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Autore: elizaveta    06/06/2016    0 recensioni
Il vero amore tra due persone non ha nè spazio nè tempo. Esso è infinito, al di là di ogni altro concetto umano; in questa breve storia, Caroline e Klaus si ritroveranno a combattere contro se stessi, alla ricerca dell'altro.
[KLAROLINE]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camille, Caroline Forbes, Elijah, Elijah/Hayley, Hayley, Hope Mikaelson, Klaus, Klaus/Caroline
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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When it's real you can't walk away”

Niklaus x Caroline


Maybe it's time that I try something dangerous.
All I want is to feel my heart beating
I'm beating it to death
I remember when running forever
Was the only escape I could get
If only I knew what that meant.”

You are the avalanche, one world away
My make believing, while I’m wide awake
Just a trick of light
To bring me back around again
Those wild eyes, a psychadelic set away
I never meant to fall for you but I
Was buried underneath
And all that I could see was white

The darkest fairytale, in the dead of night.”


* * *

La luna solitaria e oscurata rischiarava la nube che aleggiava sulle strade di New Orleans, cupa e burrascosa. Fasci di luce invadevano le vie affollate, riempite di camminate fatte con frenesia e corse ideate con l'intento di fermare un errore nel corso della sua azione. Le persone erano nervose dagli ardori terrestri e dal diroccamento che le loro anime supplicavano pietà. Si potevano udire, tra i vari chiacchiericci che invadevano la cittadina, le voci leggere e roche dei cantanti, le note seducenti dei bassi e le melodie stuzzicanti delle chitarre. Non vi era viale in cui un locale non suonava al ritmo delle stelle, favillanti nel cielo di un nero truce, accompagnato dalla morte. Molti si ispiravano ad esso, a quello empireo, con tale impetuosità da spaventare, altri ne vedevano la paura in quel firmamento così buio, perturbato. Tele venivano dipinte, la musica che accompagnava il dipingere delirante ed impulsivo di pittori che conoscevano i propri demoni, così terrorizzati da non poter altro che raffigurarli, la strizza che ne costituiva la personalità.

E lì, sul sentiero più trafficato, usato e passeggiato, Klaus stava osservando la luna, anch'essa sola, abbandonata al suo sofferente e arduo destino. L'ibrido sentiva un'affinità effimera con quel pianeta argentato, ardente di un bianco costellato da pennellate pure ma fredde, come un cuore immerso nella neve. Ancora ricordava quel pitturato che aveva concepito in una notte fresca, rumorosa come ogni sera, in cui aveva ritratto quel mondo vuoto, silenzioso come non mai, che illuminava la nottata della terra quando ella stessa necessitava di quella luce, per continuare a vivere. Aveva usato il nero carbone per sfumare la notte, mentre frammenti dell'argento, incastonati tra le ciglia, avevano composto quella stella, e infine il rosso fuoco, misto all'arancione pervaso dall'odio, per legare la città.

Niklaus trovava affascinante come non mai la mezzaluna, spezzata dalla rotazione, dall'occhio vivido e curioso di un uomo che non la conosceva, ricercante la sua metà, dispersa in una dimensione parallela. Si trovava in simbiosi con quell'astro dimenticato dall'universo, lasciato a ruotare su se stesso, diventando un satellite per una stella di maggiore importanza.

A causa di quelle melopee, risultate stridenti ed eccessive per l'orecchio sovrannaturale del vampiro, aveva perso di vista il palpitare di un cuore che aveva desiderato e bramato la vita. La chioma bionda, lunga e scintillate alle luci di quella notte rabbuiata, era volata via come granelli di sabbia tra le mani; scomparsa, tra le multiple chiome colorate, per la sicurezza dei suoi amati. Ricordava i suoi occhi, costellati da sentimenti incomprensibili, invasi da pagliuzze grigie e verdi, corrispondere ai suoi come un bellissimo ma pericoloso gioco d'incastro. Avrebbe voluto raggiungerla, prendergli la mano, assaporare nuovamente le sue morbide e volutile labbra, ma era svolazzata nella città, fuggita via da qualcosa che non riusciva a comprendere, dileguata tra la musica che mandava sprazzi del loro amore.

