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Autore: realwaysd    05/06/2016    1 recensioni
Caroline Crawford, diciassettenne ribelle, vive con la sua amata zia dopo essere stata cacciata da casa per i suoi continui guai. Sfortunata in amore decide di fare una scommessa con la sua migliore amica Clelia Buxton. Caroline dovrà accettare dieci inviti, se nessuno di questi andrà bene, la bella Caroline dovrà fare un obbligo scelto dall'amica . Fino adesso, nove dei sui appuntamenti sono stati disastrosi, riuscirà ad avere un fantastico, decimo appuntamento?
©realwaysd
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«No, dimenticalo!» dissi alzandomi dalla sedia della cucina. «Non verrò mai e poi mai a una di quelle stupide serate, diavolo!».
Lei mi guardò con un sguardo da cucciolo bastonato. Potrà avere pur 39 anni ma sembrava ancora una ragazzina. Sbuffai, incrociai le braccia e girai la testa a sinistra non guardandola.
«Mi dispiace zia, non funziona con me» dissi prendendo una sedia, la misi dall’altra parte della cucina e mi sedetti. Sembrava tanto la scena dove la figlia pregava la madre per andare a ballare con i suoi amici.
«Oh dannazione! Ti prego Carol, fammi compagnia. Non vorrai farmi andare da sola a quella serata, penseranno che non abbia nessuno da portare».
Aggrottai la fronte. «Tu non hai nessuno da portare a quella stupida serata, infatti».
Si accigliò alle mie parole. «Grazie lo stesso, non fa nulla» disse continuando, poi a cucinare.
Oh no, c’era rimasta male. Quant’ero stupida. Grugnii.
Mi avvicinai a lei e la abbracciai da dietro.
«Sappi che sarai in debito con me a vita» mormorai. Lei in risposta buttò un urletto, si girò e mi abbracciò.
«Grazie tesoro» disse dandomi un bacio sulla guancia.
Feci un piccolo sorriso. Perché a me?

Centinaia di scarpe, miliardi di vestiti e neanche uno che vada bene per quella stupida serata. Due ore. Due fottute ore a scegliere. Alla fine, con l’aiuto di mia zia, avevo indossato un vestito azzurrino, con la gonna a pieghe, lungo fino a metà coscia. Ai piedi avevo messo delle decolleté bianche.
Perché continui a chiamare quelle serata stupida?
Sospirai. Odio queste serate, e qui ci erano arrivati tutti. Perché ti obbligavano ad indossare vestiti eleganti così ingombranti, rivolgerti a tutti i presenti con un sorriso- finto la maggior parte delle volte, se non sempre- ed essere gentile anche quando venivi offesa ‘involontariamente’, dicevano loro. Cazzate, ovviamente. Chi offendeva involontariamente? Io no. Insomma, io mica a una figlia di papà, viziata, urlavo “Troia!” involontariamente. Per poi aggiungere: “Ops, scusa mi è scappato. Davvero, non volevo darti della troia”.
No, no, tranquilli. L’avevo urlato perché lo pensavo veramente.
Poi mi ero voltata godendomi le facce scioccate dei presenti. Epiche.
Al contrario, mia zia aveva il viso completamente rosso, ma non dalla rabbia o dalla vergogna ma perché cercava in tutti i modi di trattenersi dallo scoppiare a ridere di fronte a tutti quegli idioti.
Ah, non avevo detto il motivo del perché avevo urlato così tranquillamente “troia” a quella lì. Luna, faceva di nome.
Be’, semplicemente quando mi ero alzata dalla sedia, per sbaglio si era sollevato un lembo del vestito, mettendo in mostra un po’ più la coscia, quando la sentii urlare con quella voce da oca “Sei completamente nuda” quando a lei per poco non si vedeva quel culo moscio che si ritrovava.
Troie, pff.

Mi alzai dalla sedia posta a caso in quella grande sala ed andai a prendere qualcosa da bere. Mi feci versare in un bicchiere del vino bianco.
«Oh, guarda, si è sistemata!» disse Luna ridendo insieme ad una sua amica. Oca anch’essa.
Feci una risata finta. «Io posso sistemarmi, tu invece no, mia cara. Troia sei e troia rimarrai» ribattei. Le rivolsi un sorriso finto e me ne andai dove ero seduta, accanto a mia zia.

