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Autore: Bianca Wolfe    04/06/2016    2 recensioni
Sono passati quarant'anni dall'ultima volta che Takao Kinomiya ha combattuto una battaglia a Beyblade. Da allora, molte cose sono cambiate, la disfatta è stata inevitabile. Quattro bladers hanno il destino di questo glorioso sport nelle proprie mani. (Attenzione! La storia è un rifacimento.)
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Dal terzo capitolo:
Max lo prese per un braccio, bloccandolo. «Aspetta, Tyler! Io non ci ho capito niente. Dove vuole portarci? Possiamo fidarci?»
«Secondo logica, non dovremmo… Ma io mi fido.»
«Come?» Chiese a quel punto Ray.
«Lo- lo sento e basta. Voi no?»
In effetti, c’era qualcosa di estremamente familiare nel volto del professor Kappa, anche Ray e Max dovevano ammetterlo a se stessi. Dopo un momento di esitazione, anche gli altri due si alzarono e seguirono il gruppo. Una sensazione strana aleggiava tra di loro, come se quel percorso l’avessero fatto insieme già tante altre volte, seppure si fossero appena conosciuti.
[...]
Appena entrati, fu Max a rompere il ghiaccio. «Dove stiamo andando, professore?»
«In un posto dove il Beyblade è ancora uno sport.»
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Professor Kappa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V.
 
 





Tyler si avvicinò lentamente al suo avversario, lanciandogli uno sguardo di sfida con l'intenzione di trapassarlo da parte a parte; ma Kay non sembrò subire la minaccia non verbale, il suo sorrisetto beffardo ancora a deformargli un angolo della bocca. Allora il moretto si voltò verso il professore e i suoi tre (tra nuovi e vecchi) amici. Lo stavano guardando fiducioso, nonostante Max fosse l’unico ad averlo già visto combattere. Leila, dal canto suo, aveva assistito a un solo incontro del ladro di bey, e ne era rimasta scioccata… L’avversario di Tyler era molto, molto forte – imbattibile, a detta di molti. Ma doveva mostrarsi positiva nei confronti della sua nuova conoscenza.
            «Dov’è la tua arena?» La voce di Tyler ostentò sicurezza, ma in realtà le gambe gli stavano iniziando a tremare. Quel tizio, dopotutto, aveva un tale sguardo… Sembrava a tratti folle!
            «Qui.» Kay indicò con un cenno della testa il pavimento poco livellato.
            Alcune assi del parquet erano alzate, dando instabilità a quello che sarebbe stato il terreno di gioco. Ciò non poté che preoccupare Tyler ancor di più: era abituato, dopotutto, alle arene di Central Park, lisce e tonde… Mentre Kay, probabilmente, si allenava proprio lì e conosceva tutti i segreti di quell'ampia stanza, quindi era avvantaggiato sotto tale punto di vista.
            Il moretto non proferì parola, però. Avrebbe accettato quella condizione. Afferrò il suo bey e il dispositivo di lancio dalle tasche dei pantaloni, caricando la trottola e inserendo il filo nel dispositivo. Kay fece lo stesso, con movimenti fluidi e sicuri. «Tre,» iniziò a contare quest’ultimo. «Due,» Tyler senti il coraggio mancargli, il petto improvvisamente pesante. «Uno.» Ma era il momento della verità, non poteva farsi battere. «Pronti… Lancio
            Una scarica di adrenalina corse lungo il braccio del moro, che lanciò con tutta la forza che aveva. Anche l’altro mandò in campo il suo beyblade con decisione, e la sfida ebbe inizio.
            La capacità di imprimere attacchi potenti era il punto forte di Kay, il quale non dava tregua al bey avversario. Ma Tyler non voleva, non poteva arrendersi. «Forza, attacca!» Urlava comandi alla sua trottola, intimandole di controbattere all’offensiva dell’altro sfidante. In un primo momento, il bey celeste pallido di Tyler sembrò respingere in maniera efficace quello grigio fumo di Kay, provocando eccitazione tra la fila di spettatori che guardava l’incontro a distanza. Fu a quel punto che il ladro di bey, però, si esibì in una profonda risata.
