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Autore: Elle Douglas    05/06/2016    1 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO XVII
 
‘Emma?’ Regina corse dietro la salvatrice appena la vede uscire dalla sala. Emma sobbalzò nel sentirla lì, non l’aveva vista mentre la seguiva.
‘Oh, Regina. Dimmi.’ Fece, arrestandosi sul posto.
‘Come ti senti?’ chiese Regina incrociando le braccia al petto e abbassando lo sguardo impacciata e totalmente non a suo agio nel porre quella domanda così lontana da lei.
La salvatrice piegò la testa di lato e abbozzò un sorriso nel trovarsi davanti a quella domanda così insolita.  ‘Bene… ?’ fece titubante, non sicura che fosse una domanda seria e immaginando nascondesse altro. Scosse il capo. ‘Regina, che hai?’
Quella si guardò intorno spaesata e allargò le braccia. ‘Perché?’ chiese sentendosi osservata. Fin troppo.
‘Perché non sei solita in queste premure.’ Chiari la salvatrice.
‘Beh, solo perché non lo chiedo spesso non significa che sia una persona fredda. Lo chiedo solo quando la situazione lo richiede.’ Sottolineò scaltra.
Emma aggrottò le sopracciglia, creando un piccolo solco, cercando di intuire il motivo della domanda. Regina era impassibile e molto vicina all’irritazione e al pentimento per averglielo chiesto. Insomma, ci si dimostrava carini con gli altri e tutti a destare sospetti? Tanto valeva rimanere nei propri atteggiamenti disinteressati.
‘Bene.’ Rispose infine Emma arrendendosi a quella domanda e chinando il capo mentre giocherellava con un piede.
A Regina non la diede a bere del tutto.
‘Sei preoccupata o… gelosa del rapporto di Killian con Esmeralda?’
Quella venne colta di sorpresa da un simile pensiero. Era questa l’idea che dava?
‘No… no! Perché ritenete tutti che il loro rapporto sia nocivo per me? Son contenta di avere di nuovo Esmeralda qui.’ Chiarii spazientita, la salvatrice, da quelle continue accuse che le venivano mosse. Non odiava Esmeralda, e mai l’avrebbe fatto. Ella sapeva tutti i trascorsi della fanciulla con il pirata e pur avendo più tra loro non era mai stata gelosa del loro rapporto né mai ne aveva avuto timore.
‘Perché dovresti.’ Rispose Regina, dura.
 
‘Direi che è tutto a posto. Certo non capita tutti i giorni di dover visitare qualcuno di ritorno dal regno dei morti. O forse per dove siamo noi potrei dire di sì.’ Scherzò il dottor Whale con il suo solito atteggiamento. Appena aveva potuto era arrivato nel luogo designato per visitare la fanciulla di cui parlavano tutti nel piccolo paesino, quindi a poco era servito il fatto che l’avessero chiamato.
‘Quindi sta bene?’ chiese Killian per l’ennesima volta come un disco rotto, mentre era lì accanto a lei. Continuava a starle accanto ed era intenzionato a non lasciarla nemmeno un secondo.
‘Assolutamente sì. Sta benone.’ Confermò il medico nascondendo l’irritazione con un sorriso. ‘Anche se, però, deve cercare di non stressarsi troppo almeno per i prossimi giorni. Ecco perché intendo chiederti di uscire appena ritornerai del tutto stabile.’ Ammiccò il dottore intento a flirtare con lei mentre chiudeva la borsa.
Esmeralda non seppe cosa rispondere e abbassò lo sguardo intenta a svincolarsi da quella situazione. Pierre, che era presente anch’egli, strinse i pugni covando delusione e rancore ma rimase al suo posto senza proferir parola, anche se avrebbe voluto. Il fatto che lei fosse impegnata con lui e non lo avesse nemmeno menzionato mentre quello ci provava non faceva che aumentare la sua agitazione e il suo disagio in quella situazione. Quasi si sentiva il terzo incomodo. Quasi fosse di troppo in quella situazione.
Quando lui distolse lo sguardo da lei guardando altrove per distrarsi e riuscire a trattenere appieno le emozioni che in lui sembravano ribollire, lei lo vide in quello stato ed ebbe un tonfo al cuore enorme. Sapeva, sentiva in cuor suo, che la colpa era sua e il sorriso che dapprima risiedeva sul suo viso sparì di colpo.
Se Pierre era in quello stato, privo di ogni sorriso nel rivederla o una parvenza di felicità era solo per colpa sua. E la cosa, per come era la zingara, la faceva soffrire più del dovuto.
Nella sala erano rimasti solo loro tre dopo che il dottore si congedò. Erano lei, Killian e Pierre ed ella sentiva di dover chiarire le cose per sentirsi meglio e mettere le cose in chiaro. Sentiva che qualcosa non andava. Quella sensazione le arrivava forte in pieno petto e non se la sentiva di ignorare l’elefante nella stanza e far finta di nulla, come se non fosse nulla. Pierre era tanto. Era pur sempre una parte di lei e doveva rimettere a posto e ridefinire nella sua vita perché era chiaro come il sole che qualcosa lo turbava e qualcosa non era più lo stesso.
Esmeralda guardò Killian negli occhi, poi lo prese per mano. ‘Puoi lasciarci un attimo da soli?’ chiese, piegando la testa di lato ad indicare Pierre poco più in là.
Killian ci pensò un attimo, avvertendo l’aria tesa che affluiva tra i due. Poi annuì.
