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Autore: Tessie_chan    07/06/2016    1 recensioni
Mi chiamo Aithusa Duchannes Kuruta, e non sono una ragazza come le altre. Sono una Maga, una Guardiana, e il mio unico scopo è proteggere gli umani,o come li chiamamo noi, i Mortali, dai demoni, dai Rinnegati e da tutto ciò che di oscuro e malvagio ci sia a questo mondo. Oggi ormai ho quasi vent'anni, sono trascorsi dieci anni dal giorno in cui ho perso quasi tutta la mia famiglia nell'attacco al popolo dei Kuruta, e sono sul punto di realizzare il mio destino: affrontare la Brigata dell'Illusione, e fare finalmente giustizia.
E' quasi come una roulette russa. Sto per giocarmi il tutto per tutto, potrei vincere e essere finalmente una donna libera, oppure potrei perdere e morire, abbandonando così tutte le persone che amo al loro destino.
La mia storia comincia cinque anni fa, dal mio esame per diventare Hunter. Perchè è in quell'occasione che ho incontrato le persone che hanno stravolto la mia vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Killua Zaoldyeck, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Angolo autrice: Ragazzi perdonate il ritardo, non ho davvero scusanti! Ho dovuto fare un esame all'università, ma vi prometto che mi farò perdonare! Vi lascio al capitolo!

Kurapika spalancò la porta con un calcio senza perdere la presa sulla sorella, e la depose con cautela sul letto.
La ragazza ormai aveva perso i sensi per il troppo sangue perso, e ogni secondo che passava il suo battito diventava sempre più debole. Non aveva più molto tempo, Kurapika lo sapeva.
Masahiro, Concorda e Taranis entrarono trafelati nella stanza, e si radunarono intorno al letto << Madre, vi prego, fate qualcosa! >> implorò Masahiro terrorizzato, mentre tentava disperatamente di tamponare le ferite.
Concorda afferrò la mano deturpata della figlia, e cominciò a mormorare una litania incomprensibile: Aithusa venne circondata da un'aura di luce magica, che si allungava sfiorando le ferite della ragazza, e poi si ritraeva all'istante, come se odiasse l'idea di toccarla.
Killua era arrivato sulla porta da un bel pezzo, ma non trovava la forza di muoversi: aveva ucciso tantissime persone nella sua vita, e sapeva che non si poteva sopravvivere ad una simile perdita di sangue. Nemmeno se sei una Maga.
Aithusa stava per morire.
Concorda nel frattempo tremava visibilmente per lo sforzo, e il volto le si era rigato di lacrime << Non funziona, non funziona! Le ferite sono troppo gravi, la mia magia è inutile! >>
<< Come sarebbe? Significa che sta morendo?! >> chiese Taranis fuori di sè.
<< Tess, ti prego, devi resistere! Non puoi morire adesso tesoro, non puoi, non così... >> mormorava Concorda singhiozzando sul viso della figlia, e posandole lievi baci sulla fronte.
<< Lasciate fare a me. >> disse una voce infantile.
Killua si voltò, sconcertato. Era così sconvolto che non si era accorto che alle spalle gli era arrivata Alluka.
O meglio, era arrivata Nanika.
Concorda si raddrizzò bruscamente << Tu puoi aiutarla? >> chiese scettica la Maga.
<< Lasciate fare a me. >> ripetè Nanika, e Killua fece un passo avanti, anticipando le domande di Concorda  << Regina Concorda, vi prego, lasciate che se ne occupi mia sorella. >> supplicò il ragazzo << Lei può salvare la vita di vostra figlia, ve lo garantisco. Ma non ne avrà la possibilità, se Aithusa muore prima! Per favore, dovete fidarvi! >>
Concorda cercò lo sguardo del marito; Taranis si voltò verso la moglie, e qualche secondo dopo annuì.
<< Dovete uscire. Per lei è meglio. >> ordinò Nanika, avvicinandosi al letto.