            «Se credi di averla vinta così facilmente, sei proprio un illuso.» Commentò, rivolto al suo avversario. «Questo è solo l’inizio!»
            Tyler subì quell’affermazione, provando una forte confusione. Che intendeva dire? Non l’aveva forse preso sul serio, precedentemente? Il beyblade grigio fumo aumentò la propria velocità di rotazione, mentre procedeva in cerchio attorno all’avversario. Girava vorticosamente, così tanto che non si vedeva più.
            «Dove diamine è andato?» Max pronunciò il pensiero che tutti – eccetto Kappa e Kay – si stavano ponendo.
            L’attacco fu improvviso: non riuscendo a trovare una risposta a quell’offensiva, il beyblade di Tyler rimase immobile, finché un lampo grigio si avventò su di esso. Il bey celeste pallido balzò in aria, ma non roteava più… Riatterrò sul pavimento accanto al proprietario, il disco di attacco completamente rovinato.
            «Vi avevo avvertito.» Le parole di Kay intaccarono ancor di più l’animo del proprio avversario, il quale fissava per terra, sconfitto. «Nessuno può battermi. Sicuramente non un marmocchio debole quanto te.»
            Il ladro di bey richiamò il suo fedele compagno a sé – la trottola volò leggiadramente nella sua mano sinistra; dopodiché, si avvicinò all’altro beyblade, prendendolo come trofeo. Tyler non batté ciglio e, con una lentezza quasi sovrannaturale, ritornò tra i suoi amici. Si vergognava, non lo negava a se stesso… Eppure, per un momento ci aveva creduto per davvero. Non osava rivolgere lo sguardo a nessuno di loro, né tantomeno al professore, il quale aveva sentito di aver tradito e deluso più di chiunque altro.
            Eppure Kappa gli diede una pacca sulla spalla, il sorriso che non mancava mai. Era consapevole che aveva bisogno di esser tirato su di morale, e poi non gli attribuiva nessuna colpa. Aveva perso; ma si perdeva di continuo. L’importante era che Tyler si rialzasse, cosa di cui non dubitava affatto. «Non c’è nulla di cui preoccuparsi, ragazzo, hai fatto del tuo meglio. Sei stato bravissimo.» Quelle parole gli vennero dal cuore, le pensava davvero, e sperava che il giovane blader lo percepisse.
            «Ma, professore- lei credeva in me.» Tyler si pronunciò in un sussurro appena percepibile, ma Kappa lo udì. Lo udiva sempre.
            «Infatti. E ci credo ancora.» Dopodiché, l’anziano si voltò verso Kay, il quale era rimasto lì a fissare il “suo” nuovo beyblade con aria di sufficienza. «Ce ne andremo, ma puoi sempre unirti a noi.»
            La figura misteriosa si limitò a volgergli lo sguardo, impassibile.
            «Potremmo aiutarti a diventare più forte di quanto lo sia già. Credimi. E potremmo insegnarti tanto su-»
            «Non ho bisogno di insegnamenti.»
            Il professore sospirò, alzando leggermente le spalle. «Beh, se dovessi cambiare idea… Saprai dove trovarmi.» E, detto ciò, gettò un biglietto da visita con una precisione matematica da far paura. Il rettangolo di carta, infatti, planò proprio davanti ai piedi del ragazzo.
            Non ci fu più nulla da dire: era giunto il momento per il gruppo di andarsene. Il cielo fuori dal locale era diventato rosa, il sole stava tramontando. In poco tempo sarebbe calata la sera.
            Leila sembrava la più interdetta. «Lo lascia andare così, con un misero combattimento? Non voleva “reclutarlo” nella sua- qualunque cosa sia?»
            «Come avrai visto, mia cara, gli ho lasciato il mio biglietto da visita. Dietro di esso vi ho scritto una data e un orario, ovvero domani pomeriggio alle cinque… Che sarebbero la data e l’orario del nostro incontro di domani, a proposito! Sono sicuro che si farà vivo, quindi per ora passiamo la serata in tranquillità e andiamo a dormire sereni, che ne dite?»