‘Ci vediamo fuori.’ E le posò un leggero bacio amorevole in fronte. Uno di quelli che si da ai bambini. Uno di quelli che si da come simbolo di un affetto smisurato.
Appena la porta alle loro spalle si chiuse vennero accolti da un silenzio pesante e fastidioso. Il silenzio di chi ha troppo da dire ma preferisce far marcire le parole dentro sé perché potrebbero far male e ferire piuttosto che aiutare e, perché quelle parole potrebbero portare a conclusioni a cui nessuno dei due vorrebbe arrivare.
‘Pierre?’ un tocco incerto e delicato sul suo braccio muscoloso lo fecero ritirare come una molla. Era bastato quel poco a farlo esplodere. Si voltò di scatto a quel contatto quasi avesse preso la scossa, mentre Esmeralda rimase con la mano a mezz’aria a toccare il vuoto.
Ecco ciò di cui Esmeralda aveva paura: il confronto. Sarebbe stato duro, schietto ma necessario perché quella tensione era intollerabile.
‘Oh, ora siamo soli o c’è qualcun altro con cui devi intrattenerti?’ Pierre si schiarì la voce cominciando a sferrare il primo colpo. ‘Ora che siamo soli puoi degnarmi di una parola?’
‘Ma… cosa dici?’ cercò di sibilare la fanciulla nella più completa confusione. ‘Pierre, che succede? Spiegami.’ Ed Esm cercò di avere un nuovo contatto, un qualcosa con lui che potesse aiutare a comprenderlo perché si sentiva eternamente spaesata.
Ma Pierre si scostò evitando il tutto e andò più avanti, lontano da lei. Voleva mantenere la giusta distanza, magari farla sentire come lui si era sentito in quelle ore appena trascorse. Oppure stava prendendo tempo per pensare, per reagire nella maniera migliore possibile ma non era semplice. Non lo era affatto.  
Non riusciva a proferir parola, nemmeno una risposta. Niente. Non riusciva nemmeno a guardarla come la guardava prima. Sentiva sempre più la delusione farsi strada nel suo cuore e prendere il posto dell’amore che prima regnava in lui per lei.
‘Pierre, così mi spaventi. Parlami, ti prego. Ti imploro se serve, ma guardami e dimmi cos’hai. Cosa c’è?’ E Pierre restava chiuso nel suo muro di silenzio perché buttarle tutto addosso in quel momento le avrebbe fatto ancora più male e doveva stare calma, come aveva detto il medico. Quello stesso medico che con lei ci aveva provato mentre lui era lì, a pochi passi da lei. A pochi passi certo, perché chi era accanto a lei? Chi, se non lui? Il suo valoroso pirata. Il suo Killian Jones che sembrava essere la sua ombra, da sempre.
‘Pierre…’ Esmeralda cercò di farlo voltare, stavolta più decisa.
‘Mi sento fuori posto, qui con te. Quasi come non facessi parte della storia. Della tua storia.’ Continuò.
‘Di cosa stai parlando Pierre? Perché dici così?’
‘Non so che dirti.’ E tutto sembrava stantio, stretto, fermo nel tempo. Quell’aria che si era creata rendeva quasi difficile respirare, e forse era la situazione, forse era perché l’espressione di Pierre era più eloquente di mille parole ma Esmeralda capì tutto ciò che sentiva pur non incrociando i suoi occhi. L’aveva deluso. L’unica persona che aveva avuto accanto era stata trafitta da una lama tagliente da lei, che mai avrebbe voluto fargli del male.
‘Ti ho deluso.’ Fiatò, fissando il pavimento, terribilmente dispiaciuta. Un alzata di capo e un cenno le fecero capire di averci azzeccato. ’Ma non capisco perché. Spiegami.’
‘Che ognuno sembra più importante di me in questo posto e che a me non consideri neanche.’ Fiatò.
‘Pierre, non è così. Se non fossi importante non ti avrei voluto nella mia vita. Non saresti qui.’
‘E che ruolo occupo? Dopo quante persone arrivo?’ Esmeralda continuava a non capire a cosa si riferisse e nonostante cercasse di avvicinarlo, lui sgusciava via intento a non avere nessun contatto con lei. 
‘Pierre cosa stai dicendo?’ abbassò la testa e si rimirò le mani, quasi fosse in cerca delle parole da dirle.
‘E’ evidente che ciò che provo per te non è lo stesso di ciò che tu provi per me.’ Esmeralda scosse il capo per affermare quanto fosse in disaccordo con quel suo pensiero.
‘Tu non sai ciò che provo.’ Fiatò afferrando il suo polso, più ferma.
‘E invece sì, è evidente ogni volta che lo guardi, ogni volta che gli sorridi, ogni volta che lo incroci il tuo sguardo cambia e hai occhi solo per lui. Ero qui con te, prima, eppure ti è bastato vederlo entrare in sala per lasciarmi e catapultarti tra le sue braccia senza pensarci di più. Io non sono per te ciò che lui è.’ Chiarii, con voce dura. Quasi fosse un rimprovero.
Esmeralda sapeva bene il rapporto turbolento che aveva con il pirata e si rendeva conto di quanto quel gesto fosse stato malvisto dal suo punto di vista, per ciò che covava nei suoi confronti, ma come poteva pretendere che non gli fosse mancato? Era stato un gesto automatico, senza nessun pensiero. Erano stati i sentimenti a guidarla verso di lui, avrebbe dovuto trattenersi e nasconderlo? Era impossibile.
