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Autore: nikita82roma    06/06/2016    3 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Jim lo aveva chiamato la mattina molto presto, quando Castle si era appena addormentato, dopo aver dormito poco e male. 
Ogni volta che chiudeva gli occhi la sua mente si riempiva di incubi in cui Kate non si ricordava più di lui e non ne voleva sapere niente di loro e del loro bambino. Ogni volta si svegliava con il fiato corto, sudando, e a poco valeva ripetersi che erano solo sogni, che ok, Kate non si ricordava di lui adesso, ma lui era da qualche parte, nella sua mente e nel suo cuore, doveva solo riportare a galla il ricordo del loro amore. Non poteva essere svanito così, con quei due colpi di pistola di Caleb.
Si sforzava però di vedere il lato positivo. Kate era viva ed anche il bambino stava bene. Era questa la cosa importante, il vero miracolo in tutta quella storia assurda che sarebbe potuta diventare tragica solo per questione di minuti. Lui non sarebbe potuto vivere in un mondo nel quale Kate Beckett non c'era. In questo, invece, avrebbe combattuto per farle ricordare di loro con ogni mezzo possibile. 
La sera prima aveva chiamato sua figlia per spiegarle la situazione. Aveva pregato Alexis di dire tutto lei a Martha perchè lui non ce la faceva a ripetere tutto ancora una volta e le aveva promesso che le avrebbe aggiornate l'indomani dopo aver parlato con i medici.
Arrivò in ospedale poco dopo la chiamata di Jim. Kate era stata già portata a fare altri esami. Si avvicinò un dottore che non aveva ancora avuto modo di conoscere. In quelle settimane aveva parlato, oltre che con il dottor White, con tutti gli specialisti che avevano seguito sua moglie, in particolare con il cardiochirurgo ed il ginecologo. L'uomo che gli si presentò davanti aveva un aspetto rassicurante, brizzolato sulla cinquantina. Gli sorrise gentilmente.
- Buongiorno Signor Castle. Sono il dottor Harold, il neurologo di sua moglie.
Castle lo salutò cordialmente ma il suo linguaggio del corpo nascondeva una agitazione impossibile da celare.
- Abbiamo appena fatto una risonanza alla signora Beckett. Fortunatamente non abbiamo riscontrato cicatrici a livello neurologico. Adesso la mia equipe le facendo altri accertamenti, ma la sua amnesia non è da ricondurre a lesioni, per quanto possiamo valutare ad oggi.
- Questo cosa vuol dire dottore? Riacquisterà la memoria? Quando?
- Non le posso dire una tempistica e nemmeno se lo farà, purtroppo. Per il suo disturbo non è possibile stabilire una prognosi certa.
- Come è meglio che mi comporti? Lei non si ricorda di me, non ha alcun ricordo di noi. Non vorrei peggiorare le cose. La posso vedere?
- Certo, anzi la sua presenza potrebbe aiutarla a ricordare. Mi raccomando, non la forzi e se vede che si affatica, le lasci tempo. Cerchi di leggere i suoi stati d'animo e si comporti di conseguenza. È sua moglie, saprà come comportarsi. - gli sorrise benevolo e Castle sorrise a sua volta.
- Dottore, un'altra cosa... Per il bambino... Kate non sapeva di essere incinta prima del nostro ferimento. Come posso...
- Come le dirà tutto il resto. A livello medico non c'è nessun problema, per quanto riguarda le sue reazioni emotive dovrebbe chiedere consiglio ad uno specialista. Il problema di sua moglie è psicologico, provocato dal trauma subito.
Si salutarono cordialmente. Jim aveva ascoltato, un passo indietro rispetto a Castle, tutta la conversazione, senza mai intromettersi. Chiese a Rick come intendeva comportarsi e lui rispose che quella mattina l'avrebbe vista ed avrebbe cominciato a spiegarle di loro. 

Si era allontanato pochi minuti, per andare a prendere i soliti fiori ed i soliti due caffè. Decaffeinato si ricordò, per quello di Kate. Era già entrato completamente nel ruolo di marito e futuro padre premuroso. Sarebbe stato un percorso difficile, lo sapeva. Non era certo così che aveva immaginato e sognato questo evento da vivere con Kate, ma non poteva lasciarsi andare a quello che voleva o che aveva sognato. Doveva fare i conti con gli ostacoli che il destino aveva messo ancora una volta davanti a loro ed affrontarli, insieme a lei, nella speranza che lei volesse combattere il destino con lui, come avevano sempre fatto.
Aveva chiamato Alexis e l'aveva aggiornata riguardo le condizioni di sua moglie e le chiese se poteva portargli la copia di Storm Fall di Kate. Aveva tenuto, quando si era trasferita al loft, a portare la sua collezione di libri, quelli che aveva letto, sfogliato, segnato le pagine, vissuto ed anche bagnato con le sue lacrime. Li teneva dentro una scatola nella cabina armadio e Castle aveva spesso sorriso di questo. Si preoccupò di specificare più volte a sua figlia che doveva prendere proprio quella, non una delle sue qualsiasi. 
Aveva aggiornato anche i ragazzi del distretto lasciandoli con la promessa che si sarebbero sentiti di nuovo nel pomeriggio se ci sarebbero state novità. Odiava fare continuamente quel giro di telefonate, però capiva che anche tutti loro erano preoccupati per Kate e si sentiva nell'obbligo morale di farlo.

