciò che mi porto dentro ancora una volta.
Una parte di me ama tutto questo, è il mio più grande peccato. L’unica differenza tra me e gli altri è che io sono disposto a pagarne il prezzo.
 
Fu la luce del giorno a svegliare Jeremy Cunningam.
Amava in particolar modo sentire il calore del mattino punzecchiargli gli occhi, per questo aveva posizionato la poltrona su cui dormiva in modo tale che fosse proprio il sole a svegliarlo. Sicuramente erano le 08:00 precise. Jeremy era particolarmente puntuale nel riprendere conoscenza, anche se non aveva niente che lo costringesse a svegliarlo a quell’ora. La televisione era ancora accesa e trasmetteva il classico notiziario del mattino, quello che precedeva i soliti programmi di ciarle e chiacchiere da casalinghe modello. Qualcosa come il pronipote di Brad Pitt che aveva passato la notte con la discendente di qualche vecchia cantante che nessuno si ricordava più era la “notizia” più importante.
Cose abbastanza degradanti, ma era la pura normalità.
Prese a muoversi lentamente, sentendo tutto il corpo riprendersi dalle meritate ore di sonno. A poco a poco anche la vista tornò alla sua normale condizione, facendogli scorgere qualcosa accanto a lui, poco lontano dalla poltrona.
Una figura nera, più bassa di lui e con il corpo avvolto da quell’inquietante mantello nero.
Il vecchio umano si massaggiò la fronte mentre sgranchì la schiena, mantenendo la calma come se fosse tutto normale. L’aveva riconosciuto fin da subito, ma era comunque contrario all’idea di rivolgere lo sguardo di stupore verso un essere a cui aveva badato per gran parte della sua vita.
-Buongiorno..- disse l’umano quasi con sarcasmo.
Non ci fu alcuna risposta da parte del riccio nero. Mentre questo rimaneva ancora fermo come una statua, il vecchio custode si tirò su dalla poltrona per dirigersi di fronte alla piccola cucina.
-Sei invecchiato, Jeremy-
Finalmente, pensò Jeremy.
La sua voce era una cosa molto rara. Mentre posava la caffettiera su uno dei fornelli, l’umano nascose un sorriso amaro.
-L’ultima volta che mi hai visto da “sveglio” è stato quasi sette anni fa. Non tutti rimangono giovani per sempre come te- rispose infine Jeremy.
Finalmente l’uomo si girò verso il suo interlocutore, poggiandosi sul margine della mensola accanto ai fornelli per la stanchezza. L’individuo più pericoloso che potesse esserci, lo stesso di cui si era preso cura dopo che lo aveva fatto suo padre, era lì. Non riusciva a capire il perché di quel mantello, un tessuto nero che lo copriva dal collo in giù. La striatura rossa sulla sua testa era quasi ipnotica, sembrava persino più scura ora che Shadow era “sveglio”.
Jeremy vide il mobiano rivolgere il suo sguardo pesante verso la televisione, immaginando che stesse osservando con disgusto un frammento del già citato programma per zitelle.
-Sei andato da quel gatto, non è vero?-
Finalmente Jeremy ebbe il coraggio di chiederlo. Non era adirato, non aveva usato la rabbia per enfatizzare quella domanda. Aveva una sua precisa idea su che cosa stava succedendo ed era arrivato il momento di parlarne apertamente, visto che il suo bizzarro “coinquilino” era miracolosamente sveglio.
-Non sei sorpreso di vedermi in piedi? Non sei sorpreso di vedermi così.. vivo?- chiese Shadow voltandosi verso l’umano.
-Non fraintendermi, sono felice che tu non mi abbia costretto a salire in mansarda per controllare se stavi bene, ma non sono sorpreso nel vederti in piedi ora. E comunque, ti ho fatto un domanda- rispose Jeremy.
-Ciò che faccio non è di tua competenza. Ti sei preso cura di me per tutto questo tempo, ma ciò non ti dà il diritto di sapere cosa faccio-
La voce di Shadow era così tetra e cupa da rendere molto sgarbata quella risposta così sottile. Jeremy non provò comunque alcun risentimento per le sue parole.
Aveva semplicemente paura di qualcos’altro.