‘Credi che l’abbia fatto di proposito? Credi che sia stato un gesto fatto di proposito nei tuoi confronti?’ chiese incredula Esmeralda di fronte a quelle insinuazioni. Lei, di proposito, era corsa tra le sue braccia di fronte a lui. ‘Non sono forse corsa anche da te quando ti ho visto?’ gli chiese incrociando le braccia al petto.
‘Non con la stessa intensità che mostri con lui.’ Rispose Pierre, istantaneamente, irritato.
Esmeralda ruotò gli occhi e sollevò le braccia in aria a mò di chi non crede a ciò che sta sentendo. ‘Parli seriamente Pierre? Stai misurando l’affetto in base all’impeto?’ la sua voce si fece più stridula mentre lo osservava inorridita da un simile paragone.
In vita sua non si era mai contenuta. Mai aveva pensato prima di lanciarsi addosso una persona a lei cara.
‘Non è solo in base a questo che faccio i miei resoconti?’
‘Quindi mi analizzi?’ non poteva credere a ciò che stava sentendo venir fuori da quello che doveva essere un felice ritrovo. ‘Non credi che mi mancasse anche lui?’
‘Il fatto non è questo.’ Urlò spazientito dal suo non voler intendere le cose o nemmeno provarci. Urlò, più di quanto non avesse mai fatto. ‘Il fatto è che lui ti manca più di chiunque altro quando, sostanzialmente, sono io il tuo ragazzo. Io dovrei mancarti di più! Come ti sentiresti nei miei panni, Esmeralda? E ogni volta non riesco a non prendermela, a non ingelosirmi quando vorrei che uno di quegli sguardi… uno solo fosse rivolto a me con la stessa intensità e sentimento. Io per te non sono lo stesso a ciò che tu sei per me o non è così?’ Ringhiò ad occhi sbarrati. Le stava puntando quella verità addosso come un faro con la capacità di accecarla.
Esmeralda abbassò lo sguardo, questa volta, quasi ferita. Si sentiva in colpa.
‘Dimmi che non è così ora, avanti.’ Le dice con un tono di rabbia in meno. Esmeralda trema come una foglia. ‘Perché voglio che tu sia sincera con me.’
Quanto poteva dirgli? In fondo sapeva anche lei che era così. Era sempre stato così. L’amava sì, ma non con l’intensità che lui ricercava e meritava. L’amava ma non come lui amava lei. Quello no. C’era sempre stata una discrepanza tra loro, un sottotono che era facilmente percepibile tra i due. Era solo difficile rivelarselo, ma ora di fronte a quella domanda esplicita, esplosa come una bomba nella stanza, come si poteva rispondere? Come rivelargli qualcosa di cui lui già aveva il sospetto senza ferirlo? Esmeralda non voleva pensasse fosse un rimpiazzo. Non lo era mai stato. Era stato il suo amore grande. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ed Esmeralda sapeva quanto si era prodigato per salvarla mentre era prigioniera di Frollo. L’aveva saputo dopo.
Pierre era il suo amore grande, ma non grande abbastanza da superare e farle dimenticare Killian Jones.
Il suo cuore in fondo era stato suo dalla notte dei tempi e Pierre sì, l’aveva conquistato, ma in minima parte. Quella minima parte che non bastava a controbattere quella verità davanti a cui l’aveva appena posta. Esmeralda non sapeva se rispondere o meno, non sapeva quanto volesse fargli sapere a riguardo.
‘RISPONDIMI!’, urlò, diventando paonazzo, esasperato su di lei non ricevendo alcun esito.
‘‘SI!’, sbraitò anch’ella, affrontando il suo sguardo e prendendo forza dalla rabbia che aveva dentro. Dalla rabbia che provava più per se stessa che per lui. Perché si sentiva incapace. Incapace di amare un uomo che l’amava più di ogni altra cosa. Un uomo che l’avrebbe e l’aveva sempre messa al primo posto. Un uomo che l’aveva fatta sentire davvero amata e protetta ed era solo suo, fuori da ogni incomprensione o triangolo fuori luogo.
Perché non poteva il suo cuore cedere a tutto quello e darsi completamente a lui strappandosi dalle mani di chi aveva intrapreso un’altra vita? Perché il cuore decideva sempre di intraprendere le vie più intricate piuttosto che le più facili? Se avesse amato Pierre con la stessa intensità che lui aveva con lei sarebbe stato meglio. Forse Pierre aveva ragione e lo sapeva sin dall’inizio, ma ci sperava che la risposta fosse diversa. Forse quella era la fine di tutto ed Esmeralda si sarebbe ritrovata di nuovo sola. Se l’avesse amato, continuava a ripetersi, non avrebbe sofferto e invece eccoli lì in quella stanza fatta ormai di sole macerie.
La magia era svanita e non c’era più nessun motivo di tenersi tutto dentro. Le aveva chiesto di essere sincera e il suo cuore non si era più sentito in dovere di nascondersi e aveva urlato ubbidendo a quella sua richiesta. Tutto era stato rivelato per ciò che era e non c’era più nulla che servisse per risolvere le cose.
Ora che tutto era venuto a galla era anche difficile guardarsi in faccia, ed Esmeralda si sentiva morire. Incapace di muoversi verso di lui.