Caroline era l'arte personificata, che andava lasciata libera al vento e alla vita. Era uno spirito libero del fuoco, una fiamma ribelle che divampava senza il suo focolare, un dipinto pitturato con accuratezza e delicatezza.

L'aveva sognata, custodendo il suo volto in disegni, nascosti in un cassetto ammaccato, terrorizzato dai suoi stessi desideri e l'aveva aspettata: secolo dopo secolo, racchiudendo nella sua mente le sue espressioni, dotati di quella capacità di riscaldare un cuore senza palpitazioni.

Chiuse gli occhi e cercò di far cessare la gelosia offuscante, che gli stava invadendo l'anima, facendogli perdere quel minimo controllo che possedeva; avrebbe voluto urlare in quella piazza, vociare il nome della vampira che gli aveva fatto barcollare la mente e il cuore. Strinse i pugni, sentendoli avvampare di un fuoco che non gli appartenevano, sentendoli ascoltare i sussurri scalpitanti del suo subconscio. Si stava consumando, fondendosi in un sentimento che lo rendeva cieco, offuscato delle sue azioni così impulsive da risultare veritiere, sincere. E così ricordò: le sue parole bisbigliate tra la vita e la morte, urlate al vento come repellenza, strozzate tra una verità e una bugia.

I should've turned my back on you ages ago!”

Un sorriso comparve su quelle labbra che avevano assaporato la dolcezza della vampira, mormorandole, tra gemiti strozzati, segreti nascosti e reconditi dello spirito.

You and your expensive jewelry, and your romantic drawings can leave me alone.”

Un sospiro si levò dalla sua bocca, un cuore spianato che ritornava a galla da un annegamento. Sentiva il dolore a fior di pelle, intenso, più vivo che mai; le parole della ragazza erano profonde, segnate con tale passione da indurlo al peccato.

What you afraid of?” “You! I'm afraid of you!”

Una risposta troppo affretta, detta con la paura di poter dire qualcosa che non si voleva, fece venire all'ibrido l'irrefrenabile desiderio di trovarla, di raggiungerla e di non farla scappare mai più dalle sue braccia.

I know you are in love with me and anybody capable of love is capable of being saved.”

Klaus si aggrappò al palo che si ergeva dal terreno vicino a lui, la ferrea presa che aumentava a dismisura. Mentre il suo cuore crepitava, emergendo da qualcosa che non si poteva abbandonare mai, sentì, in un momento di respiro, riprendendo il fiato che necessitava per controllarsi, la voce suadente di un cantante.


«Lightning, this is what you came for
Lightning strikes every time she moves
And everybody’s watching her
But she’s looking at you.»


«Niklaus.» L'accento era riconoscibile, familiare, e il vampiro aveva avvertito la sua vicinanza, dietro le voci strizzanti di una sconosciuta allegria.

L'ibrido originale non si voltò, la paura di vedere il riflesso della delusione sul volto del fratello era enorme, gigantesca, da non poter far rimedio.

«Smettila di perdere tempo con me, Elijah. Non le vedi?» domandò con voce roca e afflitta, destinata a qualcosa peggiore della morte, alzando il viso cercando qualcosa di nascosto. «Le stelle, non le vedi, vero? Scomparse, dietro nubi tempestose. Vai da lei, fratello, non sprecare il tuo tempo.»

«Hayley è con Hope.» Riferì freddamente, arrivando al suo fianco.

L'aura di Elijah Mikaelson era stranamente glaciale quella serata focosa, così infuocata da far divampare cuori neri, un gelo che non gli apparteneva. Le labbra di Klaus si serrarono, il desiderio di solitudine primeggiava tra tutte le sue emozioni. La presa sul palo aumentò velocemente e inconsapevolmente voleva urlare a squarciagola la sua brama più forte.