-Non mi è mai piaciuto il fatto che tu esca di notte qualche volta. Ho provato ad impedirtelo, ma nonostante tu fossi un cadavere ambulante eri comunque così testardo da volerti liberare e combattere contro gentaglia che non potrebbe mai arrivare al tuo livello. Me ne sono fatto una ragione solo perché sapevo che non avresti mai pestato i piedi a nessuno. Picchiavi qualche spacciatore, qualche assassino o qualche ladro? Mi andava bene, ma entrambi sappiamo che ora è diverso, dico bene?-
-Io sono nato per questo, vecchio. Il mio scopo è quello di combattere, non potrei mai impedirlo per nessuna ragione al mondo- rispose Shadow bruscamente.
Jeremy non badò più alla caffettiera stracolma di caffè dietro di sé.
-È proprio questo il punto, Shadow- cominciò l’umano -Tu non vuoi impedirlo. In tutti questi lunghissimi anni ho capito che tu non lo fai per giustizia. Quando lo fai è come se fossi un sonnambulo, non ragioni per davvero. Lo fai perché devi sfogarti, perché vuoi buttare fuori qualcosa che ti tormenta e che non riesci a mandare giù-
Shadow rimase impassibile. Jeremy si chiese come facessero i suoi amici, quelli che lui considerava “leggende”, a reggere i comportamenti di quel riccio.
-Anche se fosse così, Jeremy, tu non hai alcuna voce in capitolo. Credi di sapere chi sono solo perché hai vissuto con me, ma non hai la minima idea di chi sia davvero e di cosa sono capace di fare. Nessuno può contrastarmi, né con la forza come ha fatto tutto il mondo e nemmeno con le parole, proprio come stai facendo tu ora. Sei solo un mortale, un umano identico a tutti i suoi simili. Sei solo un po’ più intelligente, ma per me l’uomo più saggio equivale alla formica più saggia-
Jeremy rimase spiazzato dentro di sé. Avrebbe voluto fermarsi un attimo per dare il giusto peso a quelle parole, ma doveva arrivare fino in fondo a quella questione.
-Ah, davvero? Tu saresti superiore quindi? Dimmi una cosa, perché non corri più alla velocità del suono? Perché non ti teletrasporti più da una parte all’altra? Sai anche spiegarmi il perché non puoi più fare i tuoi giochetti di “magia”? Io lo so il perché, ho sempre saputo questa verità. Tu non sei più quello di una volta. Ti hanno sparato dritto in testa e questo ti ha tolto tutto, anche la possibilità di poter stare al fianco dei tuoi amici un’ultima volta. Ecco perché giochi a fare il “Giustiziere della notte”, perché hai perso tutto e non riesci ad accettarlo..-
-Io sono ancora Shadow the Hedgehog!-
Il riccio nero fece una scatto brusco verso il vecchio uomo. Questo si interruppe, rimanendo sbalordito da quello che era appena successo. Di fronte a lui, Shadow aveva accelerato il suo respiro, ingobbendosi di colpo come se stesse cercando di placarsi. I suoi occhi erano vividi, come delle profonde ferite sanguinolente.
-Io posso affrontare cose che tu e la tua stupida specie non potreste nemmeno comprendere! Posso sollevarmi sopra tutto il resto per dimostrare la mia superiorità. Ho combattuto cose che nessuno avrebbe potuto vincere come ho fatto io. Se la tua specie e i mobiani sono ancora vivi ora è anche grazia a me! C’è ancora una guerra da portare a termine e io non ho ancora finito!- ruggì Shadow.
Il volume della televisione non era più  udibile per Jeremy. Il custode lo guardò negli occhi, costatando ciò che aveva sempre pensato.
-Tu.. hai sempre farneticato di questa “guerra” o come diavolo la chiami- disse l’umano -Scommetto che non ti sei mai dato pace nemmeno all’epoca, vero?-
Shadow ritornò in silenzio, ricomponendosi lentamente dalla sua postura ricurva.
-Io credo che chiunque ti abbia portato qui in quella capsula.. l’abbia fatto per farti vivere in un modo migliore di quanto tu non l’abbia mai fatto. Forse devi rassegnarti all’idea che questa guerra di cui vai blaterando è finita e che tu non abbia più niente a che fare con tutto quello che sta accadendo lì fuori. Forse dovresti mettere da parte la tua rabbia e vivere in pace con te stesso. Forse.. dovresti prendere in considerazione che chiunque sia stato Shadow the Hedgehog.. è morto mentre faceva il suo dovere. La sua storia è finita con onore.. perché non puoi cominciarne un’altra più pacifica ora?-
Le parole di Jeremy erano sincere. Da un lato erano dure, ma erano reali. L’uomo non riuscì a capire cosa stesse pensando il suo interlocutore, ormai tornato a indossare quello scudo di impassibilità e empatia. Jeremy lo vide incamminarsi verso l’ascensore, cercando di portare avanti quel discorso prima che fosse troppo tardi.