Pierre iniziò a guardarla quasi come se non la conoscesse più, e la cosa trafisse in pieno petto Esmeralda. Un silenzio piombò nella stanza mentre sembrava essere passato il peggio dei cicloni.
Nessuno dei due sapeva più che fare.
‘Sai, sentirlo da sé è una cosa ma sentire che tutto ciò è vero è un colpo che ti butta a terra e ti tramortisce al punto da non farti alzare più.’ Spolmonò per tutta la camera, andando in giro con i pugni chiusi.
‘Non pensare che non ti abbia mai amato, o che non ti ami, o che tu sia stato un rimpiazzo per me.’ Dichiarò, ferma al suo posto, con gli occhi fissi su di lui.
‘E cosa dovrei pensare? Cosa penseresti tu al mio posto?’
Già, ad una rivelazione del genere Esmeralda non avrebbe pensato altro. Come poteva prendere bene quella rivelazione?
‘Tu non sei stato il mio rimpiazzo. Tu sei quello che mi ha amata più di ogni altra cosa e che mi ha fatto sentire amata. Sei stato solo mio. Sei stato colui che mi ha aiutato a non pensare, che mi ha distratto e mi ha reso felice. Tutti in città se ne sono accorti, Pierre. Non ti ho mai preso in giro. Io ti ho amato, e ti amo anche ora ma in qualche modo sembra non bastarti e io sento di non poter fare di più.’
Pierre fa un cenno con la testa, quasi ad asserire. ‘Lo so.’ E ne uscì fuori una voce smorzata.
Le diede le spalle ad Esmeralda poi, quasi a celarsi, ma la sua voce lo smascherò. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, stringerlo e abbracciarlo, ma la situazione sarebbe divenuta ancora più insostenibile.
‘Hai mai sperato… hai mai provato ad amarmi con la stessa intensità con cui ti amo io?’ chiese.
‘L’ho sempre sperato, in ogni mio giorno, che tu potessi scacciare via i vecchi sentimenti e insinuarti allo stesso modo con cui io mi sono insinuata dentro te e ci ho provato. Non credere che non l’abbia fatto, che non mi sia maledetta per non provare lo stesso, perché lo sentivo e sento che ciò che tu provi è diverso da ciò che provo io. Ci ho provato ma invano.’ Ammetterlo era la parte più difficile. ‘Sono difettosa, Pierre. Forse sono rotta.’ Le parole si fermarono lì in gola incapaci di proseguire oltre.
Perché l’amore è così: non si piega alla tua volontà, per quanto tu lo desideri. Non va dove vuoi. Puoi forzarlo e forzare i tuoi pensieri, ma il cuore deciderà sempre da sé e battere per chi vuole lui. L’amore va da sé e non puoi forzarlo ad andare oltre e a provare qualcosa di più.
Pierre si voltò e la vide crollare e singhiozzare.
Sapeva quanta verità si celasse in lei, di quello non aveva mai dubitato. Sapeva che era vero quando diceva di averlo amato e avrebbe voluto che fosse bastato a risolvere le cose per farli vivere felici e contenti ma non fu così, Pierre non ce la faceva e non ce l’avrebbe mai fatta. Sapere di averla accanto sempre a metà, sempre con un pensiero a lui non era tra le sue idee per vivere felici e contenti insieme. Quel pirata sarebbe stato sempre un’ombra su di lei, su di loro perché quel pirata non si sarebbe mai allontanato dalle loro vite per lasciargli spazio e Pierre non riusciva a tollerarlo, ma nonostante tutto non riuscì a restare inerme di fronte a lei che era visibilmente distrutta. Ponderò un attimo sul da farsi: sarebbe stato meglio andarsene o lasciarla lì? E non passò molto prima che corresse ad abbracciarla e nel mentre piangesse con lei.
Esmeralda si rifugiò sul suo petto e pianse di disperazione, quasi vergogna. Si sentiva in una tremenda colpa, una colpa che non riusciva a levarsi di dosso.
‘Mi… dispiace.’ Singhiozzò cercando di aggiungere anche altro. Pierre la strinse più forte.
Pierre non rispose.
Era troppo dirle che non era colpa sua, che gli dispiace anche ad egli. Dentro di sé la rabbia si era solo attenuata e non era pronto a simili parole di conforto. Si limitò a carezzarle i capelli cercando di ricordarne per sempre la sensazione sotto la pelle. ‘Avrei dovuto fare di meglio per aggiudicarmi il tuo cuore.’
Esmeralda alzò il capo e lo scosse. ‘Hai fatto tanto, il problema sono io che non riconosco ciò che è sano per me.’
‘… Vieni via con me.’ Fiatò Pierre d’improvviso, più flebile, quasi a deporre le armi che le aveva puntato contro definitivamente. Quasi ad implorarla mentre si portava la sua mano al petto e la tirava più a sé. La guardò dalla sua altezza ancora una volta e non poté non estasiarsi di fronte a quella bellezza immensa. Avrebbe dovuto esserci abituato. Quante volte l’aveva tenuta tra le braccia, e quante volte l’aveva osservata nel silenzio della notte mentre gli dormiva accanto?
‘Vieni via con me… dove?’ domandò la fanciulla con un divertimento appena accennato sulle labbra.
‘Via da qui. Via da questo posto che ti ha fatto solo male. Abbandoniamo tutto questo e andiamo via.’ Le propose con la speranza negli occhi. ‘Andremo oltre il confine e andremo dovunque tu voglia. Sarò sempre al tuo fianco e forse, con il fatto con l’avrai più sotto gli occhi, saprai amarmi come dici di desiderare.’ Le propose. ‘Com’è che si dice? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.’