<< Kurai, Hiro, andiamo. Aithusa non ha più tempo! >> esclamò Killua, spingendo i due fratelli e i due sovrani verso la porta, poi si rivolse a Nanika << Ti prego, fai in fretta. Il suo battito.. il cuore sta per cedere. >>
<< Non preoccuparti, Killua. >> rispose Nanika << La mamma guarirà. >>
Killua si paralizzò. La mamma?
<< Vai anche tu, adesso. >>
Killua non voleva andare. Voleva rimanere lì, vicino alla donna che amava. Aithusa avrebbe  anche potuto non svegliarsi mai più, e a quel punto lui che avrebbe fatto?
Il solo pensiero lo fece rabbrividire fin dentro le ossa.  No, non poteva accadere.
<< Killua! >> lo riprese Nanika, prendendo la mano inerte della Maga tra le sue << Devi andartene, adesso! >>
E Killua, con la morte nel cuore, non potè fare altro che obbedire.
***
Nella propria testa, Aithusa urlava, senza che nessuno potesse sentirla.
Urlava per il dolore, per la rabbia, per il sollievo, per la confusione, per la felicità, per l'orrore. Una serie di immagini le attraversava la mente, causandole una più dolore dell'altra.
Kurapika che la fissava incredulo e disperato, come se solo guardarla gli causasse dolore, Kurapika che era tornato, Kurapika che sembrava davvero Kurapika, e non un assassino senza pietà.
Dunque era davvero pentito? Era tornato per chiedere perdono? Sì, lo aveva già fatto, ma lei non aveva potuto dirgli ciò che pensava davvero. Ma era davvero cambiato, era davvero tornato quello di un tempo? E lei? Lei poteva perdonarlo, dopo tutto quello che era successo?
Quando aveva rivelato la verità su i loro genitori, Aithusa non aveva potuto fare a meno di cercare di confortarlo. Aveva un'espressione così persa, così ferita, così simile a quella di lei quando aveva scoperto la verità, che alla ragazza era sembrato naturale, giusto come respirare andare ad abbracciare anche il fratello dai capelli biondi, oltre al fratello dai capelli neri. Era stato istintivo in quel momento, ma adesso non sapeva più cosa pensare.
I suoi genitori, che erano vivi e non morti, che la fissavano con gli occhi fuori dalle orbite, incapaci di riconoscerla come la bambina che era stata, e terrorizzati dalle sue condizioni.  Aithusa sapeva già che erano vivi, ma vederli in carne e ossa davanti a lei.... era stato un colpo terribile. 
Ma la cosa peggiore era che quando aveva guardato i loro volti non aveva provato felicità nel rivederli, ma una rabbia e un rancore senza eguali, e aveva pensato: queste sono le persone che mi hanno mentito e che mi hanno ingannato per tutta la vita, che mi hanno nascosto la verità sul passato di mia madre.
Che razza di figlia era una che non gioiva del ritorno dei propri genitori? E che razza di genitori erano quelli che ingannavano i propri figli e li abbandonavano? Aithusa non trovava risposta a quelle domande.
E Killua. Killua che era lì, in quel castello, così vicino da non potergli più sfuggire. Killua, che la fissava con un misto di desiderio e ripulsa, come se la volesse ancora, ma lei non fosse più quella che un tempo aveva amato. Come se lei non fosse più Tess. 
Infatti non lo sono più, pensava la ragazza. Non era più quella di una volta. Un tempo era stata buona, leale, aveva avuto un cuore gentile, e il solo pensiero di ferire i sentimenti di qualcuno le sembrava un abominio. Adesso era diventata una donna pragmatica e calcolatrice, che ingannava e mentiva, e che calpestava il cuore degli altri pur di raggiungere i propri obbiettivi. Era ancora capace di amare, ma il suo amore era diverso: il suo cuore di era indurito, e così anche il suo modo di amare era diventato più affilato, più duro, più discreto, più pratico. Lei era più dura.
E' il prezzo della guerra, pensava la ragazza. Non era diventata cattiva, ma aveva visto il male del mondo, ed per avere la forza di sopportarlo era dovuta cambiare. Non era una cosa bella, ma la vita non va sempre come uno vuole, ed è necessario accettarlo. 
Lei lo aveva fatto. E anche Killua avrebbe dovuto.