            Durante il tragitto in auto che li stava riportando alla sede della BBA, tutti rimasero in religioso silenzio – perfino (e soprattutto) Tyler, il chiacchierone per eccellenza, il quale non sapeva ancora cosa dire agli altri tre. Era devastato dalla sconfitta, e nessuno se la sentiva di dirgli qualcosa – qualsiasi cosa – per il momento, credendo che qualsiasi parola avesse potuto interferire col suo umore già a terra.
            Una volta arrivati davanti all’edificio, Kappa si congedò: «Ragazzi, vi ricordo l’appuntamento di domani… Qui alle cinque in punto- se volete venire, ovviamente. Sono sicuro che anche Kay verrà, e a quel punto potrò svelarvi… Beh, tutto ciò che vorrete sapere. Alcune domande già me le avete fatte. Avranno delle risposte, ve lo prometto!» Col suo solito sorriso gioviale, l’anziano signore li salutò con la mano e sparì dietro il portone del palazzo.
            I quattro ragazzi lo fissarono e, dopo, rimasero per lunghi secondi in silenzio. Fu Max a romperlo: «Noi abitiamo dall’altra parte della città. Se anche voi dovete andare da quella parte, potremmo percorrere la strada insieme. Prenderemo la metro.»
            «No, grazie. Io abito proprio qui vicino. Magari potremmo organizzarci per uno di questi giorni, passare un pomeriggio insieme magari.» Propose Ray.
            «Già, anch’io devo andare nella direzione opposta.» Replicò allora Leila, indicando la strada che doveva fare. «Una passeggiata non mi farà male.»
            «D’accordo, allora ci si vede domani! È stato un vero piacere conoscervi, ragazzi.» Il biondino li abbracciò entrambi, prendendoli alla sprovvista, ma provocando comunque delle risate divertite. Tyler li salutò con la mano, ancora taciturno. Sia Ray che Leila non indugiarono su quel comportamento, capendo che non potevano aspettarsi molto da lui. Spettava ora a Max tirarlo su di morale, in quanto migliore amico e persona che lo conosceva meglio.
            Quando i due divennero due puntini sfocati, Ray si voltò verso Leila. «Ti- ti accompagno.»
            La ragazza inarcò un sopracciglio. «Come?»
            «Si sta facendo buio e una ragazza da sola per strada… Sai…» Il blader si morse il labbro inferiore, imbarazzato da ciò che stava implicando.
            «So cavarmela da sola.» D’altra parte, Leila non si era sentita offesa. Anzi, esibì un sorriso scherzoso. «Ma va bene. Perché no?» E iniziò a camminare, diretta verso casa sua, senza aspettare il ragazzo, che rimase lì impalato per un momento. Certo che era una tipa strana, quella ragazza…
 
Tyler contava le luci intermittenti che poco illuminavano la buia galleria. Diciannove… Venti… Il suo volto esprimeva tutta l’angoscia che ancora provava per quel duro incontro. Max lo guardava, cercando le parole giuste per migliorare quel suo umore blu.
            «Avrai la tua occasione di rivincita. La prossima volta, batterai quel tizio, stanne certo!» Disse infine, appoggiando leggermente una mano sulla spalla dell’amico.
            «È davvero forte…»
            «Ma non si chiama Tyler Gibson.» Sentendo il suo nome, il moretto si voltò, scrutando con minuzia l’espressione di Max, in cerca di qualcosa che segnasse la sua bugia. Ma il biondo era convintissimo, i suoi occhi non ammettevano repliche negative. «Kay sarà anche forte, ma non ha il tuo spirito. È quello che ti rende il migliore
            Quelle poche parole – però dette in quel modo – bastarono. Tyler riprese a sorridere.
