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Autore: Luxanne A Blackheart    05/06/2016    3 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Il sultano era seduto su una sedia a forma di trono, posta in mezzo all'enorme camera regale. Roxelana non aveva mai visto così tanto lusso sfrenato in vita sua.
La schiava si guardava intorno, cercando di osservare per il meglio ciò che la circondava, mossa dalla curiosità e dalla paura.
Era intimorita dal suo nuovo padrone per questo motivo guardava tutto tranne che lui. Ogni tanto gli lanciava alcune occhiate furtive, niente odio o presunzione come invece succedeva con Ibrahim.
Lui era il sultano, il grande Selim II detto il Magnifico, aveva un grande potere, tutti gli obbedivano e come suo unico e solo padrone aveva il potere di condannarla a morte. Nessuno avrebbe potuto contestare un suo ordine, nemmeno il Gran Visir.
Le stanze del sultano si dividevano in cinque camere.
Quella in cui si trovava Roxelana era quella da letto, poiché un enorme letto matrimoniale a baldacchino era posto alla sua destra. Era molto grande e sembrava anche molto morbido. C'erano tende scure che lo circondavano, le quali erano state legate al lato per consentire l'accesso ai due.
Le coperte provenivano sicuramente dalle Indie per la qualità della seta, Roxelana poteva giurare di sentirle tra le dite. Non potevano essere comparate a quelle di scarsissima qualità che lei e la sua famiglia potevano permettersi. Inoltre esse erano di un rosso vermiglio, molto scuro, sulle quali erano state apportate le iniziali del sultano con dell'oro.
Nel resto della camera c'era uno scrittoio in legno molto ben lavorato, sul quale erano posti delle pergamene e una piuma per scrivere. Un baule nel quale probabilmente c'erano i vestiti del sultano o altre cose che poteva utilizzare durante la notte o al risveglio. Il vaso da notte era ben nascosto sotto il letto. -

One çikiyor, kole. - Il sultano parlò in turco. Aveva una voce molto piacevole, meno profonda e grave di quella del Gran Visir, ma ugualmente autoritaria. Roxelana avrebbe potuto restare là ed ascoltarlo per secoli. - Beni anliyor musun?
- Mio signore, non capisco ciò che voi dite. - Roxelana si avvicinò, guardandolo negli occhi mentre gli parlava in arabo. Non capivo il turco, non aveva mai sentito nessuno parlarlo prima di allora. Come avrebbero fatto a comunicare?
- Adesso mi capisci? - Il sultano sorrise, notando la sua faccia stupita. Sapeva parlare l'arabo oltre alla lingua del suo paese e questo la stupì. Selim II si alzò dalla sua sedia per andare incontro alla sua schiava, la quale ne approfittò per osservarlo.
Era un bell'uomo di circa trent'anni. Aveva i tipici tratti orientali. Capelli scurissimi lunghi fino sopra le spalle, occhi castani con ciglia e sopracciglia scurissime, labbra grandi e sottili e naso dritto, mentre della leggera barba incorniciava il suo volto. La carnagione non era né troppo chiara, né troppo scura.
Il sultano era alto e possente. Indossava dei pantaloni a righe bianche e arancioni e una giacca simile a quelle che il Gran Visir aveva indossato durante il suo rapimento. Non indossava scarpe ed era disarmato.
Era un mix perfetto e Roxelana ne rimase profondamente rapita.
Tutto in lui emanava ricchezza e potere.