«Allora perché sei qui?» domandò infuriandogli contro, voltandosi per bloccarlo con il suo sguardo.

Migliaia di persone lo temevano, tantissime aveano paura di incontrare quei gli occhi che avevano devastato le vite di persone innocenti e non; ma Elijah, con la fronte aggrottata, lo guardava con circospezione, come se cercasse di vedere oltre di lui e oltre la sua rabbia.

«La ami?» chiese con precauzione, la paura che se avesse fatto la domanda sbagliata avrebbe scatenato l'inferno in terra.

Klaus assottigliò gli occhi e le labbra. I pugni chiusi bruciavano, richiedendo di battersi contro qualcosa che avrebbe fatto male, malissimo. Elijah spalancò leggermente le orbite, stupito e curioso, schiudendo le labbra; non era qualcosa che accadeva spesso per quella creatura mostruosa. Credeva l'amore una debolezza, la debolezza più grande dell'uomo e dell'immortale. Eppure ecco lì, a giacere tra il dolore e la rabbia, il sentimento che scalciava, urlava, con un tramaglio che non conosceva pace. Era stato colpito dall'ardore terreste di un amore che non poteva scomparire, cosparso in scintille di fogli che richiedevano un disegno nuovo, misterioso, sempre più fragile. Ma le mani di quel vampiro originale si muovevano con enfasi, a velocità sproporzionata, disegnando e pitturando un viso, un volto, che aveva ben radicato nel pensiero.

«Caroline...» sussurrò lui con una risata appena udibile, da poter spezzare tutto quel tormento che gli invadeva l'anima. Spostò lo sguardo dalla figura di Elijah, incatenando gli occhi turbinosi verso il cielo. «Lei mi consuma.»

Il silenzio li avvolse, come una calda brezza, facendo mescolare voci acute e possenti di canzoni, che non smettevano mai di vivere attraverso le anime. Tutta quella pesantezza che lo stava facendo affondare, annegare, scomparse con una folata di vento irruente, con delle semplici parole. Non avrebbe mai ammesso i suoi sentimenti se non davanti a suo fratello, la sua spalla, la parte migliore di se stesso; destinati per sempre a condividere un sangue macchiato da genitori, che non conoscevano affetto tranne che per la loro coscienza, si erano fatti forti tra di loro.

Sentì all'improvviso la mano di Elijah sulla propria spalla, non pesante, non leggera, premeva con cautela quella presa; forse aveva paura di perderlo tra i reconditi spiriti dell'anima oscura, che lo imprigionavano in qualcosa di magnifico e stupendo.

«Ma l'hai fatta scappare, un'altra volta. È tempo che tu sia felice, fratello.» L'ibrido originale guardò il fratello, sguardi che si comprendevano e si sorridevano da un capo all'altro.

«Sono venuto a dirti che l'ho trovata» continuò ad un certo punto Elijah con un sorriso.

Klaus lo osservò: la barba stava crescendo sul suo viso, la stanchezza stava prendendo il sopravvento di quel corpo immortale, vedeva i suoi occhi che desideravano la vicinanza di una donna, che l'aveva lasciato andare, spezzando due cuori destinati a stare insieme.

L'immortale davanti a lui si sorprese e lo guardò interrogativo. Le labbra del fratello lasciarono un sospiro. «L'ho trovata e se non la raggiungerai, scapperà di nuovo. Questa volta per sempre.»

Il fratellastro lo abbracciò di slancio, lasciando di stucco se stesso ed Elijah, dando libera azione ad emozioni che richiedevano l'uscita. Lo strinse, con tutta la forza che possedeva, ringraziandolo con quel gesto; e tra la chiusa degli occhi, la liberazione di affetto e gratitudine, ricordò le parole che una volta una ragazza gli disse.

When it's all said and done, there's nothing more importan than the family.”