 
Kay sedeva su un tavolo annerito del locale jazz in cui ormai viveva da un po’. Uno dei pochi tavoli ancora stabili, perlomeno… Aveva lasciato il biglietto da visita di quell’eccentrico anziano per ore sul pavimento, prima di prenderlo e analizzarlo. Non sapeva cosa fare. La promessa di diventare ancora più forte era allettante: era per quello che si allenava ogni giorno per molte ore, la sua vita roteava attorno al Beyblade. Il potere… Era tutto ciò che contava. Se avesse posseduto un Bit Power, quel potere l’avrebbe già avuto da un pezzo. Sarebbe stato inarrestabile! Ma erano anni che non si trovavano in circolazione, anche se si parlava di un mercato nero, ma era impossibile intercettarlo persino per lui. I bladers che possedevano i Bit Power erano nascosti, custodivano gelosamente il loro segreto, si battevano solo ed esclusivamente tra di loro.
            Si rigirò il pezzo di carta tra le mani. Professor Kappa… Così c’era scritto lì sopra. E va bene, professore. Vediamo cosa hai in serbo per me.
 
«È impossibile che tu non abbia nemmeno un amico. Non riesco a crederci!» La voce di Ray rispecchiava perfettamente la sua incredulità. Lui e Leila avevano già buttato giù la cortina di ghiaccio che era l’imbarazzo che l’uno provava nei confronti dell’altra, e avevano iniziato a chiacchierare con trasporto. Il giovane era sbalordito dall’affermazione di lei, che riteneva di essere realmente sola. «E tutti quei ragazzi che partecipano ai tuoi tornei?»
            «Loro? Vengono solo per i soldi messi in palio! E sanno che più ne sono, più denaro possono vincere. Posso azzardare a dire che mi stanno usando.» Lo disse con estrema nonchalance, addirittura con un sorriso. «Invece tu fammi capire… C’è questa ragazza che continua a chiamarti nonostante tu non le rispondi mai. Le hai detto che è penalmente perseguibile per stalking?»
            Ray rise, mettendo le mani in tasca. «Non è che lo fa di proposito. Sì, ha una cotta per me… Ma questo non ha niente a che vedere col motivo per cui continua a chiamarmi. È- è complicato. Riguarda suo fratello, ma non c’è nulla da dire sull’argomento.»
            «Mmh… Capisco. Beh, se continua a chiamarti, dammi il suo indirizzo di casa. Conosco qualcuno che le farà cambiare idea.»
            Il ragazzo si fermò, fissandola preoccupato. Leila continuò a camminare per qualche passo, prima di fermarsi e voltarsi a guardarlo con occhi più che seri. Durò qualche secondo, prima che lei scoppiasse a ridere. «Sei un credulone, Ray!»
            Il blader tirò un sospiro di sollievo, la sua schiena s’inarcò leggermente per lasciar fluire via la tensione. Ci aveva creduto per davvero, al fatto che Leila potesse fare una cosa del genere… Doveva ammettere che stava sbagliando tutto, con lei. Eppure non era così, di solito! Anzi, con le ragazze era piuttosto… Brillante, avreste potuto dire.
            «Comunque è evidente che anche la cotta ha a che fare con le chiamate. Sei pure rubacuori, oltre che credulone.»
            «Oh, per favore! Tu, piuttosto… Scommetto che avrai dozzine di ragazzi ai tuoi piedi.»
            Si rese conto troppo tardi del commento infelice, e – quando lo fece – roteò gli occhi per la sua stupidaggine. Dovette trattenersi per non darsi uno schiaffo in faccia. Come gli era venuto in mente di dire una cosa del genere? Leila sembrava d’altronde piacevolmente sorpresa dal suo disagio: almeno era riuscito a farla divertire.
            «Lo prendo come un complimento, grazie.»
            A quel punto, per Ray, la conversazione aveva preso una piega spiacevole: non sapeva più cosa dire o fare… Fu solo fortuna, se Leila si fermò davanti a un portone, annunciando di essere arrivata a casa. Non era esattamente un bel quartiere, né l’edificio sembrava sicuro. Una parte di Ray non voleva lasciarla tornare a casa, preoccupato che qualcosa potesse accaderle; ma chi era lui per prendere una tale decisione? E poi, lei abitava lì da circa un anno e nulla di spiacevole le era accaduto. Sapeva cavarsela, glielo aveva anche detto.