-Se Francis ha ragione, è il Comico l’artefice di quello che succederà questa notte. Lascia perdere questa faccenda, lascia che ci pensi qualcun altro. Devi trovare un compromesso con te stesso o non riuscirai mai ad andare avanti- disse Jeremy esausto.
Shadow si bloccò mentre entrava nell’ascensore. Il riccio nero si voltò di nuovo verso l’umano, mostrandosi come una figura contorta e senza tempo grazie a quel suo mantello nero.
-Nessun compromesso- rispose cupa la Forma di Vita Definitiva -Nemmeno di fronte alla morte-
Jeremy lo vide scomparire oltre la porta di metallo arrugginita. Udì il suono gracchiante degli ingranaggi e capì di essere rimasto da solo in quella stanza. Abbassò lo sguardo in segno di sconfitta, pregando inutilmente che i danni delle azioni di Shadow fossero i più contenuti possibili.
 
Una delle armi a doppio taglio di Neo Crisis City era che, se prendevi il vicolo giusto all’interno della grande città, potevi trovare di tutto. Tra le varie cose, riuscivi ancora a trovare delle cabine telefoniche moderne che, nonostante il loro stato fatiscente, funzionavano ancora. Uno dei vantaggi di questi macchinari era che non potevano essere rintracciati o tantomeno identificare il mandante della chiamata. In una di queste, nel cuore dei bassifondi della grande città/isola, un gatto grigio componeva agitato un numero mentre reggeva la cornetta dell’apparecchio. Porto questo all’orecchio sinistro, mentre si voltò in tutte le direzioni per assicurarsi di essere davvero solo. La chiamata partì con il solito “bip”, segno che la linea prendeva e non c’era alcun problema.
-Pronto?-
La voce di Jerry Thompson fu un calmante per i nervi di Francis the Cat.
-Capo.. sono io-
Il giornalista udì la voce del suo capo redattore trasalire dall’alto capo della telefonata.
-Francis!? Da dove mi stai chiamando?-
-Non è importante- disse il gatto -Ora ho bisogno che tu mi ascolti attentamente-
Francis deglutì, dando un ultimo sguardo attorno a sé.
-Questa notte, a mezzanotte in punto, al porto arriverà un grosso carico di toxin. Ne arriveranno altri nelle prossime settimane, ma non so dirti quante di preciso. Vogliono rifornire i centri di spaccio di tutto il paese da qui-
-Cosa!? Come diavolo fai a saperlo!?-
Jerry urlò così forte che il segnale della chiamata sembrò quasi distorcersi, causando fastidio alle orecchie del mobiano.
-Lascia perdere come lo so e fammi finire! È opera del Comico, solo lui è capace di fare una cosa del genere-
-Il Comico!? Hai la minima idea di quello che stai dicendo!? In che cosa ti stai cacciando? Dobbiamo avvertire la polizia!-
-La polizia probabilmente lo sa già e non farà niente. Chiunque stia permettendo al Comico di fare una cosa simile è troppo in alto. Sta notte arriverà la prima nave.. ma qualcuno li fermerà-
-Di chi diavolo stai parlando!? Che cosa vuoi fare!?-
Francis ignorò l’ennesima domanda di Jerry, deciso a tutti i costi di correre il rischio di quello che stava facendo.
-Qualcuno li fermerà, è garantito. Ho bisogno che tu tenga il giornale puntato su questa storia per giorni. Invia tutti i tuoi migliori reporter ad indagare domani, devi tenere questo caso sulla bocca di tutti. Quando scoppierà, tutti i giornali ne parleranno. È l’inizio di qualcosa di grosso, durerà molto più di quanto possiamo immaginare- disse il mobiano tutto d’un fiato.
-Che cos’hai intenzione di fare?-
L’umano sembrava essersi calmato. Il giornalista se lo immaginò seduto nel suo salotto con sguardo basso a cercare di capire che cosa stava per accadere tra qualche ora.