Non ricordava molto di quello che era successo: sapeva che rompere l'incantesimo di Kuroro aveva richiesto una grandissima quantità di Nen, e che il suo corpo per garantirlo aveva cominciato ad autodistruggersi. Ricordava di essersi ritrovata in un lago di sangue, e ricordava che Kurapika l'aveva presa tra le braccia per portarla da qualche parte. Poi il buio totale.
L'unica cosa di cui era consapevole era di essere incosciente. Le immagini che turbavano il suo cuore continuavano a scorrerle davanti, e lei non vedeva altro a parte quelle; e poi non riusciva a muoversi, percepiva solo dei lievissimi suoni ovattati.
<< Mamma? >> mormorava una voce delicata e infantile << Mamma, so che puoi sentirmi. Forza, apri gli occhi. >>
Aithusa ci provò. Non era facile. Si sentiva debole e dolorante, come se un camion le fosse passato sopra. 
Sbatté lentamente le palpebre, infastidita dalla luce, cercando di mettere a fuoco.
Nanika la guardava dall'alto con i suoi grandi occhi neri, sorridendo felice << La mamma si è svegliata! Mamma, accarezzami la testa! >> esclamò la ragazza, posando la testa in grembo alla Maga.
Aithusa dovette fare uno sforzo notevole per mettersi seduta, per sollevare la mano e accarezzare i capelli di Nanika: le ferite erano completamente guarite, ma i muscoli sembravano non voler rispondere tanto facilmente ai comandi.
<< Meno male che la mamma sta meglio! Per un momento ho temuto di non fare in tempo! Ho fatto quello che ho potuto, ma i miei poteri non funzionano tanto bene sui Maghi. Ti fa molto male? >>
<< Tranquilla tesoro. Passerà presto. >> disse faticosamente Aithusa, evitando di rispondere direttamente alla domanda << Grazie, bambina mia. Mi hai salvato la vita. >>
<< Nanika è felice che la mamma stia bene! E anche Alluka! >> rispose entusiasta Nanika, stringendosi forte alla donna che considerava la sua mamma.
Aithusa baciò i capelli della ragazza, e dopo qualche minuto disse << Nanika, posso parlare un momento con Alluka, per favore? >>
Nanika annuì e chiuse gli occhi. Un'aura nera circondo la ragazza, e dopo qualche secondo questa aprì gli occhi.
Alluka sbattè le palpebre, rivelando i suoi bellissimi occhi azzurri, e gettò le braccia al collo dell'amica << Tess, meno male che ti sei ripresa! Ho avuto così tanta paura di perderti! >>
<< Piano, Alluka-chan! Anch'io sono felice di vederti! >> disse Aithusa con un lieve gemito, ricambiando delicatamente l'abbraccio.
<< Ce la fai ad alzarti? Dobbiamo darti una ripulita, sei tutta sporca di sangue! >> dichiarò Alluka, e prese delicatamente l'amica tra le braccia, portandola in bagno.
Mentre la vasca di riempiva di acqua, Alluka aiutò Aithusa a spogliarsi. I vestiti erano strappati e zuppi di sangue, e Alluka li gettò direttamente nella spazzatura. 
Aithusa si calò nella vasca con l'aiuto dell'amica, che cominciò a strofinare delicatamente la pelle della Maga con una spugna insaponata. Aithusa la lasciava fare, non si vergognava di essere nuda davanti alla ragazza, e comunque non avrebbe avuto la forza di lavarsi da sola.
La Maga osservò l'acqua, assente. Era ormai sporca di un rosso vivo, così come la ceramica bianca. Era una cosa che metteva i brividi. 
Eppure Aithusa aveva vissuto quella scena un milione di volte. Un milione di volte l'acqua aveva lavato via il sangue sgorgato in battaglia, un milione di volte Aithusa aveva cercato di cancellare quelle terribili tracce da sé stessa o dagli altri, o lo aveva fatto fare a qualcun altro, quando lei non ne aveva avuto più la forza. 
Un'altra immagine cominciò a formarsi nella sua mente, e stavolta Aithusa si lasciò trasportare dal ricordo.