 - Come ti chiami, schiava? - Le domandò una volta giunto di fronte a lei. Le prese la mano e la accarezzò dolcemente, con movimenti piccoli e delicati.
-Roxelana, mio padrone. -
-Come mai il mio caro amico Ibrahim ti ha dato questo nome? - Il sultano sorrise, prendendola per mano e conducendola a sedere sulla sua sedia.
-Per i miei capelli rossi. L-Lui mi ha scelta per questo... -
-Solo per questo? Non ci credo. -
-Perché? Ho qualcosa che non va? - Stranamente la rossa non voleva fare brutta impressione sul suo nuovo padrone. Voleva essere perfetta per lui. Solo per lui.Selim scosse il capo, chinandosi alla sua altezza e accarezzandole una guancia. Roxelana sorrise, arrossendo leggermente. Nessuno l'aveva mai accarezzata così.
-Hurrem. Ti si addice più questo come nome, non trovi? -
-Mio padrone, non so cosa significa... Ma se voi trovate che sia giusto, allora per voi sarò Hurrem e non Roxelana. - La schiava sorrise, quando il sultano le toccò i capelli e li annusò.
-Significa La Ridente . Hai un bellissimo sorriso e il mio prossimo incarico sarà quello di farti ridere e sorridere ogni giorno della mia esistenza per rispettare questo tuo nuovo nome. -Roxelana sorrise maggiormente, mossa da un grande senso di commozione. Il suo sultano era molto dolce, ben diverso dal suo amico Ibrahim Pascià.
-Da dove vieni, Hurrem? -
-Da un piccolo villaggio della Russia, mio padrone. -
-Sei stata trattata in modo adeguato durante il tragitto con Gran Visir? -
-I segni neri sul mio corpo mostrano il contrario, mio sultano. Il vostro amico è stato un uomo cattivo e spregevole. Non ha fatto altro che umiliarmi e picchiarmi. -Il sultano notò che qualcosa si fosse acceso negli occhi della schiava. Un fuoco di coraggio e odio che mai aveva visto negli occhi nelle concubine che abitavano l'Harem.
E questo non fece altro che accendere l'interesse che era spuntato in lui dal primo minuto della sua entrata. Ibrahim aveva fatto un'ottima scelta e lo avrebbe ringraziato adeguatamente, restituendogli il favore.
Era completamente rimasto incantato da Hurrem. I suoi capelli rossi e profumati, la sua pelle pallida e soffice, il suo corpo minuto e la voce altrettanto celestiale. Sembrava qualcosa di profondamente non terreno, mandato da Allah nella sua vita. Era tutta sua. Non era una comune concubina con la quale sfogarsi sessualmente, neanche una Favorita la quale doveva crescere il prossimo erede al trono.
Era molto di più.
C'era molto di più da scoprire oltre alla sua bellezza, il suo carattere. E da quello che le luccicava negli occhi, Selim sospettava che ne avesse tanto da mostrargli.
Per la prima volta nella storia del concubinato un sultano non consumò subito con la sua nuova concubina. Anzi, i due restarono tutta la notte a conversare per conoscersi meglio. Roxelana ascoltava rapita i racconti delle innumerevoli battaglie che il sultano aveva compiuto in passato e di come voleva rendere un posto migliore Costantinopoli e i suoi sudditi.
Si addormentarono alle prime luci dell'alba uno fra le braccia dell'altro.
Il mattino seguente Roxelana fu svegliata dalle serve, le stesse che la notte precedente l'avevano vestita e preparata.

-Avanti Hurrem, svegliatevi. E' ora!- Le mani di una di loro la scossero dolcemente, invitandola a darsi una mossa ed alzarsi al più presto. La rossa sorrise, stiracchiandosi.Quel letto era veramente comodo! In casa sua al villaggio non esistevano né letti, né materassi o lenzuola di quella morbidezza o profumo. Lei e le sua famiglia non avevano un giaciglio, loro dormivano sul freddo, gelido e scomodo pavimento della baracca.
-Dov'è il sultano? - Domandò, mettendosi a sedere e guardandosi intorno, incuriosita. Niente era cambiato rispetto a poche ore prima. Era tutto uguale. Probabilmente più bello, poiché il sole illuminava ogni angolo della camera.
-
Il sultano è un uomo molto occupato, Hurrem. Su, adesso alzatevi e fate colazione. Siete in ritardo per le lezioni. - Disse la serva, mentre le scostava la coperte dal corpo, esponendo alla sua vista le gambe magre, pallide e ancora con qualche graffio per le continue torture ricevute durante il viaggio.
-Lezioni? - Nessuno le aveva parlato di lezioni. A malapena sapeva scrivere il suo nome! Quale lezioni avrebbe dovuto seguire?
-Siete una concubina del sultano adesso. E' vostro dovere imparare l'arte, la musica e altre mansioni che possano servire a compiacere il vostro padrone. E, inoltre, dovete apprendere velocemente la lingua turca. Non c'è tempo per cincischiare! -
-Oh, d'accordo, adesso mi alzo. Ma lasciatemi ancora due minuti a godere di questo letto degno di Allah! - Sorrise, ributtandosi tra le coperte, aprendo gamme e braccia e chiudendo gli occhi.Era radiosa, pensò la serva, e il nome che il sultano aveva scelto per lei, le si adiceva.