-Forse.. ho trovato qualcuno che può salvarci, Jerry. Forse non è tutto perduto.. forse ora abbiamo qualcuno che può proteggerci davvero-
Ci fu solo silenzio. Francis si guardò di nuovo attorno e decise di chiudere la conversazione.
-Addio- disse infine per poi riattaccare la cornetta.
Il gatto grigio uscì dalla cabina, avviandosi verso la fitta rete di strade con fare svelto. Sarebbe tornato a casa, ma non ci sarebbe rimasto per sempre come aveva progettato nella sua ora più buia. Anche lui doveva essere presente quella notte a tutti i costi.
Sarebbe stato attento, avrebbe preso tutte le precauzioni necessarie e, qualunque cosa sarebbe successa, non avrebbe deciso di intervenire, ma doveva essere lì per ogni evenienza. Era successo qualcosa che andava ben oltre la normale concezione di “impossibile”.
Un guerriero del passato, un eroe caduto di un epoca ormai conclusa era tornato e stava per farsi sentire da tutti. Il gatto grigio sentiva di avere dei forti dubbi su un eventuale “vittoria” e sulle reali condizioni mentali e fisiche del suo “salvatore”, ma bisognava pur sempre tentare qualunque cosa in una situazione disperata come quella.
A poco a poco, Francis the Cat scomparve in quel mucchio di cittadini che passeggiavano tranquilli in quella nuvolosa domenica, preparandosi mentalmente ad una lunga notte.
La più lunga della sua vita.
 
Come ogni giorno, che sia il più brutto o il più sereno, la sera scese mandando via il Sole e lasciando la grande metropoli avvolta nelle tenebre. Molti negozi in tutta la città si apprestavano a chiudere, mentre i vari locali si riempivano di gente per passare la notte in compagnia. I bassifondi si animarono di qualche sbandato deciso a fare un po’ di baldoria per rallegrarsi, senza però dare nell’occhio delle autorità. Le strade delle zone ricche erano percorse da vetture della vigilanza urbana, mentre le caserme di polizia sembravano le più tranquille di tutte.
Neo Crisis City era come un unico essere ben definito e pieno di sfumature e di punti di vista. Una creatura buona e cattiva allo stesso tempo, percorsa da pensieri negativi e positivi. Circondata dal fiumi Hudson, East e Harlem, questa città si attaccava alle altre tramite vari ponti, collegandosi al Queens, al Bronx e ad altre “divisioni amministrative” dello stato di New York. La grande metropoli sembrava ormai discostarsi del tutto da quello che la circondava, divenendo una specie di Stato indipendente, ma su carta faceva ancora parte di quell’enorme blocco che erano gli Stati Uniti d’America.
Lontano dalle zone più popolante, all’estremo sud della città, l’enorme porto si estendeva tra il cemento e l’acqua. Gli operai avevano terminato i loro turni già da un paio d’ore ormai. Persino loro si erano chiesti il perché quella giornata era stata così poco faticosa rispetto alle altre. I loro superiori gli avevano semplicemente detto che i carichi delle navi sbarcate sarebbero stati smaltiti lunedì, e che i guardiani notturni avrebbero badato alle merci come sempre.
Una montagna di container circondava il molo più isolato di tutti. Nessuno poteva immaginare che dentro quei blocchi di metallo si nascondessero una moltitudine persone.
Gente con cui era meglio non avere niente a che fare.
Quarantotto criminali scelti appositamente per la loro fama nell’ambiente, per i loro numerosi crimini e per la loro totale mancanza di scrupoli. Ventiquattro umani e altrettanti mobiani, tutti maschi e, soprattutto, tutti armati per ogni evenienza o anche solo per dimostrare di essere dei veri “duri”. In uno di questi container vi erano tre mobiani, due di questi erano lì solo per volere e per la raccomandazione del terzo, quello che poteva essere definito come il loro “boss” più che come loro “amico”.
Slug, un coccodrillo vestito di un appariscente giacca di pelle piena di borchie e catene, dalla corporatura robusta e con una paio di insoliti occhiali da sole sul viso. Questo stava accanto allo sportello in attesa dell’ora prestabilita, mentre il camaleonte soprannominato Munk e il pipistrello chiamato Fieldy rimanevano seduti sul fondo del cassone metallico senza alcuna luce.