Aithusa correva veloce su per le scale, trasportando fra le braccia il corpo inerme di Daisy.
Erano ormai passati quattro mesi da quando la bambina era diventata sua allieva, e quel giorno la bambina aveva insistito per accompagnare la Maestra in battaglia. Aithusa aveva fatto del suo meglio per combattere i demoni e allo stesso tempo non perdere di vista l'allieva, ma ad un certo punto la bambina era scomparsa da sotto i suoi occhi. Quando in preda al panico era riuscita a ritrovarla, era immersa in una pozza di sangue, per fortuna non suo. Desirée era riuscita ad uccidere un grosso demone decapitandolo con una pesante spada, e il corpo del mostro le era caduto addosso bloccandola, e inondandola con il suo sangue.
Aithusa aveva bruscamente spinto via il corpo del demone, e, dopo aver preso tra le braccia il corpo inerte e pietrificato dall'orrore della bambina, si era trasportata direttamente al castello, e ora si stava precipitando verso la stanza della piccola Maga.
Aprì la porta con un calcio e, dopo averle tolto il più gentilmente possibile i vestiti sporchi di sangue, corse a deporre con delicatezza Daisy nella vasca vuota, e aprì il rubinetto. L'acqua cominciò a scorrere, e Aithusa corse a prendere medicamenti e bende.
Povera bambina mia! pensava Aithusa addolorata. La piccola Maga non aveva ferite gravi, ma aveva appena tredici anni, ed era così buona, gentile e ingenua.... non era ancora pronta a quel mondo di sangue e morte, e lei non avrebbe mai dovuto portarla con sé quel giorno.
Tornò in bagno con le braccia cariche. La vasca si era ormai riempita, Desirée aveva chiuso il rubinetto, e se ne stava tremante nella vasca, senza fare niente.
Aithusa posò tutto quello che aveva nelle mani sul bordo del lavandino,  e si avvicinò con cautela, mentre l'acqua si tingeva lentamente di rosso; prese una spugna in mano e cominciò a strofinare via il sangue dalla pelle della ragazzina, come se questo potesse cancellare anche l'orrore.
<< Stai tranquilla.. >> mormorò Aithusa senza guardarla << Passerà, starai meglio, stai tranquilla... >> 
Ma non era vero. Il loro era un destino ingrato, che le costringeva ad guardare negli occhi ogni giorno il Male in persona. Non sarebbero mai state davvero meglio.
Aithusa abbracciò la bambina ancora bagnata e tremante, piangendo insieme a lei con il viso affondato nei suoi capelli.  Come avrebbe fatto a tollerare una cosa simile? Come poteva stare a guardare mentre la sua piccola veniva ferita nel corpo e nell'anima? Poteva anche insegnarle a proteggersi e ad evitare le ferite del corpo, ma le ferite dell'anima erano inevitabili. Come poteva insegnarle ad essere forte, se nemmeno lei riusciva ad esserlo? 
Invece ci era riuscita. Era diventata forte, aveva imparato a controllare l'orrore e il dolore, aveva imparato a mantenere la lucidità e la fermezza nonostante tutte le cose brutte che le accadevano intorno. Ma per farlo aveva pagato un prezzo altissimo.
Aveva pagato con la sua fiducia nel mondo. Non credeva più come faceva una volta che il mondo fosse un posto bello, luminoso e ricco di ogni genere di bellezza. O meglio, lo credeva ancora, ma sapeva che il mondo era anche un posto oscuro, folle, crudele e pieno di invidia e vanità. Il mondo aveva due facce, e lei per tutta la vita aveva visto per la maggior parte del tempo la peggiore.
Aveva ancora nostalgia della ragazza che era stata: quella Maga gentile e aperta, che aveva fede nell'umanità e nel mondo. Il cuore di quella ragazza era come avvolto nel velluto, capace di accogliere tutti i migliori sentimenti del mondo e averne cura, ma che era fragile e indifeso.