Era forse stata la deduzione migliore, pensò Pierre.
‘Mi stai chiedendo di andar via con te per dimenticarmi di lui?’ Pierre fece cenno di sì con la testa con un lieve sorriso che trapelava speranza.
Esm la scosse. ‘Non potrei mai.’
Pierre non potè crederci.
‘Siamo stati secoli separati Pierre, eppure non è cambiato nulla. Non te ne rendi conto? Io e Killian potremo anche dividerci fisicamente ma non saremmo mai lontano dal cuore. Quel detto per noi non è mai valso.’
Pierre sciolse l’abbraccio e si allontanò da lei con le mani tra i capelli per trattenere ancora quella rabbia che stava per tornare.
Aveva scelto lui. Di nuovo.
Avrebbe sempre scelto lui.
‘Non ci provi neanche a staccarti da lui.’ Ringhiò.
‘Non servirebbe a nulla.’
‘Non lo puoi sapere. Hai la possibilità di allontanarti, di vivere ovunque e rifiuti senza pensarci due volte.’
‘Lo so che sei arrabbiato, deluso, e probabilmente mi odi per tutto ciò, ma non ho bisogno di pensare a cose che già so.’
‘Peccato che per lui non sia stato lo stesso, non credi?’ le si rivolse, acido. Badando poco alle sue parole ora. Era stanco.
Stanco di sentirla trovare scuse per non amarlo quanto avrebbe dovuto. Stanco che mettesse sempre quel pirata al primo posto anche quando le aveva proposto di essere felici, una proposta che altre avrebbero colte al volo se davvero erano stanche di soffrire. ‘Non ci ha messo tanto a prendere con sé altre donne, a divertirsi per bene con tutte quelle che le capitavano a tiro, e ora? Dichiara di aver trovato il suo vero amore, il suo lieto fine. Non sei tu, quindi. Non ti ha aspettato e poco se ne frega di te. Credo che al pirata piaccia solo averti accanto come un giocattolo che può tirare a sé quando e come vuole. Se terrebbe a te come sostiene non ti starebbe accanto sbattendoti in faccia la sua relazione, non credi?’
‘Non è così. L’unica cosa che voglio è stargli accanto, non pretendo di stare con lui.’ Ribattè Esmeralda.
‘Sei falsa.’ Controbatté lui. ‘Sei falsa con te stessa e prendi in giro me come se già non fosse abbastanza tutto il resto. Vuoi dirmi che se lui lasciasse Emma o viceversa, tu non tenteresti di stare con lui?’
Quella domanda era come una trappola ben studiata, Esmeralda sperava di non caderci. Non davanti a lui.
‘No! Come puoi pensare una cosa del genere? Mi credi così meschina?’
Forse in cuor suo, nella parte più remota e ben celata sotto strati di sentimenti ormai trasformati in accettazione, esisteva quella supposizione. Quel pensiero. Ma Esmeralda non l’avrebbe mai ammesso, o almeno non l’avrebbe più tirato fuori e in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Pierre, la persona più vicina al suo futuro, la stava abbandonando ed Esmeralda si sentiva mancare il pavimento sotto i piedi. Era come se stesse per crollare.
Si trovava in bilico su una crepa destinata ad aprirsi e non sapeva come rimediare.
Tutto ciò che era stato, tutto il loro tempo insieme e l’amore speso era sull’orlo di un baratro ed Esmeralda non riusciva a recuperare nulla per salvare la situazione.
‘Ti credo falsa e anche meschina, sì, perché se tornassi indietro e mi ritroverei in tali circostanze so per certe che le mie supposizioni sarebbero vere. Menti quanto vuoi e vedila come vuoi. Per lui non sarai mai al pari di ciò che sei per me, ma tu stagli accanto per il resto della vita a roderti il fegato. Ho notato che ti piace tanto soffrire quindi te lo lascio fare. Io sono stato un rimpiazzo d’altronde, una distrazione dal vedere il tuo amato con un'altra donna. Cosa sono stato, per te, Esmeralda?’ non le diede nemmeno il tempo di rispondere. ‘Ti sei presa gioco di me. Probabilmente mi hai deriso mentre ci pensavi seriamente. Che povero illuso sono stato ad amarti con tutto me stesso e con ogni mia forza. Che povero illuso sono stato mentre quel pirata ti restava attorno!’ tutta la rabbia che covava era veleno che scorreva veloce e dritto all’interessata. ‘Avevo sentito che eri maledetta. Mi avevano avvertito!’
‘Maledetta?’ chiese con un filo di voce. Perché le aveva riservato una simile parola? Esmeralda si portò le mani al petto quasi ad attenuare un dolore che andava levandosi.
‘Sì. Magari tuo padre era il diavolo e tu sei la sua maledizione sugli uomini, non puoi saperlo.’
Esmeralda si senti colpita in pieno petto ancora più forte, come se qualcuno le avesse dato un pugno capace di bloccarle il respiro.
‘Continua a restare sola, Esmeralda. Continua a voltare le spalle a chi ti ama davvero e morirai sola, perché non avrai accanto nessuno. E’ questo il lieto fine che ti aspetta.’
E uscì dalla porta che aveva dinanzi non prima di averle rivolto lo sguardo più truce che Esmeralda avesse mai incrociato.
Non prima che in Esmeralda qualcosa si gelasse.