Erano chiusi lì dal primo pomeriggio, per quanto ne sapevano erano stati persino i primi ad arrivare sul posto, ovviamente stando attenti a non essere notati. Ormai mancavano cinque minuti alla mezzanotte, un lasso di tempo brevissimo che non rappresentava alcuna scocciatura per nessuno dei criminali nascosti in tutto il porto.
Il camaleonte si girò alla sua destra, vedendo il suo amico fraterno in un silenzio assoluto. Non avrebbe dovuto essere lì, ma come poteva ribellarsi al volere di chi stava molto più in alto di lui?
Munk si alzò dal pavimento in metallo, suscitando l’attenzione del coccodrillo di fronte a lui.
-Manca poco. Non c’è da preoccuparsi- sussurrò Slug con la sua voce gracchiante.
Aveva stampato sul muso quel sorriso affilato e sprezzante, simbolo di una vittoria imminente.
Per vittoria si intende un mucchio di soldi e, con buona probabilità, un occhio di riguardo da parte dei criminali più temuti della città.
-Sei proprio sicuro che non avremo problemi?- chiese Munk avvicinandosi al rettile.
-Scherzi, Munk? Non puoi nemmeno immaginare quanto è stato organizzata bene questa festa, amico-
Nonostante cercasse di mantenere la voce ad un livello molto basso, Slug non poté fare a meno di ridere al pensiero di tutti gli sfizi che si sarebbe tolto con i soldi guadagnati con quel colpo. Pregustava già una vita piena di lusso, ma per Munk era solo un illusione.
-Non mi frega di quanto è organizzato bene. Non avremmo dovuto portare Fieldy, sarà un problema averlo con noi- protestò il camaleonte.
-Datti una calmata, genio. Fieldy non dovrà fare nulla, saremo noi ad occuparci di tutto. Guadagneremo un mucchio di soldi e lui non farà nulla, consideralo un regalino da parte del tuo caro e vecchio Slug, okay?-
-Non abbiamo mai fatto niente di simile e tu lo sai- cominciò Munk -Chi ti dice che la polizia non sappia tutto e che non ci stiano tenendo un’imboscata? Non ti è passato per la mente che questa potrebbe essere una maledetta trappola?-
Slug si rivolse totalmente verso Munk, lasciando perdere l’orario.
-Ti ho detto mille volte che non è così. Rilassati, non durerà molto. Scarichiamo la nave e mettiamo tutto nei container. Domani mattina i camion li porteranno via e nessuno avrà visto niente. È un piano perfetto. E poi, ti assicuro che la polizia non sa niente e che siamo più al sicuro di quanto immagini. È garantito-
-E quale sarebbe la garanzia?- chiese il camaleonte inarcando il sopracciglio.
Il coccodrillo sputò per terra, dando un ultima occhiata al suo costoso orologio digitale, il bottino di uno borseggio di qualche giorno prima.
-Il Comico ha messo il suo braccio destro a sorvegliarci- rispose Slug dopo un po’.
Munk rimase impietrito e shockato. Il pensiero che qualcuno che stava alla dirette dipendenze del Comico fosse lì presente lo fece stare male.
Che razza di individuo potrebbe essere uno così?
-Il braccio destro del Comico? E tu ti sei deciso a dirmelo soltanto ora?- chiese Munk al limite della sopportazione.
-Te l’ho detto per farti stare calmo, Munk. Quindi stai zitto e non rompermi le palle- sbottò Slug con acidità.
-Ascoltami, questa è una gran cazzata- cominciò Munk -Forse dovremmo girare i tacchi e andarcene. Prendiamo le nostre cose e andiamo fuori città, giusto il tempo necessario per far calmare le acque. Potremmo andare a Boston, abbiamo degli amici lì che possono coprirci-
Slug si voltò bruscamente verso il suo complice, lanciandogli un occhiataccia del tutto improvvisa.
-Apri bene le orecchie, Munk: noi non possiamo tirarci indietro proprio ora. Questo non è un giochetto del cazzo a cui siamo abituati. Questo è un carico di droga uscito direttamente dalle mani del Comico, lo stesso pezzo da novanta che ha spazzato via tutta la criminalità organizzata del pianeta. Non hai la minima idea di quanti culi ho dovuto leccare per farci partecipare. Se scappiamo come delle femminucce, qualcuno che il Comico pagherà profumatamente ci troverà e ci scuoierà vivi. Quindi adesso noi rimaniamo qui, facciamo quello che dobbiamo fare e incassiamo la paga. Ti prometto che quando avremo i soldi vedremo di spedire quel maledetto tossico di Fieldy in un centro di recupero, ma ora stai zitto e fai il tuo lavoro. Sono stato chiaro?-
Munk sentì la sua mano sinistra tremare.