Quando era diventata abbastanza grande per poter affrontare la vita in tutte le sue sfaccettature, il dolore e le ingiustizie avevano circondato il suo cuore come una corona di spine, ferendolo lentamente e crudelmente ogni giorno della sua vita. Aithusa aveva resistito come aveva potuto, ma ad un certo punto si era vista sull'orlo del baratro, e non aveva avuto altra scelta: aveva sostituito il velluto con l'acciaio, rendendo sì il suo cuore più forte e resistente, ma anche più freddo e duro.
Ma, nonostante tutto, si rifiutava di insegnare questo a Desirée: quando e se la ragazza avrebbe capito di non poter più resistere al dolore, avrebbe fatto da sola ciò che era necessario. 
<< Ho finito, Tess. Ce la fai ad alzarti da sola? >> chiese Alluka, riscuotendola dai suoi cupi pensieri.
Aithusa annuì e uscì dalla vasca, lasciandosi avvolgere da un morbido telo di spugna, e mentre si asciugava, Alluka andò a prenderle dei vestiti puliti.
La ragazzina tornò con le braccia cariche, e aiutò Aithusa a vestirsi: la Maga indossò della morbida biancheria intima e un semplice vestito estivo rosso senza bretelle, mentre Alluka le allacciava ai piedi un paio di sandali dal tacco basso.
Aithusa si rimise in piedi vacillando per il dolore, e Alluka si mise il suo braccio intorno alle spalle per sostenerla.
<< Vuoi che ti riporti a letto? >>
<< No. Portami giù, dagli altri. >>
***
Nel salotto il silenzio regnava sovrano.
Concorda e Taranis stavano seduti l'una al fianco dell'altro, mano nella mano, e tenevano gli occhi fissi a terra per nascondere le lacrime. Concorda stringeva convulsamente con la destra la mano di Taranis, e con la sinistra quella di Silva, mentre Kurapika e Masahiro si lanciavano sguardi angosciati. 
Killua stava appoggiato alla parete con le braccia incrociate, e Gon e Leorio gli stringevano una spalla ciascuno, mormorandogli parole che sarebbero dovute essere di conforto, ma che a Killua non facevano né caldo né freddo. Lysandro teneva abbracciata la sorella che piangeva in silenzio con il viso affondato nel collo del fratello, e anche lui aveva il viso rigato di lacrime.
Nex camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza, e Selina cercava inutilmente di convincerlo a mettersi seduto; Zeno stava rigido in silenzio, ma era evidente che era preoccupato anche lui. 
Perfino KiKyo, Milluki, Hisoka e Illumi erano preoccupati, per quanto potessero sembrarlo persone come loro: Kikyo e Milluki non facevano più commenti acidi, Illumi aveva celato la sua aura nefasta per rispetto verso gli altri, e Hisoka non riusciva a far stare dritte nemmeno un paio di carte.
<< Che silenzio assordante. Me lo sento rimbombare nelle orecchie. >> commentò una voce femminile.
Tutti si voltarono di scatto verso la porta. Aithusa stava pacifica sulla soglia, sostenuta da Alluka. Le sue ferite erano completamente guarite, ma, nonostante l'espressione tranquilla, la ragazza aveva gli occhi luccicanti di dolore, che ogni tanto emanavano riflessi scarlatti.
Masahiro lanciò un grido e corse ad abbracciare la sorella. Aithusa si sfilò delicatamente dalla presa di Alluka e si lasciò stringere dal fratello, affondandogli il viso nel petto, mentre tutti tiravano un gran sospiro di sollievo.
<< Aithusa, tesoro, grazie a Dio ti sei ripresa.. >> cominciò Concorda avviandosi verso la figlia a braccia aperte, seguita da Taranis.... e si fermò violentemente, tanto che Taranis andò a sbatterle contro.
Aithusa si era sciolta dall'abbraccio del fratello e stava fissando i genitori con un sguardo carico di rabbia e rancore. 
Concorda indietreggiò, e Taranis fissò confuso la figlia << Tess, che cosa.. >>
<< Non avete niente da dirci, voi due? >> chiese Aithusa tagliente.