*** ***


Selim entrò nella sala nella quale si svolgevano tutte le discussioni riguardanti la politica interna ed estera dell'impero.
In essa un lungo tavolo rettangolare e in mogano e ricco di ghirigori era posto al centro della stanza. Sopra di esso vi erano disposte cartine che rappresentavano tutto l'impero ottomano e le nazioni europee, le quali non dovevano mai essere sottovalutate. A indicare le posizioni della flotta di Costantinopoli, c'erano piccole navi in legno, posizionate lì dove la vera flotta del sultano era presente.
Al capo tavola, come da regola, sedeva il sovrano, mentre alla sua destra c'era il fidato amico Ibrahim Pascià, il Gran Visir e alla sua sinistra colei che gli aveva dato la vita, sua madre, la Valide Sultana.
Queste erano le uniche due persone alle quali il grande Magnifico chiedeva consiglio nei momenti più difficili o gioiosi della sua vita. Mai aveva fallito fino a quel momento.
I servitori si affaccendavano da una parte all'altra, servendo cibaria o bevande agli anziani funzionari politici e nobili turchi.
Erano tutti in piedi, nessuno aveva il diritto di sedersi prima del sultano e perciò stavano parlottando fra di loro.

-Ibrahim, mio caro amico e fratello! - Vociò il sultano, camminando a passo spedito verso il Gran Visir che era intento nel guardare le diverse cartine sul tavolo.
- Mio sultano, ti vedo radioso questa mattina. Spero che il mio regalo di compleanno sia stato di tuo gradimento. - Ibrahim sorrise, andando a sua volta incontro al sovrano e abbracciandolo in una mossa virile e di pochi secondi.
- Oltremodo, vecchio mio! Hai sempre avuto un gusto squisito in qualsiasi cosa e neanche questa volta mi hai deluso! E, a questo proposito, questa sera ci sarà una bella sorpresa per te. -
- Veramente, per me? Selim, permettimi di dissentire, ma sai che non ho mai amato le sorprese. Preferirei che tu mi dicessi adesso ciò per cui... -
- Si tratta di una donna, caro mio. - Il sultano sorrise, notando la sua espressione estremamente stupita. Ci mancava solo che il Gran Visir, il contenutissimo Gran Visir, si mettesse a saltare di gioia.
- Mio sultano, se è quello che penso... -
- E' proprio quello che pensi! - Sul volto del giovane uomo si dipinse un sorriso che gli illuminò tutto il viso, rendendolo più attraente di quanto già non fosse. Selim notò che in quel momento il suo amico avesse gli occhi verdi.
 - Se ti abbracciassi adesso quel tuo vecchio amico politico che voleva tanto diventare Gran Visir, ci guarderebbe con cattivo occhio? - Domandò con un sorriso molto malizioso.
- Ovviamente e non solo lui! -Selim rise, notando la sua espressione. Erano rare le volte in cui Ibrahim lasciava trasparire il suo vero Io e quando accadeva, cercava di godersele come meglio poteva.
- Ancora meglio! - Ibrahim rise, abbracciando il sultano di slancio e all'improvviso, dandogli delle pacche di gratitudine sulle spalle.
- Guarda le loro facce contrariate. Non mi divertivo così da un mese, Ibrahim. Non lasciarmi mai più. - Selim rise, schiaffeggiando giocosamente il suo migliore amico ad una guancia.
- Prenditi il resto della giornata libero, ti vedo parecchio provato adesso che ti guardo meglio. Hatice mi ha detto che quei maledetti ti hanno ferito. - Le sopracciglia del sultano si aggrottarono, notando il colorito grigiastro del coetaneo.
- Sì, abbiamo avuto qualche inconveniente. Siamo gli unici due sopravvissuti, purtroppo. Povere ragazze, che Allah abbia pietà per la loro povera anima... Hai altre domande? -
- Hurrem mi ha detto di averla picchiata innumerevoli volte durante il viaggio. E' forse vero? -
- Hurrem? -
- Roxelana, la rossa. -
- Ah, la rossa. - I suoi lineamenti, nel sentire il suo nome, si indurirono immediatamente. - Quella ragazzina è fin troppo ingenua. L'ho colpita, è vero, ma solo perché ha cercato di fuggire. Ha un animo ribelle, Selim, sta' attento. -
- Lo farò, Ibrahim, lo farò. -Sul volto del sultano si dipinse un sorriso dolce, mai Ibrahim lo aveva visto così preso da una nuova concubina. La sua scelta lo aveva più che soddisfatto, ma chissà perché, questo non lo rasserenava.