Non avrebbe mai ammesso, a nessuno, nemmeno al suo stesso spirito, quanta ammirazione aveva provato dinanzi a Elena Gilbert, l'umana che aveva custodito tra le proprie mani i cuori di due fratelli che non conoscevano pace tra di loro. E li aveva riuniti, dopo anni di separazione, odio, guerre interiori, li aveva riportati in una casa che avevano ricordato nei tempi tristi, cercando una ragione e una spiegazione alle loro azioni passate. E ricordava ancora le parole che aveva urlato in faccia a Damon Salvatore, il vampiro impulsivo innamorato della ragazza di suo fratello, parole che avevano scalfito anche se stesso; perché, dopo tutto, non era anche lui un mostro innamorato di una fanciulla?

«Dov'è?» dunque chiese con urgenza, rompendo quell'abbraccio di pensieri.

L'originale gli sorrise e compiaciuto gli toccò i capelli, come un fratello maggiore. «A casa.»

Per la prima volta in assoluto il vampiro video il fratellastro volatilizzarsi in mezzo alla folla, come granelli di sabbia che scompaiono dalle mani frementi. Dentro di sé provava un'oscura gelosia, qualcosa che anch'egli avrebbe desiderato fare con Hayley: vivere, amare, fare ciò che richiedeva il suo cuore.

* * *

Klaus raggiunse in poco tempo il palazzo diroccato che si affacciava su New Orleans, come un imponente divinità che giudicava. La luna si stava nascondendo dietro a quella struttura immensa e l'alba, che si avvicinava, dava chiar segno delle ore che era rimasto fuori a pensare e a rimuginare. La luce si stava affacciando su quella città che non dormiva mai, creando straordinari e ambigui fasci di luce e ombra. Non vi era zona più rumorosa della via in cui i Mikaelson vivevano e forse era proprio per quel motivo, per nascondersi nei rumori, non attirare l'attenzione, non farsi notare troppo, che vivevano lì, in mezzo alla vita quando dentro di loro sorseggiava la morte.

L'ibrido cercò ovunque, con lo sguardo e con l'anima, la sua metà spezzata, ovunque ella fosse. E poi la percepì: la sua voce debole e assente che sussurrava a qualcuno cercando di nascondersi, di obliarsi, e voltando lo sguardo l'aveva vista. Da sola, in piedi di fronte ad un locale, nessuno che si era accorto della sua bellezza incandescente, mentre teneva tra le mani frementi un telefono, parlando con un tono così passo che gli parve di sognare.

Sentì l'ardere del suo cuore, e percepì la sua supplica per un'azione che metteva da parte un orgoglio costruito nei millenni, che chiedeva il raggiungimento di una ragazza che altro non aveva bisogno del pericolo.

Con il suo udito sovrannaturale riuscì a cogliere quella conversazione tacita e istintivamente, senza nemmeno rendersene conto, sorrise. Un sorriso che comparve sul suo viso, illuminandolo, mentre osservava le movenze di quella vampira che aveva cercato di dimenticare, invano. Guardava davanti a sé con aria accigliata, le mani che si muovevano alla ricerca di risposta, mentre rispondeva a quella che Klaus riconobbe come Bonnie. Non comprese molto ciò che si dissero, troppo preso ad osservarla, ad ammirarla come un bellissimo quadro appeso in casa. I suoi capelli biondi, prima svolazzanti e liberi al vento, erano racchiusi in una coda disordinata, fatta con velocità, senza impegno, senza preoccupazione.

Ricordò quando avevano ballato insieme sotto un tetto fatto di dipinti, di affreschi, di lampadari costituiti di diamanti, che brillavano sotto la luce accecante ed energica, quanto affascinato era rimasto dinanzi alla sua bellezza disarmante. Ne era rimasto lusingato e aveva provato a corteggiarla, finché era cascato nella sua trappola d'intelligenza senza che potesse prevederlo, eppure il suo cuore si era fermato dinanzi a quella vampira.