            «È stata una chiacchierata… Interessante.» Fece lui, regalandole l’ennesimo sorriso.
            «Già. Non avrei mai pensato di poter parlare in maniera decente con un ragazzo!»
            «Beh, felice di averti deliziata con i miei problemi.»
            «Potrei dire lo stesso.»
            Entrambi risero, restando poi lì a fissarsi per qualche lungo momento. Leila pose fine a ciò: «Allora… Ci vediamo domani. Buonanotte, Ray.»
            «Buonanotte, Leila.»
            La guardò entrare nel palazzo e salire su per le scale. Gli fece uno strano effetto vederla voltarsi verso di lui un’ultima volta, prima di sparire sul pianerottolo del primo piano.
 
Il giorno seguente, alle cinque in punto, si ritrovarono tutti nello studio del professor Kappa. Grazie alle parole d’incoraggiamento di Max, Tyler era ritornato quello di sempre, se non più deciso che mai a diventare il miglior blader del mondo e riuscire a sconfiggere la sua prima nemesi, Kay. Eppure quel momento gioioso avvenuto quando i quattro ragazzi si erano salutati cessò presto, lasciando posto a un’aria tesissima. Aspettavano. Aspettavano tutti la stessa persona.
            Il professore tamburellava nervosamente le dita sulla sua preziosa valigetta, mentre Tyler lo guardava come se fosse sotto una specie di trance. Leila giocava con le dita. Ray cercava di udire il proprio battito cardiaco al di sopra del suono provocato dal professore. Max guardava spesso l’orologio e Jordan si stava mangiando le unghie. Era una visione asfissiante, lo stress di ognuno dei presenti nella stanza fin troppo tangibile. E tutto per un ragazzo…
            Il telefono finalmente squillò, e tutti sperarono fosse una chiamata dalla famigerata linea due di Shannon. «Per favore, fa che siano buone notizie…» Pronunciò flebilmente Kappa attraverso la cornetta, attendendo una risposta positiva dalla segretaria.
            «Kay Fincil per lei, signore.»
            Bastò tanto a rendere l’anziano uomo sereno. «Fallo entrare.»
            Nei secondi che passarono, i presenti si voltarono verso la porta, così che quando Kay entrò si sentì pienamente osservato. Non spiccicò parola; ricambiò lo sguardo di ognuna di quelle persone e si posizionò in un angolo della stanza, attendendo che il professore parlasse.
            «Benissimo, credo che sia arrivato il momento.» Con movimenti lenti e solenni, Kappa aprì la valigetta, ammirandone per un secondo il contenuto, per poi sistemarla in modo che i ragazzi riuscissero a vedere bene cosa fosse custodito lì dentro.  Quattro beyblade, completi di Bit Power e dispositivi di lancio, era ordinatamente posati in una fodera antiurto.
            Sarebbe stata una visione magnifica per chiunque, ma per loro quei beyblade sembravano così familiari, come se li avessero conosciti da sempre, come se – addirittura – li avessero già lanciati  e guidati attraverso numerose battaglie. Eppure non li avevano mai nemmeno sfiorati! Qualunque appassionato di Beyblade sapeva riconoscere all’istante quei quattro strumenti e a chi erano appartenuti.
            «Professore… Ma questi sono-»
            L’esperto interruppe Tyler sul nascere, dando una risposta a quell’implicita domanda: «Sì, proprio loro. Dragoon, Dranzer, Draciel e Driger. I beyblade degli originali Bladebreakers.»
            «Sono… Sono stupendi!» Max era rimasto a bocca aperta. Ai suoi occhi quelle trottole erano semplicemente perfette.
            «Perché ce li fa vedere?» La voce di Kay li raggiunse come un secchio di acqua gelata.