Taranis e Concorda si guardarono confusi << Non capisco, cosa vuoi dire? >>
<< Non capite? Bene, allora sarò più chiara. Perchè non ci raccontate dei rapporti che la mamma aveva con Kuroro? Non vi sarete mica dimenticati tutto, spero! >>
Concorda e Taranis si guardarono turbati, e Concorda provò di nuovo ad avvicinarsi alla figlia << Aithusa, lascia che ti spieghi.... >>
<< Spiegare cosa? Che siete stata la Maestra del peggior assassino della storia? Che avete nascosto la verità a tutti i vostri amici e ai vostri familiari perchè vi vergognavate? Che non avete avuto il coraggio di ucciderlo quando ne avete avuto occasione, e che per questo sono morte un numero incalcolabile di persone? >> Aithusa fissava la madre con un freddo disprezzo << Sono curiosa. Che giustificazione avete per tutto questo? >>
<< CHE COSA?! MADRE! >> esclamarono indignati Masahiro e Kurapika.
<< Non è come sembra! Posso spiegare! >> esclamò disperata Concorda.
<< Benissimo, allora! >> rispose Aithusa, e si lasciò cadere teatralmente su un divano << Siamo tutti curiosi di sentire la spiegazione! Raccontate, raccontate pure! >>
Concorda cercò di nuovo Taranis con lo sguardo, e l'uomo annuì turbato.
<< D'accordo, allora. Basta con i segreti e le bugie. Vi racconterò tutta la verità, e stavolta sarà davvero tutta. >>
Il re e la regina si sedettero, e Concorda cominciò a raccontare la sua storia.
Dopo aver escluso dalla sua vita Taranis Kuruta, e dopo che Silva l'ebbe lasciata, Concorda Duchannes era una donna distrutta, annientata. La solitudine e il dolore la divoravano senza pietà, rivelando tutta la sua fragilità.
La vita che un tempo le era sembrata così bella e piena di possibilità ormai le pareva solo un grande e infinito tunnel oscuro. Non vedeva più alcun motivo per continuare ad esistere, perfino il suo Mandato le sembrava privo di significato. Non aveva più la forza di vivere per sé stessa, figuriamoci di vivere per gli altri.
Questo almeno fino a quando nella sua vita non arrivò Kuroro Lucifer.
Kuroro era un ragazzino di circa undici anni silenzioso e solitario, dotato di un'intelligenza incredibile, con i capelli neri e gli occhi ancora più scuri, che facevano uno straordinario contrasto con la pelle bianca e delicata che aveva. La prima impressione che dava era di essere un ragazzo fragile e cagionevole, ma chiunque lo avesse mai visto combattere sapeva che erano solo apparenze: Kuroro era in realtà un combattente straordinario per la sua età, che combatteva con una freddezza e un coraggio impressionanti.
Kuroro era da poco rimasto orfano di genitori, e non aveva nessuno che potesse prendersi cura di lui. Quando Concorda lo prese con sé raccontò a sé stessa la scusa di volerlo addestrare, ma in realtà lo fece perché sentiva un disperato bisogno di dare amore a qualcuno, e di riceverne in cambio. Non passò molto tempo prima che Concorda cominciasse ad amarlo come un figlio.
Kuroro era un allievo straordinario, che lasciava senza fiato: non c'era incantesimo che non potesse imparare, non c'era arma che non sapesse usare, non c'era nemico che avesse paura di sfidare. Ogni volta che Concorda lo guardava sentiva che il suo cuore era sul punto di scoppiare per l'orgoglio e l'amore materno che provava. 
Ma furono proprio quei sentimenti ad accecarla: gli anni passavano, e la donna non si rendeva conto di ciò che stava davvero accadendo davvero. Kuroro sin dall'inizio era stato un ragazzo problematico, che non mostrava mai le proprie emozioni, quasi non ne avesse affatto, e i grandi risultati che aveva raggiunto lo rendevano ogni giorno più ambizioso. Concorda non lo vedeva, o non voleva vederlo; voleva credere che l'allievo fosse solo desideroso di migliorarsi, e non che il troppo potere e l'avidità stessero avvelenando sempre di più il cuore e la mente di Kuroro. 