Quando Klaus si accorse che la ragazza aveva chiuso la chiamata, appoggiandosi al lampadario vicino a lei a guardare il cielo, si rese conto che quello era il momento giusto per continuare la loro storia.

La raggiunse, facendosi scoprire, facendosi vedere, e quando i loro occhi si incontrarono il tempo parve bruciacchiare e fermarsi. Le lancette del tempo si bloccarono, attratte dalla forza pericolosa di un amore senza freni. Gli occhi di Caroline brillavano come due stelle, come pianeti pieni di vita, mentre lo guardava con evidente sorpresa. Le sue labbra, contornate appena da un rossetto rosso, erano schiuse, il respiro che fuoriusciva da esse era irregolare e nervoso. Forse era strabiliata, un po' confusa, ma anche felice; il sorriso appena visibile nel suo sguardo evidenziava il suo intero animo.

«Caroline.» Iniziò lui avvicinandosi, mostrando la mano come per afferrarla ma quando vide la vampire ritrarsi, fare due passi indietro, strinse le labbra ferito.

«Come mi hai trovato, Klaus?» chiese con voce fredda, intensamente gelata da spezzare un cuore già in mille pezzi. Klaus socchiuse gli occhi, e parve vedere dell'esitazione nella fanciulla. «Non è importante. Caroline-»

«Cosa?» ribatté avvicinandosi, senza pensarci, facendo rimanere l'ibrido confuso, interrogativo. «Pensavo fossi stata chiara.»

«No.» Sussurrò a fior di labbra, guardandola e sentendo il desiderio di inciderla su una tela, ricordando per sempre quella scena: Caroline sotto il barlume della luna, quasi scomparsa, mentre l'alba pareva infuocare l'oscurità di quella notte ormai finita. I fasci di luce che incatenavano i capelli biondi della vampira, esaltavano il volto chiaro e profondo, mentre l'abbigliamento scuro, tendente al nero, esaltava l'altezza e la forza.

Lo sguardo di Klaus cadde a terra e il respiro cercò l'aria, che aleggiava in quella notte perturbata. Sentì il fiato della vampira mozzarsi, estinguersi in una morsa; si era sorpresa, ma ciò non risolveva il problema che doveva affrontare. L'ibrido venne scosso dal desiderio ardente e accecante di un sentimento che la ragazza non riusciva ad accettare, non fino in fondo.

«Non riuscirai a fuggire, non un'altra volta» continuò rialzando il viso, guardandola. «E lo sai anche tu.»

Si avvicinò. Un passo. Due passi. Tre passi. La ragazza davanti a lei non indietreggiò, non diroccò quel cuore che aveva tra le mani, mentre lo guardava con tale dolore da indurlo ad aiutarlo. I passi aumentarono, si avvicinarono a scarpe che non conoscevano camminate, nuove, pulite fin troppo dalla lucentezza di una notte focosa, anche loro timorose di un incontro ancora non avvenuto e mai atteso con così tanta impazienza. La raggiunse, come una calamita, osservandola sotto le ciglia, guardando le sue imperfezioni combaciarsi ai suoi occhi stellati. Non vedeva, sentiva, mormorava, altro che la sua figura; brillava con così tanta luce da fargli chiudere gli occhi, prendere fiato, e riaprirli. Era allucinato, in ogni senso, in ogni dove, da quell'amore che lo rendeva ciò che era in quell'istante e che sarebbe per sempre stato nel corso della sua immortale vita. E poi la vide, la sua mano, la sua azione così spontanea da risultare in un sogno, mentre raggiungeva il viso di qualcuno che non vedeva e non desiderava da anni.

Le sue dita fredde, di un vampiro che non possedeva vita, toccarono la sua guancia, qualcosa che era invasa da un fascio di barba, qualcosa che non conosceva sorrisi da tempi immemori. Gli occhi di Caroline diventarono acqua, un unico pozzo che non avrebbe dato altro; i suoi occhi piangevano lacrime divampanti, capaci di dare fuoco a qualcosa di inimmaginabile.