 
--
 
‘Stai bene?’ quante volte mi avevano rivolto quella domanda nelle ultime settimane? Sinceramente avevo perso il conto e pure la voglia di contare.
Mi sentivo un peso. Un grondante peso che gravava sui suoi amici più cari sin da quando era rientrata nelle loro vite. Ero una maledizione, forse lo ero davvero. Una delle peggiori probabilmente, e specie per Killian che sembrava sempre quello che più si preoccupava per me. Sentivo di gravare sul suo destino peggio che su quello degli altri.
Sentivo che, fin quando io fossi stata in giro, lui non avrebbe vissuto la sua vita come avrebbe dovuto con Emma o con chicchesia. Nelle ultime settimane ero terribilmente apatica, gelida, e all’apice del pessimismo, come se non bastasse. Me ne stavo lì, tra quelle quattro mura di casa di Mr. Gold, a marcire nella mia commiserazione senza badare a nulla per davvero.
Mi sentivo malissimo per ciò che era successo con Pierre, per come l’avevo fatto sentire, per la mia indolenza che non aveva inteso e calcolato i suoi sentimenti. Come dovevo essere sembrata ai suoi occhi? Meschina? Diabolica? Una a cui non importava nulla? Certo, me l’aveva detto. Me l’aveva gridato addosso con tutta la rabbia che aveva in corpo e che tratteneva da non so quanto, ma non avevo fatto tanto caso alle parole, già il tono era bastato a farmi sentire una merda tale da non aver voglia di essere lì.
‘Sto bene.’ Risposi quasi come un automa mentre presi a sorseggiare un sorso di quell’acqua che avevo in mano da secoli forse, non ricordavo più. Era completamente persa nel vuoto tanto da non accorgermi nemmeno di chi fosse nella stanza in quel momento.
‘Io sono qui, lo sai.’ Fece intendere il capitano al suo fianco.
‘Non dovresti.’ Rispose lei di rimando, scuotendo la testa e rivolgendogli uno sguardo gelido. Killian la guardò cercando di intendere i suoi vaneggiamenti.
‘Perché?’ chiese cauto.
‘Perché dovresti vivere la tua vita senza interferenze da parte mia. Non dovrei essere un peso per te, né per gli altri. Non dovrei approfittare del vostro tempo. Non dovrei stare con nessuno, e nessuno dovrebbe stare con me.’ Si alzò iniziando a girare per la stanza, esausta. ‘Sono solo una maledizione, magari, e voi ignari mi state ancora intorno. Dovunque vada porto con me cose non buone, dovrei allontanarmi e stare lontano e nessuno dovrebbe più cercarmi.’ La sua voce s’incrinò irrimediabilmente. Si portò una mano davanti la bocca per evitare di singhiozzare o anche solo iniziare a farlo. Killian si alzò per andarle incontro, in un gesto che ormai era diventato un riflesso condizionato. Come sempre. Esm interpose una mano tra loro per tenerlo lontano. ‘Non ci provare.’ Disse dedicandogli uno sguardo di chi è a pezzi e vuole restarci.
‘Esm, andiamo. Non puoi convincerti di questo. Sei entrata nel cuore di chiunque come puoi definirti una maledizione?’ cercò di farla ragionare.
‘Come credi che agiscano le maledizioni? E io sono la più infida e bastarda, chiedi a Pierre…’ gli occhi le si inondarono al solo nominarlo, come sempre, e il groppo in gola non le permise di andare oltre. La ferita era ancora aperta, fresca, e parlarne faceva più male di un coltello affillato. Si fece forza e riprese a parlare con una leggera nota stonata. ‘Sono come una sanguisuga che si nutre del tuo sangue senza che tu te ne accorga. Sono la pulce su un cane. Un pidocchio… io… tu non dovresti essere qui con me, costantemente. Non dovresti prenderti cura di me tralasciando la tua vita. Non dovrebbe farlo nemmeno Belle che si ostina ad ospitarmi a casa sua incurante del pericolo. Perché, per una buona volta, non mi lasciate tutti in pace?’  
‘Tu sei la mia vita.’ Dichiarò Killian con gli occhi dentro ai suoi. A un passo da lei pronta a sorreggerla.
Esmeralda lo sapeva ed era pronta a restare il più ferma possibile.
Non devo crollare. S’impose.
‘Potrei essere la tua morte, invece.’ Fece seria. Killian le dedicò un sorriso rassicurante, quel solito sorriso che prometteva un abbraccio degno di amore. Un abbraccio che l’avrebbe protetta. Quell’abbraccio che l’avrebbe riportata a casa.  ‘E io potrei essere la tua, se ci pensi. Se non fosse stato per me non avresti vissuto la vita che ti ha segnato e ti ha fatto conoscere delle persone indegne.’
Esmeralda era vulnerabile, lo era sempre stata, ma in quei momenti sentiva di crollare quel tanto da portarla ad autodistruggersi completamente in pensieri e supposizioni.
‘Non ci provare. Non provare a rimuginare di nuovo su questa storia, Killian. Non provare a dire e ad addossarti colpe che non hai mai avuto. Sono stufa. Stufa di questa vita, stufa di me stessa. Vorrei tanto non essere ciò che sono. Vorrei tanto non provare ciò che provo.’
Lo sguardo vuoto e fisso sul quel bicchiere che si rigirava tra le mani.