Finalmente, stavo uscendo fuori da quel posto per prendere un po’ d’aria quando sentii urlare il mio nome.
«Caroline, che sorpresa!».
Mi bloccai. Ma stiamo scherzando?
Mi voltai verso di lui mostrando un piccolo sorriso.
«Eehi».
Noah Bieber, fu il mio nono appuntamento, ricordate? Bene, perché io non ricordavo assolutamente nulla. Solo che fu veramente noioso.
«Come mai qui?» chiese avvicinandosi e stringendomi, poi, in un piccolo abbraccio.
Ricambiai per poco e poi mi allontanai.
Sospirai. «Sono stata costretta, mi ha portato qui mia zia» risposi con voce fintamente drammatica.
Ridacchiò. «Oh allora, se vuoi puoi stare con noi» mi invitò.
No. «Cosa? No, davvero non vorrei disturbare» ribattei io, intenta ad uscire da quel posto.
«Insisto, dai vieni» mi prese il braccio destro incitandomi a venire con lui.
Non toccarmi idiota.
«Voglio farti conoscere mio fratello maggiore».
«Fratello maggiore?» chiesi mentre mi passai la mano sul braccio che poco prima mi afferrò.
A Caroline piace quest’idea.
«Sì, ha ventun anni. Sono sicura che andrete molto d’accordo» ridacchiò.
Annuii, seguendolo.
«Justin! Questa è Caroline!» si avvicinò a un ragazzo alquanto figo. Un po’ troppo direi per essere il fratello di Noah.
Lui si voltò di scatto, guardandomi.
«Ciao».
Sorrise. E che sorriso.
«Ciao» lo salutai, ricambiando il sorriso.
Era davvero un bel ragazzo. Un poco più alto di me, capelli color cenere e occhi nocciola.
Indossava uno smoking blu notte e questo lo rendeva ancora più sexy.
«Allora, sei tu la famosa ragazza».
«Famosa? Non direi» ridacchiai. Ero imbarazzata. Io Caroline Crawford, imbarazzata. Da non credere.
«Be’ sì, ho sentito parlare molto di te» disse calmo, continuando a bere il suo bicchiere di vino bianco. Alzai un sopracciglio.
«Noah. Mi ha parlato molto di te» rise. Ah. Rimasi sorpresa.
«Comunque sono Justin, piacere» mi porse la mano.
Gliela strinsi. «Piacere mio, Caroline» dissi, sul mio viso comparse un gran sorriso.
Noah cercava di parlare insieme a noi ma non me ne fregava nulla, davanti a me avevo un bellissimo ragazzo con un sorriso da togliere il fiato e stava parlando proprio con me.
Si certo, grazie al ragazzo che stavo ignorando.
«Ti va di andare a parlare fuori?».
«SI» scattai sorridendo come un’ebete.
Ops, figura di merda.
Immediatamente divenni rossa. Mi grattai la nuca. «Cioè, certo mi farebbe molto piacere» dissi allontanandomi da lui. Lui rise per poi posarmi una mano dietro la schiena e incamminarci fuori. Girai la testa e vidi mia zia guadarmi confusa io in risposta avevo un sorriso a trentadue denti.
Arrivammo difronte ad una fontana e lui si sedette nel bordo di essa e poi batté la mano sinistra sul bordo di marmo incitandomi a sedermi accanto a lui.
Lui tranquillamente prese dalla tasca un pacchetto di Marlboro ed estrasse una sigaretta per poi portarsela alle labbra e accenderla. Tutto questo mentre io lo osservavo attentamente desiderando di tracciare con l’indice il contorno della sua mascella ben definita.
Finalmente, dopo diversi minuti Justin interruppe quel silenzio che si fu creato. Era un silenzio così rilassante disturbato dai mormorii delle persone in sala.
«Hai diciassette anni, giusto? -chiese portandosi di nuovo la sigaretta alle labbra dopo averla allontanata per buttare via il fumo- un po’ piccola».
Feci una risata infastidita per avermi dato della piccola ma annuii.
«Tu ha ventun anni, giusto? –gli presi la sigaretta dalle dita e me la portai alle labbra sentendomi subito rilassata- sembri più piccolo» risi e lui rise con me. E al suono della sua risata risi ancora più forte, per nessun motivo in particolare, solo che la sua risata era così contagiosa.
«Sì, forse per la mia altezza.. Sai, madre natura non ha voluto farmi questo regalo».
Lo guardai confusa ma poi iniziai di nuovo a ridere. Povero.
E la sua battuta non era poi così tanto divertente ma eccomi qui a ridere come una stupida. Potrebbe dire qualsiasi cosa, ma io riderei sempre.
Aiutateci vi prego, stiamo ridendo senza una ragione in particolare, ma mi piace.
Tutto d’un colpo divenne serio e così anch’io. Ma la mia espressione divenne poco dopo confusa.
«Noah mi ha detto che vivi con tua zia».
Buttai la sigaretta ormai finita e abbassai la testa guardando il pavimento del giardino pieno di crepe.
«Già, da un po’ di anni ormai» risposi guardandolo. Accennai un sorriso.
«I miei genitori mi hanno cacciato via di casa, ormai non vogliono sapere più niente di me. Hanno smesso anche di venire così frequentemente a trovare mia zia perché ci sono io..» questa volta il mio si trasformò in sorriso triste.
Lui mi mise un braccio attorno alle spalle e mi strinse a sé.
«Vuol dire che sei troppo speciale per stare con loro».
Risi. «E’ apposto comunque, mi trovo molto bene con mia zia, non mi fa mancare mai nulla. E’ come una mamma» dissi sorridendo. Ed era la verità. Mia zia era stata come una mamma e sarò sempre grata con lei per quello che aveva fatto per me e continuava a fare.
E adesso mi chiedevo perché stessi raccontando i miei problemi così tranquillamente ad uno sconosciuto. Ma non sapevo il perché ma sentivo di potermi fidare di lui.
«Allora, cosa hai fatto di così terribile?» chiese facendo poi una risatina. Feci spallucce. «Sono stata me stessa».

Spoiler

Si asciugò le mani e si avvicinò a me, mi prese per i fianchi e iniziò a muoversi con me. Chiusi gli occhi al suo tocco e continuai a ballare. Avvolsi le mie braccia al suo collo e lui mi sorrise accarezzandomi la schiena.

-Mi scuso per eventuali errori, mi appresterò a correggerli

   
 
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