Klaus sentì il proprio cuore tremare, fremere dinanzi a quella vista, sentì le mani pulsare di un tocco che ricordava, ma che non toccava da quando aveva lasciato quella cittadina sperduta di Mystic Falls.

La mano della vampira percorse il suo volto, cercando di ricordare, con la propria mente, qualcosa che aveva cercato di affondare con impetuosa rabbia. Non lo aveva mai toccato in quel modo, con un affetto e con un amore che non riusciva a fermare, e non aveva mai dato sfogo a quella valvola che richiedeva l'uscita. Ma in quel momento lo stava facendo e ne era lieta, libera. Anche l'altra mano raggiunse il suo volto, entrambe richiedenti, e i suoi occhi diventarono più liquidi, grigio e verde che si univano, lacrime che scendevano copiose.

«S-sì» rispose con voce spezzata, singulti che richiedevano pietà. «Dov'eri? Ti ho cercato per così tanto tempo, Klaus. Dov'eri finito?» mormorò disperata, stringendo la presa su quel capo di cui non comprendeva i pensieri.

Allibito, l'ibrido riprese quelle mani, stringendole finché non sentì un gemito di dolore da parte della vampira. Era da tempo che aspettava di stringerla, toccarla, e finalmente ci era riuscito; e prima che potesse accorgersene, anche pensare lucidamente, chiuse gli occhi e raggiunse le labbra contornate da lacrime salate. La baciò delicatamente, con ardore, un fuoco che divampava nell'aria tenebrosa, e la strinse a sé come meglio poté; i suoi gesti erano impulsivi, feroci, seguiti da un istinto che aveva cercato di reprimere.

Le toccò i capelli, tirandoli, prendendoli tra le mani come seta pregiata, arrotondandoli nelle dita sporche di pittura. Toccò con frenesia il suo viso, perlustrando cambiamenti, qualcosa che avrebbe fatto intendere l'inevitabile cambiamento della sua anima. La strinse tra le braccia con tale impetuosità da far tremare le gambe alla vampira, da farla cadere totalmente su di lui come un piccolo e fragile fiore; gli stava prendendo la vita e si stava appassendo, per la brutalità che utilizzava nei gesti.

«Caroline...» Klaus annaspò nelle parole, sentendo l'elettricità che ritornava a galla.

Avrebbe voluto fermarsi ma la sua mente era sconnessa, mentre il suo corpo rispondeva a istinti antichi; la baciò ancora e ancora, e stettero così finchè il sole non bruciò e la vampira terminò di piangere, ritrovando quella mente perduta tra i baci roventi e infiammanti dell'uomo.

«K-klaus... fermati.» Ordinò appoggiando le mani sul suo petto, l'intento di allontanarlo era invano con quella poca mentalità che aveva ritrovato e quella forza che niente era a confronto con quella dell'ibrido.

Klaus si arrestò, anche lui colpito dai sussurri della sua mente, lasciando da parte il suo cuore; guardò Caroline, le guance arrossate, gli occhi brillanti che guardavano altrove, mentre riponeva le mani dentro la giacca di pelle.

La fissò per quella che parve un'eternità, la bellezza che non riusciva a comprendere tale magnificenza; non riusciva ad afferrarla che lei era già scappata via, volata al vento. Quando si rese conto che il sole era ormai stretto nel firmamento, brillando in un nuovo giorno a New Orleans, gli parve il giusto momento per dare inizio ad una conversazione che avrebbe preso una piega inaspettata, del tutto lasciata al caso.

«Sapevo che saresti venuta, un giorno» iniziò l'originale, guardando ancora confuso quella figura bionda.

La vampira si voltò di scatto, sorpresa e ancora avvampata dal cuore, e lo guardò come non aveva fatto da molto: alla ricerca della sua parte umana dentro di lui, qualcosa che aveva amato e assaporato in ogni modo. Ma amava anche il mostro in lui, la bestia che coesisteva con quell'umanità poco integra.