            «Perché voi-» Il professore indicò Tyler, Max, Ray e Kay. «Siete gli eredi
            La pausa che seguì avrebbe dovuto creare stupore… Ma, in realtà, creò soltanto confusione, persino nel tenebroso Kay. Nessuno replicò, i ragazzi si limitarono a guardare Kappa in attesa di delucidazioni (che, per fortuna, non tardarono ad arrivare). «Voi siete le nuove leve. Assomigliate così tanto ai miei vecchi amici! I caratteri, le tecniche… Avete ciò che serve per diventare i nuovi Bladebreakers, e credo che possiate essere gli unici a poter imparare a domare questi bey.»
            «Vuole dire che- noi siamo come loro?» Ray espose il dilemma di tutti e il professore annuì con vigore.
            «Ovviamente, siete diversi. Siete cresciuti in maniera differente, in una città differente e in un tempo differente. Io… Non so come spiegarvelo meglio e con altri termini, è questo il guaio. Quarant’anni ad aspettare questo momento e non so più cosa dire!» Si grattò il mento, in cerca delle parole più adatte. «Per me, siete così uguali a loro che qualche volta riesco quasi a confondermi. Voi avete ciò che caratterizzava i miei compagni, ma sta a voi decidere come utilizzare queste qualità.»
            «Per questo ieri ha chiamato il mio bey Draciel.» Commentò a mezza voce Max.
            Tutto sembrava stesse prendendo forma: quella sensazione di familiarità che Kappa faceva provare a quei ragazzi, le sensazioni di déjà-vu quando si trovavano insieme. Era quello, dunque, il motivo?
            Tyler, però, non riuscì più a trattenersi, riproponendo la domanda che aveva già fatto altre volte. «Ma che fine hanno fatto, loro quattro? E cosa è successo al Beyblade come sport mondiale?»
            Era arrivato il momento della verità. Gli occhi del professore si velarono di lacrime non versate e che ricacciò indietro a fatica. Erano passati così tanti anni, ma riusciva ancora a sentirne il dolore, come se il tempo non fosse mai trascorso. Deglutì, prima di riuscire a parlare. Il discorso si prospettava faticoso…
            «Il primo ad andarsene fu Takao, durante un incontro. Diede tutto se stesso, ma non era più giovane come una volta e lo scontro fu devastante. Lo sforzo gli portò via la vita, mentre il suo avversario sparì nel nulla. L’allora presidente della BBA, Hitoshi Kinomiya, era il fratello di Takao. Nonostante avessero avuto dei disaccordi, durante gli anni, i due erano comunque molto legati e, dopo un lungo periodo di lutto, il maggiore dei due fratelli decise di prendere una decisione drastica – chiudere definitivamente l’organizzazione. Ovviamente, io, Max, Rei e Kai cercammo di fargli cambiare idea, di prendere le redini dell’organizzazione per tenerla in vita… Pensavamo che il nostro grande amico avesse voluto così. Per un periodo, ci riuscimmo anche, ma non era lo stesso. Kai sparì dalla circolazione, probabilmente tornò in Russia. Max e Rei continuarono ad aiutarmi con la BBA, ma senza successo, quindi lasciammo perdere i tornei, le manifestazioni, tutto quanto! Rei tornò in Cina, mentre Max restò con me in Giappone. Morì anche lui prematuramente- cancro ai polmoni, sapete… Col passare degli anni, ricevetti due lettere: una che dichiarava la morte di Rei, l’altra quella di Kai. Ero distrutto, rimanemmo solo io, Daichi e Hilary. Molti appassionati di Beyblade, veterani e giovanissimi, abbandonarono lo sport. E poi, il caos… Il Beyblade divenne violento. Non so come sia successo, so solo che è successo. Molti iniziarono a usare quegli strumenti che dovevano portare gioia e solidarietà come armi! Fu allora che le autorità decisero di bandire i tornei e limitare lo sport solo ai bambini più piccoli, i quali – secondo la loro logica – non potevano essere corrotti. È dalla morte dei miei amici che cerco qualcuno che possa aiutarmi a riportare in vita questo glorioso sport. Ho viaggiato in lungo e in largo, per tutto il mondo, e finalmente vi ho trovati.»