Due mesi prima del suo quindicesimo compleanno Kuroro andò dalla Maestra, e le disse che si sentiva pronto per andare in guerra. Concorda provò a dissuaderlo, cercando di convincerlo che non c'era alcuna fretta, che poteva aspettare ancora, ma Kuroro fu irremovibile, e la donna non ebbe altra scelta che portarlo con sé. 
Fu da quel giorno che Concorda cominciò ad intuire la vera natura del suo allievo.
Concorda sfrecciava sul campo di battaglia uccidendo un demone dopo l'altro, e nel frattempo teneva d'occhio l'allievo. Non era troppo preoccupata, sapeva di cosa era capace Kuroro, e che il ragazzo non era il tipo che si faceva cogliere di sorpresa.
La scena si svolse in appena due secondi, ma a Concorda sembrò durare un'eternità. Ad un certo punto un grido attraversò l'aria. Una ragazza della stessa età di Kuroro era stesa per terra con una gamba ferita, e un demone dalle zanne gigantesche incombeva su di lei, preparandosi a colpire.
Concorda era lontana, troppo. Dalla sua posizione non sarebbe mai riuscita a fermarlo in tempo. Invece Kuroro sì, perchè era a neanche due metri dal demone.
Concorda era sicura che Kuroro sarebbe intervenuto; ne era convinta, perciò non si mosse, aspettando di vedere che strategia avrebbe adottato il ragazzo.
Ma Kuroro non sembrava avere intenzione di intervenire: osservava la scena immobile, con gli occhi luccicanti di curiosità e di aspettativa, come se stesse per assistere ad un interessante esperimento scientifico. 
Non si mosse nemmeno quando il demone si abbattè sulla ragazza, squarciandole il petto.
Concorda non urlò, non ce la fece, si limitò a fissare incredula il suo amato allievo, mentre intorno a loro ancora infuriava la battaglia. 
Sentendosi osservato Kuroro si voltò: nei suoi occhi non c'era la minima traccia di orrore, o di rammarico. C'era solo una grande esaltazione, quella che si può provare quando la tua squadra preferita segna un gol all'avversario.
E quello fu l'inizio della fine.
Concorda era una donna che amava dando tutta sé stessa, ma non era una stupida. Sapeva riconoscere il seme del male quando lo vedeva. Tentò in tutti i modi di far comprendere a Kuroro cosa stava diventando, ma quando gli parlava il ragazzo si limitava a osservarla in silenzio, come se non capisse ciò che lei gli diceva, o non gli importasse.Concorda gli parlava, lo abbracciava, gli diceva che lo amava nonostante tutto, e lui semplicemente non reagiva.
Un giorno Concorda ne ebbe abbastanza di quel silenzio così carico di indifferenza, e schiaffeggiò il suo allievo. Kuroro reagì come se la donna non lo avesse nemmeno toccato, e a quel punto Concorda esplose:
<< Adesso basta, Kuroro! Quando ti parlo mi aspetto di essere ascoltata, è chiaro?! Guardami, maledizione! >>
Kuroro si voltò verso la Maestra, e scoppiò a ridere. Fu una risata di scherno, malvagia, fredda.
<< Maestra, non riesco davvero a crederci. Sperate davvero che io possa tornare indietro? Siete un'illusa. Non avete ancora compreso qual è la mia vera natura? >>
Concorda quasi non capiva, e per questo non rispose, e Kuroro si alzò dalla sedia su cui era seduto e, con una tranquillità spaventosa, distrusse un edificio con un solo colpo.
L'aria si riempì delle urla di dolore e morte dei Mortali. Quel giorno Kuroro aveva ucciso più di cento persone.
Non c'era più nulla da fare. Kuroro era diventato un Rinnegato.
Concorda sapeva bene qual era il suo dovere. Avrebbe dovuto uccidere il suo stesso allievo, per impedirgli di fare del male ad altra gente. Lo sapeva, lo sapeva benissimo.
Eppure non lo fece. Come avrebbe potuto? Uccidere il suo stesso figlio, perchè lui era questo, per lei. Come poteva farlo?
Lo lasciò andare, con il cuore spezzato. Non poteva fare altro che sperare che qualcun altro con più fegato di lei lo fermasse, prima che facesse del male ad altri Mortali o Maghi.