«Davvero?» chiese, sapendo già la risposta, vedendo quel sorrisetto presuntuoso che aveva tanto amato e odiato.

Abbassò leggermente il capo, trafiggendola con gli occhi, sorridendo appena da farle venire i brividi e le vertigini; sensazioni che aveva cercato in Stefan, in Alaric, che non aveva mai trovato tranne che in Klaus.

«Per quanto tu cerchi, ancora, di negarlo, provi qualcosa per me» continuò rialzando interamente il volto. «Non è vero?»

La luce solare lo colpiva per metà del viso, illuminando quegli occhi che non avevano visto luce da anni. Fasci di azzurro, verde acqua e celeste invasero il campo visivo della vampira, stupendola come non mai; la bellezza immortale di Klaus era conosciuta, ammirata, amata, bramata e dannata.

Sentì la propria voce interiore rispondere con un caloroso , qualcosa che non avrebbe mai ammesso con così tanta facilità. Così, per dare alleviare il fardello doloroso di un amore malsano, annuì debolmente, deviando lo sguardo da quelle labbra che aveva da poco baciato. E poi la sentì: la presa ferrea e decisa dell'ibrido sul suo polso, intesa come non mai. Caroline lo guardò confusa, interrogativa, stupita, di fronte a quell'azione.

«Non ti lascerò scappare.» La voce di Klaus mandò scintille di fuoco, di un sentimento brutale, animalesco.

Di sottofondo si udiva una canzone urlata a squarciagola, qualcosa che richiamava disperazione e salvezza allo stesso tempo. Una musica che si univa ai pesanti e frantumati cuori degli immortali che, guardandosi negli occhi, parlavano lingue sconosciute ad altri; e mentre restavano lì, fermi, in quella posizione così strana, guardati da tutti ma osservati da nessuno, Caroline sentì il cuore prendere il sopravvento. La paura di non ritrovare quelle sensazioni che solo l'ibrido poteva donarle e concederle, fluttuò fra le sue membra.

Niklaus stringeva con forza l'arto della vampira, il desiderio abbagliante e il sentimento soffocante che gli ardeva l'anima lo rendeva impulsivo, feroce. Caroline lo guardava con sbigottimento, con le labbra schiuse in un sorriso flebile, con quella bellezza che mai sarebbe scomparsa.

«Non ho più ragione di scappare» rispose lei, passando la propria mano su quella dell'ibrido, che la stringeva nel tentativo di non farla scomparire e affievolire in un istante. Il vampiro originale spalancò gli occhi, totalmente sotto al controllo della ragazza.

«Prima avevi una ragione?» indagò curiosamente, senza sapere che cosa aspettarsi.

Sapeva la risposta, dentro di sé, ma era come stata risucchiata dal cuore. La vampira chiuse gli occhi, strinse la presa sulla mano dell'ibrido e sospirò. Quando riaprì gli occhi non vi era più esitazione e timore: era sicura.

«Avevo paura di te» ammise, portandosi un ciuffo ribelle dietro l'orecchio destro. La mano stava tremando. «Perché sei un mostro ma anche per i sentimenti che provo per te. Avevo paura dei miei sentimenti per te.»

Rilasciò il respiro, quasi stesse per annegare e affondare in un turbine di emozioni senza reale comprensione, e abbassò lo sguardo, velocemente, riportando gli occhi su quelli di Klaus.

Colui che non conosceva un padre amorevole stava trattenendo il respiro e la guardava con tale magnificenza da domandarsi se fosse reale, se fosse solamente un sogno o una vera realtà.