Rimase un po' fuori a respirare l’aria fresca mattutina, seduto in una panchina. Cercò di mettere a posto le idee su quello che avrebbe dovuto dire a Kate e in che modo. Da dove avrebbe cominciato? Provò a tornare indietro nel tempo con la memoria, a quei primi tempi in cui l'aveva conosciuta, pensava a quello che era lui e a quello che era lei al tempo. Quella ragazzina con i capelli corti, lo sguardo duro ma quello splendido sorriso che ogni tanto sfuggiva al suo controllo e alla sua figura impostata.
Avrebbe dovuto parlare a quella Kate, per quanto la situazione era difficile e lo angosciava, sorrideva all'idea. Se non fosse stato tutto così tragico poteva quasi pensare che la situazione lo stuzzicava e lo intrigava, l'idea di riconquistare di nuovo sua moglie e farla innamorare di nuovo di lui sarebbe stata stimolante in un qualunque altro momento per lui, ma ora no. Ora avrebbe voluto solo bearsi del suo abbraccio, della morbidezza delle sue labbra, assaggiare di nuovo il suo sapore, stringerla a se ed accarezzarle i capelli ispirando il suo profumo fino ad inebriarsi di lei, parlare di loro e riuscire a ridere e sdrammatizzare anche di quanto era accaduto. Lui ne era convinto insieme a lei sarebbe stato più facile guarire, entrambi, nel fisico e nell'anima. Così non sapeva cosa sarebbe accaduto. 
Vide sua figlia arrivare a passo svelto, le fece un cenno e lo raggiunse, sedendosi vicino a lui. Non le aveva ancora detto nulla del bambino, lo avrebbe fatto, appena lo avrebbe saputo Kate. Prima di uscire era stato chiaro con tutti i dottori e le infermiere: doveva essere lui a dire tutto a Kate. Lui non altri. Quindi se c'era qualsiasi urgenza che lei lo sapesse glielo avrebbero dovuto dire cosicché lui avrebbe potuto parlarle prima. Lui non lo aveva detto a nessuno perché lei doveva essere la prima a saperlo. Solo Jim lo sapeva, era sua figlia, glielo aveva dovuto dire. Ma se la notizia lo aveva fatto sprofondare ancora di più nella disperazione e nella tristezza mentre lei era lì inerme su quel letto ora che si era svegliata, sapeva che era viva e stava bene, era entusiasta tanto quanto Rick anche se da uomo discreto qual era non lo dava a vedere, ma ogni volta che ne parlavano i suoi occhi brillavano di una luce diversa, la luce della vita che era tornata a toccare il suo cuore dopo giorni terribili ed anni bui. 
- Papà? 
Alexis lo ridestò dai suoi pensieri nei quali si perdeva, come sempre più spesso gli capitava. 
- Ehy ciao piccola. 
- Ti ho portato il libro di Kate. Come sta? L'hai vista.
- No, non ancora. Vado tra poco. Mi accompagni a prendere i caffè?
La figlia prese il mazzo di gigli bianchi e rosa che il padre aveva appena comprato e lo accompagnò a prendere i consueti due caffè. Non avrebbero dovuto berlo nè lui nè Kate. Andarono insieme fino a davanti la porta di camera di Beckett. Mandò un messaggio a Jim dicendo che era tornato e l'uomo poco dopo uscì. Castle era visibilmente agitato, si sentiva come un adolescente al primo appuntamento, con l'incognita che la sua lei non sapeva nulla e quella lei era sua moglie. Prese il caffè, i fiori sottobraccio da una parte, il libro dall'altra ed il sacchetto con le brioches. Pregò di non far cadere tutto e di non essere troppo goffo. Respirò profondamente. E si incoraggiò "Dai Rick, è Beckett e non ha nemmeno la pistola adesso, stai tranquillo"