Avrebbe voluto colpire così forte il muso di Slug da staccargli un paio di denti. Come tanti gli avevano detto nel corso della sua vita, preferì rimanere calmo e “ingoiare la merda”. Si limitò ad un breve cenno con il capo, seguito dalla sveglia digitale dell’orologio del coccodrillo, attivata poco tempo prima per essere in orario.
Fieldy cominciò ad alzarsi in piedi su ordine di Munk, mentre il coccodrillo cominciò ad aprire lo sportello.
-Tenetevi pronti e non aprite bocca- disse Slug come ultimo avvertimento.
I tre mobiani uscirono dal container, trovandosi intorno montagne di cassoni illuminati dai lampioni lungo il porto mentre la Luna stava in cielo come se fosse una loro complice.
Il rumore di tanti sportelli che si aprivano fu l’annuncio dell’entrata in azione di tutti gli “impiegati”. Sbucarono dal buio dei container come predatori in cerca di carne fresca, muniti di svariate armi che tenevano ben strette tra le loro braccia. Potevano essere almeno una quarantina ad occhio e croce, un somma che non combaciava con le iniziali informazioni di Munk. Tutto era cominciato proprio dal coccodrillo che stava cominciando a detestare più del solito;
Era da almeno un mese che sentiva svariate voci nei bassifondi. All’inizio gli sembrò assurdo pensare che quella città fosse stata scelta per uno dei colpi grossi del Comico, ma dovette ricredersi quando cominciò a sentire le stesse voci tra gli scagnozzi dei Fratelli Millar. Scott e Stephen, due umani che da più di un decennio amministrano l’attività criminale di Neo Crisis City. Il primo era un vero “puttaniere”, un uomo piuttosto subdolo e “viscido” che frequentava le prostitute di Crime Alley, le più care della città. Suo fratello Stephen, invece, era molto più riservato, serio e poteva essere definito come la vera “mente” del duo. Era lui che gestiva il via vai del traffico di stupefacenti, il mercato della prostituzione e i bordelli, i racket, i night club e tutte quelle attività notturne che fruttavano veramente tanto. I Millar erano quindi i “signori del crimine” della città, l’apice di una torre costruita col sangue e con la paura. L’unico a cui dovevano rispondere era proprio il famigerato Comico, l’unico essere che abbia mai tenuto per le palle il 90% delle organizzazioni criminali mondiali.
Uno con le palle quadrate” aveva detto un amico di Munk tempo addietro.
Con la frontiera californiana chiusa e sotto stretta sorveglianza della G.U.N., al Comico non rimaneva altro che far arrivare le sue navi da Neo Crisis City, uno dei pochi porti della costa Est capaci di ospitare le sue imbarcazioni e le relative  merci. Il piano era semplice: aspettare la nave che sarebbe arrivata in pochi minuti, scaricarla e spostare il contenuto nei container. La nave, essendo un mezzo piuttosto sofisticato, avrebbe ripreso il largo grazie al suo pilota automatico, scomparendo di nuovo verso l’Oceano Atlantico. Per quanto riguarda i container, la mattina successiva sarebbero stati trasportati fuori dalla città senza subire nessun controllo da parte delle autorità competenti. Una piccola parte della merce sarebbe rimasta lì in città, ovviamente.
Ormai tutto il gruppo si era radunato al punto in cui la nave avrebbe attraccato. Nessuno diceva nulla, né gli umani e nemmeno i mobiani. Smisero di scambiarsi occhiate a vicenda quando la tanto attesa imbarcazione si avvicinò al molo. Quando fu abbastanza vicina, delle aste meccaniche uscirono dal suo dorso e si agganciarono al pontile. Quella non era una semplice nave, ormai lo sapevano tutti i presenti. Si trattava di un mezzo troppo sofisticato, talmente tanto da non poter essere rintracciato da nessun radar.
-Chissà quanto costerà ‘sta porcheria..- disse a bassa voce un umano del gruppo.