L'ibrido abbondò la presa sul polso, tirandola a sé, prendendola per il braccio, stringendola in un abbraccio caloroso e pieno di felicità. Lei ricambiò l'abbraccio, affondando il volto sulla sua spalla, annusando il suo profumo e odore per ricordarne la fragranza. Lo strinse con tutta la forza che possedeva, con la paura che se avesse detto altro sarebbe diventato un sogno da cui non si sarebbe mai più svegliata. E si unirono così, un intreccio di corpi e anime, un puzzle di cuori che avevano sofferto a distanza, in un amore che non aveva tempo e spazio, mentre le chitarre li accompagnava in un cammino arduo, difficile, messo a dura prova da nemici che non conoscevano fretta.

Non sarebbe stato facile, tra di loro non lo era mai stato, ma non si sarebbero arresi agli eventi della storia; avrebbero combattuto, lottato, sofferto e pianto per ciò che possedevano.

Perchè nonostante tutto, odio, gelosia, brama di potere, sete di sangue, guerra, la melodia di un pianoforte sarà sempre capace di fermare la distruzione umana; tintinnante, donerà la capacità di amare e perdonare perfino a coloro che non conoscono pace. Perchè le parole, le melodie e le noti di una musica che non conosce tempo, saranno sempre capace di regalare ciò che l'essere umano ha bisogno.

E Caroline riuscì ad insegnargli il vero significato dell'amore, nel suo totale e magnifico significato, nel suo scalpitare difficile e dolorante, nella sua perdizione che lo avrebbe portato in sentieri oscuri. Niklaus aveva amato nel corso dei secoli prima di conoscerla ma aveva inteso veramente, fino in fondo, ciò solamente grazie al suo arrivo; qualcosa che prima detestava, da cui cercava di allontanarsi e fuggir via.

Ma le parole e gli sguardi della vampira l'avevano salvato dalla solitudine che aleggiava in lui, da mani che non l'avevano mai accettato, da un padre che non lo aveva mai compreso fino in fondo. E riusciva a vedere il sorriso di Caroline, sereno e illuminante, che gli avrebbe conferito quella sicurezza e coraggio per affrontare un percorso da cui ne sarebbe uscito solamente estasiato.

E poi ricordò. Un flash. Un'immagine abbagliante che lo riportò a tempi passati, qualcosa e qualcuno che non avrebbe mai dimenticato nel corso della sua vita immortale.

Non sono mai stata tanto ingenua da pensare che io fossi la tua luce. Ma c'è la luce in te. Tutta quella rabbia, il ciclo di abusi che ha iniziato Mikael, tu puoi porvi fine. Devi farlo, così potrai essere la luce per tua figlia. Per Hope.”
E mentre allontanava quel poco Caroline, per poterla osservare e ammirare, baciandola, ritrovando se stesso in quella ragazza, quella parte d'anima che gli aveva lasciato tempo prima, sorrise nei propri pensieri.

Sorrise perché alla fine, nonostante Caroline fosse la sua anima gemella, l'unica che poteva salvarlo, Camille era riuscita a comprenderlo come nessun altro era riuscito. E per questo l'aveva amata come non aveva amato Caroline, quell'amore che va oltre alla fisicità, va oltre ogni pensiero; un amore che lega lo spirito in un intreccio di fatalità e comprensione. Un amore che non avrebbe mai più ritrovato nelle anime che sarebbero vissute negli anni avvenire.

Così giacque Niklaus Mikaelson, l'ibrido originale, l'uomo che aveva assaporato e assaggiato l'amore di due donne che non l'avevano giudicato, che avevano guardato oltre alla rabbia, alla vendetta, all'odio. E le ringraziò, entrambe, per ciò che gli avevano dato in poco tempo, guardando, tra un capo e l'altro, i dipinti che avevano costituito la sua anima.



In the darkness before the dawn
In the swirling of the storm
When I'm rolling with the punches and hope is gone
Leave a light a light on

Millions of miles from home
In the swirling swimming on
When I'm rolling with the thunder
But bleed from thorns
Leave a light a light on
Leave a light a light on

In the darkness before the dawn
In the darkness before the dawn
Leave a light a light on
Leave a light a light on.”

   
 
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