Kate sentì bussare alla porta ed invitò ad entrare chiunque si trovasse al di là. Era confusa e non sapeva perchè era lì, sapeva solo che le faceva male tutto. Le avevano detto che aveva perso la memoria, non di un giorno o di poco tempo ma di 8 anni. Una vita, la sua vita, completamente cambiata, stravolta.
Aveva fatto molte domande a suo padre che le aveva risposto a volte convinto altre molto evasivo. Ma Jim Beckett non era mai stato un uomo di tante parole con lei, pur essendo un avvocato. Le aveva sempre detto il minimo indispensabile per farle capire i suoi pensieri e non era diverso adesso. Gli aveva chiesto di Castle e le aveva fatto capire che tra lei e lo scrittore c'era un rapporto molto profondo. "Katie, Castle è molto importante per te, lo è sempre stato negli ultimi anni. Fidati di lui." A suo padre sembrava piacere. Eppure lei di lui sapeva quello che aveva letto sulle pagine di gossip nei giornali, playboy incallito ed uno dei single più ambiti di New York. Ma questo era quello che sapeva di lui sette anni fa.
Castle carico di roba tra le mani e non solo entrò nella stanza provando ad accennare un saluto. Kate lo osservava muoversi nella stanza con più disinvoltura di quanto pensasse, senza, apparentemente, prestarle nemmeno molta attenzione, non poteva sapere quanto era lontano dalla realtà quel pensiero. Appoggiò tutto nel tavolo dall'altra parte dell'ambiente rispetto al letto, si avvicinò al comodino prendendo il vaso di fiori, tolse quelli del giorno prima e mise i freschi rabboccando un po' l'acqua prendendola in bagno e rimettendo poi il vaso al suo posto. Prese il libro, i caffè e la busta con le brioches e finalmente si sedette vicino a lei che aveva osservato perplessa tutte le sue mosse senza che le avesse ancora rivolto la parola. Castle fece un altro respiro profondo guardandola e le sorrise. Lei rispose al sorriso timidamente.

Prese un bicchiere di caffè ed una brioche dal sacchettino.
- Caffè macchiato freddo con due bustine di zucchero di canna ed una brioche. Buongiorno Kate.
Le allungava le mani con quei generi di conforto e Beckett aveva già l'acquolina in bocca nel sentire l'aroma del caffè inebriarla. Aveva veramente voglia di berne un sorso.
- Posso? - gli chiese dubbiosa. Lui in realtà non ci aveva pensato se poteva, non lo aveva chiesto a nessuno, come aveva potuto essere così stupido e superficiale da dimenticarsi una cosa così basilare? Ora aveva il dubbio che le potesse fare male bere il caffè e mangiare una brioche. 
- Ok, aspetta. - appoggiò tutto sul comodino, uscì lasciando una Kate attonita a guardarlo andare fuori di corsa, mentre lei si lasciava avvolgere dal profumo di quel caffè tentatore.  Castle stette fuori qualche minuto e poi rientrò e riprese il suo posto.
- Hai mangiato nulla da quando ti sei risvegliata? - Le chiese subito
- Sì ieri sera e questa mattina, nulla di buono però.
- Allora facciamo che puoi. Un sorso di caffè ti farà bene, almeno all'umore.
Era uscito ad informarsi piombando nella sala medici così di corsa che il personale si era spaventato che si trattasse di qualche emergenza seria. Era il caffè, il loro primo caffè insieme per quello che Kate si ricordava, era un'emergenza più che seria secondo Castle e che nessuno avesse provato a contraddirlo perchè non aveva tempo di spiegare. 
Kate diede dei piccoli morsi alla brioche, due o tre, non di più, poi si sentì piena. Bevve qualche sorso di caffè chiudendo gli occhi mentre assaporava il gusto e Castle fece altrettanto con il suo, poi le riprese tutto deponendoli vicino a lei sul mobiletto. Si avvicinò per toglierle delle briciole cadute sul lenzuolo e lei osservava i suoi movimenti delicati imbarazzata. Castle si appoggiò sulla poltrona e la guardava con lo stesso imbarazzo torturandosi le mani. Aveva preparato un bel discorso ma non sapeva da dove incominciare. Fu Kate a prendere la situazione in mano e rompere il silenzio.
- Quindi dicono tutti che ci conosciamo.
- Già, direi che sì, ci conosciamo Beckett. 
- Mi chiami sempre Beckett, Castle?
- All'inizio non volevi che ti chiamassi in altro modo. Poi diciamo che abbiamo trovato dei compromessi. Però sì, lo faccio ancora, così come tu mi chiami Castle, o Rick.
- Mi dispiace non ricordarmi di te - gli disse sincera.
- Mi dispiace che non ti ricordi di noi - le rispose con altrettanta franchezza.