‘L’ho deluso.’ Fiatò piano. ‘L’ho ferito e questa cosa mi sta distruggendo più di ogni altra cosa perché era l’ultima cosa che avrei voluto fare.’
‘Lo so.’ Rispose Killian, a pochi passi da lei. La conosceva talmente bene che sapeva che i muri erano pronti a cadere. La conosceva così tanto da sapere che se non le fosse stato accanto si sarebbe fatta morire sotto le macerie.
‘Perché non ho saputo amarlo come lui voleva?’ un velo di lacrime le offuscarono gli occhi. ‘Cosa farò?’ Esmeralda fece spallucce, esausta. ‘Come farò? Come farò a stare senza di lui? Come potrò farne a meno?’ e si ritrovò a piangere. Questa volta non si trattenne, non riuscì ad evitarlo come avrebbe voluto. Aveva bloccato quelle lacrime per ogni fottuto secondo che aveva passato nell’ultima settimana da quanto tutto era accaduto. Ogni dannato attimo in cui aveva dovuto negare, mentire e semplicemente dire che ero solo stanca ma che andava tutto bene e che sarebbe andato tutto bene. La verità era che negli ultimi giorni si era solo chiusa in bagno tante di quelle volte da aver perso il conto.
Chinò il viso nelle mani e scoppiò a piangere, sempre più forte, lasciando sfogare tutto quello che non era uscito dal mio corpo fino ad allora, ma non fu abbastanza. Killian corse da lei, inevitabilmente, a tenere insieme i pezzi di quella piccola fanciulla troppo fragile per quella vita, ma Esmeralda non cercò conforto. Appena sentì il contatto con la sua pelle sfiorarla si riprese e lo allontanò con la mano in modo brusco.
‘Non toccarmi.’ Fece quasi ringhiando. Veloce guardò su e si asciugò quelle poche lacrime che aveva versato. Le tirò via con la mano, poi tirò i capelli all’indietro facendo su con il naso.
Killian era rimasto ad osservarla mentre si riprendeva da sé.
Era quasi come se, dal suo ritorno, la sua presenza e il suo esserle vicino fossero sfiancanti per lei. Quasi come se la irritasse.
Killian osservò come nel suo comportamento e gesti avanzasse il gelo più che forza. Era come se avesse deciso di spegnersi pur lasciando una crepa evidente da cui vederla crollare. Egli non sapeva nulla della sua rottura con Pierre, e con lui anche Belle e tutti gli altri. Esmeralda aveva tenuto il completo riserbo a riguardo e quando uscì dalla stanza dopo averli lasciati soli, come da lei richiesto, non aveva notato un cambiamento tangibile che lo potesse insospettire, né un turbamento ambiguo.
Nemmeno Belle, che stava insieme a lei costantemente, si era accorta di qualcosa. I dubbi erano nati quando alla domanda: ‘Ma Pierre? Dov’è Pierre?’ Esmeralda rispondeva con: ‘E’ andato via per un po’.’ O faceva spallucce, abbassava lo sguardo e si apprestava a fare altro o parlare d’altro per deviare la questione.
Un atteggiamento del genere insieme ai suoi sorrisi ben orchestrati e recitati sarebbero, ed erano passati, inosservati a chiunque ma potevano passare inosservati al pirata che la conosceva quasi meglio della sua Jolly Roger? Ma non voleva forzarla a parlare, non voleva estorcerle le parole. Non era così che capitava tra i due. Le parole sarebbero fuoriuscite con il loro tempo, com’era successo all’inizio. All’inizio di tutto quando tutto era più semplice, ma ora? Ora Esmeralda era cambiata e indossava armature più spesse e infime che lasciavano poco all’intuizione di ciò che era davvero ed era per questo continuava a propinarle, insistente, quel ‘Stai bene?’ che tanto la snervava. Erano settimane che era chiusa in se stessa avvolta dai suoi pensieri, e nonostante iniziasse a dare segni evidenti di crollo si ostinava a non cedere.
Intorno a lei i muri costruiti da Ingrid non erano nulla, e neanche di Pierre nessuna traccia. Killian non poteva intraprendere nemmeno la seconda via per saperne di più e allora continuava ad osservarla in silenzio cercando di scorgere qualcosa, qualche indizio, dalla crepa che andava dipanandosi con troppo ritardo rispetto al solito.
Esmeralda lasciò i soldi sul bancone e con un gesto riprese la giacca di pelle nera posta sullo schienale della sedia.
‘Devo andare.’ Fu l’unica cosa che concesse di sapere al pirata. Sentiva che non faceva altro che arrovellarsi sui suoi comportamenti ed era snervante.
‘Come…? Andare dove?’ chiese il pirata in tutta fretta seguendole oltre la porta del Grannys.
‘In un posto. Non serve che tu lo sappia. Non è necessario.’ Disse non voltandosi e continuando a camminare sicura verso la meta.
Killian continuò a seguirla come se non avesse parlato. Esmeralda, sentendo i suoi passi dietro i suoi, si voltò decisa a fronteggiarlo. ‘Ora basta! Smettila di seguirmi. Non sono una bambina, sono cresciuta. Da sola e lo vedi? Sono sopravvissuta! Posso fare anche due passi in una cittadina del genere o no? Non mi serve la balia. Non mi serve che tu e Belle, o chiunque altro, mi stia con il fiato sul collo a chiedermi in continuazione come sto. Sto bene. Sto meglio di quanto non sia mai stata e voglio stare sola. S O L A. Comprendete questa parola? Non vi voglio intorno. Né te, né altri. Non crollo, perché so che è ciò che ti aspetti che faccia ma non lo farò, e se lo farò voglio crollare sola.’ Gli si rivolse esasperata e rabbiosa più che mai, tutto in un fiato. ‘Lasciatemi sola. Distribuisci il messaggio.’ E si voltò proseguendo per la sua strada e lasciando un Killian sconvolto che la osservava andar via fino a quando la perse di vista.