            Il professore sorrise tristemente, concludendo il suo racconto. La commozione era percepibile in tutti (eccezion fatta per Kay, il quale era rimasto fermo al suo posto per tutto il tempo – seppur dentro di sé stesse provando una marea di emozioni diverse, ciò che mostrò era… Beh, nulla). Leila sospirò, non riuscendo a trattenere qualche lacrima.
            «Domande?» Chiese all’improvviso Kappa, passando in rassegna i cinque volti più giovani.
            La ragazza alzò una mano timidamente, asciugandosi il volto con il dorso dell’altra, e il professore le fece cenno di parlare. «So che non è il momento giusto per chiederlo, ma devo sapere… Io servivo solo per arrivare a Kay?»
            «No, Leila. Anche tu hai il tuo ruolo in questa squadra.» Non aggiunse altro, lasciando il quesito in sospeso. Quindi l’uomo si voltò verso Tyler, il quale aveva intanto alzato la mano a sua volta per porre una nuova domanda.
            «Che fine ha fatto Daichi? E Hilary?»
            «Hilary vive felicemente a Hong Kong con suo marito. Ha tre figli e sette nipoti. Daichi… Un giorno ve lo presenterò.» Il professore sembrò titubare, nominando il membro più giovane dei G-Revolution.
            A gran sorpresa di tutti, la persona che seguitò a chiedere qualcosa fu Kay. «I beyblade… Ce li ha fatti vedere solo per dirci che siamo gli “eredi” dei suoi compagni?»
            «No. I beyblade sono vostri
            La sorpresa si dipinse sul volto di tutti, anche su quello di Jordan! «Credo che i Bladebreakers avrebbero voluto così…» Spiegò il professore, prendendo delicatamente in mano una di quelle trottole, quella bianca. «Tyler-» Chiamò dunque, consegnandogli Dragoon tra le mani. Tyler, ancora incerto, afferrò l’oggetto come se fosse una reliquia sacra. Dopo qualche attimo, l’alter ego di Takao Kinomiya strinse il bey al proprio petto.
            Fu la volta di Max. «La prossima volta che chiamerò il tuo beyblade Draciel, avrò un’ottima ragione per farlo!» Il professore sorrise e fu ricambiato dal biondo, che – contento come un bambino che avesse appena ricevuto ciò che desiderava a Natale – fissava con occhi lucenti di emozione il bey verde smeraldo che una volta era appartenuto a Max Mizuhara.
            L’anziano si voltò poi verso Rei. «Questo è Driger. Sono sicuro che tu e la Tigre Bianca diverrete un tutt’uno.» Il giovane guardò la trottola grigio chiaro con sguardo fiero, e sentì che era diventata sua al primo tocco. Avrebbe trattato quel beyblade con onore, così come fece il suo precedente proprietario, Rei Kon.
            L’ultimo rimasto era Kay. Il professore gli porse Dranzer e lui lo prese con decisione, fissando il colore blu elettrico cozzare col rosso delle decorazioni sulle punte del disco di attacco. Sentiva di essere un po’ come Kai Hiwatari, ma in quel momento ne fu proprio certo.
            Kappa si fermò un istante a godersi quella scena: i progetti, i sogni, le fatiche di quarant’anni… Eccoli lì, davanti ai suoi occhi. Mancava solo una cosa.
            «Ora dobbiamo organizzare il nuovo torneo mondiale di Beyblade!»



Angolo dell'autrice:
Woah, aggiornamento lampo! La fine della prima settimana di esami ha dato i suoi frutti, insomma: mi sono sentita abbastanza in forma per riscrivere questo capitolo tutto d'un fiato, nonostante fosse notte.
Qualche mistero è stato finalmente svelato, altri ci aspettano al varco. Nuove possibilità si stanno aprendo e io non vedo l'ora di leggere i vostri commenti, quindi vi lascio qui!
Ringrazio Lady Diamond che, spoilerandosi il capitolo dalla vecchia stesura, mi ha fatto notare un paradosso che stonava parecchio con la continuità del racconto.
Detto questo, ci si vede al prossimo capitolo!

Bianca

   
 
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