Questo Richard Castle che aveva davanti era ben diverso da quello dei suoi ricordi, delle copertine patinate, aveva un sorriso triste ed anche i movimenti del suo corpo erano lontani da quelli di un uomo spavaldo e pieno di se. Si muoveva sicuro ma lentamente, lo aveva studiato, sembrava affaticato o forse dolorante. 
- Tu non l'ammetterai mai con me, ma so che sei una mia fan, da prima che ci conoscessimo. Se non ti ricordi di me non ti ricorderai di Storm Fall quindi ho pensato di portarti il tuo libro. Te lo avevo regalato durante il nostro primo caso.
- Frena Castle. Il nostro primo cosa?
- Il nostro primo caso.
- Cioè io e te abbiamo lavorato insieme ad un caso?
- Sì, cioè a molto più di uno. Questo era il primo.
- E perché mai io avrei dovuto lavorare con te?
- Sei venuta tu a cercarmi, perché essendo una mia fan, ti eri accorta che una serie di omicidi erano ripresi dalle mie opere, anche alcune poco famose, quindi eri assolutamente una mia fan accanita! - disse compiaciuto. Questa cosa, a distanza di anni, ancora lo riempiva di orgoglio e faceva espandere il suo ego.
- Su quanti altri omicidi ho indagato, ispirati ai tuoi romanzi, per farti lavorare con me?
- Solo quelli di quel caso.
- E...?
- Ed ho convinto il sindaco a fare pressioni sul tuo capitano per seguirti mentre lavoravi, per fare delle ricerche sul campo.
- Cosa hai fatto Castle? Hai chiamato il sindaco per venirmi dietro mentre lavoravo? Ma il mio è un lavoro serio, non sono i tuoi giochi da scrittore!
Castle rise. Era la sua Beckett, o meglio la Beckett che non era ancora sua, però era lei. 
- Ed ora perchè ridi Castle?
- Perchè questo discorso me lo hai fatto tante volte. 
Lei diventò seria, colta in fallo e riportata alla realtà. Lui tutto quello lo aveva già vissuto ed anche lei, se solo se lo fosse ricordato. Notando il cambiamento di umore di Kate, Castle smise di sorridere.
- Ehy Kate, è tutto ok. Me lo puoi dire altre mille volte se vuoi. Ti ho portato il libro perchè ho pensato che magari ti sarebbe piaciuto leggere un po' durante il tuo soggiorno qui.
Le prese istintivamente la mano, poi la lasciò subito, pensando che quel gesto ancora non se lo potesse permettere. Rick le porse il libro e lei guardò curiosa la copertina, le sembrava di aver aspettato tantissimo per leggere l'ultimo capitolo della saga di Storm. Pensava che in realtà lo aveva già letto e la cosa la metteva a disagio. Si chiedeva se Castle avesse scritto altro nel frattempo, chi sarebbe stato il protagonista dei suoi prossimi libri visto che si sapeva che quello sarebbe stato l'epilogo di quella saga che tanto aveva amato. Aprì la prima pagina, lesse la dedica e sorrise. "Kate, I couldn’t think of a better partner in crime". Allora era vero, l'aveva aiutata in qualche modo, anche se non poteva immaginare come.
- Non è che questa cosa l'hai scritta poco fa solo per procurarti una prova, Castle? - gli chiese sorridendo con un tono vagamente interrogatorio, per quanto le sue condizioni lo permettessero.
- No, no detective! Non mi permetterei mai! Anche se ora dovrei chiamarti capitano però di fatto all'epoca eri ancora una detective ed ora ricordi che sei una detective quindi...
- Taci, Castle! - interruppe il suo sproloquio e lui si fermò immediatamente mai così diligente. La stava volutamente provocando, provando a ricostruire quelle dinamiche che c'erano sempre state tra loro e la cosa evidentemente funzionava e lei reagiva meglio di quanto lui pensasse, anche se sembrava molto più stanca di quanto volesse mostrare. Anche questo non era cambiato, era sempre la sua ostinata Kate, smemorata ma sempre lei.
- Se sei stanca, se preferisci posso leggertelo io. Poche persone hanno il privilegio di una lettura privata di Richard Castle di un suo libro, dovresti approfittarne. - sentì il suo sguardo-sguardo attraversarlo. Ne fu felice ed intimorito, come sempre - oppure se preferisci me ne posso andare e tu puoi leggere in tranquillità.
- Nessuna delle due cose. - Disse decisa. - Però resta, per favore.
- Ok, certo Beckett. Resto tutto il tempo che vuoi. Sempre.

   
 
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