Un grande sportello si aprì dal mezzo nautico, mostrando al suo interno un immenso numero di sacchi azzurri. Queste contenevano il toxin, ma sarebbe stata venduta per le strade di tutte le città del paese solo dopo essere stata raffinata e trattata nei centri di spaccio. Era la cosa più nociva che potesse esserci, ma gli effetti allucinogeni che davano erano i più potenti. Con una dose minima, il soggetto che la assumeva entrava in uno stato euforico dove il suo battito aumentava progressivamente nell’arco di dieci minuti, mentre la sua mente sarebbe stata invasa da svariate allucinazioni. Bisognava assolutamente far passare almeno mezz’ora tra un’assunzione e l’altra, o si rischiava l’overdose immediata. Nel caso in cui un soggetto dovesse assumerla in grandi dosi, la morte è praticamente assicurata.
Quella era la droga della feccia più incontrollabile del paese, ma anche di coloro che non frequentavano i bassifondi. La parte “migliore” della droga veniva venduta ai clienti più ricchi, mentre lo scarto arrivava per le strade. In pochi anni dalla sua messa in commercio, il toxin registrò un numero di vittime elevato, una strage che si è attenuata dagli stessi spacciatori che la vendono. Erano stati imposti degli orari per venderla e un limite sulla quantità che dovevano essere rispettati.
Il lavoro cominciò nel silenzio e frettolosamente, dividendo tutti in tre gruppi. Il primo era dentro la nave a raccogliere le sacche per poterle passare al secondo gruppo all’esterno, che le avrebbero raggruppate sul molo in mondo tale da poterle mettere nei container più tardi. Il terzo gruppo controllava la zona, rimanendo in allerta con le loro armi da fuoco intorno alla montagna di sacche azzurre che si stavano lentamente accumulando sul terreno.
C’era un silenzio quasi religioso e Munk lo odiava. Aveva lasciato Fieldy con il terzo gruppo, così questo non avrebbe dovuto fare nient’altro che rimanere fermo con un fucile. Aveva perso di vista Slug da quando era entrato dentro la nave con il primo gruppo.
Nessuno tra loro si accorse di una strana figura che li osservava dalla cima di quella montagna di container. Avvolta nel buio, i suoi contorni erano difficili da distinguere a causa dell’assenza di luce. Rimaneva accovacciata a guardare quelli che per lui erano degli agnelli travestiti da lupi. Di lì a poco avrebbe fatto in modo che si accorgessero con orrore di lui.
Francis ormai lo conosceva bene quel vigilante.
Facendo leva sulle su gambe, la Forma di Vita Definitiva fece un grande balzo da quell’ammasso di container, lasciando che il suo corpo avvolto in quel mantello nero si abbattesse contro un umano del terzo gruppo intento a fare la guardia armato. Era solo una questione di secondi prima di urtare il suo obiettivo, dando un nuovo inizio alla sua guerra.. questo Shadow lo sapeva bene. Nel vuoto, mentre il suo mantello sembrò tramutarsi in un paio d’ali demoniache ingrandendo di conseguenza la sua figura, il riccio nero sorrise al pensiero che quella sarebbe stata una notte importante per lui.
Una notte che quei criminali non avrebbero mai dimenticato.
 
 
 
Angolo dell’autore
E ben ritrovati a questo nuovo capitolo!!! Che dire.. innanzitutto devo scusarmi con tutti per il ritardo. Ho avuto veramente troppi impegni nell’ultimo periodo, è stato difficile trovare abbastanza tempo per scrivere e per venire a farmi un giro qui su Efp.
Tornando a noi, questo è stato un capitolo molto bello da scrivere, soprattutto per quanto riguarda il finale (l’avete già capito che nel prossimo vedrete un sacco di botte? XD). Non dovrebbero esserci errori così grossolani, ma nel caso ne trovaste qualcuno segnalatemeli, così potrò correggerli. Il prossimo capitolo non tarderà ad arrivare, visto che ora ho finalmente molto più tempo da dedicare alla scrittura.
Per concludere, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito questa storia. A volte rileggo queste recensioni per ricordarmi il perché ci tenga così tanto a questo fandom e a tutti i suoi utenti! Un grazie di cuore, a tutti voi! E scusate se non sono riuscito a rispondere alle vostre recensioni.. sappiate che ci tengo veramente tanto alle vostre opinioni J
Ora vi saluto, ci vediamo alla prossima!!!!
Il vostro caro Vic.
  
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