Non si sentì in colpa, nemmeno un po’, per aver trattato Killian in quel modo. La sua ostinata apprensione era diventata snervante e forse sarebbe stato meglio andare via con Pierre quando gliel’aveva proposto. Ogni angolo, ogni anfratto, ogni posto in quella città ora le dava una nausea immensa e mai provata.
Odiava ogni singola cosa in quel posto e mal tollerava la gente che vi abitava da quando era tornata in vita. Pierre era andato via. Aveva conseguito da solo l’obiettivo di allontanarsi da quella città. Da quell’aria malsana e infetta da cui la voleva salvare, e le mancava. Dio, come le mancava.
Il suo proteggerla e abbracciarla, il suo salvarla con una risata, la sua dolcezza immensa e la felicità che le aveva donato prima di spezzare l’incantesimo. Prima che tutto accadesse, prima che Frollo entrasse nelle loro vite e contorcesse le loro menti in pensieri malsani. Era stato Frollo ad insinuare in Pierre quel dubbio e quell’idea. A dirgli che era stato facile sradicarlo da lei. Non era vero. Era stato Frollo a far crollare ogni cosa e a far contorcere la sua mente. Sapeva quanto poteva essere persuasivo e malvagio e sapeva ciò che aveva detto a Pierre quando l’aveva presa.
Era solo lui il colpevole di tutto ciò che era successo, ed era lui che doveva pagare per tutto ciò.
‘Salve.’ Salutò l’infermiera dietro il bancone. ‘Chi sta cercando?’ chiese aprendo un registro sul tavolo, già pronta a scorrere sui nomi dei pazienti all’interno della struttura.
Esmeralda le dedicò un gran sorriso cordiale.
‘Salve. Vorrei vedere il monsignor Claude Frollo, se è possibile.’
‘Lei è?’ chiese l’infermiera con la penna in mano.
‘Mi chiamo Agnès. Agnès Phil.’ L’unico momento in cui usare e nominare sua madre non le sembrava così fastidioso. La donna oltre il bancone annotò il tutto accanto al nome del paziente. Sapeva che il suo nome avrebbe potuto ridestare dei sospetti e decise di non correre il rischio. Non sapeva se qualcuno aveva incaricato la struttura di chiamare in caso di una certa Esmeralda, quindi meglio affrontare la cosa con prudenza e riserbo. Esmeralda guardò circospetta oltre la porta d’ingresso accertandosi di non essere stata seguita.
‘Una firma qui, per favore.’ Disse la donna avanzando il registro.
Non era una scelta che avrebbe mai pensato di prendere. Mai era stata invasa da un simile desiderio ma era l’unica soluzione, forse l’unica via d’uscita e poco importava delle conseguenze.
Esmeralda non aveva più nulla da perdere, più nulla per cui restare con i nervi saldi. La sua buona stella l’aveva abbandonata ed Esmeralda si sentiva persa a brancolare nel buio a cui ormai si era disabituata.
Quella decisione, anche se arrivata in ritardo, era l’unica. Si convinse.
‘Signor Frollo ha visite.’ Fece la donna, che l’aveva accompagnata, aprendo la porta. Lo stupore sul viso di Frollo fu impagabile.
‘Sei qui. Hai deciso di venirmi a trovare.’ Disse speranzoso.
‘La tua persuasione è svanita, mio caro. Ora non ci resta che fare i conti.’ Spiegò la fanciulla prima che l’uomo si esaltasse troppo.

 
 
ANGOLO AUTRICE.
 
Bentornati lettori e scusate l'assenza prolungata - Ultimamente non faccio altro che scusarmi, lo so. –
Scusatemi per l'assenza prolungata e per avervi fatto penare nell'attesa del nuovo capitolo, non era mia intenzione ma ultimamente tra il blocco dello scrittore e vari impegni mi sono tenuta abbastanza lontana dalle mie pagine da terminare e dalla mia storia da raccontare. Come vedete siamo al capolinea, penso di chiudere la storia entro un paio di capitoli. Devo solo organizzare la situazione al meglio.
Per Pierre ed Esmeralda c'è stata una conclusione un po' infelice e abbiamo visto la reazione di Esm tutto ciò. Pierre è stato duro con lei e ne è rimasta sconvolta perché non credeva che tutto potesse emergere ma è successo ed ora ne patisce le conseguenze. Ora ci sarà un incontro con Frollo con cui si sconterà perché è lui la causa di tutto... O no? Esmeralda andrà incontro ad un periodo difficile e un po' ingarbugliato in cui dovrà capire alcune cose e probabilmente avrà una rivelazione. Spero di pubblicare il prossimo capitolo al più presto, ci sto già lavorando. Intanto ringrazio chi continua a seguirmi e a supportarmi in questa storia che va avanti da un po' e su cui non pensavo di continuare per tanto. Grazie a tutti quelli che continuano ad inoltrarsi in essa, ai nuovi arrivati, e a chi continua a darmi i loro pareri a riguardo. Significa tanto per me.
   
 
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