*** ***


Roxelana, dopo aver fatto colazione di ciò che il suo sultano le aveva personalmente preparato, ovvero uova sbattute con formaggio bianco, spremuta di arance e un giglio blu accompagnato da una lettera di buongiorno, fu portata dall'altra parte del Palazzo, lì dove era concesso stare alle concubine dell'Harem.
Se il sultano soggiornava nell'aera nord, l'Harem era posto nell'area est, mentre a ovest vi erano le stanze del Gran Visir, Hatice Sultan e Valide Sultana.
Roxelana dovette attraversare alcuni corridoi bui e freddi prima di arrivare a destinazione.
La porta era aperta e dall'interno della stanza proveniva un gran trambusto. Voci femminili che parlavano e mescolavano tra loro, mentre piedi scalzi picchiettavano al suolo.
Roxelana guardò una delle serve, non sapendo esattamente come agire. Doveva semplicemente entrare, senza salutare?

- Andate semplicemente dentro. Vi accoglieranno come se foste loro sorella.
- Va bene. - Roxelana annuì, deglutendo ed entrando nella camera. C'erano circa venti ragazze di età e nazionalità diversa che si girarono a guardarla. Nessuna, però, aveva lo stesso colore dei suoi capelli.
-Buongiorno. -Una donna dai lunghi capelli neri fino sotto la vita e due occhi di ghiaccio si fece avanti. La guardava con diffidenza, alzando un sopracciglio. Indossava un abito molto simile a quello di Hatice Sultan e sembrava essere al di sopra di tutte le altre concubine.
- Ben Mahi Debran Gulbahar, Sultan Selim Favori ve tahtin varisi annesi, Mustafà Sultan -La schiava rossa scrollò le spalle, sentendosi a disagio, poiché non capiva ciò che la donna le stava dicendo. Però era gelosa di Mahi Debran Gulbahar e non sapeva pienamente spiegarsi il motivo.
- Fatti avanti, da adesso in poi saremmo tutte sorelle. Io sono Jane. - Un'altra ragazza dalla carnagione simile a quella di sua madre e i capelli biondi, lentiggini sparse un po' ovunque, si fece avanti afferrando la mano della ragazza e portandola in quello che sarebbe stato il suo letto. Parlava russo, perciò era l'unica che riusciva a capirla.
- Che cosa ha detto, non sono riuscita a capirla...-
- Lei è Mahi Debran Gulbahar, la Favorita del nostro padrone e anche la madre dell'erede al trono Mustafà Sultan. -
-Anne, anne, ben geldim! -Un bambino entrò correndo nella camera, andando a sbattere contro le cosce di Roxelana, che rise e lo prese in braccio.
- Tu dovresti essere Mustafà Sultan, suppongo. - L'erede al trono sorrise, non capendo cosa la schiava le avesse detto. Aveva delle guance paffute e la pelle liscia, tipica dei bambini e chiara come quella della madre. I capelli erano ricci e color ebano con qualche ciocca color cioccolato. Se lo si guardava negli occhi sembrava di osservare suo padre ,il sultano. Era un mix perfetto tra i due genitori.Era un bambino bellissimo e tenerissimo, tant'è che Roxelana avrebbe voluto giocarci tutto il giorno.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, ricordando le sue sorelle e i suoi genitori. Le mancavano terribilmente.
Mahi Debran Gulbahar corse verso il figlio strappandolo dalle braccia della schiava e guardandola malissimo.

- Oglum, kole dokunmayin! -Roxelana la guardò, non avendo capito cosa le aveva detto ma da come aveva pronunciato quelle parole era sicura che non fossero parole di benvenuto.
Era decisa nell'imparare il turco il prima possibile in modo tale da non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Neanche dalla Favorita. Era decisa nell'avere il sultano tutto per lei e ci sarebbe riuscita.
Doveva avere tutto.
Nessuno l'avrebbe mai più trattata con cattiveria, nessuno.
Mentre Roxelana era intenta nel guardare Mahi Debran Gulbahar essere adulata dalle altre concubine, Ibrahim Pascià entro nella camera, diretto verso la Favorita.
Le disse qualcosa in turco, tant'è che sul viso della donna si dipinse un sorriso luminoso.
Roxelana non gli levò gli occhi di dosso, continuando a guardarlo.
Aveva ancora il coraggio di trattarla male adesso che era una concubina come le altre?
Solo quando si girò per andarsene, il suo sguardo gelido incontrò quello della schiava rossa. Si fermò per pochi secondi ,osservandola e rimase quasi stupito.
Ibrahim aprì la bocca per dirle qualcosa e subito dopo la richiuse, preferendo andarsene così come era giunto.

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Roxelana: 
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