Ancora non lo sapeva, ma sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe rimpianto con tutta sé stessa quella decisione.
Qualche mese dopo quegli avvenimenti Concorda sposò Taranis, e lui fu l'unico a cui confidò tutto ciò che era successo, insieme alle sue paure e ai suoi sensi di colpa. Un anno dopo nacque Aithusa, e la Maga fu sopraffatta da un nuovo dubbio: e se anche Aithusa fosse finita in quel modo?
Concorda giurò che mai avrebbe permesso una cosa simile, e fece tutto il possibile per insegnare alla figlia i principi in cui ogni vero Mago credeva, al punto che Taranis cominciò a temere che la figlia sarebbe diventata una guerriera dedita solo alla propria Missione, senza alcuna possibilità di avere una felicità personale.
Concorda condivideva i suoi timori, ma al tempo stesso era tranquilla quando pensava al futuro della figlia: Aithusa si era rivelata sin dalla primissima infanzia una persona con un forte senso della giustizia, e dunque si era dimostrata degna di fiducia.
Gli anni trascorsero, ma Concorda non dimenticò mai. E come avrebbe potuto, quando ogni giorno riceveva notizie terribili di morte e tragedie causate da Kuroro e i suoi discepoli? Il senso di colpa la divorava; sentiva la figlia che inveiva ogni giorno contro quegli assassini, e non aveva il coraggio di dirle che il loro capo lo aveva addestrato lei. La vergogna che provava era insopportabile.
Un giorno al castello di Rusko si presentò una Maga di circa ventidue anni in lacrime, che chiese insistentemente di vedere Concorda. Si chiamava Ofelia, e rivelò di essere la donna a cui Kuroro era stato Legato.
Non raccontò molto della sua esperienza con il Rinnegato, ma spiegò che, sebbene fosse stata Legata a lui due anni prima, aveva scoperto la vera natura di Kuroro solo da poco, e che era andata lì per avvertire la regina: Kuroro infatti aveva saputo di una profezia che voleva i Kuruta e Concorda natali di colei che l'avrebbe distrutto, ed era deciso ad ucciderli tutti. La avvertì anche del fatto che il proprio tradimento lo aveva reso più crudele che mai.
Concorda capì immediatamente che era Aithusa che Kuroro voleva. Chi altri, sennò?
Quella era l'occasione giusta. Aithusa aveva solo nove anni, ma era molto più matura dell'età che aveva, e sarebbe stata perfettamente in grado di capire. Doveva dire la verità alla figlia, avvertirla del pericolo, e così anche Masahiro e Kurapika.
Ma non lo fece. La vergogna sconfisse per l'ennesima volta le buone intenzioni, e Taranis non ebbe il coraggio di fermarla. Concorda inventò una scusa per far partire i figli e farli allontanare, e si preparò ad affrontare quello che una volta aveva amato come un figlio, scegliendo così di abbandonare i figli ad un destino da orfani.
Non avrebbe mai vinto. Ma sperava che almeno i suoi figli, le uniche che contavano davvero, si salvassero e avessero un'occasione di vivere sereni.
Ma purtroppo si sbagliava, anche in questo.
<< Ecco, questa era la storia mia e di Kuroro. Spero che ora voi possiate capire. >>
Masahiro e Kurapika erano rimasti profondamente turbati dalle parole della madre, e Aithusa..
Aithusa fissava la madre con uno sguardo duro e severo come la pietra, con il mento sollevato in un'espressione di profondo disprezzo. 
Concorda fece un passo verso la figlia << Tess... >>
Aithusa balzò in piedi, voltò le spalle alla madre e si avviò in fretta verso le scale.
<< Aithusa, ti prego, non voltarmi le spalle in questo modo! Ho sbagliato, ma non ero in cattiva fede! Io gli volevo bene! Sei una Maestra, dovresti sapere cosa significa amare il proprio allievo come un figlio! >>
Le parole della regina riecheggiarono per tutto il palazzo, senza ottenere risposta, perchè Aithusa era già corsa via.

   
 
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